(Omissis).
                           PREMESSO IN FATTO
    Spitilli  Nicolino in data 26 aprile 1989, ottentva la concessione
 edilizia n. 45 in suo favore rilasciata dal sindaco di  Atri  per  la
 "ristrutturazione  senza alcun aumento di volume..." di un fabbricato
 preesistente sito in zona agricola in c. da Cavalieri del  comune  di
 Atri gravata da vincolo paesistico.
    A seguito di accertamenti svolti a mezzo della squadra di p.g. dei
 cc. di Atri (v. rapp. n. 2241/1 in data 3 luglio 1989)  si  accertava
 che l'edificio preesistente era stato pressoche' totalmente demolito,
 sia nella parte  interna  che  esterna,  e  delle  strutture  murarie
 preesistenti  residuava solo una porzione esigua di muro peraltro del
 tutto disancorato dalle nuove murature.
    La  descrizione  fornita  nel  rapporto dei cc. veniva visivamente
 documentata con appositi dettagliati rilievi fotografici (v. pag.  34
 fasc.) che evidenziavano la natura reale degli interventi attuati.
    Gli uffici comunali, richiesti di precisare gli indici urbanistici
 prescritti nella zona di intervento, con apposita scheda (v. pag.  54
 fasc.)  comunicavano  che  trattasi  di zona-agricola ove l'indice di
 fabbricabilita' e' di 0,03 mc/mq, l'unita' minima colturale  per  gli
 interventi  edilizi  residenziali pari a mq 10.000 a fronte dell'area
 di mq 8810 disponibile.
    Le distanze prescritte dai confini erano previste in mt 7,00 e tra
 edifici in mt 14,00.
    Dette  distanze  difettano  nella specie come e' evidenziato nella
 tavola di progetto allegata a pag. 56 fasc.
    Gli  elaborati  progettuali  non  evidenziano quali parti dei muri
 preesistenti sarebbero stati demoliti.
    Per accertare, con doverosa attenzione, la portata della richiesta
 rivolta alla p.a., sono stati acquisiti:
      la relazione al progetto (v. pag. 60 fasc.);
      il  computo  metrico  che di norma viene prodotto per il calcolo
 degli oneri di urbanizzazione e di  quelli  rapportati  al  costo  di
 costruzione  ex  artt.  3,  5  e 6 della legge n. 10/1977 (v. pag. 25
 fasc.).
    Nella  relazione  al  progetto  non  si  menziona in alcun modo la
 totale demolizione dei  muri  perimetrali  (intervento  peraltro  non
 consentito  come  si  vedra') e neppure una loro demolizione parziale
 bensi' si allude solo alla costruzione di porticati,  al  risanamento
 igienico e mutamento di destinazione d'uso di taluni vani.
    Nel  computo  metrico  che  evidenzia gli interventi, con relativi
 costi, che sarebbero stati attuati, in linea con la relazione, non si
 menziona  la demolizione e ricostruzione dei muri perimetrali, bensi'
 solo di quelli interni divisori (v. pag. 26 fasc.).
    A  seguito  di quanto accertato, veniva contestato il reato di cui
 all'ordine di sequestro sorretto dalla motivazione che segue;
    Il  pretore  letti gli atti del procedimento penale n. 4332/1989 a
 carico di Spitilli Nicolino, nato il 1› gennaio  1952  a  Silvi,  ivi
 residente  via Rossi s.n.c. imputato della ctv. p. e. p. dall'art. 20
 lett. "B" legge n. 47/1985  perche'  senza  concessione  edilizia,  e
 comunque,  in  totale  difformita' da quella n. 45 del 26 aprile 1989
 per ristrutturazione, demoliva e ricostruiva un fabbricato  destinato
 a  residenza, in zona agricola peraltro in contrasto con la normativa
 urbanistica vigente (art. 70  legge  regione  Abruzzo  n.  18/1983  e
 n.t.a. del p.r.g. vigente) quanto a:
      indice  planivolumetrico massimo consentito: 0,03 mc/mq (art. 70
 legge citata);
      minima  entita'  colturale:  10.000  mq (art. 70 legge citata) a
 fronte di mq 8810;
      distanze tra fabbricati e dal confine: mt 14 tra fabbricati e mt
 7 dal confine mentre quelle esistenti su ogni  fronte  sono  di  gran
 lunga inferiori.
    In  Atri,  c/da  cavalieri,  zona  agricola,  dal  maggio 1989 con
 permanenza del reato.
