Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 157, primo e
quinto  comma,  del  codice penale, come sostituito dall'art. 6 della
legge  5  dicembre  2005,  n. 251  (Modifiche al codice penale e alla
legge  26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di
recidiva,  di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per
i  recidivi,  di usura e di prescrizione), promossi con ordinanze del
1°  marzo  2007  dal  Giudice  di  pace di Citta' di Castello, del 21
maggio  2007 dal Tribunale di Rossano, del 18 maggio 2007 dal Giudice
di  pace  di Cuneo, del 12 luglio 2007 dal Giudice di pace di Foggia,
dell'8  maggio  2007  dal  Giudice  di  pace di Napoli Barra, dell'11
gennaio  2007 dal Tribunale di Napoli, del 12 luglio 2007 dal Giudice
di  pace  di  Torino,  dell'11  luglio  2007  dal  Giudice di pace di
Bergamo,  del  25 settembre 2007 dal Tribunale di Barcellona Pozzo di
Gotto,  sezione distaccata di Milazzo, del 10 luglio 2007 dal Giudice
di  pace di Forli', del 19 settembre 2007 dal Tribunale di Parma, del
7  novembre  2007 dal Giudice di pace di Palermo, del 6 novembre 2007
dal  Tribunale di Pavia, del 12 ottobre e del 9 novembre 2007 (numero
2  ordinanze) dal Giudice di pace di Bergamo e del 4 ottobre 2007 dal
Tribunale  di  Barcellona  Pozzo  di  Gotto,  sezione  distaccata  di
Milazzo,  rispettivamente  iscritte  ai  nn. 738, 767, 777, 788, 791,
816,  826  e 838 del registro ordinanze del 2007 e ai nn. 28, 29, 31,
44,  92, 139, 140, 141 e 148 del registro ordinanze 2008 e pubblicate
nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 43, 46, 47 e 48, prima
serie  speciale,  dell'anno  2007  e nn. 1, 2, 4, 9, 11, 15, 20 e 21,
prima serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 5 novembre 2008 il Giudice
relatore Gaetano Silvestri.
   Ritenuto  che  il  Giudice  di  pace  di  Citta'  di Castello, con
ordinanza del 1° marzo 2007 (r.o. n. 738 del 2007), ha sollevato - in
riferimento all'art. 3 della Costituzione - questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  157, quinto comma, del codice penale, come
sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche
al  codice  penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di
attenuanti  generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle
circostanze  di  reato  per  i recidivi, di usura e di prescrizione),
nella   parte  in  cui  non  dispone  che  il  termine  triennale  di
prescrizione  previsto  per i reati puniti con pena diversa da quella
detentiva  e  da  quella pecuniaria si applichi, inoltre, a tutti gli
ulteriori reati di competenza del giudice di pace;
     che  il rimettente ha dichiarato la sospensione del procedimento
e  disposto  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte costituzionale
immediatamente dopo aver enunciato la questione sollevata;
     che  il  Tribunale  di Rossano, con ordinanza del 21 maggio 2007
(r.o.  n. 767  del  2007),  ha  sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale
di  tre  anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria;
     che  nel  giudizio  principale,  ove si procede nei confronti di
persona  accusata  del  delitto  di ingiuria (art. 594 cod. pen.), le
parti  hanno concordemente sollecitato una declaratoria di estinzione
del reato ai sensi dell'art. 157, quinto comma, cod. pen.;
     che  il rimettente osserva come la norma censurata, applicandosi
ai  piu'  gravi  tra i reati di competenza del giudice di pace, cioe'
quelli  puniti con le cosiddette sanzioni paradetentive, implichi che
il relativo termine prescrizionale sia piu' breve di quello stabilito
per i reati meno gravi, puniti con le sole pene pecuniarie;
     che  peraltro il giudice a quo, con riferimento alla fattispecie
contestata  in concreto, prosegue rilevando l'applicabilita' del piu'
lungo termine prescrizionale di cui al primo comma dell'art. 157 cod.
pen.,  trattandosi di reato gia' punito con la pena alternativa della
multa  o  della reclusione fino a sei mesi, e dunque sanzionabile - a
norma  dell'art.  52  del  decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
(Disposizioni  sulla  competenza  penale del giudice di pace, a norma
dell'articolo  14 della legge 24 novembre 1999, n. 468) - con la sola
pena pecuniaria;
     che,  da  tali  premesse, il rimettente fa conseguire il rilievo
«che  l'applicabilita' dell'art. 157 comma 5 […] determina una
irragionevole  disparita'  di  trattamento  e  lede  il  principio di
uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione»;
     che  inoltre,  sempre secondo il rimettente, il vulnus recato ai
principi  costituzionali sarebbe tanto piu' evidente considerando che
spetta  al giudice una valutazione discrezionale circa l'applicazione
delle sanzioni «paradetentive», il che renderebbe discrezionale anche
la determinazione del termine di prescrizione;
     che  il  Giudice  di  pace di Cuneo, con ordinanza del 18 maggio
2007 (r.o. n. 777 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251  del  2005,  nella  parte  in  cui  non dispone che il termine
triennale  di  prescrizione  previsto  per  i  reati  puniti con pena
diversa  da  quella  detentiva  e  da  quella pecuniaria si applichi,
inoltre,  a  tutti  gli  ulteriori reati di competenza del giudice di
pace;
     che  nel giudizio principale si procede nei confronti di persone
accusate  di  un  delitto  di lesioni personali (art. 582 cod. pen.),
nonche'  dei  reati  non aggravati di ingiuria (art. 594 cod. pen.) e
minaccia (art. 612 c.p.);
     che,  secondo il rimettente, nell'ambito dei reati di competenza
del  giudice  di  pace,  il termine prescrizionale per i reati puniti
unicamente  con  la sanzione pecuniaria sarebbe pari a quattro anni o
addirittura  a  sei  (a  seconda  che  si tratti di contravvenzioni o
delitti),  mentre gli illeciti piu' gravi, per i quali e' applicabile
anche  (o  solo)  una  sanzione  coercitiva  della liberta' personale
(ancorche'  non  detentiva),  sarebbero  suscettibili  di  estinzione
nell'arco di un triennio;
     che un meccanismo siffatto produrrebbe effetti paradossali, come
il diverso trattamento riservato a chi minacci o percuota una persona
(termine  prescrizionale  di  sei  anni)  ed  a  chi,  invece,  abbia
provocato   lesioni   lievi,   reato   per   il   quale  l'estinzione
interverrebbe in appena tre anni;
     che  la  norma censurata, quindi, determinerebbe una lesione del
principio di ragionevolezza e, comunque, un trattamento deteriore non
giustificato  per  coloro i quali, proprio in forza della ratio della
nuova  disciplina  della  prescrizione, dovrebbero avvantaggiarsi del
trattamento piu' mite, cosi' violando l'art. 3 Cost.
