Ricorso  in  via  principale  della  regione Veneto, in persona del
 presidente  pro-tempore  della  giunta  regionale,  autorizzato   con
 deliberazione 22 dicembre 1989, rappresentato e difeso dagli avvocati
 prof. Giorgio Berti e Guido Viola, domiciliato  elettivamente  presso
 il  secondo,  via  N. Piccolomini, 34, Roma, contro il Presidente del
 Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore,  nella
 sua  sede  e  nel domicilio legale presso l'Avvocatura generale dello
 Stato, Roma, per  la  dichiarazione  d'illegittimita'  costituzionale
 della  legge  7  dicembre  1989,  n.  389  (pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale n. 297 del 9 dicembre 1989)  di  conversione  del  d.-l.  9
 ottobre  1989, n. 338, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 237 del
 10  ottobre  1989  "Disposizioni  urgenti  in  materia  di   evasione
 contributiva,  di  fiscalizzazione  degli  oneri  sociali,  di sgravi
 contributivi nel  Mezzogiorno  e  di  finanziamento  dei  patronati",
 disposizione  normativa  avente  ad  oggetto  "assicurazione  per gli
 apprendisti artigiani",  limitatamente  alle  disposizioni  contenute
 nell'art. 8 del citato decreto-legge.
                               F A T T O
    Le impugnate disposizioni dell'art. 8 del d.-l. 9 ottobre 1989, n.
 338, dettate per le sole regioni a statuto ordinario,  prevedono  che
 le  regioni  comunichino,  entro  il 20 ottobre 1989, ai Ministri del
 lavoro e della previdenza sociale e  del  tesoro  "la  stipula  delle
 convenzioni  di cui all'art. 16, terzo comma, della legge 21 dicembre
 1978, n. 845". Il secondo comma del citato  art.  8  predetermina  in
 parte  il  contenuto delle convenzioni, le quali dovrebbero stabilire
 anche "il pagamento in dieci annualita' costanti dei  contributi  per
 gli anni 1988 e precedenti"; dette annualita' non dovrebbero superare
 il limite "per ogni regioni e per  ciascuno  degli  anni  interessati
 alla  rateizzazione"  del 2 per cento della quota del fondo comune di
 cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, fondo determinato,
 per  l'anno  1989,  con l'art. 1 della legge 1› febbraio 1989, n. 40;
 ove la  rateizzazione  fosse  insufficiente  rispetto  ai  contributi
 dovuti,   dovrebbe   aumentarsi   il   numero   delle  annualita'  di
 contribuzione a carico della  regione.  Quanto  poi  al  terzo  comma
 dell'art.  8, in esso si prevede che, in caso di mancata stipulazione
 delle convenzioni da parte delle regioni,  il  Ministero  del  tesoro
 provveda  ad  accantonare importi annuali corrispondenti a quelli cui
 le regioni sarebbero tenute sulla base delle stipulande  convenzioni;
 tali  importi dovrebbero essere scomputati dalle erogazioni spettanti
 alle regioni, per gli anni 1990 e successivi, come  quota  risultante
 dalla  ripartizione  del  fondo  comune  ex  art.  8  della  legge n.
 281/1970,   e   quindi   direttamente   corrisposti   agli   istituti
 assicuratori  entro  il  termine di ogni esercizio. Infine, il quarto
 comma dell'art. 8, sempre per gli anni 1989 e successivi, dispone che
 comunque,  sino alla stipula delle suddette convenzioni, i contributi
 che si affermano dovuti da ogni regione siano "trattenuti sulle quote
 spettanti  a  titolo  di  ripartizione  del  fondo  comune  afferente
 all'anno successivo a quello di competenza dei contributi sulla  base
 dei  crediti  annualmente comunicati dal Ministero del lavoro e della
 previdenza sociale ai fini della successiva erogazione a favore degli
 istituti assicuratori".
    L'applicazione delle illustrate disposizioni determinerebbe per la
 regione Veneto le seguenti conseguenze:
       a)  stipulazione  delle  convenzioni  con  l'I.N.A.I.L.  e  con
 l'I.N.P.S. entro il 20 ottobre 1989 (pena la  riduzione  della  quota
 del  fondo  comune operata d'ufficio dal Ministro del tesoro ai sensi
 del terzo comma dell'art. 8);
       b)  pagamento,  rateizzato  in  dieci  annualita',  delle quote
 arretrate sino  al  1988:  da  notare  che  il  corrispondente  costo
 presuntivo   ammonterebbe   per   la   regione   Veneto  a  circa  L.
