LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Walde
 Elmar, residente a Brunico, elettivamente domiciliata in Roma, via G.
 Paisiello   n.   49,  presso  l'avv.  Gianfrancesco  Manunza  che  la
 rappresenta e difende unitamente all'avv. Sergio Coletti per  mandato
 a  margine  del  ricorso, ricorrente, contro Thomaser Michael, Treyer
 Justa e Thomaser Chiristian, tutti elettivamente domiciliati in Roma,
 viale  G.  Cesare  n.  71,  presso  l'avv.  Gianfranco Pratesi che li
 rappresenta e difende unitamente all'avv. Hans Leiter per  mandato  a
 margine  del  controricorso,  controricorrente,  contro  Walde Bruno,
 intimato;
    Visto  il  ricorso  avverso  la  sentenza della corte d'appello di
 Trento del 12 febbraio 1985 (r.g. n. 95/83);
    Udito il cons. rel. dott. U. de Aloysio nella pubblica udienza del
 29 maggio 1989;
    Sentito l'avv. G. Manunza;
    Sentito l'avv. U. Leter;
    Sentito il p.m., in persona del sost. proc. gen., dott. A. Leo che
 ha concluso per il rigetto del ricorso;
                        SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    1.  -  Elmar Walde, conduttore di un immobile adibito ad attivita'
 commerciale,  premesso  che  il  locatore  Bruno  Walde   gli   aveva
 notificato  un  preliminare  di  compravendita  dell'immobile ai fini
 dell'esercizio del diritto di prelazione; che egli non aveva,  pero',
 accettato  dato  che  il  prezzo preteso (lire 350 milioni) era molto
 superiore al  suo  valore;  che  successivamente  il  locatore  aveva
 apparentemente   trasferito,   per   il  prezzo  anzidetto,  la  nuda
 proprieta'  dell'immobile  su  accennato  a   Cristian   Thomaser   e
 l'usufrutto dello stesso a Michael Thomaser ed a Justa Treyer; che il
 contratto di compravendita doveva ritenersi  simulato  per  avere  le
 parti  indicato  un  prezzo  superiore  al reale al fine di eludere i
 diritti di esso conduttore; che egli  si  riservava  l'esercizio  del
 riscatto   dopo   l'accertamento   della  prelazione;  cio'  premesso
 conveniva in giudizio innanzi al  tribunale  di  Bolzano  i  predetti
 Bruno Walde, Christian Thomaser, Michael Thomaser e Justa Treyer, per
 sentir dichiarare simulato il contratto di compravendita tra  costoro
 intervenuto  relativamente all'immobile da lui condotto in locazione.
    Nella   contumacia   di   Bruno   Walde,   gli   altri  convenuti,
 costituitisi,  eccepivano  la  mancanza   di   interesse   da   parte
 dell'attore  ad agire per l'accertamento dell'asserita simulazione in
 quanto, anche se questa fosse  rimasta  accertata,  Elmar  Walde  non
 avrebbe  potuto  esercitare il diritto di riscatto essendo scaduto il
 termine semestrale dall'iscrizione nei registri del  libro  fondiario
 di Brunico.
    2.  -  Il  tribunla di Bolzano, rilevato che l'attore era decaduto
 dal diritto di riscatto per decorrenza del termine di cui all'art. 39
 della  legge  27  luglio  1978,  n.  392, riteneva lo stesso privo di
 interesse a far valere la simulazione della compravendita e,  quindi,
 rigettava la domanda.
    La  corte  d'appello  di  Trento,  con  la sentenza ora impugnata,
 confermava la decisione di primo grado.
    Elmar  Walde  ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due
 motivi, cui resistono con controricorso Christian e Michael  Thomaser
 e Justa Treyer.
    3.  - Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione
 e falsa applicazione degli artt. 38 e 39 della legge 27 luglio  1978,
 n.  392,  nonche'  omessa  o insufficiente motivazione circa un punto
 decisivo della controversia, deduce che la corte d'appello ha  errato
 nel  ritenere  applicabile  nella  specie la norma dell'art. 39 della
 legge citata, che per l'esercizio del riscatto prevede il termine  di
 sei  mesi  dalla  trascrizione  della  compravendita,  perche' non ha
 considerato che tale norma, essendo eccezionale  in  quanto  sancisce
 una decadenza, non puo' essere applicata al di fuori dei casi in essa
 previsti (mancata notificazione della comunicazione di  cui  all'art.