     che  l'aderenza  della  disciplina  ai  principi costituzionali,
secondo  il  giudice a quo, potrebbe essere ripristinata mediante una
parificazione  dei termini prescrizionali per i reati attribuiti alla
competenza  del giudice di pace, in particolare estendendo a tutti la
previsione del quinto comma dell'art. 157 cod. pen.;
     che,  nella  specie, la questione sarebbe rilevante in quanto il
piu'  grave  tra i reati contestati agli imputati (quello di lesioni)
sarebbe  gia' prescritto, mentre il procedimento dovrebbe proseguire,
salva  appunto l'eventuale declaratoria di illegittimita' della norma
censurata,    per   l'accertamento   degli   ulteriori   delitti   in
contestazione;
     che  il  Giudice  di pace di Foggia, con ordinanza del 12 luglio
2007 (r.o. n. 788 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale
di  tre  anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria;
     che  si procede, nel giudizio a quo, riguardo a persone accusate
dei  delitti  di  minaccia  (art.  612 cod. pen.) e lesioni personali
semplici (art. 582 cod. pen.), commessi il 29 luglio 2003;
     che,  secondo  quanto  riferito  dal rimettente, la difesa degli
imputati  avrebbe  invocato  una  declaratoria  di prescrizione per i
reati  indicati,  essendo  trascorso il termine triennale fissato nel
testo  novellato del quinto comma dell'art. 157 cod. pen., e al tempo
stesso  avrebbe prospettato una questione di legittimita' della norma
citata,  «laddove  prevede un termine di tre anni per la prescrizione
dei  reati  per  i  quali  la legge stabilisce pene diverse da quella
detentiva e da quella pecuniaria»;
     che  il  giudice a quo - ritenuta l'effettiva applicabilita' del
quinto  comma dell'art. 157 cod. pen. al caso di specie - osserva che
la  norma  in  questione  avrebbe dato vita ad un sistema incoerente,
segnato  da  un  termine  prescrizionale  piu'  breve  per i reati di
maggior gravita' tra quelli attribuiti alla competenza del giudice di
pace,  e  da  un  termine  piu'  lungo  per  i fatti di gravita' piu'
contenuta, in quanto punibili con la sola sanzione pecuniaria;
     che   si  verserebbe,  alla  luce  della  stessa  giurisprudenza
costituzionale  (e'  citata  la  sentenza  n. 89  del  1996),  in una
situazione  di  intrinseca irrazionalita' della disciplina, posto che
l'aporia  introdotta nel sistema non sarebbe giustificabile alla luce
di  alcun valore od esigenza riconducibili alla ratio dell'intervento
di riforma in materia di prescrizione;
     che  il  rimettente  aggiunge  come  la norma censurata fissi un
termine  di  prescrizione  breve  ancorandolo  alla  previsione di un
trattamento   sanzionatorio   (quello   incentrato   sulle   sanzioni
«paradetentive») che il giudice puo' discrezionalmente non applicare;
     che   lo   stesso  rimettente,  nel  contempo,  esclude  che  il
riferimento  normativo  alle  pene  non  detentive ne' pecuniarie sia
pertinente  alla  permanenza  domiciliare  ed  al  lavoro socialmente
utile,  perche'  dette  sanzioni non sarebbero mai applicabili in via
esclusiva e non varrebbero, di conseguenza, ad identificare specifici
reati;
     che  il  Giudice  di  pace di Napoli Barra, con ordinanza dell'8
maggio  2007  (r.o.  n. 791  del 2007), ha sollevato - in riferimento
all'art. 3 Cost. - questione di legittimita' costituzionale dell'art.
157,  primo comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui assoggetta ai piu' lunghi termini
di prescrizione in esso previsti, anziche' ad un termine triennale, i
reati  di  competenza  del  giudice  di  pace puniti con la sola pena
pecuniaria;
     che  nel  giudizio  a  quo  si  procede nei confronti di persona
accusata  dei reati di ingiuria (art. 594 cod. pen.) e minaccia (art.
