(Omissis). PREMESSO IN FATTO Spitilli Nicolino in data 26 aprile 1989, ottentva la concessione edilizia n. 45 in suo favore rilasciata dal sindaco di Atri per la "ristrutturazione senza alcun aumento di volume..." di un fabbricato preesistente sito in zona agricola in c. da Cavalieri del comune di Atri gravata da vincolo paesistico. A seguito di accertamenti svolti a mezzo della squadra di p.g. dei cc. di Atri (v. rapp. n. 2241/1 in data 3 luglio 1989) si accertava che l'edificio preesistente era stato pressoche' totalmente demolito, sia nella parte interna che esterna, e delle strutture murarie preesistenti residuava solo una porzione esigua di muro peraltro del tutto disancorato dalle nuove murature. La descrizione fornita nel rapporto dei cc. veniva visivamente documentata con appositi dettagliati rilievi fotografici (v. pag. 34 fasc.) che evidenziavano la natura reale degli interventi attuati. Gli uffici comunali, richiesti di precisare gli indici urbanistici prescritti nella zona di intervento, con apposita scheda (v. pag. 54 fasc.) comunicavano che trattasi di zona-agricola ove l'indice di fabbricabilita' e' di 0,03 mc/mq, l'unita' minima colturale per gli interventi edilizi residenziali pari a mq 10.000 a fronte dell'area di mq 8810 disponibile. Le distanze prescritte dai confini erano previste in mt 7,00 e tra edifici in mt 14,00. Dette distanze difettano nella specie come e' evidenziato nella tavola di progetto allegata a pag. 56 fasc. Gli elaborati progettuali non evidenziano quali parti dei muri preesistenti sarebbero stati demoliti. Per accertare, con doverosa attenzione, la portata della richiesta rivolta alla p.a., sono stati acquisiti: la relazione al progetto (v. pag. 60 fasc.); il computo metrico che di norma viene prodotto per il calcolo degli oneri di urbanizzazione e di quelli rapportati al costo di costruzione ex artt. 3, 5 e 6 della legge n. 10/1977 (v. pag. 25 fasc.). Nella relazione al progetto non si menziona in alcun modo la totale demolizione dei muri perimetrali (intervento peraltro non consentito come si vedra') e neppure una loro demolizione parziale bensi' si allude solo alla costruzione di porticati, al risanamento igienico e mutamento di destinazione d'uso di taluni vani. Nel computo metrico che evidenzia gli interventi, con relativi costi, che sarebbero stati attuati, in linea con la relazione, non si menziona la demolizione e ricostruzione dei muri perimetrali, bensi' solo di quelli interni divisori (v. pag. 26 fasc.). A seguito di quanto accertato, veniva contestato il reato di cui all'ordine di sequestro sorretto dalla motivazione che segue; Il pretore letti gli atti del procedimento penale n. 4332/1989 a carico di Spitilli Nicolino, nato il 1 gennaio 1952 a Silvi, ivi residente via Rossi s.n.c. imputato della ctv. p. e. p. dall'art. 20 lett. "B" legge n. 47/1985 perche' senza concessione edilizia, e comunque, in totale difformita' da quella n. 45 del 26 aprile 1989 per ristrutturazione, demoliva e ricostruiva un fabbricato destinato a residenza, in zona agricola peraltro in contrasto con la normativa urbanistica vigente (art. 70 legge regione Abruzzo n. 18/1983 e n.t.a. del p.r.g. vigente) quanto a: indice planivolumetrico massimo consentito: 0,03 mc/mq (art. 70 legge citata); minima entita' colturale: 10.000 mq (art. 70 legge citata) a fronte di mq 8810; distanze tra fabbricati e dal confine: mt 14 tra fabbricati e mt 7 dal confine mentre quelle esistenti su ogni fronte sono di gran lunga inferiori. In Atri, c/da cavalieri, zona agricola, dal maggio 1989 con permanenza del reato. O S S E R V A 1) Occorre premettere alcune considerazioni sul piano piu strettamente giuridico con riferimento alle nozioni e discipina degli interventi di "demolizione e ricostruzione" da una parte e di "ristrutturazione" dall'altra. Invero, trattasi di interventi affatto diversi il cui contenuto e' altrettanto diverso e le implicazioni, nell'uno e nell'altro caso sono pure ben differenziate. E' noto che lo strumento di pianificazione territoriale individua per ciascuna zona le destinazioni d'uso compatibili e gli standards da ossservarsi in armonia anche con gli indici e limiti massimi consentiti ai sensi del d.m. n. 1444/1968. Ovviamente, pero', l'autorita' amministrativa non puo' alla stregua di uno strumento urbanistico o di norme primarie sopravvenute, incidere sui maufatti edilizi preesistenti ove i proprietari intendano