 90.000.000.000, a  fronte  del  quale  vanno  poste  in  evidenza  le
 annualita' di rateizzazione e la percentuale 2% della quota del fondo
 comune che si prevede venga impiegata a  tale  scopo  (per  tale  via
 verrebbe  invero  in  pratica  assorbito  buona parte dell'incremento
 annuo del fondo medesimo);
       c)  iscrizione,  gia'  in  sede  di  assestamento  del bilancio
 preventivo per il 1989, di una spesa di circa L. 9.000.000.000 (prima
 annualita').
    Come  emerge esplicitamente dall'art. 8 del d.-l., le disposizioni
 in cui esso si articola vorrebbero essere misura in parte applicative
 e in parte e soprattutto di rivitalizzazione, pero' con significati e
 conseguenze di indubbia novita', di quanto  gia'  previsto  nell'art.
 16,  terzo  comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, legge-quadro
 in materia di formazione professionale. Questo terzo comma non aveva,
 nel  testo  dell'art.  16 della legge n. 845/1978, una propria ragion
 d'essere e autonomia, ma si collegava con le altre disposizioni dello
 stesso art. 16, assumendo, rispetto a queste, un significato preciso:
 le convenzioni che le regioni avrebbero stipulato  con  gli  istituti
 assicuratori  a  favore  degli apprendisti si presentavano in stretta
 correlazione  all'esercizio  regionale  dei  compiti  di  formazione,
 ovviamente  in  quanto  questi  fossero  esplicati  e  lo fossero con
 modalita' e strumenti giuridici e pratici che determinassero  di  per
 se  stessi  il  ricorso a forma assicurative (previdenza e assistenza
 obbligatoria). Tali convenzioni non avrebbero avuto  ragion  d'essere
 infatti  al  di  fuori  dei  casi  in cui la formazione professionale
 impartita dalla regione si fosse esplicata in via  diretta,  mediante
 corsi  organizzati  dalla  regione,  o  anche in via indiretta ma non
 presso enti o imprese produttive. La l.r. del  Veneto,  13  settembre
 1978,  n.  59,  aveva  disciplinato le modalita' di prestazione delle
 attivita' di formazione professionale, disciplinando appunto corsi di
 formazione,    ordinamenti    didattici    e   infine   assicurazioni
 antinfortunistiche per tutti gli  allievi,  considerandosi  a  questo
 fine datori di lavoro obbligati "i centri o gli enti cui i corsi o le
 iniziative formative fanno capo".
    L'art.  16  della  legge n. 845/1978, a sua volta, ha circoscritto
 gli impegni delle regioni  alla  organizzazione  delle  attivita'  di
 formazione,  diretta o indiretta, mediante convenzioni con gli enti o
 imprese, preoccupandosi che, nelle  attivita'  formative  finalizzate
 all'apprendimento  e  non  a  scopi  di  produzione  aziendale, fosse
 assicurata  "la  completa  copertura  degli  allievi  dai  rischi  di
 infortunio"  (art. 15). Anche la legge statale dunque (art. 16) aveva
 collegato  i  compiti  e  gli  oneri  della  regione  alla  specifica
 competenza  nella  formazione  professionale.  Difatti,  il richiamo,
 contenuto nell'art. 16 della legge n. 845/1978, alle legge 19 gennaio
 1955, n. 25 (disciplina all'apprendistato), e' espressamente limitato
 a  quella  parte  di  quest'ultima  legge  relativa  alla  formazione
 professionale  dell'apprendista,  escludendo  tutto  cio' che potesse
 avere  attinenza  o  con  la  disciplina  dell'apprendistato  in  via
 generale,  oppure con i rapporti di lavoro tra apprendisti e imprese.