                             O S S E R V A
    1)   Occorre   premettere  alcune  considerazioni  sul  piano  piu
 strettamente giuridico con riferimento alle nozioni e discipina degli
 interventi  di  "demolizione  e  ricostruzione"  da  una  parte  e di
 "ristrutturazione" dall'altra.
    Invero, trattasi di interventi affatto diversi il cui contenuto e'
 altrettanto diverso e le implicazioni,  nell'uno  e  nell'altro  caso
 sono pure ben differenziate.
    E'  noto che lo strumento di pianificazione territoriale individua
 per ciascuna zona le destinazioni d'uso compatibili e  gli  standards
 da  ossservarsi  in  armonia  anche  con  gli indici e limiti massimi
 consentiti ai sensi del d.m. n. 1444/1968.
    Ovviamente,   pero',  l'autorita'  amministrativa  non  puo'  alla
 stregua  di  uno  strumento   urbanistico   o   di   norme   primarie
 sopravvenute,  incidere  sui  maufatti  edilizi  preesistenti  ove  i
 proprietari intendano svolgere su di essi inteventi c.d. di  recupero
 cosi' come definiti dall'art. 31 della legge n. 457/1978.
    In   altri  termini  cio'  che  esiste  puo'  essere  mantenuto  e
 recuperato nella sua funzionalita', anche  se  in  contrasto  con  lo
 strumento  urbanistico  sopravvenuto.  Invece  cio'  che  si  intende
 realizzare ex novo deve essere conforme alla nuova normativa.
    Esplicativo  sul  punto  e',  sul piano interpretativo nell'ambito
 dell'ordinamento unitariamente inteso, il contenuto dell'art. 869 del
 codice  civile  che  recita: "i proprietari di immobili nei comuni in
 cui sono formati piani regolatori devono osservaree  le  prescrizioni
 dei   piani   stessi   nelle   costruzioni,  nelle  riedificazioni  e
 modificazini delle costruzioni esistenti".
    La  riedificazione,  cioe', e' assoggettata alla regolamentazione,
 data dallo strumento urbanistico vigente al momento  dell'intervento.
 Demolito   un  manufatto  preesistente  in  contrasto  con  la  norma
 sopravvenuta, e anche le distanze ne costituiscono parte  integrante,
 non   puo'   essere   riedificato   il   manufatto  con  le  medesime
 caratteristiche,  bensi'  solo  un  manufatto  conforme  alla   nuova
 noramtiva.
    Non  a caso l'art. 30 legge regione Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18,
 nell'enunciare in modo piu' analitico il contenuto che qualifica  gli
 interventi  "sul patrimonio... esistente" (al pari dell'art. 31 legge
 n. 1150/1942) contempla in modo separato la demolizione e precisa che
 per  tale e' da intendersi "sia quella finalizzata alla ricostruzione
 secondo gli indici previsti dagli  strumenti  urbanistici  esistenti,
 sia  quella  finalizzata  alla disponibilita' dell'area... In caso di
 ricostruzione,  la  stessa  dovra'  avvenire  secondo  le  norme   di
 disciplina dello strumento di pianificazione".
    La norma, cioe', ribadisce in modo categorico sul piano edilizio e
 urbanistico il principio generale enunciato, nel nostro  ordinamento,
 dall'art. 869 del cod. civ. dinanzi ricordato.
    Alla  luce dei precetti sopra richiamati puo' affermarsi che tutti
 gli interventi di recupero (mautenzione  ordinaria  e  straordinaria,
 risanamento,  ristrutturazione)  proprio  perche'  tali,  soffrono di
 varie limitazioni, piu' o meno restrittive. In  ogni  caso  essi  non
 possno piu' essere considerati come interventi di recupero in ipotesi
 di totale demolizione del preesistente proprio perche'  in  tal  caso
 nulla viene recuperato.
    La definizione degli interventi di recupero, come e' noto, e' data
 (e tra essi rientrano quelli di ristrutturazione) dall'art. 31  della
 legge   5  agosto  1978,  n.  457,  piano  decennale  per  l'edilizia
 residenziale, e ora anche dall'art. 30 della legge regione Abruzzo 12
 aprile 1983, n. 18.
    Tali  norme  sono  ricomprese in un titolo intestato "recupero del
 patrimonio edilizio e urbanistico esistente".
