Ricorso in via principale della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, autorizzato con deliberazione 22 dicembre 1989, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Giorgio Berti e Guido Viola, domiciliato elettivamente presso il secondo, via N. Piccolomini, 34, Roma, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore, nella sua sede e nel domicilio legale presso l'Avvocatura generale dello Stato, Roma, per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale della legge 7 dicembre 1989, n. 389 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 9 dicembre 1989) di conversione del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 237 del 10 ottobre 1989 "Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati", disposizione normativa avente ad oggetto "assicurazione per gli apprendisti artigiani", limitatamente alle disposizioni contenute nell'art. 8 del citato decreto-legge. F A T T O Le impugnate disposizioni dell'art. 8 del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, dettate per le sole regioni a statuto ordinario, prevedono che le regioni comunichino, entro il 20 ottobre 1989, ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro "la stipula delle convenzioni di cui all'art. 16, terzo comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845". Il secondo comma del citato art. 8 predetermina in parte il contenuto delle convenzioni, le quali dovrebbero stabilire anche "il pagamento in dieci annualita' costanti dei contributi per gli anni 1988 e precedenti"; dette annualita' non dovrebbero superare il limite "per ogni regioni e per ciascuno degli anni interessati alla rateizzazione" del 2 per cento della quota del fondo comune di cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, fondo determinato, per l'anno 1989, con l'art. 1 della legge 1 febbraio 1989, n. 40; ove la rateizzazione fosse insufficiente rispetto ai contributi dovuti, dovrebbe aumentarsi il numero delle annualita' di contribuzione a carico della regione. Quanto poi al terzo comma dell'art. 8, in esso si prevede che, in caso di mancata stipulazione delle convenzioni da parte delle regioni, il Ministero del tesoro provveda ad accantonare importi annuali corrispondenti a quelli cui le regioni sarebbero tenute sulla base delle stipulande convenzioni; tali importi dovrebbero essere scomputati dalle erogazioni spettanti alle regioni, per gli anni 1990 e successivi, come quota risultante dalla ripartizione del fondo comune ex art. 8 della legge n. 281/1970, e quindi direttamente corrisposti agli istituti assicuratori entro il termine di ogni esercizio. Infine, il quarto comma dell'art. 8, sempre per gli anni 1989 e successivi, dispone che comunque, sino alla stipula delle suddette convenzioni, i contributi che si affermano dovuti da ogni regione siano "trattenuti sulle quote spettanti a titolo di ripartizione del fondo comune afferente all'anno successivo a quello di competenza dei contributi sulla base dei crediti annualmente comunicati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale ai fini della successiva erogazione a favore degli istituti assicuratori". L'applicazione delle illustrate disposizioni determinerebbe per la regione Veneto le seguenti conseguenze: a) stipulazione delle convenzioni con l'I.N.A.I.L. e con l'I.N.P.S. entro il 20 ottobre 1989 (pena la riduzione della quota del fondo comune operata d'ufficio dal Ministro del tesoro ai sensi del terzo comma dell'art. 8); b) pagamento, rateizzato in dieci annualita', delle quote arretrate sino al 1988: da notare che il corrispondente costo presuntivo ammonterebbe per la regione Veneto a circa L. 90.000.000.000, a fronte del quale vanno poste in evidenza le annualita' di rateizzazione e la percentuale 2% della quota del fondo comune che si prevede venga impiegata a tale scopo (per tale via verrebbe invero in pratica assorbito buona parte dell'incremento annuo del fondo medesimo); c) iscrizione, gia' in sede di assestamento del bilancio preventivo per il 1989, di una spesa di circa L. 9.000.000.000 (prima annualita'). Come emerge esplicitamente dall'art. 8 del d.