ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 10 del d.P.R.
 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta  sul
 reddito  delle  persone  fisiche),  come sostituito dall'art. 5 della
 legge  13  aprile  1977,  n.  114  (Modificazioni   alla   disciplina
 dell'imposta   sul  reddito  delle  persone  fisiche),  promosso  con
 ordinanza emessa il 3 ottobre 1986 dalla Commissione tributaria di 2Œ
 grado  di  Milano sul ricorso proposto da Ribolzi Cesare contro il 1Œ
 Ufficio Distrettuale  II.DD.  di  Milano,  iscritta  al  n.  248  del
 registro  ordinanze  1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1989.
    Visto  l'atto  di costituzione di Ribolzi Cesare nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
    Udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1989 il Giudice relatore
 Vincenzo Caianiello;
    Uditi  l'avvocato Enrico Romanelli per Ribolzi Cesare e l'Avvocato
 dello Stato Giorgio D'Amato  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri.
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  -  Nel corso di un giudizio avente ad oggetto la deducibilita'
 dal reddito percepito nel 1978 delle spese di  assistenza  erogate  a
 favore di un congiunto in stato di bisogno, la Commissione tributaria
 di secondo grado di Milano, con ordinanza in  data  3  ottobre  1986,
 pervenuta  a questa Corte il 2 maggio 1989 (r.o. n. 248 del 1989), ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.  10  del
 d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  597, in relazione agli artt. 2 e 38
 della Costituzione.
    Rileva  il  giudice a quo che, nella fattispecie sottoposta al suo
 esame, il contribuente, avendo titolo alla successione legittima  nei
 confronti  della  propria zia, era tenuto, ai sensi dell'art. 1 della
 legge 3 dicembre 1931, n. 1580, a rimborsare le spese di ricovero  di
 quest'ultima  e,  quindi,  obbligato  a  provvedervi  direttamente  a
 prescindere  dalla  procedura   di   rivalsa   esperibile   dall'ente
 ospedaliero.
    Essendo   pero'   deducibili  soltanto  gli  oneri  tassativamente
 indicati  dalla  norma  impugnata  (che,  peraltro,  come  sostituita
 dall'art.  5  della  legge  13  aprile 1977, n. 114, non contempla le
 spese  di  ricovero  di  congiunti  che  non  abbiano  diritto   agli
 alimenti), la Commissione remittente osserva che la corresponsione di
 assegni a favore di parenti in terzo grado che versino  in  stato  di
 bisogno   e   necessitino   di   ricovero   definitivo   in  istituto
 specializzato per difetto di  autosufficienza  fisica  costituirebbe,
 pur  sempre,  adempimento  di  un dovere inderogabile di solidarieta'
 (art. 2 della
 Costituzione),  nonche'  di un preciso obbligo giuridico che l'art. 1
 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580,  pone  a  carico  dei  soggetti
 aventi titolo alla successione mortis causa dell'assistito.
    L'esclusione  di tali assegni dal novero degli oneri deducibili si
 porrebbe  pertanto  in  contrasto  con  gli  artt.  2  e   38   della
 Costituzione,  in  quanto  ostacolerebbe  l'adempimento dei doveri di
 solidarieta' e degli  obblighi  di  assistenza  sociale,  incombenti,
 nella specie, ad un soggetto privato.
    2.  - Si e' costituita la parte privata rilevando come, in base ad
 un'interpretazione estensiva gia' adottata  in  precedenti  occasioni
 dal   giudice   tributario,  sia  possibile  comprendere  l'onere  in
 questione  fra  quelli  contemplati  dalla  disposizione   censurata,
 inquadrandolo  nelle  ipotesi  di spese per prestazioni di assistenza
 specifica (lett. d) o assimilandolo, per  identita'  di  ratio,  agli
 assegni alimentari (lett. h).
    Per  quanto attiene, piu' strettamente, al merito della questione,
 il contribuente ha  invece  ribadito  le  argomentazioni  svolte  dal
 giudice   a  quo,  precisando  che  "con  l'assunzione  convenzionale
 dell'impegno della retta, l'interessato non avrebbe fatto  altro  che
 adempiere  in  anticipo  a  cio' che, alla morte del parente, sarebbe
 diventato un obbligo a tutti gli effetti".
    3.  - La Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta per il
 tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, ha  contestato  che  in
 base  all'art.  1  della  legge 3 dicembre 1931, n. 1580, sussista un
 obbligo, a  carico  dei  successibili  ex  lege  del  ricoverato,  al
 pagamento  delle  spese di spedalita': secondo il tenore della norma,
 infatti, l'obbligo di rivalsa e' direttamente sancito  nei  confronti
 dei  ricoverati  che  non  si  trovano  in  condizioni di poverta' e,
 soltanto  in  caso  di  morte  di  quest'ultimi,  si  trasmette  iure
 successionis  in  capo agli eredi legittimi o testamentari. Non tanto
 l'astratta possibilita' di una delazione di eredita', ma il  concreto
 acquisto   di   quest'ultima   costituirebbe  dunque  il  presupposto
 dell'assoggettamento all'obbligo di corrispondere quanto gia'  dovuto
 dal de cuius.
