Ordinanza
nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della mancata presentazione al Parlamento, da parte
del Ministero dell'interno, entro sessanta giorni dalla pubblicazione
nella  Gazzetta  Ufficiale  del  risultato  del  referendum  (che  ha
approvato la proposta di distacco dei Comuni di Asiago, Conco, Enego,
Foza,  Gallio,  Lusiana, Roana e Totzo dalla Regione Veneto e la loro
aggregazione  alla Regione Trentino-Alto Adige), del disegno di legge
di  cui  all'articolo  132,  secondo  comma,  della  Costituzione, in
ossequio all'articolo 45, comma 4, della legge 25 maggio 1970, n. 352
(Norme  sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa
legislativa del popolo), promosso con ricorso di Rodeghiero Francesco
Valerio, delegato effettivo dei Comuni di Asiago, Conco, Enego, Foza,
Gallio,   Lusiana,   Roana   e   Rotzo,  nonche'  nella  qualita'  di
rappresentante  del  «Comitato  per  il  referendum  per il passaggio
dell'Altipiano  dei  sette  Comuni  alla  Provincia  di  Trento» e di
elettore  del Comune di Enego, depositato in cancelleria il 14 maggio
2008  ed  iscritto  al  n. 12 del registro conflitti tra poteri dello
Stato 2008, fase di ammissibilita'.
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 5 novembre 2008 il Giudice
relatore Ugo De Siervo.
   Ritenuto  che,  con  ricorso depositato il 14 maggio 2008, il sig.
Francesco Valerio Rodeghiero, in qualita' di «delegato effettivo» dei
Comuni di Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana e Rotzo,
designato  con deliberazioni dei consigli comunali dei citati enti ai
sensi  dell'art.  42, terzo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352
(Norme  sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa
legislativa  del  popolo),  nonche' in qualita' di rappresentante del
«Comitato  per  il  passaggio  dell'Altipiano  dei  Sette Comuni alla
Provincia di Trento», e, altresi', in qualita' elettore del Comune di
Enego,  ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei confronti del Ministro dell'interno, del Consiglio dei ministri e
del Presidente della Repubblica;
     che   il  ricorrente  lamenta  la  menomazione  del  diritto  di
autodeterminazione  delle  comunita' locali dei Comuni interessati al
distacco  dalla  Regione Veneto e alla loro aggregazione alla Regione
Trentino-Alto  Adige da parte del Ministro dell'interno, il quale non
avrebbe  adempiuto  all'obbligo,  previsto  dall'art.  45 della legge
n. 352  del  1970, di presentare al Parlamento il disegno di legge di
variazione territoriale regionale di cui all'art. 132, secondo comma,
della  Costituzione,  entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella
Gazzetta  ufficiale  dell'estratto  del verbale dell'Ufficio centrale
per  il referendum con cui e' accertata l'approvazione della proposta
sottoposta a referendum;
     che  analoga  menomazione  sarebbe  stata operata dal Presidente
della   Repubblica,  il  quale  non  avrebbe  autorizzato,  ai  sensi
dell'art. 87, quarto comma, Cost., la presentazione al Parlamento del
predetto disegno di legge;
     che  il  ricorrente  riferisce  che,  nei  Comuni di cui egli e'
delegato, in data 6 e 7 maggio 2007 si e' svolto con esito favorevole
il  referendum di cui all'art. 132, secondo comma, della Costituzione
per  il  distacco  di  tali  enti  dalla  Regione  Veneto  e  la loro
aggregazione  alla  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  che l'esito del
referendum e' stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 22 maggio
2007, n. 147;
     che  nonostante  il decorso, da tale pubblicazione, dei sessanta
giorni  previsti  dall'art.  45, quarto comma, della legge n. 352 del
1970,  il  Ministro dell'interno non avrebbe presentato al Parlamento