612 cod. pen.);
     che  il  rimettente  osserva  come  la  previsione contenuta nel
quinto  comma  dell'art.  157  cod. pen., ove e' stabilito un termine
triennale  per la prescrizione, debba intendersi riferita ai reati di
competenza  del  giudice  di  pace,  puniti  con  le  sanzioni  della
permanenza domiciliare e del lavoro socialmente utile;
     che  infatti,  sempre  a  parere  del  rimettente,  la soluzione
contraria - per quanto suggerita dal disposto dell'art. 58 del d.lgs.
n. 274  del  2000, che equipara le sanzioni «paradetentive», per ogni
effetto giuridico, alla pena detentiva originariamente prevista dalle
singole  previsioni incriminatrici - priverebbe la norma censurata di
un qualunque oggetto;
     che  il  giudice  a  quo,  in  base  a  tali premesse, evidenzia
l'irrazionalita'  del  sistema,  ove  i  reati  dalla  gravita'  piu'
contenuta si prescriverebbero nel termine ordinario, mentre quelli di
significato  piu' rilevante si estinguerebbero in un tempo assai piu'
breve;
     che  tale  irrazionalita'  potrebbe essere eliminata dalla Corte
costituzionale,   senza   invadere  l'ambito  della  discrezionalita'
legislativa,  mediante una pronuncia che riduca al valore piu' basso,
per  tutti  i  reati di competenza del giudice di pace, la durata del
termine prescrizionale;
     che,  in  punto  di  rilevanza  della  questione,  il rimettente
osserva  che i reati contestati nel giudizio principale, punibili con
la sola pena pecuniaria, potrebbero considerarsi gia' prescritti solo
in caso di applicazione del termine triennale;
     che  il  Tribunale di Napoli, con ordinanza dell'11 gennaio 2007
(r.o.  n. 816  del  2007),  ha  sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005;
     che  il  rimettente,  con riferimento ad una eccezione difensiva
non  meglio specificata, condivide l'opinione che la norma censurata,
riducendo «inspiegabilmente» a tre anni il termine prescrizionale per
i  reati  puniti con le cosiddette pene paradententive, darebbe luogo
ad un contrasto con l'art. 3 Cost.;
     che  il  Giudice  di pace di Torino, con ordinanza del 12 luglio
2007 (r.o. n. 826 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale
di  tre  anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria;
     che,  secondo  quanto  riferito  dal  rimettente,  nel  giudizio
principale  si  procede  per  un fatto di lesioni personali (art. 582
cod.  pen.), commesso il 15 luglio 2003, e la difesa dell'imputato ha
sollecitato   una  declaratoria  di  estinzione  del  reato,  essendo
decorso,  anche  nell'estensione prorogata, il termine prescrizionale
fissato dal quinto comma dell'art. 157 cod. pen.;
     che,  secondo  il  giudice  a quo, tale ultima norma non sarebbe
riferibile  ai  reati  di  competenza  del giudice di pace, giacche',
altrimenti,  si  perverrebbe  all'assurdo  della configurazione di un
termine  prescrizionale  inferiore  a  quello ordinario proprio per i
delitti  piu'  gravi  tra quelli rimessi alla competenza dello stesso
giudice di pace;
     che,  inoltre, le pene della permanenza domiciliare e del lavoro
di  pubblica  utilita' sono, per «ogni effetto giuridico», equiparate
alle  sanzioni  detentive comuni secondo il disposto dell'art. 58 del
d.lgs. n. 274 del 2000;
     che  il  rimettente  prosegue  osservando  come, poiche' le pene
cosiddette  paradetentive  sono  applicabili  in alternativa a quelle
pecuniarie,  la  commisurazione  del  termine prescrizionale verrebbe
fatta  dipendere  «non  da  una pena astrattamente prevista, ma dalla
possibilita' dell'applicazione di una sanzione che, in concreto, puo'
anche non essere applicata»;
     che   peraltro,   secondo  il  giudice  a  quo,  «quanto  sopra»
implicherebbe   una   lesione   dei   principi  di  ragionevolezza  e
uguaglianza,  e dunque la questione sollevata sarebbe rilevante e non
manifestamente infondata;
     che  il Giudice di pace di Bergamo, con ordinanza dell'11 luglio
2007 (r.o. n. 838 del 2007), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251  del  2005,  nella  parte  in  cui  non dispone che il termine
triennale  di  prescrizione  previsto  per  i  reati  puniti con pena
diversa  da  quella  detentiva  e  da  quella pecuniaria si applichi,
inoltre,  a  tutti  gli  ulteriori reati di competenza del giudice di
pace;
     che  nel  giudizio  a  quo  si  procede nei confronti di persona
accusata  dei  reati  di  lesioni  personali  (art.  582 cod. pen.) e
minaccia (art. 612 cod. pen.), commessi l'11 aprile 2003;
     che,  secondo  il  rimettente,  con  il  riformato  quinto comma
dell'art. 157 cod. pen., il legislatore avrebbe inteso riferirsi agli
illeciti  di  competenza  del  giudice  di  pace  per  i  quali siano
comminate  le  cosiddette sanzioni paradetentive, cioe' ne' detentive
ne'   pecuniarie,  posto  che,  «se  diversamente  intesa,  la  norma
risulterebbe  inapplicabile, in quanto priva di qualsivoglia concreto
riferimento»;
     che  la  disposizione censurata, inoltre, si applicherebbe anche
nei  casi in cui la sanzione «diversa» sia comminata in alternativa a
quella   pecuniaria,   essendo  comunque  compresa  nella  previsione
edittale;
     che  il  giudice a quo, poste tali premesse, osserva come, per i
reati  di  competenza  del  giudice  di pace puniti unicamente con la
sanzione  pecuniaria,  il  termine  prescrizionale sia pari a quattro
anni  o addirittura a sei (a seconda che si tratti di contravvenzioni
o   delitti),  mentre  gli  illeciti  piu'  gravi,  per  i  quali  e'
applicabile  anche  (o  solo)  una sanzione coercitiva della liberta'
personale   (ancorche'  non  detentiva),  sarebbero  suscettibili  di
estinzione nell'arco di un triennio;
     che tale disciplina sarebbe irrazionale e darebbe luogo a palesi
disparita' di trattamento, anche con riferimento a sequenze criminose
di progressione nell'offesa ad un medesimo bene, poiche', ad esempio,
le  percosse  recate  senza  ferire  la persona offesa (art. 581 cod.