 38 per l'esercizio della prelazione; non corrispondenza tra il prezzo
 indicato  nella  comunicazione  e  quello  risultante  dall'atto   di
 compravendita),  cosi' che non ricorrono nell'ipotesi in esame ove si
 tratta dell'indicazione dello stesso prezzo ma piu' elevato di quello
 effettivo.
    Con  il  secondo  motivo,  poi,  il ricorrente censura la sentenza
 impugnata per aver ritenuto che il conduttore, ove sia  decaduto  dal
 diritto  di riscatto, non abbia diritto al risarcimento del danno per
 l'inadempimento  dell'obbligazione  del  locatore  di  consentire  al
 conduttore  l'esercizio  del  diritto  di  prelazione  e per il fatto
 illecito costituito, nella specie, dall'accordo simulatorio circa  il
 prezzo della compravendita intervenuto fra il locatore che ha venduto
 ed i terzi acquirenti.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    La  Corte  ritiene  di  dover  sollevare d'ufficio la questione di
 legittimita' costituzionale della norma di  cui  all'art.  39,  primo
 comma,  della  legge  27  luglio  1978,  n.  392,  presentandosi essa
 rilevante in rapporto alla decisione  sul  ricorso  in  esame  e  non
 manifestamente infondata.
    1.  -  Detta  questione  e'  rilevante  perche',  sebbene l'azione
 proposta dal  Walde  sia  quella  di  simulazione  del  contratto  di
 compravendita   dell'immobile   locato   e  non  quella  di  riscatto
 dell'immobile stesso,  tuttavia  la  decisione  su  di  essa  implica
 necessariamente  la  previa risoluzione della questione relativa alla
 decadenza o meno del  conduttore  dal  diritto  di  riscatto  per  il
 decorso  del  termine  previsto  dalla  citata  norma, in quanto tale
 risoluzione ha rilevanza ai fini dell'indagine sulla  sussistenza,  o
 meno, dell'interesse ad agire in simulazione.
    L'impugnazione  postula,  poi,  che il giudice di merito non abbia
 correttamente risolto il punto relativo alla decadenza del diritto di
 riscatto, sul quale, dunque, non si e' formato il giudicato.
    Il  sindacato  della  Corte sulla decisione richiede, percio', che
 sia fatta applicazione dell'art. 39,  primo  comma,  della  legge  27
 luglio 1978, n. 392; donde la rilevanza della questione ed insieme il
 potere di sollevare d'ufficio la questione medesima.
    2.  - La Corte ritiene, altresi', che, in relazione agli artt. 3 e
 24 della Costituzione non sia manifestamente infondata  la  questione
 di  legittimita'  Costituzionale della disposizione dettata dall'art.
 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella  parte  in
 cui,  prescrivendo che il diritto di riscatto debba essere esercitato
 in  un  termine  di  sei  mesi  ricorrente  dalla  trascrizione   del
 contratto,  dimensiona  tale  termine  in  modo  irragionevole, avuto
 riguardo alla circostanza di fatto assunta a momento  iniziale  della
 sua decorrenza e senza necessita' logica assume a termine iniziale la
 trascrizione del contratto, con la  conseguenza  di  pregiudicare  la
 possibilita'  di  far  valere  il diritto di riscatto, vanificando la
 protezione dell'interesse del conduttore  cui  e'  ordinato,  secondo
 l'art. 38 della legge n. 392/1978, il diritto di prelazione.
    Il giudizio della Corte si basa sulle considerazioni seguenti.
    2.1.  - Il diritto di riscatto rappresenta l'unica, efficace forma
 di tutela del diritto di prelazione, che la  violazione  dell'obbligo
 del  locatore,  preveduto  dall'art.  38, primo comma, abbia impedito
 trovasse realizzazione.
    Solo   attraverso   il   diritto   di   riscatto  possono  trovare
 soddisfazione sia l'interesse  del  conduttore,  sia  la  ragione  di
 pubblico interesse che ne giustifica la protezione.
