ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 9, secondo
 comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato  giuridico
 dei  magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e
 amministrativi, dei  magistrati  della  giustizia  militare  e  degli
 avvocati  dello  Stato),  in  relazione all'art. 5, ultimo comma, del
 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. d),  della  legge
 16  dicembre  1961, n. 1308 ed all'art. 10, ultimo comma, della legge
 20 dicembre 1961, n.  1345,  cosi'  come  interpretato  dall'art.  1,
 secondo  comma,  della  legge  6  agosto  1984,  n. 425, promosso con
 ordinanza emessa il 25  gennaio  1989  dal  Tribunale  amministrativo
 regionale  per  l'Umbria sul ricorso proposto da Mazzini Luigi contro
 il Ministero di grazia e giustizia ed altro, iscritta al n.  435  del
 registro  ordinanze  1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di costituzione di Mazzini Luigi, nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 13 dicembre 1989 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  giudizio  in cui il ricorrente,
 magistrato ordinario  in  pensione,  aveva  richiesto  l'attribuzione
 degli  aumenti  periodici  e  figurativi di stipendio previsti per il
 personale  della  Corte  dei  conti,  il   Tribunale   amministrativo
 regionale per l'Umbria, con ordinanza emessa in data 25 gennaio 1989,
 ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 36,  24,  102  e  103  della
 Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 9,
 secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97  (Norme  sullo  stato
 giuridico  dei  magistrati e sul trattamento economico dei magistrati
 ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare  e
 degli avvocati dello Stato), in riferimento all'art. 5, ultimo comma,
 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art.  2,  lett.  d),  della
 legge  16 dicembre 1961, n. 1308, ed all'art. 10, ultimo comma, della
 legge 20 dicembre 1961, n. 1345, cosi' come interpretato dall'art. 1,
 secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425;
      che  il  giudice  a  quo,  sulla premessa del carattere unitario
 della giurisdizione (la quale imporrebbe l'identita'  di  trattamento
 economico di tutti gli appartenenti all'ordinamento giurisdizionale),
 individua nelle disposizioni  impugnate  l'intento  di  svalutare  la
 funzione   del   giudice,   togliendo   effetto  alle  sentenze  gia'
 pronunciate,   attraverso   un   uso   distorto    dello    strumento
 interpretativo,  che  avrebbe  concretato  un'ipotesi  di  eccesso di
 potere legislativo;
      che  a  parere del Tribunale amministrativo regionale rimettente
 risulterebbe  sacrificato  il  diritto  di  difendersi  ed  agire  in
 giudizio  ed inoltre sarebbero stati in concreto violati il principio
 d'eguaglianza e quello di adeguatezza della retribuzione;
    Considerato  che questa Corte ha gia' complessivamente valutato la
 ratio della legge 6 agosto 1984, n.  425,  individuando  nell'art.  1
 della  stessa  "l'indispensabile  presupposto logico e organizzatorio
 della  ristrutturazione  del  trattamento  economico  per  tutte   le
 categorie dei magistrati";
      che,  in  particolare, con l'ordinanza n. 1083 del 1988 e' stata
 dichiarata la manifesta infondatezza  della  medesima  questione  ora
 sollevata  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per l'Umbria in
 quanto, nell'impugnata  normativa  si  e'  ravvisato  l'esercizio  di
 discrezionalita'   legislativa  finalizzata  alla  realizzazione  del
 principio di eguaglianza nonche' di ragionevolezza;
      che   nell'ordinanza   di  rimessione  non  vengono  prospettati
 argomenti nuovi rispetto a quelli a suo tempo  esaminati,  mentre  e'
 viceversa sollecitato un riesame delle predette conclusioni;
      che la questione e' pertanto manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.