    Proprio   perche'   quello   di  ristrutturazione  e'  considerato
 intervenuto di recupero, entrambe le norme fanno  rispettivamente  ed
 espressamente  riferimento  alla  sostituzione  di  "alcuni" elementi
 costitutivi dell'edificio (art. 31 della legge n. 457/1978), ovvero a
 "parziali"  trasformazioni  di  fabbricati  esistenti  (art. 30 della
 legge regione Abruzzo n. 18/1983).
    Va da se', quindi, che anche nel concetto di ristrutturazione (che
 e' il piu' ampio) non puo' farsi rientrare la  totale  demolizione  e
 ricostruzione di un edificio preesistente.
    Non  a  caso, poi, l'art. 60, quinto comma, della legge n. 18/1983
 (che e' legge emessa in forza della riserva in favore  delle  regioni
 contenuta   nell'art.   117   della   Costituzione   per  la  materia
 urbanistica)  esclude  dall'obbligo  della   concessione   solo   gli
 interventi  di  cui  alle  lettere a), b) e c) del precedente art. 30
 (manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro conservativo) mentre
 mantiene  l'obbligo  della  concessione  per  le demolizioni. Cio' in
 quanto tale intervento incide profondamente sull'assetto edilizio del
 territorio  sicche'  se  ne  evidenzia  la  necessita' del preventivo
 pregnante controllo ad opera dell'autorita' preposta  alla  vigilanza
 dell'osservanza  delle norme di pianificazione del territorio stesso.
    A  maggior  ragione  si  appalesa  l'esigenza  di  tale preventivo
 controllo nel caso in cui alla demolizione segua la riedificazione.
    Infatti,  come  si e' gia' evidenziato, mentre la ristrutturazione
 (e gli interventi di recupero in genere) prescindono dalla osservanza
 delle   norme   di  pianificazione  sopravvenute  proprio  perche'  i
 fabbricati  sono  preesistenti,  viceversa  la   demolizione   e   la
 successiva  riedificazione  debbono essere eseguite "secondo le norme
 di disciplina dello strumento di pianificazione" vigente.
    In  altri  termini  la  riedificazine  e'  considerata alla stessa
 stregua della nuova costruzione (v. specificamente in termini  t.a.r.
 Sicilia,  sezione Catania 25 febbraio 1985, n. 173; t.a.r. Toscana 29
 settembre 1984, n. 1101, oltre la costante giurispprudenza di  merito
 che  con  ripetute  pronuncie  hanno  sottolineato come la pressoche'
 totale demolizione esclude che l'intervento possa essere  qualificato
 come ristrutturazione).
    Conclusivamente  sul punto, deve quindi affermarsi che, per quanto
 complessi e  articolati  possano  essere  gli  interventi  diretti  a
 ristrutturare  un  edificio preesistente, tanto da "... portare ad un
 organismo edilizio in tutto o in  parte  diverso  dal  precedente..."
 certo  e'  che  le sostituzioni non possono che riferirsi ad "allcuni
 elementi costitutivi", e non all'intero fabbricato cosi' come precisa
 al seconda parte della lett. d) dell'art. 31 della legge n. 457/1978.
    Questo  e'  il  limite  che caratterizza la ristrutturazione quale
 intervento di recupero del patrimonio edilizio esistente.
    Ulteriore  corollario del sistema vigente, come sopra ricostruito,
 e' che la pressoche' totale demolizione di un edificio preesistente e
 la  sua  ricostruzione  costituiscono  interventi  edilizi  del tutto
 diversi da quello  qualificabile  come  ristrutturazione.  (Indirizzo
 assolutamente univoco:
      sia   in   materia   civile   ove   la  giurisprudenza  cataloga
 separatamente   l'intervento   di   demolizione,   ricostruzione    e
 modificazioni rispetto ad altri tipi di intervento come espressamente
 e letteralmente prevede l'art. 869 del cod. civ.;
      sia in materia penale (v. per tutte da ultimo Cass. sez. III, 25
 settembre 1984, imp. Belcaro in Cass. pen. 1986, 575; Cass. sez. 111,
 4  luglio  1984, imp. Brusco in Cass. pen. 1986, 137; Cass. sez. III,
 13 febbraio 1987 imp. Facco in Cass. pen. 1988, 800).
    Ne  consegue  che  l'attivita'  va  configurata  come espletata in
 assenza di concessione quantomeno in totale difformita' della stessa.