-l., le disposizioni in cui esso si articola vorrebbero essere misura in parte applicative e in parte e soprattutto di rivitalizzazione, pero' con significati e conseguenze di indubbia novita', di quanto gia' previsto nell'art. 16, terzo comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, legge-quadro in materia di formazione professionale. Questo terzo comma non aveva, nel testo dell'art. 16 della legge n. 845/1978, una propria ragion d'essere e autonomia, ma si collegava con le altre disposizioni dello stesso art. 16, assumendo, rispetto a queste, un significato preciso: le convenzioni che le regioni avrebbero stipulato con gli istituti assicuratori a favore degli apprendisti si presentavano in stretta correlazione all'esercizio regionale dei compiti di formazione, ovviamente in quanto questi fossero esplicati e lo fossero con modalita' e strumenti giuridici e pratici che determinassero di per se stessi il ricorso a forma assicurative (previdenza e assistenza obbligatoria). Tali convenzioni non avrebbero avuto ragion d'essere infatti al di fuori dei casi in cui la formazione professionale impartita dalla regione si fosse esplicata in via diretta, mediante corsi organizzati dalla regione, o anche in via indiretta ma non presso enti o imprese produttive. La l.r. del Veneto, 13 settembre 1978, n. 59, aveva disciplinato le modalita' di prestazione delle attivita' di formazione professionale, disciplinando appunto corsi di formazione, ordinamenti didattici e infine assicurazioni antinfortunistiche per tutti gli allievi, considerandosi a questo fine datori di lavoro obbligati "i centri o gli enti cui i corsi o le iniziative formative fanno capo". L'art. 16 della legge n. 845/1978, a sua volta, ha circoscritto gli impegni delle regioni alla organizzazione delle attivita' di formazione, diretta o indiretta, mediante convenzioni con gli enti o imprese, preoccupandosi che, nelle attivita' formative finalizzate all'apprendimento e non a scopi di produzione aziendale, fosse assicurata "la completa copertura degli allievi dai rischi di infortunio" (art. 15). Anche la legge statale dunque (art. 16) aveva collegato i compiti e gli oneri della regione alla specifica competenza nella formazione professionale. Difatti, il richiamo, contenuto nell'art. 16 della legge n. 845/1978, alle legge 19 gennaio 1955, n. 25 (disciplina all'apprendistato), e' espressamente limitato a quella parte di quest'ultima legge relativa alla formazione professionale dell'apprendista, escludendo tutto cio' che potesse avere attinenza o con la disciplina dell'apprendistato in via generale, oppure con i rapporti di lavoro tra apprendisti e imprese. Nessun compito dunque avrebbe messo capo alle regioni, oltre il campo della formazione professionale: e anche il terzo comma dell'art. 16, relativo appunto alle convenzioni da stipulare con enti assicuratori, trovava posto nella disciplina complessiva solo in quanto queste convenzioni fossero state rese necessarie da particolari modalita' di esplicazione della formazione professionale e comunque per la completa copertura degli allievi dai rischi di infortunio, come previsto nell'art. 15, secondo comma, della legge n. 845/1978 e dall'art. 23 della l.r. Veneto (il quale peraltro ha investito di questi oneri gli enti organizzatori dei corsi). Era pertanto evidente che qualsiasi onere assicurativo avrebbe fatto carico alla regione solo nei limiti in cui questa avesse esercitato direttamente o anche indirettamente compiti di formazione professionale in senso stretto. Se il terzo comma dell'art. 16 fosse stato interpretabile diversamente, e cioe' come trasferimento a carico della finanza regionale di tutti gli oneri assicurativi derivanti da rapporti di lavoro di apprendistato artigiano, sarebbe stato costituzionalmente illegittimo: per vero tale disposizione non e' mai stata intesa a questo modo, e in piu' di un decennio nessuna convenzione e' stata stipulata al di fuori appunto dell'assicurazione contro gli inforntuni in relazione ai corsi di formazione attivati. Di conseguenza l'art. 8 del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, contiene