svolgere su di essi inteventi c.d. di recupero cosi' come definiti dall'art. 31 della legge n. 457/1978. In altri termini cio' che esiste puo' essere mantenuto e recuperato nella sua funzionalita', anche se in contrasto con lo strumento urbanistico sopravvenuto. Invece cio' che si intende realizzare ex novo deve essere conforme alla nuova normativa. Esplicativo sul punto e', sul piano interpretativo nell'ambito dell'ordinamento unitariamente inteso, il contenuto dell'art. 869 del codice civile che recita: "i proprietari di immobili nei comuni in cui sono formati piani regolatori devono osservaree le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni, nelle riedificazioni e modificazini delle costruzioni esistenti". La riedificazione, cioe', e' assoggettata alla regolamentazione, data dallo strumento urbanistico vigente al momento dell'intervento. Demolito un manufatto preesistente in contrasto con la norma sopravvenuta, e anche le distanze ne costituiscono parte integrante, non puo' essere riedificato il manufatto con le medesime caratteristiche, bensi' solo un manufatto conforme alla nuova noramtiva. Non a caso l'art. 30 legge regione Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, nell'enunciare in modo piu' analitico il contenuto che qualifica gli interventi "sul patrimonio... esistente" (al pari dell'art. 31 legge n. 1150/1942) contempla in modo separato la demolizione e precisa che per tale e' da intendersi "sia quella finalizzata alla ricostruzione secondo gli indici previsti dagli strumenti urbanistici esistenti, sia quella finalizzata alla disponibilita' dell'area... In caso di ricostruzione, la stessa dovra' avvenire secondo le norme di disciplina dello strumento di pianificazione". La norma, cioe', ribadisce in modo categorico sul piano edilizio e urbanistico il principio generale enunciato, nel nostro ordinamento, dall'art. 869 del cod. civ. dinanzi ricordato. Alla luce dei precetti sopra richiamati puo' affermarsi che tutti gli interventi di recupero (mautenzione ordinaria e straordinaria, risanamento, ristrutturazione) proprio perche' tali, soffrono di varie limitazioni, piu' o meno restrittive. In ogni caso essi non possno piu' essere considerati come interventi di recupero in ipotesi di totale demolizione del preesistente proprio perche' in tal caso nulla viene recuperato. La definizione degli interventi di recupero, come e' noto, e' data (e tra essi rientrano quelli di ristrutturazione) dall'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, piano decennale per l'edilizia residenziale, e ora anche dall'art. 30 della legge regione Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18. Tali norme sono ricomprese in un titolo intestato "recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente". Proprio perche' quello di ristrutturazione e' considerato intervenuto di recupero, entrambe le norme fanno rispettivamente ed espressamente riferimento alla sostituzione di "alcuni" elementi costitutivi dell'edificio (art. 31 della legge n. 457/1978), ovvero a "parziali" trasformazioni di fabbricati esistenti (art. 30 della legge regione Abruzzo n. 18/1983). Va da se', quindi, che anche nel concetto di ristrutturazione (che e' il piu' ampio) non puo' farsi rientrare la totale demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente. Non a caso, poi, l'art. 60, quinto comma, della legge n. 18/1983 (che e' legge emessa in forza della riserva in favore delle regioni contenuta nell'art. 117 della Costituzione per la materia urbanistica) esclude dall'obbligo della concessione solo gli interventi di cui alle lettere a), b) e c) del precedente art. 30 (manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro conservativo) mentre mantiene l'obbligo della concessione per le demolizioni. Cio' in quanto tale intervento incide profondamente sull'assetto edilizio del territorio sicche' se ne evidenzia la necessita' del preventivo pregnante controllo ad opera dell'autorita' preposta alla vigilanza dell'osservanza delle norme di pianificazione del territorio stesso. A maggior ragione si appalesa l'esigenza di tale preventivo controllo nel caso in cui alla demolizione segua la riedificazione. Infatti, come si e' gia' evidenziato, mentre la ristrutturazione (e gli interventi di recupero in genere) prescindono dalla osservanza delle norme di pianificazione sopravvenute proprio perche' i fabbricati sono preesistenti, viceversa