    La  tutela  risarcitoria, che si ritenesse esperibile, mancherebbe
 di  realizzare  il  risultato  della   riunione   della   titolarita'
 dell'impresa  e  della  proprieta'  dell'immobile in cui l'azienda e'
 esercitata.
    2.2. - L'art. 38, terzo comma, della legge n. 392/1978 dispone che
 il conduttore debba esercitare il  diritto  di  prelazione  entro  il
 termine  di  sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, che
 il locatore e' tenuto a notificargli a norma del  primo  comma  dello
 stesso articolo.
    La ragionevolezza del dimensionamento del termine di esercizio del
 diritto di riscatto, in  connessione  con  la  sua  decorrenza  dalla
 trascrizione,  va  vista  in rapporto all'onere di diligenza che esso
 impone al conduttore, per far si' che il tempo che  gli  residui  per
 l'esercizio  del  diritto  di riscatto, non sia inferiore a quello di
 cui la legge ritiene egli  debba  disporre  per  potersi  determinare
 all'esercizio del diritto di prelazione.
    La   ragionevolezza  del  dimensionamento  di  un  termine,  fatto
 decorreva da una circostanza che vena svolgendosi fuori  della  sfera
 del  soggetto  che  deve  osservarlo, va riguardata anche in rapporto
 alla possibilita' che la circostanza entri nella sfera di  conoscenza
 effettiva  del  soggetto,  non  solo  in  base  al  suo attivarsi per
 accertarla, ma  in  ragione  del  normale  svolgimento  del  rapporto
 giuridico in cui si inserisce il dieitto che si tratta di far valere.
    Giacche'   il  trasferimento  della  proprieta'  del  bene  locato
 comporta la successione dell'acquirente  nel  rapporto  di  locazione
 (art.  1602  del cod. civ.) e' pensabile che, nella ricerca del punto
 di incontro tra le contrapposte esigenze di protezione dell'interesse
 del  conduttore  e  di  certezza  del  commercio  immobiliare, si sia
 considerato che la conoscibilita' del trasferimento si realizzi nella
 generalita'  dei  casi  cone  normale  conseguenza  della successione
 dell'acquirente al locatore e dell'esercizio da parte del  primo  dei
 diritti inerenti al rapporto.
    Le  controversie  venute  all'esame  della Corte appaiono smentire
 questa valutazione, rivelandosi non  infrequente  il  caso  che  alla
 mancata  comunicazione  della  intenzione  di  vendere  da  parte del
 locatore, faccia seguito  un  comportamento  volto  ad  occultare  il
 trasferimento od addirittura a farlo apparire come non avvenuto.
    Non  va,  poi,  sottaciuto  che, inserendosi la disposizione in un
 contesto normativo che non consente di dare rilievo,  in  materia  di
 decadenza, a circostanze che ne impediscano o sospendano il maturarsi
 (art. 2964 del cod. civ.), un siffatto atteggiamento resta  privo  di
 rilevanza in rapporto all'esercizio del diritto di riscatto.
    Si  perviene  alla  constatazione  che  l'unico  mezzo,  idoneo  a
 preservare il conduttore dal rischio di  veder  frustato  il  diritto
 all'acquisto  del  bene locato in concessione con la sua alienazione,
 resti un'ispezione di registri immobiliari da rinnovarsi per tutta la
 durata del rapporto per non meno di tre volte nell'arco dell'anno.
    2.3. - Il termine per l'esercizio del diritto di riscatto e' stato
 previsto decorra dalla trascrizione del contratto.
    La trascrizione del contratto, che deve essere eseguita secondo il
 disposto dell'art. 2659 del cod. civ., il cui dettato  va  intregrato
 con  quello  dell'art. 2665 del cod. civ., non e' necessario si attui
 mediante indicazione del prezzo a cui l'immobile e' stato trasferito,
 giacche'  per  la validita' della trascrizione e' sufficiente risulti
 dal relativo registro il diritto sul bene di cui l'atto  comporta  il
 trasferimento  e  la  natura  del  negozio  per  effetto del quale il
 trasferimento si e' prodotto.