in realta' disposizioni del tutto nuove, che solo con scoperto artificio vengono ricollegate all'art. 16, terzo comma, della legge n. 845/1978. Si tratta per vero di un onere molto prossimo all'imposta, che si vorrebbe far gravare sulle regioni: il che e' particolarmente evidente in quanto viene disposto dal terzo comma, col quale si configura una vera e propria penalita' per le regioni che non stiplulino convenzioni con gli enti assicuratori. Infatti, e' proprio cosi' che queste "convenzioni" vengono distaccate sia dalla competenza regionale, sia dalla effettivita' dei compiti di formazione professionale e tradotte quindi in un puro e semplice, e tuttavia gravissimo peso finanziario a tutto discapito di quel fondo comune che, ai sensi dell'art. 22 della legge n. 845/1989, puo' essere intaccato solo per finanziare le "attivita' di formazione professionale promosse dalle regioni". L'impugnata legge di conversione non ha modificato il testo dell'art. 8 del decreto-legge tempestivamente impugnato, e lo ha cosi' implicitamente riprodotto. D I R I T T O 1. - Violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, in relazione agli artt. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281; 21 della legge 19 maggio 1976, n. 335. Le disposizioni impugnate tolgono ogni certezza alla regione in merito ad una minima razionalita' di impiego dei finanziamenti statali e di previsione di spesa in relazione a tali finanziamenti: nell'ambito di una finanza regolata come quella regionale, il legislatore dello Stato non ha nessun titolo per disporre in luogo della regione circa l'utilizzo del fondo attribuito. Secondo l'art. 119, secondo comma, e correlativamente l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, l'impiego dei fondi di cui le regioni dispongono come tributi propri e fondo comune serve a "fronteggiare autonomamente le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali, in chiara contrapposizione ai contributi speciali previsti dal terzo comma (sempre dell'art. 119 della Costituzione), in ordine ai quali lo Stato puo' invece vincolare l'esercizio della legislazione e dell'amministrazione regionale" (Corte costituzionale 11 ottobre 1983, n. 307). In altri termini, lo Stato non puo' ingerirsi nella spesa regionale, vincolando a scopi specifici una porzione del fondo comune, incidendo cosi' sul bilancio regionale, oltretutto in un lungo periodo di tempo (10 anni): l'art. 21, primo comma, della legge 19 maggio 1976, n. 335, ribadisce infatti che "tutte le somme assegnate a qualsiasi titolo dallo Stato alla regione confluiscono nel bilancio regionale senza vincolo a specifiche destinazioni". Il che significa che lo Stato non puo' incidere dall'esterno sull'equilibrio tra entrate e spese regionali, specie se cio' serve a distrarre una parte delle disponibilita' regionali per fronteggiare spese d'interesse statale, e fare cosi' della finanza regionale un serbatoio cui attingere per oneri di spesa estranei alla gestione delle funzioni della regione. Si tratta di un modo per aggirare e nascondere la violazione del quarto comma dell'art. 81 della Costituzione, e tuttavia questa violazione e' piu' che evidente. Secondo l'art. 22 della legge-quadro in materia di formazione professionale n. 845/1978, al fondo comune fanno carico solo le attivita' di formazione professionale: di conseguenza le convenzioni da stipulare con gli istituti assicuratori a favore degli apprendisti artigiani non possono esulare, a pena di una evidente inammissibile distrazione delle disponibilita' finanziarie per finalita' extraregionali, dallo stretto ambito della formazione professionale, anche se si tratta di apprendisti artigiani. Infatti, il terzo comma dell'art. 16 della legge n. 845/1978 richiama l'art. 21 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, relativo alle forme di assistenza e di previdenza connesse all'attuazione della formazione professionale e non invece gli artt. 25 e segg. della stessa legge, relativi alla disciplina del rapporto di apprendistato artigiano e agli obblighi che lo Stato si era assunto in proposito esentandone i datori di lavoro. E infatti la regione non potrebbe mai entrare nella disciplina del rapporto di lavoro e negli obblighi correlativi a questa disciplina, giacche' sia la disciplina che i connessi obblighi riguardano ancora e sempre lo Stato. 