 Nessun compito dunque avrebbe messo capo alle regioni, oltre il campo
 della  formazione professionale: e anche il terzo comma dell'art. 16,
 relativo appunto alle convenzioni da stipulare con enti assicuratori,
 trovava  posto  nella  disciplina  complessiva  solo in quanto queste
 convenzioni fossero state rese necessarie da particolari modalita' di
 esplicazione   della  formazione  professionale  e  comunque  per  la
 completa copertura degli  allievi  dai  rischi  di  infortunio,  come
 previsto  nell'art.  15,  secondo  comma,  della  legge n. 845/1978 e
 dall'art. 23 della l.r. Veneto (il quale  peraltro  ha  investito  di
 questi oneri gli enti organizzatori dei corsi).
    Era  pertanto  evidente  che  qualsiasi onere assicurativo avrebbe
 fatto carico alla regione  solo  nei  limiti  in  cui  questa  avesse
 esercitato  direttamente o anche indirettamente compiti di formazione
 professionale in senso stretto. Se il terzo comma dell'art. 16  fosse
 stato  interpretabile  diversamente,  e  cioe'  come  trasferimento a
 carico della  finanza  regionale  di  tutti  gli  oneri  assicurativi
 derivanti  da  rapporti di lavoro di apprendistato artigiano, sarebbe
 stato costituzionalmente illegittimo: per vero tale disposizione  non
 e'  mai  stata intesa a questo modo, e in piu' di un decennio nessuna
 convenzione e' stata stipulata al di fuori appunto dell'assicurazione
 contro gli inforntuni in relazione ai corsi di formazione attivati.
    Di conseguenza l'art. 8 del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, contiene
 in realta' disposizioni  del  tutto  nuove,  che  solo  con  scoperto
 artificio  vengono  ricollegate all'art. 16, terzo comma, della legge
 n.  845/1978.  Si  tratta  per  vero  di  un  onere  molto   prossimo
 all'imposta,  che  si  vorrebbe  far gravare sulle regioni: il che e'
 particolarmente evidente in quanto viene disposto  dal  terzo  comma,
 col  quale  si  configura una vera e propria penalita' per le regioni
 che non stiplulino convenzioni con gli enti assicuratori. Infatti, e'
 proprio  cosi'  che queste "convenzioni" vengono distaccate sia dalla
 competenza  regionale,  sia  dalla  effettivita'   dei   compiti   di
 formazione  professionale  e tradotte quindi in un puro e semplice, e
 tuttavia gravissimo peso finanziario a tutto discapito di quel  fondo
 comune  che,  ai  sensi  dell'art.  22  della legge n. 845/1989, puo'
 essere intaccato solo per  finanziare  le  "attivita'  di  formazione
 professionale promosse dalle regioni".
    L'impugnata  legge  di  conversione  non  ha  modificato  il testo
 dell'art. 8 del decreto-legge  tempestivamente  impugnato,  e  lo  ha
 cosi' implicitamente riprodotto.
                             D I R I T T O
    1.  - Violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, in
 relazione agli artt. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281;  21  della
 legge 19 maggio 1976, n. 335.
    Le  disposizioni  impugnate  tolgono ogni certezza alla regione in
 merito ad  una  minima  razionalita'  di  impiego  dei  finanziamenti
 statali  e  di previsione di spesa in relazione a tali finanziamenti:
 nell'ambito  di  una  finanza  regolata  come  quella  regionale,  il
 legislatore  dello  Stato  non ha nessun titolo per disporre in luogo
 della regione circa l'utilizzo del fondo attribuito.  Secondo  l'art.