pen.)  sarebbero suscettibili di prescrizione in sei anni, ed invece,
per  la  causazione di lesioni personali lievi (punibili anche con la
permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo, a norma dell'art. 582
cod.  pen.),  il termine per l'estinzione del reato scenderebbe a tre
anni;
     che l'irrazionalita' della disciplina, secondo il giudice a quo,
dovrebbe  essere  eliminata  attraverso una parificazione dei termini
prescrizionali  per i reati attribuiti alla competenza del giudice di
pace,  in  particolare  estendendo  a  tutti la previsione del quinto
comma  dell'art.  157 cod. pen., posto che l'allineamento del termine
sui  valori  meno  elevati sarebbe congruo con il sistema di «diritto
mite» che caratterizza, appunto, la giurisdizione penale di pace;
     che la questione sollevata sarebbe rilevante nel caso di specie,
ove  il piu' grave dei reati contestati risulterebbe gia' prescritto,
mentre  quello  meno  grave  si  estinguerebbe,  appunto,  in caso di
dichiarata illegittimita' della norma censurata;
     che   il   Tribunale  di  Barcellona  Pozzo  di  Gotto,  sezione
distaccata  di  Milazzo,  con  ordinanza  del 25 settembre 2007 (r.o.
n. 28  del  2008),  ha  sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost. -
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma,
cod.  pen.,  come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005,
nella  parte  in  cui  prevede  un termine prescrizionale di tre anni
quando  per  il  reato  la  legge  stabilisce  pene diverse da quella
detentiva e da quella pecuniaria;
     che nel giudizio principale si procede per un reato non indicato
dal  rimettente,  il  quale  peraltro assume trattarsi di fattispecie
punibile  con  sanzione  «paradetentiva»,  e  dunque  suscettibile di
estinzione  per  prescrizione,  in  base alla disposizione censurata,
entro il termine di tre anni, nella specie gia' decorso;
     che  il  giudice  a  quo,  ribadita  la  pertinenza  della norma
censurata  ai  reati  punibili  con  la  permanenza domiciliare od il
lavoro  di  pubblica utilita', prospetta una violazione del principio
di  uguaglianza,  poiche'  il  responsabile dei reati piu' gravi, tra
quelli  rimessi alla competenza del giudice di pace, sarebbe trattato
piu'  benevolmente  di  colui  che ponga in essere condotte criminose
meno rilevanti;
     che  il  Giudice  di pace di Forli', con ordinanza del 10 luglio
2007  (r.o. n. 29 del 2008), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale
di  tre  anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria;
     che  il  rimettente  -  dando  atto  di  provvedere a seguito di
«eccezione  di  illegittimita'  costituzionale sollevata dalla difesa
dell'imputato»,  senza  fornire indicazioni circa l'epoca e la natura
del  reato  contestato  - osserva come la previsione del quinto comma
dell'art.  157  cod.  pen. sembri ineluttabilmente riferirsi ai reati
punibili  con  le  pene  della permanenza domiciliare e del lavoro di
pubblica utilita';
     che  la  citata  previsione,  di  conseguenza, introdurrebbe una
irrazionale  disciplina  della prescrizione per i reati di competenza
del  giudice di pace, perche' i piu' gravi (sanzionabili anche con le
pene  «paradetentive»)  si  estinguerebbero  in  tre anni, mentre gli
altri,  meno  rilevanti,  si estinguerebbero nei termini piu' ampi di
cui al primo comma del citato art. 157 cod. pen.;
     che  il  Tribunale di Parma, con ordinanza del 19 settembre 2007
(r.o. n. 31 del 2008), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost.
-  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157, quinto
comma,  cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del
2005,  nella  parte  in  cui prevede un termine prescrizionale di tre
anni  quando  per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella
detentiva e da quella pecuniaria;
     che  il  rimettente  -  nel  procedimento di appello a carico di
persona  condannata  per  i  reati  di ingiuria (art. 594 cod. pen.),
minaccia  (art.  612  cod.  pen.)  e lesioni personali (art. 582 cod.
pen.)  -  riferisce  di  come la difesa dell'imputato abbia sollevato
questione  di  legittimita' costituzionale del quinto comma dell'art.
157 cod. pen., nella parte in cui non prevede un termine triennale di
prescrizione  anche  per  i  reati  che,  rimessi alla competenza del
giudice di pace, siano punibili con la sola pena pecuniaria;
     che  in  effetti,  secondo  il  giudice  a  quo,  il trattamento
differenziato  per  la  prescrizione,  nell'ambito dei reati affidati
alla  competenza  del  giudice  di pace, comporterebbe una violazione
dell'art. 3 Cost.;
     che  proprio  il  caso  di specie darebbe evidente dimostrazione
dell'assunto,   posto   che   per  il  piu'  grave  tra  i  reati  in
contestazione, dato l'univoco disposto del quinto comma dell'art. 157
cod. pen., si sarebbe gia' determinata l'estinzione per prescrizione,
e  che  le  fattispecie meno gravi, in quanto punite con le sole pene
pecuniarie,  sarebbero  tuttora perseguibili, non essendo maturato il
termine  ordinario  di  cui al primo comma dello stesso art. 157 cod.