2. - Violazione dei principi contenuti nei seguenti articoli della Costituzione: artt. 117, 118, 119 e 125, anche in relazione all'art. 5, nonche' alle norme sul trasferimento delle funzioni amministrative dettate con il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (art. 36) e alle norme della legge-quadro in materia di formazione professionale, legge 21 dicembre 1978, n. 845 (artt. 16 e 22, artt. 3, 4 e 5) e di disciplina dell'apprendistato, legge 19 gennaio 1955, n. 25 (art. 21). Le disposizioni impugnate, per espressa menzione del primo comma dell'art. 8, si vorrebbero collegare alla legge-quadro sulla formazione professionale n. 845/1978 (in particolare all'art. 16 di tale legge), la quale ha ripartito nella materia, gia' definita con rigore e una volta per tutte nell'art. 36 del d.P.R. n. 616/1977, i poteri e le funzioni tra Stato e regioni. Va subito posto in luce che la disposizione del d.-l. n. 338/1989 si guarda dall'introdurre dichiaratamente alcuna modificazione in questo preciso assetto di poteri, ma si limita a farne richiamo, dando a vedere di inserirsi in esso quasi a titolo di completamento. O, almeno, cio' e' quanto si ricava dalla lettura del primo comma dell'articolo in esame, giacche' i commi successivi, come vedremo meglio nel prosieguo, introducono invece espresse e rilevanti modificazioni del quadro normativo, e cio' fanno in termini surretizi e indiretti, nel tentativo evidente di nascondere o mimetizzare i gravi aspetti di illegittimita' costituzionale di dette modificazioni. Secondo le ricordate norme del d.P.R. n. 616/1977 e della legge n. 745/1978, spettano invero alle regioni le funzioni legislative e le corrispondenti funzioni amministrative nella materia della formazione professionale, da intendersi come complesso di attivita' volta a favorire la crescita morale e professionale del (futuro) lavoratore; trattasi, in termini piu' precisi, di una attivita' pubblicistica o, meglio, come si esprime la legge (art. 2 della legge n. 845/1978), di una serie di iniziative costituenti un servizio di interesse pubblico, rivolte certamente ad un primo inserimento del lavoratore nel mondo della produzione, ma completamente distinte da tutto cio' che attiene al costituirsi del rapporto di lavoro, ivi compresi naturalmente gli aspetti retributivi, contributivi e previdenziali. Il che si ricava con molta chiarezza da numerose disposizioni: l'art. 36 del d.P.R. n. 616/1977, che esplicitamente ribadisce la statualita' della disciplina del rapporto di lavoro degli apprendisti; l'art. 2 della legge n. 845/1978, secondo cui la formazione professionale si concretizza in interventi per la diffusione delle conoscenze tecniche e pratiche; norma specificata dall'art. 16, secondo coma, secondo cui i progetti per la formazione, attuativi dei programmi e dei piani regionali, si articolano in attivita' teoriche, tecniche e pratiche. E' da sottolineare poi anche in questo contesto che tale disciplina "materiale" trova piena corrispondenza nella disciplina dei profili "finanziari" delle attivita' formative, quale risulta dall'art. 22 della legge n. 845/1978, ove sono con nettezza distinte "le attivita' di formazione professionale promosse dalle regioni, da finanziarsi nell'ambito del fondo comune di cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281", dalle "attivita' di formazione professionale rientranti nelle competenze dello Stato", le quali trovano invece copertura "in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e della previdenza sociale"; secondo l'art. 18 della medesima legge, spettano appunto allo Stato i profili della formazione professionale che hanno maggiori connessioni con il rapporto di lavoro vero e proprio (v. in particolare la lett. a) dell'art. 18). E' in questo quadro che deve collocarsi e leggersi la disposizione dell'art. 16, terzo comma, della legge n. 845/1978, richiamata dalla