 119, secondo comma, e correlativamente l'art. 81, quarto comma, della
 Costituzione, l'impiego dei fondi di cui le regioni  dispongono  come
 tributi  propri e fondo comune serve a "fronteggiare autonomamente le
 spese necessarie ad adempiere le loro  funzioni  normali,  in  chiara
 contrapposizione  ai  contributi  speciali  previsti  dal terzo comma
 (sempre dell'art. 119 della Costituzione),  in  ordine  ai  quali  lo
 Stato   puo'   invece  vincolare  l'esercizio  della  legislazione  e
 dell'amministrazione  regionale"  (Corte  costituzionale  11  ottobre
 1983,  n.  307).  In altri termini, lo Stato non puo' ingerirsi nella
 spesa regionale, vincolando a scopi specifici una porzione del  fondo
 comune,  incidendo  cosi'  sul  bilancio  regionale, oltretutto in un
 lungo periodo di tempo (10 anni): l'art. 21, primo comma, della legge
 19  maggio  1976,  n.  335,  ribadisce  infatti  che  "tutte le somme
 assegnate a qualsiasi titolo dallo Stato  alla  regione  confluiscono
 nel  bilancio  regionale senza vincolo a specifiche destinazioni". Il
 che  significa  che  lo  Stato   non   puo'   incidere   dall'esterno
 sull'equilibrio tra entrate e spese regionali, specie se cio' serve a
 distrarre una parte delle disponibilita' regionali  per  fronteggiare
 spese  d'interesse  statale,  e fare cosi' della finanza regionale un
 serbatoio cui attingere per oneri di  spesa  estranei  alla  gestione
 delle  funzioni  della  regione.  Si tratta di un modo per aggirare e
 nascondere  la  violazione  del  quarto  comma  dell'art.  81   della
 Costituzione, e tuttavia questa violazione e' piu' che evidente.
    Secondo  l'art.  22  della  legge-quadro  in materia di formazione
 professionale n. 845/1978, al  fondo  comune  fanno  carico  solo  le
 attivita'  di formazione professionale: di conseguenza le convenzioni
 da stipulare con gli istituti assicuratori a favore degli apprendisti
 artigiani  non  possono esulare, a pena di una evidente inammissibile
 distrazione   delle   disponibilita'   finanziarie   per    finalita'
 extraregionali,  dallo stretto ambito della formazione professionale,
 anche se si tratta di apprendisti artigiani. Infatti, il terzo  comma
 dell'art.  16  della legge n. 845/1978 richiama l'art. 21 della legge
 19 gennaio 1955, n. 25,  relativo  alle  forme  di  assistenza  e  di
 previdenza  connesse  all'attuazione della formazione professionale e
 non invece gli artt. 25 e segg. della  stessa  legge,  relativi  alla
 disciplina  del  rapporto  di apprendistato artigiano e agli obblighi
 che lo Stato si era assunto in  proposito  esentandone  i  datori  di
 lavoro.   E  infatti  la  regione  non  potrebbe  mai  entrare  nella
 disciplina del rapporto di lavoro  e  negli  obblighi  correlativi  a
 questa disciplina, giacche' sia la disciplina che i connessi obblighi
 riguardano ancora e sempre lo Stato.
    2. - Violazione dei principi contenuti nei seguenti articoli della
 Costituzione: artt. 117, 118, 119 e 125, anche in relazione  all'art.
 5, nonche' alle norme sul trasferimento delle funzioni amministrative
 dettate con il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (art. 36) e  alle  norme
 della  legge-quadro  in materia di formazione professionale, legge 21
 dicembre 1978, n. 845 (artt. 16 e 22, artt. 3, 4 e 5) e di disciplina
 dell'apprendistato, legge 19 gennaio 1955, n. 25 (art. 21).
    Le  disposizioni  impugnate, per espressa menzione del primo comma
 dell'art.  8,  si  vorrebbero  collegare  alla   legge-quadro   sulla
 formazione  professionale  n. 845/1978 (in particolare all'art. 16 di
 tale legge), la quale ha ripartito nella materia, gia'  definita  con
 rigore  e  una volta per tutte nell'art. 36 del d.P.R. n. 616/1977, i
 poteri e le funzioni tra Stato e regioni. Va subito posto in luce che
 la  disposizione  del  d.-l.  n.  338/1989  si guarda dall'introdurre
 dichiaratamente alcuna modificazione in  questo  preciso  assetto  di
 poteri, ma si limita a farne richiamo, dando a vedere di inserirsi in
 esso quasi a titolo di completamento. O, almeno, cio'  e'  quanto  si
 ricava dalla lettura del primo comma dell'articolo in esame, giacche'
 i commi successivi, come vedremo meglio  nel  prosieguo,  introducono
 invece  espresse  e  rilevanti  modificazioni del quadro normativo, e
 cio' fanno in termini surretizi e indiretti, nel  tentativo  evidente
 di  nascondere  o  mimetizzare  i  gravi  aspetti  di  illegittimita'
 costituzionale di dette modificazioni.