    Infatti la demolizione di fabbricati preesistenti e' attivita' che
 di per se' importa il rilascio di apposita concessione edilizia cosi'
 come previsto dall'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, degli
 artt. 30 lett. f) e 60, secondo e quinto comma, della  legge  regione
 Abruzzo  12 aprile 1983, n. 18 e come e' stato ripetutamente ribadito
 dalla giurisprudenza sia di merito che di legittimita' (v. per  tutte
 Cass. sez. III, 23 novembre 1981 imp. Geraci).
    Ne'  varrebbe  a  mutare  il  senso di quanto fin qui precisato la
 circostanza che l'art. 7, secondo comma, del d.-l. 23  gennaio  1982,
 n.   9,   conv.   in  legge  25  marzo  1982,  n.  94,  sottopone  ad
 autorizzazione gratuita le opere di demolizione.  Infatti,  in  tanto
 puo'  ritenersi  la  demolizione  di  un  edificio  soggetta  a  mera
 autorizzazione in quanto la demolizione  sia  finalizzata  a  rendere
 l'area  libera  e,  in  ogni caso, occorre che, come precisa la norma
 citata, l'area non sia sottoposta  a  vincolo  paesistico  (legge  n.
 1497/1939 richiamata dall'art. 7).
    Nel  caso  di  specie,  invece,  l'area  e'  sottoposta  a vincolo
 paesistico.
    2)  Passando  ora al caso di specie, dagli accertamenti svolti (v.
 carteggio fotografico relativo ad epoche diverse)  e'  emerso  che  i
 manufatti  preesistenti  sono  stati  via  via  demoliti fino a farne
 residuare una minima porzione di  muro  interno  (v.  le  foto  e  il
 rapporto  241/1  in  data  3  luglio  1989  dei  cc.  di Atri, ultimo
 accertamento in ordine cronologico).
    3)  E' pure emerso che i lavori sono ancora in pieno corso sicche'
 si evidenziano due diverse esigenze:
       a)  la  prima ex art. 219 del c.p.p. di impedire doverosamente,
 in presenza di un reato permanente, che il  reato  venga  portato  ad
 ulteriori conseguenze:
       b)   la   seconda   di   carattere  istruttorio-probatorio,  di
 assicurare  la  non  modificabilita'  dello  stato  dei  luoghi   ove
 dovessero  sorgere  contestazione  su  alcuno  dei profili oggetto di
 contestazione  o  di  quanti  altri  dovessero  ancora  emergere   in
 prosieguo.
                                P. Q. M.
    Visti gli artt. 219 e 337 e segg. del c.p.p.;
    Ordina  il  sequestro  del cantiere ove e' in corso di costruzione
 l'edificio di proprieta' di Spitilli Nicolino;
    Dispone  che  il  sequestro venga eseguito mediante apposizione di
 sigilli o, in caso di impossibilita' di attuazione di tale modalita',
 mediante  apposizione  di  apposito  cartello  che  tenga  luogo  del
 sigillo;
    Avverte  lo Spitilli che sono in corso indagini per l'accertamento
 delle violazioni dinanzi rubricate e che egli ha facolta' di nominare
 un proprio difensore di fiducia da cui farsi assistere (in difetto si
 nomina fin d'ora d'ufficio il dott. Pierluigi Mattucci di Atri)  egli
 ha  inoltre facolta' di eleggere domicilio ai sensi e per gli effetti
 di cui all'art. 151 del c.p.p.;
    Delega  per  l'esecuzione di questo provvedimento, con facolta' di
 sub delega, il comdandante della squadra di p.g. dei cc. di Atri  che
 provvedera' a notificare questo provvedimento oltre che all'imputato,
 altresi'  al  difensore  di  fiducia  eventualmente  nominato  o,  in
 mancanza, al difensore d'ufficio dott. Pierluigi Mattucci di Atri.
    Dispone  il  deposito  di  questo  provvedimento  e  degli atti di
 esecuzione in  cancelleria  nelle  ventiquattro  ore  successive  con
 avviso fin da ora che l'imputato ha facolta' di estrarne copia.
   L'azione   penale  restava  sospesa  in  attesa  dei  provvedimenti
 temporanei e definitivi  riservati  all'autorita'  amministrativa  ex
 artt. 4 e 7, secondo comma, della legge n. 47/1985.
   L'interessato   in   data  30  agosto  1989  avanzava  istanza  per
 l'accertamento di conformita' ex art. 13 della  legge  n.  47/1985  e
 l'assessore delegato rilasciava la concessione in sanatoria n. 104 in
 data 22 settembre 1989. Quindi, lo stesso  imputato  instava  per  la
 declaratoria  di  estinzione del reato ex art. 22, terzo comma, della
 legge n. 47/1988.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    1)  Vanno  qui  richiamate e ribadite le considerazini svolte ed i
 richiami giurisprudenziali contenuti nel provvedimento di sequestro e
 inerenti  il  concetto  di  "ristrutturazione"  quale  intervento  di
 recupero sul patrimonio edilizio esistente.
