ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022 (Ordinamento giudiziario militare di pace e di guerra e norme complementari), dell'art. 2 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace) e dell'art. 9 della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita' civili dei magistrati), promossi con 41 ordinanze emesse dal Tribunale militare di Padova, iscritte dal n. 386 al n. 392 e dal n. 515 al n. 548 del registro ordinanze 1988 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 35, 36 e 42, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 1989 il Giudice relatore Renato Dell'Andro; Ritenuto che il Tribunale militare di Padova, con le ordinanze indicate in epigrafe, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022 (Ordinamento giudiziario militare di pace e di guerra e norme complementari), dell'art. 2 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace) e dell'art. 9 della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita' civili dei magistrati), in riferimento agli artt. 3, 13, 28, 97, 101, 105, 107 e 108 Cost., giacche' dalla mancanza, verificatasi a seguito della sentenza di questa Corte n. 266 del 1988, di organi competenti ad esercitare il potere disciplinare nei confronti dei magistrati militari discenderebbero le seguenti violazioni: 1) degli artt. 28, 97, primo comma, 105 e 107 Cost., restando la responsabilita' disciplinare priva del requisito della deterrenza; 2) dell'art. 101, secondo comma, Cost., in quanto la previsione della responsabilita' civile e penale non basterebbe, da sola, a garantire il pieno rispetto della legge da parte del giudice militare; 3) dell'art. 3 Cost., per l'ingiustificata disparita' di trattamento, tra imputato militare giudicato dal giudice militare, ossia da un giudice non soggetto ad attuale e concreta responsabilita' disciplinare, ed imputato militare giudicato (per effetto di connessione) dal giudice ordinario, ossia da un giudice passibile di sanzione disciplinare e, pertanto, piu' vincolato alla legge; 4) dell'art. 13 Cost., in quanto la liberta' personale potrebbe venir limitata, al di fuori dei casi e modi normativamente previsti, ad opera d'un giudice la cui totale soggezione alla legge non sarebbe sufficientemente garantita; 5) dell'art. 108, secondo comma, Cost., poiche' non vi sarebbero sufficienti garanzie delle condizioni d'indipendenza degli ufficiali-giudici in ragione della loro sottoposizione al potere gerarchico-disciplinare per lo svolgimento dell'attivita' extra-giudiziaria e, pertanto, ad un controllo che potrebbe trasformarsi in censura dell'attivita' giudiziaria; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni; Considerato che in ragione dell'identita' delle questioni sollevate i relativi giudizi possono essere riuniti; che, con la sentenza n. 266 del 1988, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15, primo comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180, nella parte in cui consente che i provvedimenti ivi previsti siano ulteriormente adottati con la procedura di cui allo stesso articolo; che con legge 30 dicembre 1988, n. 561 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989) e' stato istituito il "Consiglio della magistratura militare", al quale sono state assegnate, tra l'altro, attribuzioni concernenti i procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati militari; che, pertanto, si rende necessario restituire gli atti all'autorita' remittente, affinche' valuti, alla stregua della normativa sopravvenuta, se le sollevate questioni di legittimita' costituzionale siano tuttora rilevanti.