    Ne   emerge   che   l'ancoraggio  del  decorso  del  termine  alla
 trascrizione del contratto, comporta per il conduttore,  in  rapporto
 alla  situazione  in  cui sarebbe posto dall'adempimento dell'obbligo
 del locatore ed in funzione dell'esercizio del diritto  di  riscatto,
 un ulteriore onere di accertamento.
    2.4.  -  Le  esigenze  di  sicurezza del commercio immobiliare non
 rendono logicamente necessario assumere a dies a quo del  termine  di
 decadenza, la trascrizione del contratto.
    Queste   esigenze  giustificano  logicamente  una  disciplina  che
 sancisca l'inopponibilita' ai terzi della trascrizione della  domanda
 o  della dichiarazione di riscatto, se eseguita dopo un certo termine
 dalla trascrizione della vendita e se  successiva  alla  trascrizione
 del  proprio  acquisto  da  parte di aventi causa dall'acquirente del
 locatore, sulla falsa riga di quanto previsto dall'art. 2653,  n.  3,
 del cod. civ.
    In  base  alle stesse esigenze non appare potersi giustificare, in
 rapporto  di  parametri  costituzionali  avanti  indicati,   che   la
 trascrizione  funga  da  dies  a  quo  nei  rapporti tra conduttore e
 acquirente.
    L'esigenza   di   evitare   che   l'acquisto  del  locatore  resti
 indeterminatamente soggetto a risolversi per  effetto  dell'esercizio
 del   diritto  di  riscatto,  si  presta,  infatti,  ad  essere  piu'
 equilibratamente  tutelata  accollando  all'acquirente  un  onere  di
 comunicazione verso il conduttore, al cui assolvimento ricollegare il
 decorso del termine di esercizio del diritto di riscatto.
    L'ipotizzabilita'  di  soluzioni  diverse  da quella prescelta dal
 legislatore, capaci ci salvaguardare altre rilevanti  esigenze  e  di
 non   esporre   a   sacrificio  l'interesse  del  conduttore,  sembra
 autorizzare il dubbio che l'attuale egolamentazione si fondi  su  una
 soluzione del problema non conforme a Costituzione.
    2.5.  -  Avviandosi  a concludere la Corte osserva che, a sostegno
 della costituzionalita' della norma e per ritenere che essa non renda
 estremamente  difficile  la  realizzazione  del diritto di prelazione
 attraverso il riscatto, non possa farsi  utile  appello  insieme,  al
 principio  dell'onere  di  vigilare  a  tutela del proprio diritto ed
 all'agevole conoscibilita' del trasferimento  attraverso  l'ispezione
 dei registri immobiliari.
    Invero,  quando sia mancata la comunicazione del locatore, tende a
 mancare  anche  la  possibilita'  di  apprendere  del   trasferimento
 attraverso  il  comportamento delle parti nell'ambito dell'esecuzione
 del rapporto di locazione. La conservazione del diritto  di  riscatto
 viene  a  risultare  affidata ad un onere di informazione, altrimenti
 estraneo allo svolgimento del rapporto di locazione (ed  al  riguardo
 v'e'  da  considerare  quanto  e'  stato  osservato nella sentenza 18
 febbraio 1988, n. 185, della Corte costituzionale), onere che  e'  la
 stessa  necessita'  di  continuo rinnovo unita alla consapevolezza di
 una sua probabile inutilita' a rendere in pratica inosservabile.
    I  tratti  della  situazione regolata dalla disposizione che si e'
 venuti esaminando la rendono - ad avviso di questa Corte - diversa da
 quella  considerata dalla sentenza 17 marzo 1988, n. 311, della Corte
 costituzionale ed a fondare i dubbi sulla sua  legittimita'  sembrano
 somministrare   argomento  le  considerazioni  che  la  stessa  Corte
 costituzionale e' venuta sviluppando nella successione delle sentenze
 22 novembre 1962, n. 93; 30 maggio 1977, n. 95 e 27 novembre 1980, n.
 151, attraverso le quali e' pervenuta a  ritenere  costituzionalmente
 illegittima  la disposizione dettata dall'art. 18, primo comma, della
 legge fallimentare.