    Dalla stessa documentazione di provenienza dall'ente locale emerge
 il contrasto del manufatto realizzato con  la  normativa  urbanistica
 sia per quanto attiene il lotto minimo di intervento (10.000 mq); sia
 per quanto attiene l'indice di  fabbricabilita'  (0,03  mc/mq);  sia,
 infine,  per  quanto attiene le distanze dal confine e tra fabbricati
 vincitori (rispettivamente mt 7 e 14).
    Si rinvia su tali aspetti tecnici all'attestato allegato a pag. 54
 fasc., ai rilievi fotografici e all'intera documentazione  richiamata
 nella parte narrativa.
    Cio' nonostante, l'assessore delegato in data 22 settembre 1989 ha
 rilasciato la concessione in  sanatoria  sicche'  alcun  dubbio  puo'
 sussistere  in  ordine  alla illegittimita' di tale provvedimento per
 palese contrasto con la legge regione Abruzzo 12 aprile 1983,  n.  18
 (per le ragioni spiegate nel provvedimento di sequestro) e per palese
 contraso con lo stesso strumento urbanistico vigente.
    Ora, la Cassazione a sezioni unite (Cass. s.u. 31 gennaio 1987) ha
 ritenuto  con  ampia  e  condivisibile  motivazione  che  il  giudice
 ordinario  non  puo'  disapplicare il provvedimento amministrativo di
 cui non puo' esaminare  la  legittimita'  neppure  incidenter  tantum
 (salvi i casi ci collusione di cui non vi e' prova alcuna e gli altri
 specificamente considerati). Cio'  in  quanto  la  necessita'  ed  il
 potere  di  esame  e'  roconosciuto all'a.g. ordinaria ex artt. 4 e 5
 della legge 20 marzo 1865 all. E solo in tema di diritti  soggettivi.
    Trattasi   di   impostazione  giurispridenziale  ormai  largamente
 consolidatosi per le continue e ripetute affermazioni del  genere  in
 altre  e successive pronuncie (v. per tutte Cass. 22 giugno 1987 imp.
 Spagnoletti in Cass. pen. 1987, pag. 917, n. 801; Cass sez.  III,  28
 settembre  1987  imp. Conti in riv. pen. 1988, 355; Cass. sez. VI, 18
 dicembre 1987 imp. Caponetti in riv. giur. ed. 1988,  I,  679;  Cass.
 sez.  III  20 gennaio 1988 imp. Barile in riv. pen. 1988, 749 e cosi'
 via).
    D'altro  canto  una  siffatta interpretazione, i cui principi sono
 stati estesi anche ai provvedimenti di concessione in  sanatoria  cui
 consegue  la  declaratoria  di estinzione del reato ex art. 22, terzo
 comma, della legge n. 47/1985 (e' questo il caso di specie) si impone
 in forza del chiaro disposto di cui agli artt. 4 e 5 della legge 1865
 citata.
    2) Questo giudice non ignora che codesta Corte si e' gia' occupata
 della questione con la nota sentenza n.  370  del  23-31  marzo  1988
 dichiarando   non   fondate   le   questioni  proposte,  nonche'  con
 l'ordinanza n. 63 del  9-23  febbraio  1989  con  cui  ha  dichiarato
 inammissibile   altra  questione  pure  proposta  all'attenzione  del
 collegio.
    Senonche'   ritiene  questo  pretore  che  dubbi  di  legittimita'
 costituzionale sussistano in ordine al dettato di cui agli artt. 4  e
 5  della legge 20 marzo 1965 all. E e di riflesso artt. 13 e 22 della
 legge n. 47/1985 con riferimento agli artt. 3,  70,  97,  101  e  112
 della Costituzione. Profili questi che appaiono nuovi.