pen.;
     che   il   paradosso   sarebbe  ancora  piu'  marcato  in  altre
situazioni,   come   quella   del  reato  di  ingiuria,  che  sarebbe
suscettibile di prescrizione piu' rapida nella forma aggravata che in
quella semplice;
     che  peraltro  -  osserva  il  giudice a quo - l'aporia dovrebbe
essere  risolta  nel  senso  esattamente  opposto  a  quello invocato
nell'eccezione  prospettata  dalla  difesa,  e  cioe'  eliminando  il
trattamento di maggior favore per i reati puniti con sanzione diversa
da quella detentiva e da quella pecuniaria;
     che  la  contraria  soluzione, infatti, determinerebbe ulteriori
disarmonie,  rendendo  prescrittibili  i  delitti  di  competenza del
giudice   di   pace  piu'  velocemente  di  quanto  non  sia  per  le
contravvenzioni  conosciute  dal giudice ordinario, e cio' sebbene le
contravvenzioni  costituiscano,  «per  definizione», reati meno gravi
dei delitti;
     che  il Giudice di pace di Palermo, con ordinanza del 7 novembre
2007  (r.o.  n. 44 del 2008), ha sollevato, in riferimento all'art. 3
Cost.,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, primo
e  quinto  comma, cod. pen. - come sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251  del  2005,  e «con riferimento» all'art. 58 del d.lgs. n. 274
del 2000 - nella parte in cui non dispone che il termine triennale di
prescrizione  previsto  per i reati puniti con pena diversa da quella
detentiva  e  da  quella pecuniaria si applichi, inoltre, a tutti gli
ulteriori reati di competenza del giudice di pace;
     che  il  rimettente  procede  per  un reato di lesioni personali
(art. 582, secondo comma, cod. pen.), commesso il 22 luglio 2003, per
il  quale  ritiene  possano  irrogarsi  le  sanzioni della permanenza
domiciliare  o del lavoro di pubblica utilita', «con l'applicabilita'
del termine prescrizionale di anni tre»;
     che  peraltro  lo  stesso  rimettente, richiamando l'art. 58 del
d.lgs.  n. 274  del  2000,  ove  e'  disposta  la parificazione delle
cosiddette  sanzioni  paradetentive  alle pene detentive della specie
corrispondente  a  quella originaria, assume che i reati punibili con
la  permanenza  domiciliare  od  il  lavoro  di  pubblica utilita' si
prescriverebbero  nei  termini  indicati al primo comma dell'art. 157
cod.  pen.,  cioe'  sei  anni  per  i  delitti  e quattro anni per le
contravvenzioni;
     che,  nel  prosieguo  dell'ordinanza, il giudice a quo ribadisce
che la legge stabilirebbe termini di prescrizione differenziati per i
reati di competenza del giudice di pace, a seconda che siano punibili
con  la  sola pena pecuniaria o con pene diverse, e che, per il reato
in   contestazione,  il  termine  sarebbe  pari  a  tre  anni,  salva
l'eventuale proroga a seguito di interruzione della decorrenza;
     che  pertanto  sarebbe  rilevante,  oltre che non manifestamente
infondata, una questione di legittimita' sollevata al fine di indurre
una  «estensione»  del  termine  triennale  di prescrizione a tutti i
reati di competenza del giudice di pace;
     che  il  Tribunale  di  Pavia, con ordinanza del 6 novembre 2007
(r.o. n. 92 del 2008), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost.
-  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157, quinto
comma,  cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del
2005,  nella  parte  in  cui prevede un termine prescrizionale di tre
anni  quando  per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella
detentiva e da quella pecuniaria;
     che il rimettente procede quale giudice di appello nei confronti
di   persone  condannate  per  un  reato  continuato  di  «lesioni  e
ingiurie», commesso il 30 maggio 2003;
     che  il giudice a quo, rilevata a seguito di eccezione difensiva
l'intervenuta  scadenza  del  termine triennale di prescrizione posto
dal  quinto comma dell'art. 157 cod. pen., esprime il dubbio che tale
ultima norma attui una scelta legislativa irrazionale;
     che non potrebbe negarsi, in particolare, la pertinenza ai reati
di  competenza  del giudice di pace - quando punibili con le sanzioni
della  permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilita' - del
riferimento  legislativo  alle  pene  diverse  da  quelle detentive e
pecuniarie;
     che  la  disposizione censurata, dunque, indurrebbe il paradosso
di  un  termine prescrizionale piu' breve di quello ordinario proprio
per i reati che, in ragione della pena comminata, devono considerarsi
piu'  gravi  all'interno  del genus circoscritto dalla competenza del
giudice onorario;
     che la disposizione censurata sarebbe irrazionale - a parere del
giudice  a  quo - anche in ragione del fatto che detta una disciplina
derogatoria   in   base   ad  un  trattamento  sanzionatorio  la  cui
applicazione e' rimessa alla discrezionalita' del giudice, «cosicche'
la commisurazione del termine […] viene fatta dipendere non da
una  pena  astrattamente  prevista  e quindi di certa applicazione ma
dalla  mera  possibilita'  eventuale  di  irrogazione di una sanzione
paradetentiva»;
     che  il Giudice di pace di Bergamo, con ordinanza del 12 ottobre
2007 (r.o. n. 139 del 2008), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251  del  2005,  nella  parte  in  cui  non dispone che il termine
triennale  di  prescrizione  previsto  per  i  reati  puniti con pena
diversa  da  quella  detentiva  e  da  quella pecuniaria si applichi,
inoltre,  a  tutti  gli  ulteriori reati di competenza del giudice di
pace;
     che  nel  giudizio  a  quo  si  procede nei confronti di persona
accusata  dei reati di ingiuria (art. 694 cod. pen.) e minaccia (art.