    Secondo le ricordate norme del d.P.R. n. 616/1977 e della legge n.
 745/1978, spettano invero alle regioni le funzioni legislative  e  le
 corrispondenti funzioni amministrative nella materia della formazione
 professionale, da intendersi come  complesso  di  attivita'  volta  a
 favorire  la crescita morale e professionale del (futuro) lavoratore;
 trattasi, in termini piu' precisi, di una attivita' pubblicistica  o,
 meglio, come si esprime la legge (art. 2 della legge n. 845/1978), di
 una  serie  di  iniziative  costituenti  un  servizio  di   interesse
 pubblico,  rivolte  certamente ad un primo inserimento del lavoratore
 nel mondo della produzione, ma completamente distinte da  tutto  cio'
 che  attiene  al  costituirsi  del  rapporto  di lavoro, ivi compresi
 naturalmente gli aspetti retributivi, contributivi  e  previdenziali.
 Il che si ricava con molta chiarezza da numerose disposizioni: l'art.
 36  del  d.P.R.  n.  616/1977,  che   esplicitamente   ribadisce   la
 statualita'   della   disciplina   del   rapporto   di  lavoro  degli
 apprendisti; l'art.  2  della  legge  n.  845/1978,  secondo  cui  la
 formazione   professionale   si  concretizza  in  interventi  per  la
 diffusione delle conoscenze tecniche e  pratiche;  norma  specificata
 dall'art. 16, secondo coma, secondo cui i progetti per la formazione,
 attuativi dei programmi e  dei  piani  regionali,  si  articolano  in
 attivita' teoriche, tecniche e pratiche.
    E'   da  sottolineare  poi  anche  in  questo  contesto  che  tale
 disciplina "materiale" trova piena  corrispondenza  nella  disciplina
 dei  profili  "finanziari"  delle  attivita' formative, quale risulta
 dall'art. 22 della legge n. 845/1978, ove sono con nettezza  distinte
 "le  attivita' di formazione professionale promosse dalle regioni, da
 finanziarsi nell'ambito del fondo comune  di  cui  all'art.  8  della
 legge  16  maggio  1970,  n.  281",  dalle  "attivita'  di formazione
 professionale rientranti nelle  competenze  dello  Stato",  le  quali
 trovano  invece  copertura  "in  apposito  capitolo  dello  stato  di
 previsione della spesa del Ministero del lavoro  e  della  previdenza
 sociale";  secondo  l'art.  18 della medesima legge, spettano appunto
 allo  Stato  i  profili  della  formazione  professionale  che  hanno
 maggiori  connessioni con il rapporto di lavoro vero e proprio (v. in
 particolare la lett. a) dell'art. 18).
    E' in questo quadro che deve collocarsi e leggersi la disposizione
 dell'art. 16, terzo comma, della legge n. 845/1978, richiamata  dalla
 norma  impugnata: in base a tale disposizione "le regioni, per i fini
 di cui all'art. 21 della legge 19 gennaio 1955, n. 15, stipulano  con
 gli  istituti asssicuratori convenzioni per il pagamento a valere sui
 fondi di cui all'art. 22, primo comma, della  presente  legge,  delle
 somme  occorrenti  per  le  assicurazioni in favore degli apprendisti
 artigiani". Nel sistema che si e' illustrato, appare  chiaro  insomma
 che  l'onere  contributivo-assicurativo  che  legittimamente puo' far
 carico alle regioni e' soltanto quello corrispondente agli interventi
 per  la  formazione  posti in essere dalle regioni stesse: non quindi
 l'obbligo a prestazioni contributive inerenti al rapporto  di  lavoro
 dell'apprendista,  ma  quel  piu'  limitato,  ed  eventuale,  obbligo
 contributivo che puo' sorgere in occasione delle "attivita' teoriche,
 tecniche  e  pratiche"  (infortuni: art. 15), in cui si concretizzano
 come detto  gli  interventi  regionali  nel  campo  della  formazione
 professionale.