la demolizione e la successiva riedificazione debbono essere eseguite "secondo le norme di disciplina dello strumento di pianificazione" vigente. In altri termini la riedificazine e' considerata alla stessa stregua della nuova costruzione (v. specificamente in termini t.a.r. Sicilia, sezione Catania 25 febbraio 1985, n. 173; t.a.r. Toscana 29 settembre 1984, n. 1101, oltre la costante giurispprudenza di merito che con ripetute pronuncie hanno sottolineato come la pressoche' totale demolizione esclude che l'intervento possa essere qualificato come ristrutturazione). Conclusivamente sul punto, deve quindi affermarsi che, per quanto complessi e articolati possano essere gli interventi diretti a ristrutturare un edificio preesistente, tanto da "... portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente..." certo e' che le sostituzioni non possono che riferirsi ad "allcuni elementi costitutivi", e non all'intero fabbricato cosi' come precisa al seconda parte della lett. d) dell'art. 31 della legge n. 457/1978. Questo e' il limite che caratterizza la ristrutturazione quale intervento di recupero del patrimonio edilizio esistente. Ulteriore corollario del sistema vigente, come sopra ricostruito, e' che la pressoche' totale demolizione di un edificio preesistente e la sua ricostruzione costituiscono interventi edilizi del tutto diversi da quello qualificabile come ristrutturazione. (Indirizzo assolutamente univoco: sia in materia civile ove la giurisprudenza cataloga separatamente l'intervento di demolizione, ricostruzione e modificazioni rispetto ad altri tipi di intervento come espressamente e letteralmente prevede l'art. 869 del cod. civ.; sia in materia penale (v. per tutte da ultimo Cass. sez. III, 25 settembre 1984, imp. Belcaro in Cass. pen. 1986, 575; Cass. sez. 111, 4 luglio 1984, imp. Brusco in Cass. pen. 1986, 137; Cass. sez. III, 13 febbraio 1987 imp. Facco in Cass. pen. 1988, 800). Ne consegue che l'attivita' va configurata come espletata in assenza di concessione quantomeno in totale difformita' della stessa. Infatti la demolizione di fabbricati preesistenti e' attivita' che di per se' importa il rilascio di apposita concessione edilizia cosi' come previsto dall'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, degli artt. 30 lett. f) e 60, secondo e quinto comma, della legge regione Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18 e come e' stato ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza sia di merito che di legittimita' (v. per tutte Cass. sez. III, 23 novembre 1981 imp. Geraci). Ne' varrebbe a mutare il senso di quanto fin qui precisato la circostanza che l'art. 7, secondo comma, del d.-l. 23 gennaio 1982, n. 9, conv. in legge 25 marzo 1982, n. 94, sottopone ad autorizzazione gratuita le opere di demolizione. Infatti, in tanto puo' ritenersi la demolizione di un edificio soggetta a mera autorizzazione in quanto la demolizione sia finalizzata a rendere l'area libera e, in ogni caso, occorre che, come precisa la norma citata, l'area non sia sottoposta a vincolo paesistico (legge n. 1497/1939 richiamata dall'art. 7). Nel caso di specie, invece, l'area e' sottoposta a vincolo paesistico. 2) Passando ora al caso di specie, dagli accertamenti svolti (v. carteggio fotografico relativo ad epoche diverse) e' emerso che i manufatti preesistenti sono stati via via demoliti fino a farne residuare una minima porzione di muro interno (v. le foto e il rapporto 241/1 in data 3 luglio 1989 dei cc. di Atri, ultimo accertamento in ordine cronologico). 3) E' pure emerso che i lavori sono ancora in pieno corso sicche' si evidenziano due diverse esigenze: a) la prima ex art. 219 del c.p.p. di impedire doverosamente, in presenza di un reato permanente, che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze: b) la seconda di carattere istruttorio-probatorio, di assicurare la non modificabilita' dello stato dei luoghi ove dovessero sorgere contestazione su alcuno dei profili oggetto di contestazione o di quanti altri dovessero ancora emergere in prosieguo. P. Q. M. Visti gli artt. 219 e 337 e segg. del c.p.p.; Ordina il sequestro del cantiere ove e' in corso di costruzione l'edificio di proprieta' di Spitilli Nicolino; Dispone che il sequestro venga eseguito mediante apposizione di sigilli o, in caso di impossibilita' di attuazione di tale modalita', mediante apposizione di apposito cartello che tenga luogo del