     3)  Invero  il  principio di eguaglianza formale (di cui al primo
 comma dell'art. 3 della Costituzione)  a  parere  di  chi  scrive  va
 correlato con gli artt. 70 e 97 della Costituzione. Tali ultime norme
 nell'affermare per un verso  la  sovranita'  della  legge  (principio
 proprio di uno stato di diritto) e per altro verso l'obbligo del buon
 andamento e della imparzialita'  della  p.a.  sanciscono  il  primato
 della legge stessa:
      sia per la sovranita' dell'organo di cui promana;
      sia  perche'  solo  la  legge,  per il suo carattere generale e'
 idonea ad assicurare identica disciplina a casi identici;
      sia perche' non e' dato ad alcuno (ne' organo di amministrazione
 ne' organo giudiziario) di vanificare la forza  cogente  della  legge
 con  propri  singoli provvedimenti contrari alla norma. E' questo uno
 degli aspetti da cui deriva il principio della gerarchia delle  fonti
 del diritto;
    Dunque la legge e' precetto rivolto innanzitutto agli organi dello
 Stato che sono chiamati a uniformare ad essa i propri deliberati.
    Non  a caso le norme urbanistico edilizie richiamano espressamente
 l'obbligo  del  sindaco  di  vigilare  sul  corretto  sviluppo  delle
 attivita'  di trasformazione del territorio in conformita' alle leggi
 ed agli strumenti di pianificazione (art. 4 della legge n. 10/1977  e
 art. 4 della legge n. 47/1985).
    Preclude  al giudice penale di giudicare, sia pure solo incidenter
 tantum, della legittimita' del provvedimento di sanatoria, specie  in
 ipotesi  di  un  reato  che sottende la tutela di pubblici interessi,
 importa che al giudice,  in  presenza  di  specifiche  violazioni  di
 legge,  viene  impedito  l'esercizio  della  funzione giurisdizionale
 punitiva. Cio' benche' l'azione penale  sia  obbligatoria  (art.  112
 della  Costituzione)  e  benche'  il riferimento per il giudice debba
 essere solo la legge (art. 101 della Costituzione).
    Non  puo'  sfuggire che in ipotesi come, quelle in esame in cui un
 reato perfetto sussiste e si tratta di dichiararne  l'estinzione,  la
 verifica  delle  condizioni  di  legge  (prescritte dall'ultima parte
 dell'art. 13 della legge n. 47/1985) non  puo'  essere  sottratta  al
 giudice.  Effetto che, invece, deriva dal dettato di cui agli artt. 4
 e 5 della legge 1865 e 22, terzo comma, della legge n. 47/1985, posto
 che  egli  non  puo'  che  prendere atto dell'avvenuto rilascio della
 concessione  edilizia  in  sanatoria  ove  difetti  ogni  indizio  di
 collusione.
    Non  vi e' chi non veda, atteso l'automatico effetto derivante del
 rilascio della concessione in sanatoria, ex  art.  22,  terzo  comma,
 della  legge  n. 47/1985, che l'atto amministrativo assume in realta'
 maggior  peso  della  legge  e  degli  strumenti  di   pianificazione
 vanificandone   i  precetti  in  contrasto  con  il  primato  che  la
 Costituzione assegna alla legge stessa.
    E non puo' dubitarsi che palese e' la violazione anche dell'art. 3
 della Costituzione perche' essendo condizionata la repressione  delle
 condotte  criminose al rilascio o al diniego dell'atto amministrativo
 (che  non  ha  portata  generale  ed  astratta),  ne   consegue   che
 privilegiati  saranno  coloro  che,  pur in difetto delle condizioni,
 otterranno la sanatoria mentre  saranno  perseguiti  coloro  che  non
 l'otterranno.
    Ne'  vale  obiettare come si legge al par. 5 della sentenza n. 370
 del  23-31  marzo  1988  che  sussiste   il   rimedio   del   ricorso
 giurisdizionale  perche'  la disparita' sussiste non tra soggetti che
 possono beneficiare della  sanatoria  bensi'  tra  soggetti  che  non
 possono   beneficiarne   per   difetto   delle  condizioni  di  legge
 (difformita' dell'opera rispetto delle prescrizioni di piano) sicche'
 il rimedio giurisdizionale non ha peso determinante.
    Conclusivamente gli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1965, all. E,
 e di riflesso gli artt. 13 e 22 della legge n. 47/1988  paiono  porsi
 in contrasto con gli artt. 3, 70, 97, 101 e 112 della Costituzione.
    La  questione  e'  rilevante  in  quanto, come si e' detto, questo
 giudice e' stato richiesto  di  pronunciare  l'estinzione  del  reato
 contestato ex art. 22, terzo comma, della legge n. 47/1985 per essere
 stata rilasciata la concessione in sanatoria e cio' benche' difettino
 i  presupposti  di conformita' richiesti dall'art. 13, della legge n.
 47/1985 citata.