    E'  solo per questa via, tra l'altro, che puo' trovare spiegazione
 la previsione, ex art. 16, terzo  comma,  della  legge  n.  845/1978,
 dell'utilizzo  dello strumento convenzionale per regolare il rapporto
 tra regione ed istituti assicuratori: lo stesso prodursi dell'obbligo
 contributivo e la sua entita' saranno invero da valutarsi di volta in
 volta, caso per caso, in relazione al tipo  di  intervento  formativo
 posto  in  essere:  e  la  convenzione,  data  la sua adattabilita' e
 flessibilita', si rivela allora mezzo adeguato.
    E' ancora da dire, prima di passare ad una ulteriore critica della
 norma impugnata, che il sistema, che si e' brevemente illustrato, dei
 poteri  e  delle  funzioni  regionali  ricostruibili sulla base delle
 citate disposizioni del d.P.R. n. 616/1977 e della legge n. 845/1978,
 e'  coerente  e  in armonia con il quadro costituzionale del rapporto
 Stato regioni, e in particolare con l'attribuzione di materie ex art.
 117  della  Costituzione;  con  il principio della corrispondenza tra
 funzioni  legislative  e  funzioni  amministrative  (art.  118  della
 Costituzione);   con   la   fondamentale   previsione  dell'autonomia
 finanziaria regionale ex art. 119 della Costituzione.
    La   disposizione  impugnata,  apparentemente  collegandosi,  come
 accennato, a questo quadro, vuole in realta' stravolgerlo:  non  solo
 invero  si configura, con detta disposizione, un sistema contributivo
 obbligatorio  a  carico  della  regione,  ma  si  cerca  altresi'  di
 collegare   detto   obbligo   contributivo   al  rapporto  di  lavoro
 dell'apprendista, quasi che potesse ad un tratto venir meno la  netta
 e  precisa  distinzione  tra  servizio  di  interesse pubblico per la
 formazione  (regionale)  e  rapporto   di   lavoro   dell'apprendista
 (statale).
    La   dimostrazione   piu'   evidente   di  un  tale  inammissibile
 capovolgimento la si ha considerando i termini della nuova disciplina
 dettata  con  la  norma  impugnata  per  le convenzioni tra regione e
 istituti  assicurativi:  tali  "convenzioni"  (ma   e'   chiaro   che
 l'espressione non corrisponde piu' al significato vero) vengono fatte
 corrispondere a un comportamento doveroso che  le  regioni  sarebbero
 tenute  sempre  e  comunque  a porre in essere, indipendentemente dal
 tipo e dalla quantita' di interventi per la formazione  professionale
 previsti  e dal realizzarsi nell'ambito dei piani regionali. Si tenta
 insomma di introdurre e di porre a carico della regione un sistema di
 assicurazione  obbligatoria  del rapporto di lavoro degli apprendisti
 artigiani. E'  solo  accettando  questo  presupposto  che  gli  altri
 profili  della  "convenzione",  come regolati dall'art. 6, potrebbero
 spiegarsi: cosi' e' a dirsi sia  per  la  imposizione  del  pagamento
 delle  annualita'  pregresse  (sino  al 1988) e delle modalita' della
 rateizzazione; sia, soprattutto, per il potere attribuito al Ministro
 del   tesoro   di   disporre   d'ufficio  l'accantonamento  di  somme
 corrispondenti a dette annualita', sottraendole al  fondo  comune  ex
 art. 8 della legge n. 281/1970, nella ipotesi di mancata stipulazione
 delle  convenzioni  (e  cio',  si  badi,  senza  distinguere  se   la
 convenzione  non  sia stipulata per fatto dell'istituto assicurativo,
 piuttosto che per fatto della regione); sia  infine,  per  il  potere
 ministeriale  di  ritenere o trattenere, in relazione alle annualita'
 contributive successive al 1989 e fino a che le convenzioni non siano
 stipulate,  i corrispondenti importi sulle quote spettanti a ciascuna
 regione a titolo di ripartizione del fondo comune.