norma impugnata: in base a tale disposizione "le regioni, per i fini di cui all'art. 21 della legge 19 gennaio 1955, n. 15, stipulano con gli istituti asssicuratori convenzioni per il pagamento a valere sui fondi di cui all'art. 22, primo comma, della presente legge, delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani". Nel sistema che si e' illustrato, appare chiaro insomma che l'onere contributivo-assicurativo che legittimamente puo' far carico alle regioni e' soltanto quello corrispondente agli interventi per la formazione posti in essere dalle regioni stesse: non quindi l'obbligo a prestazioni contributive inerenti al rapporto di lavoro dell'apprendista, ma quel piu' limitato, ed eventuale, obbligo contributivo che puo' sorgere in occasione delle "attivita' teoriche, tecniche e pratiche" (infortuni: art. 15), in cui si concretizzano come detto gli interventi regionali nel campo della formazione professionale. E' solo per questa via, tra l'altro, che puo' trovare spiegazione la previsione, ex art. 16, terzo comma, della legge n. 845/1978, dell'utilizzo dello strumento convenzionale per regolare il rapporto tra regione ed istituti assicuratori: lo stesso prodursi dell'obbligo contributivo e la sua entita' saranno invero da valutarsi di volta in volta, caso per caso, in relazione al tipo di intervento formativo posto in essere: e la convenzione, data la sua adattabilita' e flessibilita', si rivela allora mezzo adeguato. E' ancora da dire, prima di passare ad una ulteriore critica della norma impugnata, che il sistema, che si e' brevemente illustrato, dei poteri e delle funzioni regionali ricostruibili sulla base delle citate disposizioni del d.P.R. n. 616/1977 e della legge n. 845/1978, e' coerente e in armonia con il quadro costituzionale del rapporto Stato regioni, e in particolare con l'attribuzione di materie ex art. 117 della Costituzione; con il principio della corrispondenza tra funzioni legislative e funzioni amministrative (art. 118 della Costituzione); con la fondamentale previsione dell'autonomia finanziaria regionale ex art. 119 della Costituzione. La disposizione impugnata, apparentemente collegandosi, come accennato, a questo quadro, vuole in realta' stravolgerlo: non solo invero si configura, con detta disposizione, un sistema contributivo obbligatorio a carico della regione, ma si cerca altresi' di collegare detto obbligo contributivo al rapporto di lavoro dell'apprendista, quasi che potesse ad un tratto venir meno la netta e precisa distinzione tra servizio di interesse pubblico per la formazione (regionale) e rapporto di lavoro dell'apprendista (statale). La dimostrazione piu' evidente di un tale inammissibile capovolgimento la si ha considerando i termini della nuova disciplina dettata con la norma impugnata per le convenzioni tra regione e istituti assicurativi: tali "convenzioni" (ma e' chiaro che l'espressione non corrisponde piu' al significato vero) vengono fatte corrispondere a un comportamento doveroso che le regioni sarebbero tenute sempre e comunque a porre in essere, indipendentemente dal tipo e dalla quantita' di interventi per la formazione professionale previsti e dal realizzarsi nell'ambito dei piani regionali. Si tenta insomma di introdurre e di porre a carico della regione un sistema di assicurazione obbligatoria del rapporto di lavoro degli apprendisti artigiani. E' solo accettando questo presupposto che gli altri profili della "convenzione", come regolati dall'art. 6, potrebbero spiegarsi: cosi' e' a dirsi sia per la imposizione del pagamento delle annualita' pregresse (sino al 1988) e delle modalita' della rateizzazione; sia, soprattutto, per il potere attribuito al Ministro del tesoro di disporre d'ufficio l'accantonamento di somme corrispondenti a dette annualita', sottraendole al fondo comune ex art. 8 della legge n. 281/1970, nella ipotesi di mancata stipulazione delle convenzioni (e cio', si badi, senza distinguere se la convenzione non sia stipulata per fatto dell'istituto assicurativo, piuttosto che per fatto della regione); sia infine, per il potere ministeriale di ritenere o trattenere, in relazione