612 cod. pen.);
     che, secondo il rimettente, nonostante l'istanza difensiva volta
ad  una  declaratoria  di  estinzione dei reati contestati, sarebbero
applicabili  nella  specie  i  termini, non ancora decorsi, di cui al
primo  comma  dell'art.  157  cod.  pen., trattandosi di fatti puniti
esclusivamente con pena pecuniaria;
     che il giudice a quo prospetta l'irrazionalita' della disciplina
vigente,  che  consentirebbe la piu' rapida estinzione dei piu' gravi
tra  i  reati rimessi alla competenza del giudice di pace, riservando
un trattamento piu' severo ai fatti di minor gravita';
     che   tale   irrazionalita',  secondo  il  rimettente,  andrebbe
eliminata  estendendo  il  termine  triennale  a  tutti  i  reati  di
competenza del giudice onorario;
     che,  sollevata in tal senso, la questione sarebbe rilevante nel
giudizio   a   quo,   perche'  solo  una  pronuncia  di  accoglimento
implicherebbe una declaratoria di estinzione dei reati contestati;
     che  il Giudice di pace di Bergamo, con ordinanza del 9 novembre
2007 (r.o. n. 140 del 2008), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale
di  tre  anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria;
     che  il  rimettente  -  investito  della  richiesta difensiva di
dichiarare  prescritto,  a  norma del quinto comma dell'art. 157 cod.
pen., il contestato delitto di lesioni personali (art. 582 cod. pen.)
-  osserva  come  l'art. 52 del d.lgs. n. 274 del 2000 istituisca una
sorta  di  summa  divisio  tra  i  reati  gia'  puniti con la multa e
l'ammenda, per i quali continuano ad applicarsi le pene previgenti, e
gli  ulteriori  reati trasferiti alla competenza del giudice di pace,
per  i  quali  sono  state introdotte pene diverse in luogo di quelle
detentive o pecuniarie;
     che  la  disciplina  risultante dalle disposizioni contenute nel
primo  e  nel  quinto  comma  dell'art. 157 cod. pen., attribuendo un
termine  prescrizionale  piu' breve ai reati puniti con le cosiddette
pene  paradetentive,  sarebbe priva di razionalita' intrinseca e tale
da  vulnerare,  nel  contempo,  il  principio di ragionevolezza ed il
canone dell'uguaglianza, presidiati dall'art. 3 Cost.;
     che  il Giudice di pace di Bergamo, con ordinanza del 9 novembre
2007 (r.o. n. 141 del 2008), ha sollevato - in riferimento all'art. 3
Cost.  -  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale
di  tre  anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria;
     che  nel giudizio a quo si procede per i reati di percosse (art.
581  cod.  pen.) ed ingiuria (art. 594 cod. pen.), in ordine ai quali
e' intervenuta richiesta difensiva per una declaratoria di estinzione
ai sensi dell'art. 157, quinto comma, cod. pen.;
     che  l'ordinanza di rimessione replica gli argomenti esposti dal
medesimo  rimettente  con  un  provvedimento  di analogo tenore, gia'
sopra illustrato (r.o. n. 140 del 2008);
     che   il   Tribunale  di  Barcellona  Pozzo  di  Gotto,  sezione
distaccata  di Milazzo, con ordinanza del 4 ottobre 2007 (r.o. n. 148
del 2008), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost. - questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  157,  quinto comma, cod.
pen.,  come sostituito dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella
parte in cui prevede un termine prescrizionale di tre anni quando per
il  reato  la  legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da
quella pecuniaria;
     che nel giudizio principale si procede per un reato non indicato
dal  rimettente,  il  quale precisa soltanto trattarsi di fattispecie
punibile  con  sanzione  cosiddetta  paradetentiva,  e dunque - a suo
avviso  -  suscettibile  di estinzione per prescrizione, in base alla
disposizione  censurata,  entro  il termine di tre anni, nella specie
gia' decorso;
     che l'ordinanza di rimessione e' analoga ad altra deliberata dal
medesimo rimettente, gia' sopra illustrata (r.o. n. 28 del 2008);
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto, con atti
di  identico  tenore,  in  parte  dei  giudizi fin qui indicati (r.o.
numeri  738,  777,  788, 791, 816, 826 e 838 del 2007, numeri 44, 92,
139 e 141 del 2008);
     che,   secondo   la  difesa  erariale,  le  questioni  sollevate
sarebbero infondate;
     che,  infatti,  il  quinto  comma  dell'art.  157  cod.  pen. si
riferirebbe  a  tutti  i  reati  di  competenza  del giudice di pace,
compresi  quelli puniti con la sola sanzione pecuniaria, e che dunque
non   sussisterebbe,   nel   relativo   ambito,   alcuna  irrazionale
difformita' di trattamento.