il disegno di legge di variazione territoriale;
     che  l'Ufficio  affari  legislativi e relazioni parlamentari del
Ministero dell'interno, con nota del 26 luglio 2007, aveva comunicato
al  delegato  che  tale  omissione  deriverebbe  dal  fatto  che  «la
Presidenza     della     Repubblica    ha    espresso    perplessita'
sull'opportunita'   di  presentare  il  d.d.l.  senza  la  preventiva
acquisizione dei pareri dei Consigli regionali»;
     che  il  Consigliere  del  Presidente  della  Repubblica per gli
affari  giuridici  e  le  relazioni  costituzionali,  con nota del 23
gennaio  2008,  aveva  smentito  tale  affermazione,  comunicando  al
delegato effettivo dei Comuni interessati che la Presidenza non aveva
mai    rappresentato   una   tale   «interpretazione»   all'Autorita'
governativa;
     che  tutto  cio',  ad  avviso del ricorrente, determinerebbe una
lesione   delle   attribuzioni  costituzionali  di  cui  il  delegato
effettivo   sarebbe  titolare  in  quanto  rappresentante  del  corpo
elettorale  comunale,  in  forza  dell'art. 132, secondo comma, della
Costituzione;
     che,  in  ordine  alla legittimazione al conflitto del «delegato
effettivo»,  il  ricorrente sostiene che essa discenderebbe dal fatto
che    tale    figura    si    dovrebbe   qualificare   come   potere
“esterno”  allo  Stato-apparato,  analogamente  a  quanto
riconosciuto    dalla    Corte   costituzionale   con   riguardo   ai
sottoscrittori della richiesta di referendum di cui all'art. 75 della
Costituzione;
     che  anche  il  delegato  comunale, infatti, sarebbe in grado di
esprimere   una   manifestazione  costituzionalmente  tutelata  della
volonta'  popolare,  dal  momento che il raccordo che si instaura tra
tale  figura  e  i  Consigli comunali sarebbe funzionale a consentire
l'esercizio    diretto    della    sovranita'   popolare   attraverso
l'attivazione della consultazione referendaria;
     che,  quanto  ai poteri spettanti al delegato, benche' la Corte,
nell'ordinanza  n. 69  del  2006,  abbia ritenuto che la legislazione
vigente  non  gli  riconosce alcun potere nella fase di proclamazione
dei  risultati  referendari  da  parte  dell'Ufficio  centrale per il
referendum, il ricorrente rileva che nel caso in cui la consultazione
popolare  abbia  avuto esito favorevole, il procedimento referendario
si  concluderebbe  «con l'estrinsecazione della volonta' popolare nel
disegno   di   legge  di  variazione  territoriale  che  il  Ministro
dell'interno  e'  tenuto  a  presentare  al Parlamento» e che, in tal
caso,  la  funzione  del delegato si esaurirebbe solo a seguito della
presentazione di detto disegno di legge;
     che   legittimato  a  sollevare  il  conflitto,  ad  avviso  del
ricorrente,  sarebbe  anche  il rappresentante del comitato promotore
del  referendum  di  cui  all'art. 132, secondo comma, Cost., essendo
detto  comitato  equiparabile al comitato promotore del referendum di
cui   all'art.   75   Cost.,  e  dovendo,  pertanto,  anche  ad  esso
riconoscersi lo «status» di potere esterno allo Stato-apparato;
     che,  in  ogni  caso,  la legittimazione del ricorrente dovrebbe
essere  riconosciuta  per  la necessita' di garantire un procedimento
decisionale direttamente sancito dalla Costituzione;
     che   sussisterebbe,   altresi',   il  requisito  oggettivo  del
conflitto,  dal  momento che questo ben puo' riguardare anche un atto
di  natura  omissiva  quale  l'inadempimento,  da  parte del Ministro
dell'interno,  dell'obbligo  posto  dall'art. 45, quarto comma, della
legge  n. 352  del  1970, nonche' la mancata autorizzazione, da parte
del Presidente della Repubblica, alla presentazione al Parlamento del