sigillo; Avverte lo Spitilli che sono in corso indagini per l'accertamento delle violazioni dinanzi rubricate e che egli ha facolta' di nominare un proprio difensore di fiducia da cui farsi assistere (in difetto si nomina fin d'ora d'ufficio il dott. Pierluigi Mattucci di Atri) egli ha inoltre facolta' di eleggere domicilio ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 151 del c.p.p.; Delega per l'esecuzione di questo provvedimento, con facolta' di sub delega, il comdandante della squadra di p.g. dei cc. di Atri che provvedera' a notificare questo provvedimento oltre che all'imputato, altresi' al difensore di fiducia eventualmente nominato o, in mancanza, al difensore d'ufficio dott. Pierluigi Mattucci di Atri. Dispone il deposito di questo provvedimento e degli atti di esecuzione in cancelleria nelle ventiquattro ore successive con avviso fin da ora che l'imputato ha facolta' di estrarne copia. L'azione penale restava sospesa in attesa dei provvedimenti temporanei e definitivi riservati all'autorita' amministrativa ex artt. 4 e 7, secondo comma, della legge n. 47/1985. L'interessato in data 30 agosto 1989 avanzava istanza per l'accertamento di conformita' ex art. 13 della legge n. 47/1985 e l'assessore delegato rilasciava la concessione in sanatoria n. 104 in data 22 settembre 1989. Quindi, lo stesso imputato instava per la declaratoria di estinzione del reato ex art. 22, terzo comma, della legge n. 47/1988. CONSIDERATO IN DIRITTO 1) Vanno qui richiamate e ribadite le considerazini svolte ed i richiami giurisprudenziali contenuti nel provvedimento di sequestro e inerenti il concetto di "ristrutturazione" quale intervento di recupero sul patrimonio edilizio esistente. Dalla stessa documentazione di provenienza dall'ente locale emerge il contrasto del manufatto realizzato con la normativa urbanistica sia per quanto attiene il lotto minimo di intervento (10.000 mq); sia per quanto attiene l'indice di fabbricabilita' (0,03 mc/mq); sia, infine, per quanto attiene le distanze dal confine e tra fabbricati vincitori (rispettivamente mt 7 e 14). Si rinvia su tali aspetti tecnici all'attestato allegato a pag. 54 fasc., ai rilievi fotografici e all'intera documentazione richiamata nella parte narrativa. Cio' nonostante, l'assessore delegato in data 22 settembre 1989 ha rilasciato la concessione in sanatoria sicche' alcun dubbio puo' sussistere in ordine alla illegittimita' di tale provvedimento per palese contrasto con la legge regione Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18 (per le ragioni spiegate nel provvedimento di sequestro) e per palese contraso con lo stesso strumento urbanistico vigente. Ora, la Cassazione a sezioni unite (Cass. s.u. 31 gennaio 1987) ha ritenuto con ampia e condivisibile motivazione che il giudice ordinario non puo' disapplicare il provvedimento amministrativo di cui non puo' esaminare la legittimita' neppure incidenter tantum (salvi i casi ci collusione di cui non vi e' prova alcuna e gli altri specificamente considerati). Cio' in quanto la necessita' ed il potere di esame e' roconosciuto all'a.g. ordinaria ex artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865 all. E solo in tema di diritti soggettivi. Trattasi di impostazione giurispridenziale ormai largamente consolidatosi per le continue e ripetute affermazioni del genere in altre e successive pronuncie (v. per tutte Cass. 22 giugno 1987 imp. Spagnoletti in Cass. pen. 1987, pag. 917, n. 801; Cass sez. III, 28 settembre 1987 imp. Conti in riv. pen. 1988, 355; Cass. sez. VI, 18 dicembre 1987 imp. Caponetti in riv. giur. ed. 1988, I, 679; Cass. sez. III 20 gennaio 1988 imp. Barile in riv. pen. 1988, 749 e cosi' via). D'altro canto una siffatta interpretazione, i cui principi sono stati estesi anche ai provvedimenti di concessione in sanatoria cui consegue la declaratoria di estinzione del reato ex art. 22, terzo comma, della legge n. 47/1985 (e' questo il caso di specie) si impone in forza del chiaro disposto di cui agli artt. 4 e 5 della legge 1865 citata. 2) Questo giudice non ignora che codesta Corte si e' gia' occupata della questione con la nota sentenza n. 370 del 23-31 marzo 1988 dichiarando non fondate le questioni proposte, nonche' con l'ordinanza n. 63 del 9-23 febbraio 1989 con cui ha dichiarato inammissibile altra questione pure proposta all'attenzione del collegio. Senonche' ritiene questo pretore che dubbi di legittimita' costituzionale sussistano in ordine al dettato di cui agli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1965 all. E e di riflesso artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985 con riferimento agli artt. 3, 70, 97, 101 e 112 della Costituzione. Profili questi che appaiono nuovi. 