   Considerato  che,  mediante le ordinanze di rimessione indicate in
epigrafe,   sono  state  sollevate  varie  questioni  concernenti  la
disciplina  della  prescrizione per i reati attributi alla competenza
del giudice di pace;
     che  il Giudice di pace di Napoli Barra censura in particolare -
con  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  -  il primo comma
dell'art.  157  del  codice penale, come sostituito dall'art. 6 della
legge  5  dicembre  2005,  n. 251  (Modifiche al codice penale e alla
legge  26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di
recidiva,  di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per
i  recidivi,  di  usura  e  di  prescrizione),  nella  parte  in  cui
assoggetta  ai  piu' lunghi termini di prescrizione in esso previsti,
anziche'  ad  un termine triennale, i reati di competenza del giudice
di pace puniti con la sola pena pecuniaria (r.o. n. 791 del 2007);
     che altri rimettenti censurano, sempre in riferimento all'art. 3
Cost.,  il  quinto  comma  dell'art.  157  cod. pen., come sostituito
dall'art.  6  della  legge  n. 251  del  2005, nella parte in cui non
dispone che il termine triennale di prescrizione previsto per i reati
puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria si
applichi,  inoltre,  a  tutti  gli  ulteriori reati di competenza del
giudice  di  pace  (r.o.  numeri  738, 777 e 838 del 2007, n. 139 del
2008);
     che  viene  sollevata, sempre con riguardo all'art. 3 Cost., una
questione di legittimita' riferita tanto al primo che al quinto comma
dell'art.  157  cod.  pen,  come  sostituito  dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, prospettandone l'irragionevolezza nella parte in cui
non  dispongono che il termine triennale di prescrizione previsto per
i  reati  puniti  con  pena  diversa  da quella detentiva e da quella
pecuniaria  si  applichi,  inoltre,  a  tutti  gli ulteriori reati di
competenza del giudice di pace (r.o. n. 44 del 2008);
     che  una  parte  ulteriore  delle  ordinanze di rimessione - sul
contrario  assunto  che  l'allineamento  dei  tempi  di  prescrizione
(asseritamente  necessario  alla  luce  dell'art.  3  Cost.) dovrebbe
realizzarsi  mediante  l'applicazione  generalizzata dei termini piu'
lunghi  -  prospetta  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 157,
quinto  comma,  cod.  pen.,  come  sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede un termine prescrizionale
di  tre  anni quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella  detentiva  e da quella pecuniaria (r.o. numeri 767, 788 e 826
del 2007, numeri 28, 29, 31, 92, 140, 141 e 148 del 2008);
     che,  infine,  il  Tribunale  di Napoli solleva, con riferimento
all'art.  3 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art.
157, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 6 della legge
n. 251  del  2005,  per  la  «inspiegabile»  riduzione a tre anni del
termine di prescrizione per i reati puniti con pena diversa da quella
detentiva e da quella pecuniaria (r.o. n. 816 del 2007);
     che tutte le questioni sollevate riguardano l'attuale disciplina
della  prescrizione  per  i  reati di competenza del giudice di pace,
cosicche' appare opportuna la riunione dei relativi giudizi;
     che  la  questione  sollevata  dal  Giudice di pace di Citta' di
Castello  (r.o.  n. 738  del 2007), relativamente al novellato quinto
comma dell'art. 157 cod. pen., e' manifestamente inammissibile, posto
che  l'ordinanza  di rimessione e' priva di qualunque descrizione del
fatto  sottoposto a giudizio, e manca del tutto di motivazione quanto
alla  rilevanza  ed  alla  non  manifesta  infondatezza della censura
prospettata dal rimettente (ex multis, ordinanza n. 381 del 2008);
     che  anche la questione sollevata dal Tribunale di Rossano (r.o.
n. 767  del  2007), sempre con riguardo al quinto comma dell'art. 157
cod. pen., e' manifestamente inammissibile;
     che  il rimettente, infatti, assume l'applicabilita' nel caso di
specie  del piu' lungo termine prescrizionale fissato dal primo comma
dell'art.  157 cod. pen., e sollecita, al tempo stesso, una pronuncia
che  dovrebbe  estendere  il  medesimo  termine  ad  altri  reati  di
competenza  del giudice di pace, mediante l'ablazione della norma che
prevede  un  trattamento  piu' favorevole per i fatti puniti con pene
diverse da quelle detentive o pecuniarie;
     che  in  tali condizioni, e nell'assenza di spunti motivazionali
utili allo scopo, non e' data la possibilita' di stabilire quale sia,
nel giudizio a quo, la rilevanza della questione sollevata;
     che  va  dichiarata, ancora, la manifesta inammissibilita' della
questione di legittimita' costituzionale proposta dal Giudice di pace
di Foggia (r.o. n. 788 del 2007), sempre con riguardo al quinto comma
dell'art. 157 cod. pen.;
     che  si  riscontra infatti, per un verso, una discordanza tra le
indicazioni  del rimettente sulla qualificazione dei fatti contestati
e  l'assunto che, per tutti i reati in questione, sarebbe applicabile
il termine triennale di prescrizione fissato dalla norma censurata;
     che,  per  altro  verso,  la  questione  e'  motivata in termini
contraddittori, poiche' il rimettente muove dall'assunto che la norma
censurata  si  riferirebbe proprio ai reati di competenza del giudice
di  pace  sanzionabili con le pene «paradetentive» e conclude, pero',
con osservazioni utili solo a giustificare la conclusione opposta (ex
multis, ordinanza n. 207 del 2008);
     che   analogo   giudizio   di  manifesta  inammissibilita'  deve
formularsi  anche  per la questione sollevata dal Tribunale di Napoli