    E'   appena   il  caso  di  sottolineare  come  pure  il  risvolto
 "organizzativo" di un siffatto sistema  contributivo  sia  del  tutto
 illegittimo:  la  regione  non  puo'  essere  invero  un ente di mera
 esecuzione ed erogazione nell'ambito  di  una  struttura  che  ha  il
 proprio  vertice  nelle  autorita'  dello Stato (Ministro del tesoro;
 Ministro del lavoro). Insieme all'art. 117, viene cosi' violato anche
 l'art.  118  della  Costituzione,  sotto il profilo della limitazione
 delle funzioni amministrative spettanti alle  regioni.  Alla  regione
 possono essere caricati oneri finanziari per l'attivita' che comunque
 rientrino nella sua competenza e che essa stessa conduca attraverso i
 propri  atti  e le proprie strutture, non per attivita' rientranti in
 competenze altrui.
    Quanto all'art. 119, e' evidente come di fronte a un congegno come
 quello costruito dalla disposizione  impugnata,  non  si  possa  piu'
 seriamente configurare un'autonomia finanziaria della regione.
    Gravissima  e'  comunque  anche  la  violazione  di  un  principio
 costituzionale relativo al sistema finanziario dello Stato (art.  81,
 ultimo   comma,   della   Costituzione).  La  disposizione  normativa
 impugnata, pur introducendo un nuovo onere  a  carico  della  finanza
 pubblica  (da cui sarebbe troppo comodo pretendere di escludere, solo
 a questi fini, la regione) non indica i  mezzi  per  farvi  fronte  e
 vorrebbe  invece  far  gravare il relativo onere su di un fondo, come
 quello
  ex  art.  8  della  legge  n.  281/1970,  predeterminato  e  fissato
 indipendentemente dalla considerazione degli importi contributivi  in
 questione.
    Tutto  cio'  vale  anche  a  introdurre l'indicazione di ulteriori
 gravissimi vizi delle disposizioni.
    Dando  per  presupposta un'obbligazione che non esisteva, giacche'
 nessuna convenzione era stata stipulata, la disposizione impugnata la
 regione di un onere finanziario che non ha alcun titolo giuridico: e'
 il  massimo  della  irrazionalita'  istituire  un  debito   per   una
 obbligazione  non  assunta,  onde  si  ha violazione della competenza
 regionale   attraverso   l'alterazione   di   meccanismi    giuridici
 fondamentali.  Naturalmente a cio' si accompagna anche il vizio della
 retroattivita' dell'onere finanziario che viene fatto risalire,  come
 una  penalita' o una sanzione ad un periodo passato, neppure definito
 nel tempo (contributi per gli anni 1988 e precedenti):  e'  principio
 noto  che  non  possono imporsi sanzioni in via retroattiva (art. 25,
 secondo  comma,  della  Costituzione).  Qui  si  finge  soltanto  che
 l'obbligazione  fosse  sorta prima, ma in realta' viene imposta oggi,
 tant'e' vero che il primo comma dell'art. 8 riconosce  implicitamente
 che  le convenzioni non esistevano in precedenza. L'onere finanziario
 riferito  al  passato  e'   pertanto   una   inammissibile   sanzione
 retroattiva.
    Infine,   i  commi  terzo  e  quarto,  perseverando  nell'illecito
 costituzionale e aggravandolo, istituiscono un rapporto di supremazia
 tra  Minstero del tesoro e regioni abilitando il Ministero del tesoro
 ad appropriarsi di una quota del fondo comune nei confronti di quelle
 regioni  che  non  stipulino  le  convenzioni.  E'  appena il caso di
 sottolineare che un potere di tal fatta nell'ambito  di  una  materia
 riservata  dalla Costituzione alle regioni e' addirittura impensabile
 al di fuori di un intento di prevaricazione e di distribuzione  delle
 autonomie  regionali.  E' assai poco dire che in questo modo si viola
 l'art. 125 che limita al  controllo  disciplinato  in  quell'articolo
 ogni  possibile  rapporto  tra  Stato  e  regioni  nelle  materie  di
 competenza regionale.
    E'  facile  pertanto  rilevare  come  tutto  l'art.  8  del  d.-l.
 impugnato e' nient'altro che una catena di illegittimita'  perpetrate
 ai  danni della regione dove ogni illegittimita' ne richiama un'altra
 o vorrebbe addirittura  giustificarsi  con  essa.  Si  avrebbe  quasi
 l'impressione  che  la ricerca di finanziamenti a tutti i costi abbia
 tolto al Governo ogni consapevolezza  di  limiti  e  di  obblighi  di
 rispetto di principi e strutture costituzionali.