disegno di legge di variazione territoriale;
     che,  quanto al merito del conflitto, il ricorrente sostiene che
il  termine  di  sessanta  giorni  per  la presentazione del suddetto
disegno  di  legge  sarebbe  perentorio e dunque inderogabile, tenuto
conto  della  particolare  scansione  temporale  che  caratterizza il
procedimento  di distacco-aggregazione configurato dalla legge n. 352
del 1970;
     che  anche  laddove  tale  termine  dovesse  ritenersi meramente
ordinatorio,  il  Ministro dell'interno dovrebbe «motivare il ritardo
[…]  e  comunque  fare  in  modo  che lo stesso ritardo non si
prolunghi  oltremodo» e l'inadempimento di tale obbligo violerebbe il
diritto     costituzionalmente    garantito    all'autodeterminazione
territoriale delle comunita' locali;
     che   una  ulteriore  lesione  di  tale  diritto  sarebbe  stata
perpetrata dal Presidente della Repubblica, il quale avrebbe espresso
perplessita'  sull'opportunita'  di  presentare  il  disegno di legge
senza la preventiva acquisizione dei pareri dei Consigli regionali;
     che,  in tal modo, il Presidente avrebbe esercitato «un'indebita
ingerenza  nell'iter  legislativo  di distacco-aggregazione in aperta
violazione  del  diritto di autodeterminazione delle comunita' locali
interessate»;
     che,  in  ogni  caso,  il  ricorrente  contesta  la  sussistenza
dell'obbligo  di  acquisizione  dei  pareri  dei  Consigli  regionali
anteriormente alla presentazione del disegno di legge;
     che, infine, il ricorrente chiede alla Corte si sollevare avanti
a  se'  -  in quanto rilevante ai fini della decisione - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  45, terzo comma, della legge
n. 352  del 1970, nella parte in cui non prevede la comunicazione dei
risultati  referendari  al delegato effettivo e al delegato supplente
del  Comune  che abbia chiesto lo svolgimento del referendum ai sensi
dell'art.  132,  secondo  comma,  Cost., in quanto detta disposizione
determinerebbe  un'ingiustificata  disparita'  di trattamento di tali
soggetti  rispetto  ai rappresentanti del Consiglio dei ministri, del
Parlamento  e delle Regioni interessate, ai quali e' invece trasmessa
copia del verbale dell'Ufficio centrale per il referendum.
   Considerato  che,  ai  sensi  dell'art.  37, terzo e quarto comma,
della  legge  11  marzo 1953, n. 87, questa Corte e' chiamata, in via
preliminare,  a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, senza
contraddittorio,  se  il  ricorso  sia  ammissibile  sotto il profilo
dell'esistenza  della  materia  di  un  conflitto  la cui risoluzione
spetti  alla sua competenza, valutando, in particolare, se sussistano
i  requisiti  oggettivi  e soggettivi di un conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato;
     che il ricorso in esame e' sostanzialmente analogo a quello gia'
proposto  dallo  stesso  sig.  Francesco  Valerio  Rodeghiero  sia in
qualita'  di  delegato  effettivo dei Comuni di Asiago, Conco, Enego,
Foza,   Gallio,   Lusiana,   Roana   e  Rotzo,  sia  in  qualita'  di
rappresentante  del  «Comitato  per  il  passaggio dell'Altipiano dei
Sette  Comuni  alla  Provincia  di  Trento»,  nonche'  in qualita' di
elettore  del  Comune  di  Enego contro il Ministro dell'interno e il
Governo  e  deciso  da questa Corte con ordinanza n. 99 del 2008, nel
senso della inammissibilita' per difetto del requisito soggettivo;
     che  anche  con  il  presente  conflitto  il  ricorrente,  nelle
medesime  qualita'  ora richiamate, lamenta l'inadempimento, da parte
del  Ministro  dell'interno, dell'obbligo di presentare al Parlamento
il  disegno di legge di variazione territoriale conseguente all'esito
favorevole  del  referendum  ed  inoltre,  censura l'inadempimento da