3) Invero il principio di eguaglianza formale (di cui al primo comma dell'art. 3 della Costituzione) a parere di chi scrive va correlato con gli artt. 70 e 97 della Costituzione. Tali ultime norme nell'affermare per un verso la sovranita' della legge (principio proprio di uno stato di diritto) e per altro verso l'obbligo del buon andamento e della imparzialita' della p.a. sanciscono il primato della legge stessa: sia per la sovranita' dell'organo di cui promana; sia perche' solo la legge, per il suo carattere generale e' idonea ad assicurare identica disciplina a casi identici; sia perche' non e' dato ad alcuno (ne' organo di amministrazione ne' organo giudiziario) di vanificare la forza cogente della legge con propri singoli provvedimenti contrari alla norma. E' questo uno degli aspetti da cui deriva il principio della gerarchia delle fonti del diritto; Dunque la legge e' precetto rivolto innanzitutto agli organi dello Stato che sono chiamati a uniformare ad essa i propri deliberati. Non a caso le norme urbanistico edilizie richiamano espressamente l'obbligo del sindaco di vigilare sul corretto sviluppo delle attivita' di trasformazione del territorio in conformita' alle leggi ed agli strumenti di pianificazione (art. 4 della legge n. 10/1977 e art. 4 della legge n. 47/1985). Preclude al giudice penale di giudicare, sia pure solo incidenter tantum, della legittimita' del provvedimento di sanatoria, specie in ipotesi di un reato che sottende la tutela di pubblici interessi, importa che al giudice, in presenza di specifiche violazioni di legge, viene impedito l'esercizio della funzione giurisdizionale punitiva. Cio' benche' l'azione penale sia obbligatoria (art. 112 della Costituzione) e benche' il riferimento per il giudice debba essere solo la legge (art. 101 della Costituzione). Non puo' sfuggire che in ipotesi come, quelle in esame in cui un reato perfetto sussiste e si tratta di dichiararne l'estinzione, la verifica delle condizioni di legge (prescritte dall'ultima parte dell'art. 13 della legge n. 47/1985) non puo' essere sottratta al giudice. Effetto che, invece, deriva dal dettato di cui agli artt. 4 e 5 della legge 1865 e 22, terzo comma, della legge n. 47/1985, posto che egli non puo' che prendere atto dell'avvenuto rilascio della concessione edilizia in sanatoria ove difetti ogni indizio di collusione. Non vi e' chi non veda, atteso l'automatico effetto derivante del rilascio della concessione in sanatoria, ex art. 22, terzo comma, della legge n. 47/1985, che l'atto amministrativo assume in realta' maggior peso della legge e degli strumenti di pianificazione vanificandone i precetti in contrasto con il primato che la Costituzione assegna alla legge stessa. E non puo' dubitarsi che palese e' la violazione anche dell'art. 3 della Costituzione perche' essendo condizionata la repressione delle condotte criminose al rilascio o al diniego dell'atto amministrativo (che non ha portata generale ed astratta), ne consegue che privilegiati saranno coloro che, pur in difetto delle condizioni, otterranno la sanatoria mentre saranno perseguiti coloro che non l'otterranno. Ne' vale obiettare come si legge al par. 5 della sentenza n. 370 del 23-31 marzo 1988 che sussiste il rimedio del ricorso giurisdizionale perche' la disparita' sussiste non tra soggetti che possono beneficiare della sanatoria bensi' tra soggetti che non possono beneficiarne per difetto delle condizioni di legge (difformita' dell'opera rispetto delle prescrizioni di piano) sicche' il rimedio giurisdizionale non ha peso determinante. Conclusivamente gli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1965, all. E, e di riflesso gli artt. 13 e 22 della legge n. 47/1988 paiono porsi in contrasto con gli artt. 3, 70, 97, 101 e 112 della Costituzione. La questione e' rilevante in quanto, come si e' detto, questo giudice e' stato richiesto di pronunciare l'estinzione del reato contestato ex art. 22, terzo comma, della legge n. 47/1985 per essere stata rilasciata la concessione in sanatoria e cio' benche' difettino i presupposti di conformita' richiesti dall'art. 13, della legge n. 47/1985 citata.