(r.o.  n. 816  del  2007), con riguardo al quinto comma dell'art. 157
cod. pen., posto che l'ordinanza di rimessione manca dell'indicazione
dei  reati  per  cui  si  procede  ed  e'  priva tanto di un'adeguata
specificazione  del  petitum  quanto  della necessaria motivazione in
punto di rilevanza;
     che  la  questione  di legittimita' costituzionale sollevata dal
Giudice  di  pace  di  Torino  (r.o.  n. 826  del  2007),  sempre con
riferimento   al   quinto   comma   dell'art.   157   cod.  pen.,  e'
manifestamente  inammissibile  per  la  palese  contraddizione tra il
presupposto   interpretativo   del   giudizio   di  rilevanza,  cioe'
l'applicabilita'   del   termine   prescrizionale   breve   al  reato
contestato,  e  la motivazione sviluppata dal rimettente, interamente
volta  a  negare  la  riferibilita' della norma censurata ai reati di
competenza del giudice di pace;
     che va dichiarata la manifesta inammissibilita' di due ulteriori
questioni  concernenti  il  quinto  comma  dell'art.  157  cod. pen.,
sollevate  dal  Tribunale  di  Barcellona  Pozzo  di  Gotto,  sezione
distaccata  di Milazzo (r.o. numeri 28 e 148 del 2008), con ordinanze
di analogo tenore;
     che  il  rimettente,  infatti, non ha descritto adeguatamente le
fattispecie   sottoposte  al  suo  giudizio,  omettendo  di  indicare
finanche il titolo dei reati in contestazione, cosi' da precludere la
verifica,  ad  opera  di  questa  Corte,  circa  la  rilevanza  della
questione sollevata;
     che per ragioni analoghe risulta manifestamente inammissibile la
questione  sollevata  -  relativamente  al quinto comma dell'art. 157
cod.  pen.  -  dal  Giudice  di pace di Forli' (r.o. n. 29 del 2008),
posto   che  l'ordinanza  di  rimessione,  ove  non  e'  indicata  la
qualificazione giuridica dei fatti contestati, difetta tra l'altro di
ogni motivazione in punto di rilevanza;
     che  anche la questione sollevata dal Giudice di pace di Palermo
(r.o.  n. 44  del  2008),  con  riguardo  al primo ed al quinto comma
dell'art.  157  cod. pen., e «con riferimento» all'art. 58 del d.lgs.
n. 274  del  2000,  deve  essere  definita  nel senso della manifesta
inammissibilita';
     che il rimettente, infatti, ritiene applicabile alla fattispecie
per  cui procede il termine prescrizionale «breve» fissato nel quinto
comma della norma censurata, e formula un petitum mirato ad estendere
lo  stesso  termine  con  riguardo  a tutti i reati di competenza del
giudice  di  pace,  cosi'  palesando - pur nel contesto d'una carente
descrizione  del  fatto  -  l'irrilevanza  nel  giudizio  a quo della
questione sollevata;
     che   sono   manifestamente   inammissibili,  infine,  anche  le
questioni  sollevate dal Giudice di pace di Bergamo, relativamente al
quinto  comma  dell'art. 157 cod. pen., con due ordinanze di identico
tenore   (r.o.   numeri   140  e  141  del  2008),  posto  che  detti
provvedimenti difettano d'una qualunque descrizione delle fattispecie
concrete  (a partire dalla data di commissione dei fatti perseguiti),
cosi'  da  precludere  il  necessario controllo di questa Corte sulla
rilevanza delle questioni medesime;
     che le ulteriori questioni di legittimita' costituzionale cui si
riferisce  il  presente  giudizio  -  sollevate, rispettivamente, dal
Giudice  di pace di Cuneo (r.o. n. 777 del 2007), dal Giudice di pace
di  Napoli  Barra  (r.o.  n. 791  del  2007),  dal Giudice di pace di
Bergamo  (r.o.  n. 838  del 2007 e n. 139 del 2008), dal Tribunale di
Parma  (r.o.  n. 31 del 2008), dal Tribunale di Pavia (r.o. n. 92 del
2008)  - sono manifestamente infondate, in quanto prospettate in base
ad un erroneo presupposto interpretativo;
     che  infatti  -  come  questa Corte ha chiarito, dichiarando non
fondate «nei sensi di cui in motivazione» questioni analoghe a quelle
odierne,  poste  sia  con  riguardo  al  primo sia con riferimento al
quinto  comma dell'art. 157 cod. pen. (sentenza n. 2 del 2008) - deve
essere   esclusa   l'attuale  vigenza  di  un  termine  triennale  di
prescrizione  per  i reati di competenza del giudice di pace punibili
mediante le cosiddette sanzioni paradetentive;
     che con la citata pronuncia e' stata esclusa, in particolare, la
riferibilita'  della  norma  contenuta nel quinto comma dell'art. 157
cod.  pen.  a  fattispecie  incriminatrici  che  non prevedano in via
diretta  ed  esclusiva pene diverse da quelle pecuniarie o detentive,
ed  e' stata altresi' rilevata la perdurante equiparazione, «per ogni
effetto   giuridico»,   tra   le   pene  dell'obbligo  di  permanenza
domiciliare e del lavoro socialmente utile, irrogabili dal giudice di
pace  in  alternativa  alle  pene pecuniarie, e le sanzioni detentive
originariamente  previste  per  i  reati che le contemplano (art. 58,
comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000);
     che  l'opzione  appena  descritta e' stata confermata, da questa
Corte,  in  occasione del vaglio di ulteriori questioni sollevate con
riguardo alla disciplina della prescrizione per i reati di competenza
del giudice di pace (ordinanze numeri 223 e 381 del 2008);
     che  non  si  rinvengono,  nella  motivazione  dei provvedimenti
all'origine   del   presente   giudizio,  argomenti  che  inducano  a
modificare le valutazioni appena richiamate;
     che  la  ritenuta applicabilita' delle disposizioni previste nel
primo comma dell'art. 157 cod. pen. a tutti i reati di competenza del
giudice   di  pace  esclude  l'incongrua  diversita'  di  trattamento
denunciata da ciascuno dei rimettenti.
   Visti  gli  articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi innanzi
alla Corte costituzionale.