parte  del Presidente della Repubblica dell'obbligo di autorizzare la
presentazione di tale disegno di legge;
     che,  in  ordine alla sussistenza dei presupposti soggettivi del
conflitto,  questa  Corte non puo' che ribadire quanto gia' affermato
nella  richiamata ordinanza n. 99 del 2008, che il ricorrente neppure
mostra  di conoscere, nonche' in altre precedenti pronunce (ordinanze
n. 296  e n. 69 del 2006) e, da ultimo, ribadita con ordinanza n. 189
del  2008,  le  quali  escludono  qualunque  legittimazione attiva al
conflitto del delegato comunale;
     che  inconferente  e'  il  richiamo  operato dal ricorrente alle
pronunce  di  questa  Corte  che hanno riconosciuto la legittimazione
attiva  del  comitato  promotore  del  referendum  abrogativo  di cui
all'art. 75 Cost., poiche' non ricorre nella specie il presupposto da
cui  muovevano  quelle  decisioni  e cioe' la titolarita', in capo ai
ricorrenti,  di  «funzioni  pubbliche  costituzionalmente rilevanti e
garantite,  concorrenti  con  quelle  attribuite  a  poteri  e organi
statuali in senso proprio» (sentenza n. 69 del 1978);
     che,  infatti,  l'ordinamento non riconosce al delegato comunale
la  titolarita'  di  alcuna  attribuzione  costituzionale, tanto meno
quella  di rappresentante del corpo elettorale comunale, in relazione
ai procedimenti referendari concernenti il distacco dei Comuni da una
Regione  e  la  loro  aggregazione ad altra Regione, ne' con riguardo
alla fase di proclamazione dei risultati referendari (ordinanza n. 69
del  2006),  ne'  nella  fase  ad essa successiva (come espressamente
affermato  nell'ordinanza  n. 99  del  2008,  nonche'  nell'ordinanza
n. 296 del 2006);
     che, del pari, privo di legittimazione attiva al conflitto e' il
rappresentante  del comitato promotore del referendum di cui all'art.
132, secondo comma, della Costituzione;
     che,   anche   per   tale   soggetto,  deve  essere  riaffermato
l'orientamento  espresso  da  questa  Corte  -  sia  con  riguardo al
comitato  promotore di referendum abrogativo di una legge provinciale
(ordinanza  n. 82  del  1978),  sia  con  riguardo  ai  promotori del
referendum  sullo  statuto  regionale  ai  sensi  dell'art. 123 Cost.
(ordinanza  n. 479  del  2005)  - in base al quale tali soggetti «non
sono   equiparabili  agli  organi  statali  competenti  a  dichiarare
definitivamente  la  volonta'  del  potere cui appartengono e nemmeno
esercitano  funzioni concorrenti con quelle attribuite a poteri dello
Stato-apparato»,  ma  «debbono  invece venire assimilati ai poteri di
istituzioni  autonome e non sovrane, quali sono gli enti territoriali
interessati»;
     che  il  rappresentante del comitato promotore del referendum di
cui  all'art.  132, secondo comma, della Costituzione non costituisce
potere  dello Stato, essendo egli estraneo a tale articolazione della
Repubblica (art. 114 Cost.), e neppure e' titolare di alcuna funzione
concorrente  con  quelle  proprie  dei  poteri  dello  Stato-apparato
(ordinanza n. 99 del 2008);
     che con riguardo alla legittimazione attiva del ricorrente quale
elettore  di uno dei Comuni interessati alla variazione territoriale,
deve richiamarsi il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui
«in  nessun  caso  […]  il  singolo  cittadino puo' […]
ritenersi investito di una funzione costituzionalmente rilevante tale
da  legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione ai sensi degli
artt.  134  Cost.  e  37 legge n. 87 del 1953» (ordinanza s.n. del 27
luglio  1988;  dello  stesso  tenore le ordinanze n. 284 e n. 189 del
2008; n. 296 del 2006; n. 57 del 1971);
     che,  pertanto,  il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
per difetto del requisito soggettivo.