IL PRETORE Letti gli atti della controversia n. 853/87 del r.g.a.c. e di quelle riunite nn. 854 e 1214/87 r.g.a.c., promosse da Fasulo Francesco, Martorana Alfonso e Bruccoleri Calogero contro la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza in favore dei geometri; RITENUTO IN FATTO Con separati ricorsi depositati in cancelleria il 19 marzo ed il 7 maggio 1987 i geom. Francesco Fasulo, Alfonso Martorana e Calogero Bruccoleri, deducendo di essere titolari di pensioni d'invalidita' e d'inabilita', a carico della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza in favore dei geometri, lamentavano che tali prestazioni erano state liquidate con applicazione del terzo comma dell'art. 5 e del quinto comma dell'art. 2 della legge 20 ottobre 1982, n. 773, secondo cui la misura della pensione non poteva in alcun caso superare la media del reddito professionale degli ultimi dieci anni. I ricorrenti sostenevano che la prestazione non poteva essere inferiore a quella determinata ai sensi dell'art. 2, quarto comma, sulla base del contributo minimo, e sostenevano comunque l'illegittimita' costituzionale delle norme richiamate in relazione all'art. 3 della Costituzione, facendo presente l'irrisorieta' delle prestazioni loro corrisposte. La Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei geometri resisteva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande di cui allegava l'infondatezza. IN DIRITTO La controversia s'incentra sull'applicazione dell'art. 2 della legge 20 ottobre 1982, n. 773, di riforma della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza in favore dei geometri, la cui disciplina - dettata per la pensione di vecchiaia - e' formalmente richiamata dall'art. 4, secondo comma, per la pensione d'inabilita', ed indirettamente dall'art. 5, per la pensione d'invalidita' (tale norma richiama al terzo comma i criteri di liquidazione della pensione d'inabilita'). Invero l'art. 2 richiamato dopo aver stabilito in generale la proporzionalita' tra la prestazione pensionistica e la media dei redditi dell'ultimo decennio, stabilisce al quarto comma che la misura della pensione non puo' essere inferiore a sei volte il contributo soggettivo minimo a carico dell'iscritto nell'anno anteriore a quello di maturazione del diritto a pensione. La previsione di tale pensione minima, e' tuttavia derogata dal successivo quinto comma che stabilisce: "la misura della pensione minima non puo' in alcun caso superare la media del reddito professionale di cui al secondo comma, rivalutato ai sensi del terzo comma del presente articolo nella misura del 100%". Sulla scorta di tale principio i ricorrenti, che hanno fruito nel decennio anteriore al loro pensionamento di redditi molto bassi, in atto ricevono prestazioni d'invalidita' ed inabilita' di contenuto davvero irrisorio: basti considerare che la pensione lorda mensile e' stata liquidata al geom. Fasuolo in L. 36.897, al geom. Martorana in L. 25.121, al geom. Bruccoleri in L. 48.885. L'interpretazione seguita dalla Cassa nella liquidazione appare, tuttavia, conforme al precetto legislativo, atteso che trattandosi di pensioni con decorrenza 1 gennaio 1985 e 1 giugno 1985 ad esse va applicato pienamente il nuovo regime della legge del 1982 - che si applica ai sensi dell'art. 26 alle prestazioni maturate dal 1 novembre 1982: anche il criterio di determinazione della pensione minima stabilito dall'ultimo comma dell'art. 26 non e' applicabile alla fattispecie operando tale norma sino al 31 dicembre 1983. Alla liquidazione delle prestazioni de quo va, pertanto, necessariamente applicato il criterio del c.d. "sottominimo", previsto dal quinto comma dell'art. 2, norma che il legislatore ha introdotto nel nuovo regime previdenziale dei geometri, dopo che con la legge 20 settembre 1980, n. 576 (art. 2) era stata inserita nella disciplina previdenziale della Cassa di previdenza degli avvocati e procuratori legali (le due disposizioni normative sono perfettamente uguali anche sotto il profilo letterale). La ratio della norma suddetta va ricercata: nell'intenzione del legislatore di scindere la previdenza dall'assistenza, stabilendo un rapporto tra contribuzione (proporzionale in base al reddito) e prestazione, con limitazione dell'aspetto solidaristico nei confronti dei professionisti percettori di redditi minori, purche' abbiano esercitato la professione con carattere di continuita' traendo i relativi redditi: la norma suddetta infatti esclude che possa essere percepita una pensione d'importo superiore al reddito medio del soggetto (interamente rivalutato); nella presunzione di