ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  21, comma
 secondo, legge 28 febbraio 1985 n. 47 (Norme in materia di  controllo
 dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria
 opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 5 giugno  1989  dal
 Pretore  di Catania, Sezione distaccata di Paterno', nel procedimento
 penale a carico di Lojacono Luigi, iscritta al n.  376  del  registro
 ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 29 novembre 1989 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto che, con ordinanza 5 giugno 1989, il Pretore di Catania -
 Sezione staccata di Paterno' - sollevava  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  21  della legge 28 febbraio 1985 n. 47 con
 riferimento all'art. 3 della Costituzione;
      che  la  questione veniva sollevata nel corso di un procedimento
 penale nel quale alcuni venditori ed acquirenti  di  appezzamenti  di
 terreno  frazionato, di superficie inferiore a mq. 10.000, nonche' il
 tecnico che aveva eseguito il frazionamento, ed il notaio  che  aveva
 rogato   gli   atti,   erano   imputati  in  concorso  del  reato  di
 lottizzazione abusiva previsto  dagli  artt.  18  e  20  della  legge
 citata;
      che  il  Pretore dava atto nella narrativa dell'ordinanza che il
 notaio aveva scrupolosamente adempiuto a tutti gl'incombenti previsti
 dalla legge, allegando - come prescrive l'art. 18 - il certificato di
 destinazione urbanistica e trasmettendo copia degli  atti  rogati  al
 Sindaco  competente  per  territorio, per l'ulteriore corso in ordine
 alle eventuali attivita' di cui al comma  settimo  e  seguenti  dello
 stesso art. 18;
      che  conseguentemente  rilevava il Pretore che la partecipazione
 del notaio a titolo di concorso negli atti di  abusiva  lottizzazione
 deve  restare  esclusa,  tanto sotto il profilo del dolo quanto sotto
 quello della colpa, in forza della norma impugnata  che  -  soggiunge
 l'ordinanza - anche secondo l'orientamento della Corte di Cassazione,
 copre ogni specie di responsabilita' astrattamente configurabile, sia
 essa penale, civile o disciplinare;
      che,  pero',  secondo  il  Pretore,  la norma sarebbe viziata da
 illegittimita'   costituzionale   in   quanto    determinerebbe    un
 ingiustificato  privilegio a favore dei pubblici ufficiali in genere,
 e dei notai in  ispecie,  in  quanto  stabilisce  una  indiscriminata
 irresponsabilita'  anche  a  favore  di  coloro  che  versano in dolo
 perche',  pur  consapevoli   dell'illiceita'   della   lottizzazione,
 s'inducono tuttavia a rogare l'atto per favorire i venditori;
      che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  la
 quale ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata;
    Considerato  che  l'art.  21  impugnato  sancisce  espressamente i
 compiti di cui e' fatto obbligo al notaio per combattere l'abusivismo
 delle lottizzazioni;
      che  tali  compiti  sono  tali da escludere ogni possibilita' di
 perpetrazione del fatto illecito, giacche' il notaio, trasmettendo al
 Sindaco,  entro  trenta  giorni,  copia  dell'atto  rogato,  mette in
 condizioni l'autorita' preposta alla vigilanza di intervenire fino ad
 acquisire   i   beni  abusivamente  lottizzati  al  patrimonio  della
 comunita';
      che,  proprio per questo, e' lo stesso legislatore ad equiparare
 la trasmissione della copia dell'atto alla trasmissione del rapporto,
 cui  e'  obbligato  ogni pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle
 sue funzioni, rilevi un fatto che possa costituire reato;
      che  piu'  di questo non e' possibile pretendere, in quanto, una
 volta che il pubblico ufficiale ha compiuto gli  atti  che  la  legge
 stessa   reputa   idonei   ad   impedire  il  reato,  ogni  ulteriore
 intromissione  nell'atteggiamento  interiore  del   soggetto   agente
 equivarrebbe  a  punire  le  intenzioni  anche  quando  queste non si
 manifestano in atti esteriori idonei a conseguire l'evento vietato;
      che,  percio', la norma impugnata non e' affetta da vizio alcuno
 d'illegittimita',  sicche'   la   questione   appare   manifestamente
 infondata.