    L'interveniente  osserva  poi che, in ogni caso, la determinazione
 degli  oneri  deducibili  rientra   nell'esclusiva   competenza   del
 legislatore  e  che  il richiamo all'art. 2 della Costituzione e' del
 tutto inconferente in quanto, come gia' affermato da questa Corte, la
 norma  in  esso  contenuta  non  ha  alcuna  attinenza con la materia
 tributaria, mentre, anche  in  considerazione  del  carattere  libero
 dell'assistenza  privata,  l'art.  38 della Costituzione non potrebbe
 comportare la  deducibilita'  delle  spese  sostenute  per  finalita'
 assistenziali.  La  questione  risulterebbe  dunque  inammissibile  o
 comunque infondata.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    1. - La Commissione tributaria di Milano dubita della legittimita'
 costituzionale dell'art. 10 del d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  597
 (come  sostituito  dall'art.  5  della legge 13 aprile 1977, n. 114),
 nella  parte  in  cui  "non  prevede  la  deducibilita'  dal  reddito
 complessivo  del  contribuente  dell'onere  delle spese di spedalita'
 dovute a norma dell'art. 1 della legge 3 dicembre 1931,  n.  1580  da
 parente  del  ricoverato  avente  diritto  a  succedere  per  legge a
 quest'ultimo, mortis causa".
   In   tale   mancata   previsione  sarebbe  da  ravvisarsi,  secondo
 l'ordinanza di rimessione, un contrasto con gli artt. 2  e  38  della
 Costituzione  anche quando, come nel caso oggetto del giudizio a quo,
 il contribuente abbia corrisposto spontaneamente per una  parente  di
 terzo grado le rette di ricovero in una casa di cura.
    2. - La questione non e' fondata.
    Il  richiamo  all'art.  1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, e'
 inconferente  ai  fini   della   risoluzione   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  riferita  alla mancata previsione della
 deducibilita' di spese di ricovero spontaneamente  sostenute  per  un
 parente  entro  il terzo grado. Tale disposizione, difatti, contempla
 la possibilita', per le  amministrazioni  ospedaliere,  di  rivalersi
 delle spese di spedalita', relative ai "ricoverati che non si trovino
 in condizioni di poverta'", direttamente  o,  alla  loro  morte,  nei
 confronti degli "eredi legittimi e testamentari".
    Diversa  e'  invece la situazione di coloro che, come nel caso del
 giudizio a quo,  si  siano  spontaneamente  accollati  le  spese  del
 ricovero di un soggetto ancora in vita cui siano legati da vincolo di
 parentela di terzo grado. Essi non sono  ancora  "eredi  legittimi  e
 testamentari"  in  quanto tale status si acquista con la morte del de
 cuius e non  si  trovano,  pertanto,  nella  possibilita'  di  essere
 escussi,  come  previsto  dalla  norma per ultimo citata, essendo del
 tutto priva di significato la loro posizione di successibili ex lege,
 cui  fa  riferimento  l'ordinanza  di  rinvio.  Questa loro posizione
 costituisce percio' una mera aspettativa collegata alla  possibilita'
 futura  ed eventuale, e quindi neppure necessaria, di divenire eredi.
    Ne'  si  puo'  ritenere  che  la  situazione in esame possa essere
 inquadrata nel terzo comma dell'art. 1 della legge n. 1580 del  1931,
 ed infatti i parenti in terzo grado non sono inclusi fra le categorie
 di soggetti tenuti all'obbligo degli alimenti.
    Se,  quindi,  l'onere sopportato da un soggetto che, senza esservi
 obbligato, ma, per spirito di mera liberalita', sopperisca alle spese
 di  ricovero  di  un  proprio  parente  entro  il  terzo grado non e'
 assimilabile  a  quello  dei  soggetti  tenuti  agli  alimenti,   non
 troverebbe  fondamento  una  pronuncia  additiva  che  ai  fini della
 deducibilita'  equiparasse  all'obbligo  legale   la   corresponsione
 spontanea.
    Nella  mancata  previsione  della  deducibilita'  di quest'ultima,
 peraltro, non puo' ravvisarsi alcun contrasto con gli artt.  2  e  38
 della  Costituzione, perche', nella ipotesi di comportamenti ispirati
 ad  un  generico  dovere  di  solidarieta'  osservato  per  scopi  di
 assistenza, non puo' vantarsi alcuna pretesa di deducibilita' ai fini
 tributari degli oneri sostenuti, in quanto essi si qualificano  quali
 mere liberalita' ispirate a motivi morali o sociali: come tali spetta
 solo al legislatore, nella sua discrezionalita', di ammetterli o meno
 a deduzione ai fini della determinazione dell'imponibile.