alle annualita' contributive successive al 1989 e fino a che le convenzioni non siano stipulate, i corrispondenti importi sulle quote spettanti a ciascuna regione a titolo di ripartizione del fondo comune. E' appena il caso di sottolineare come pure il risvolto "organizzativo" di un siffatto sistema contributivo sia del tutto illegittimo: la regione non puo' essere invero un ente di mera esecuzione ed erogazione nell'ambito di una struttura che ha il proprio vertice nelle autorita' dello Stato (Ministro del tesoro; Ministro del lavoro). Insieme all'art. 117, viene cosi' violato anche l'art. 118 della Costituzione, sotto il profilo della limitazione delle funzioni amministrative spettanti alle regioni. Alla regione possono essere caricati oneri finanziari per l'attivita' che comunque rientrino nella sua competenza e che essa stessa conduca attraverso i propri atti e le proprie strutture, non per attivita' rientranti in competenze altrui. Quanto all'art. 119, e' evidente come di fronte a un congegno come quello costruito dalla disposizione impugnata, non si possa piu' seriamente configurare un'autonomia finanziaria della regione. Gravissima e' comunque anche la violazione di un principio costituzionale relativo al sistema finanziario dello Stato (art. 81, ultimo comma, della Costituzione). La disposizione normativa impugnata, pur introducendo un nuovo onere a carico della finanza pubblica (da cui sarebbe troppo comodo pretendere di escludere, solo a questi fini, la regione) non indica i mezzi per farvi fronte e vorrebbe invece far gravare il relativo onere su di un fondo, come quello ex art. 8 della legge n. 281/1970, predeterminato e fissato indipendentemente dalla considerazione degli importi contributivi in questione. Tutto cio' vale anche a introdurre l'indicazione di ulteriori gravissimi vizi delle disposizioni. Dando per presupposta un'obbligazione che non esisteva, giacche' nessuna convenzione era stata stipulata, la disposizione impugnata la regione di un onere finanziario che non ha alcun titolo giuridico: e' il massimo della irrazionalita' istituire un debito per una obbligazione non assunta, onde si ha violazione della competenza regionale attraverso l'alterazione di meccanismi giuridici fondamentali. Naturalmente a cio' si accompagna anche il vizio della retroattivita' dell'onere finanziario che viene fatto risalire, come una penalita' o una sanzione ad un periodo passato, neppure definito nel tempo (contributi per gli anni 1988 e precedenti): e' principio noto che non possono imporsi sanzioni in via retroattiva (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Qui si finge soltanto che l'obbligazione fosse sorta prima, ma in realta' viene imposta oggi, tant'e' vero che il primo comma dell'art. 8 riconosce implicitamente che le convenzioni non esistevano in precedenza. L'onere finanziario riferito al passato e' pertanto una inammissibile sanzione retroattiva. Infine, i commi terzo e quarto, perseverando nell'illecito costituzionale e aggravandolo, istituiscono un rapporto di supremazia tra Minstero del tesoro e regioni abilitando il Ministero del tesoro ad appropriarsi di una quota del fondo comune nei confronti di quelle regioni che non stipulino le convenzioni. E' appena il caso di sottolineare che un potere di tal fatta nell'ambito di una materia riservata dalla Costituzione alle regioni e' addirittura impensabile al di fuori di un intento di prevaricazione e di distribuzione delle autonomie regionali. E' assai poco dire che in questo modo si viola l'art. 125 che limita al controllo disciplinato in quell'articolo ogni possibile rapporto tra Stato e regioni nelle materie di competenza regionale. E' facile pertanto rilevare come tutto l'art. 8 del d.-l. impugnato e' nient'altro che una catena di illegittimita' perpetrate ai danni della regione dove ogni illegittimita' ne richiama un'altra o vorrebbe addirittura giustificarsi con essa. Si avrebbe quasi l'impressione che la ricerca di finanziamenti a tutti i costi abbia tolto al Governo ogni consapevolezza di limiti e di obblighi di rispetto di principi e strutture costituzionali.