evasione fiscale dei professionisti che dichiarino redditi esigui e nell'esigenza di costringerli a dichiarare redditi maggiori; nella presunzione che chi ha goduto di redditi professionali infimi abbia in realta' vissuto di altri redditi e maturi il diritto ad altre prestazioni. I principi che ispirano il legislatore non appaiono costituzionalmente legittimi, atteso che da un lato sono stati perseguiti fini di carattere fiscale con una norma che attiene alla disciplina del rapporto previdenziale e che, pertanto, non puo' essere ispirata da ragioni punitive o sanzionatorie che sono chiaramente in contrasto con gli scopi di protezione sociale a cui deve ispirarsi il sistema previdenziale in base al precetto costituzionale dell'art. 38; dall'altro e' stato trascurato il carattere solidaristico del sistema previdenziale solo con riferimento al momento della liquidazione della prestazione: infatti, da un lato e' stato previsto l'obbligo del versamento da parte degli iscritti di un contributo minimo indipendente dal reddito (norma di prelievo contributivo ispirata al principio di solidarieta'), mentre dall'altro (in occasione della liquidazione delle prestazioni) i principi solidaristici sono stati accantonati con l'abolizione della pensione minima: di tal che, nel caso limite in cui l'assicurato abbia un reddito medio dell'ultimo decennio uguale a zero, non gli competera' alcuna prestazione. L'assurdita' di tale situazione non puo' essere elusa per via interpretativa, attesa l'invalicabilita' della lettera del quinto comma dell'art. 2 della legge suddetta che utilizzando l'espressione "in ogni caso" inibisce di escludere l'applicazione della norma facendo ricorso a criteri logici. Cio' posto si osserva che la norma in esame - e quelle relative alla disciplina delle pensioni d'invalidita' ed inabilita' che le richiamano - appaiono in contrasto sia con l'art. 38 (questione che va sollevata d'ufficio), sia con l'art. 3 della Costituzione. E' palese, infatti, che la mancata previsione di un trattamento pensionistico minimo al di sotto del quale non possono essere liquidate le prestazioni e' in contrasto con l'art. 38, secondo comma, che prevede il diritto dei lavoratori a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di'infortunio, malattia, invalidita', vecchiaia e disoccupazione. Ed in proposito va rilevato che il sistema di liquidazione della prestazione previdenziale stabilito dall'art. 2 appare particolarmente ingiusto proprio nel caso di lavoratori invalidi o inabili: normalmente, infatti, la soglia dell'invalidita' o inabilita' viene raggiunta dopo un lungo periodo in cui le patologie sono insorte e si sono gradatamente evolute con progressiva riduzione della capacita' di lavoro e di guadagno del soggetto: il riferimento al reddito dell'ultimo decennio assume quindi, in tali casi, l'ulteriore effetto perverso dell'incidenza nella liquidazione della prestazione della situazione originata dal quadro morboso anteriormente alla maturazione del diritto alla prestazione. La normativa in esame appare poi in contrasto con l'art. 3, primo comma della Costituzione attesa da un lato l'ingiustificata ed illogica disparita' di trattamento tra i geometri e gli altri lavoratori soggetti all'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'I.N.P.S. ai quali e' garantito il diritto ad un trattamento minimo, e, dall'altro con gli stessi geometri che avevano maturato il diritto anteriormente alla suddetta legge del 1982. Va osservato che le questioni di legittimita' costituzionale suddette non sono manifestamente infondate e sono rilevanti nel presente giudizio, anche tenuto conto della legge 29 dicembre 1988, n. 544, che all'art. 7 ha espressamente stabilito che i trattamenti pensionistici corrisposti dalle casse di previdenza per i liberi professionisti non possono essere d'importo inferiore a quello minimo a carico del fondo lavoratori dipendenti. Infatti, il giudizio verte in ordine alla liquidazione della prestazione dalla data di maturazione del relativo diritto, sicche' il principio postulato dal legislatore - atteso il carattere irretroattivo della norma - non puo' essere applicato alla disciplina del rapporto nel periodo anteriore al 31 dicembre 1988: il presente procedimento non puo' essere quindi definito senza la preliminare soluzione delle questioni di legittimita' costituzionale prospettate. Lo jus superveniens, tuttavia, evidenzia che anche il legislatore ha maturato la convinzione dell'iniquita' della disciplina dei "sottominimi", che e' in contrasto col sistema di sicurezza sociale delineato dal precetto costituzionale.