ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 21 del decreto
 legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13  settembre  1946,  n.
 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la
 disciplina dell'esercizio delle professioni stesse),  ratificato  con
 legge  17  aprile  1956,  n.  561 (Ratifica, ai sensi dell'art. 6 del
 decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, di  decreti
 legislativi   emanati   dal   Governo   durante   il   periodo  della
 Costituente), promosso con ordinanza emessa  il  6  aprile  1989  dal
 Pretore  di  Catania  nel  procedimento civile vertente tra Malfitana
 Antonino e l'E.N.P.A.M., iscritta al n. 339  del  registro  ordinanze
 1989  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29,
 prima serie speciale, dell'anno 1989.
    Visti   gli   atti   di   costituzione  di  Malfitana  Antonino  e
 dell'E.N.P.A.M. nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice
 relatore Francesco Greco.
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Catania,  nel  procedimento civile
 vertente tra Malfitana Antonino  ed  E.N.P.A.M.  (Ente  Nazionale  di
 Previdenza  e Assistenza Medici), diretto ad ottenere la liquidazione
 di una piu' congrua ed adeguata pensione di  vecchiaia  quale  medico
 odontoiatra,  ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 21 del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato
 13  settembre  1946,  n. 233, ratificato con legge 17 aprile 1956, n.
 561, nella parte in cui  non  detta  i  criteri  da  seguire  per  la
 determinazione    dell'ammontare   del   contributo   E.N.P.A.M.   e,
 correlativamente, della liquidazione della pensione dei medici liberi
 professionisti, non dipendenti, iscritti all'Albo;
      che,  a  parere  del  giudice  remittente, sarebbero violati gli
 artt.  38  e  3  della  Costituzione,  rimanendo  i   medici   liberi
 professionisti  privati  di  un  adeguato trattamento previdenziale e
 creandosi una disparita' di  trattamento  rispetto  ad  altri  liberi
 professionisti    (avvocati   e   procuratori,   ingegneri,   dottori
 commercialisti, ostetriche, ecc...);
      che  nel giudizio si sono costituiti il Malfitana, il quale, sia
 con l'atto  di  costituzione,  sia  con  la  memoria  successiva,  ha
 concluso   per  la  fondatezza  della  questione  con  argomentazioni
 analoghe  a  quelle  contenute  nella  ordinanza  di  remissione;   e
 l'E.N.P.A.M.  che  sia nell'atto di costituzione che nella memoria ha
 concluso per la inammissibilita' della questione;
      che  anche  l'Avvocatura  Generale  dello  Stato, intervenuta in
 rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso
 per la inammissibilita' della questione.
    Considerato  che questa Corte ha gia' dichiarato (ordinanza n. 238
 del 1989) la manifesta inammissibilita' della stessa questione ora di
 nuovo  sollevata  e che gli elementi indicati dalla parte privata (il
 dott. Malfitana), e cioe' le circolari del  Ministero  del  Lavoro  e
 della  Previdenza sociale n. 64/1989 del 28 giugno 1989 e n. 119/1988
 del 28 dicembre 1988, non modificano i  termini  della  questione  in
 quanto resta fermo:
       a)  che  spetta al legislatore nella sua discrezionalita' porre
 le  condizioni  e  le  modalita'  della  erogazione  di   trattamenti
 previdenziali  onde  nel  giudizio  di  costituzionalita' non possono
 sindacarsi le scelte effettuate se non siano palesemente arbitriarie,
 il che non e' nella specie;
       b)  che  ogni  ordinamento  previdenziale  di  categoria ha una
 propria specificita' e autonomia e non puo' essere applicato in  sede
 giudiziale  in  via  analogica ad altra categoria e che, quindi, come
 rilevato nella precedente ordinanza (n. 238 del 1989),  il  vuoto  di
 disciplina che si creerebbe a seguito alla ipotizzata declaratoria di
 incostituzionalita' della norma denunciata non  puo'  essere  colmato
 con  il  regime previdenziale apprestato per la categoria dei dottori
 commercialisti come chiede la parte attrice del  giudizio  a  quo;  e
 che,  comunque,  da  parte dell'E.N.P.A.M. (deliberazione 17 dicembre
 1988) sono in corso le opportune modifiche  regolamentari  le  quali,
 tra  l'altro, prevedono un sistema contributivo rapportato al reddito
 dell'assistito;
      che,  inoltre,  in base all'art. 7 della legge 29 dicembre 1988,
 n. 544, le pensioni erogate dalle Casse di previdenza  per  i  liberi
 professionisti,  ivi compresi i medici, non possono essere di importo
 inferiore  a  quello  minimo  a  carico  del  Fondo  pensioni  per  i
 lavoratori dipendenti;
      che,   pertanto,   la   questione  sollevata  e'  manifestamente
 inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi
 alla Corte costituzionale.