LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha   pronunciato   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto
 dall'azienda siciliana trasporti (A.S.T.) - ente giuridico  pubblico,
 con  sede  in  Palermo,  via  S. Cuccia, 1, in persona del suo legale
 rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso
 la  cancelleria  della  Corte  di  cassazione, rappresentata e difesa
 dall'avv. Lorenzo Scarcella con studio  in  Messina  (98100)  via  C.
 Battisti,  108,  per delega a margine del ricorso, ricorrente, contro
 Russotti Gaetana, nata a Messina l'8 giugno  1945  ivi  residente  in
 viale  della  Liberta'  sol.  518, elettivamente domiciliata in Roma,
 presso la cancelleria della  Corte  di  cassazione,  rappresentata  e
 difesa  dall'avv.  Giuseppe  Gentile  con  studio in Messina, via dei
 Mille   n.   243,   per   delega   a   margine   del   controricorso,
 controricorrente,   contro  Abbate  Grazia,  nata  a  Messina  il  10
 settembre 1920, ivi residente in via Grattone  n.  39,  elettivamente
 domiciliata in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione,
 rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Adelio  Romano,  con  studio  in
 Messina,   via   Ghibelllina   n.   46,  per  delega  a  margine  del
 controricorso, controricorrente;
    Visto  il  ricorso  avverso  la  sentenza della corte d'appello di
 Messina del 17 luglio-7 novembre 1986 (r.g. n. 56/85);
    Udito  il  cons. rel. dott. P. Vittoria nella pubblica udienza del
 31 marzo 1989;
    Sentito l'avv. Scarcella;
    Sentito l'avv. Romano;
    Senttito il p.m. , che ha concluso per il rigetto del ricorso.
    La  Corte  di  cassazione ha pronunciato la seguente ordinanza sul
 ricorso proposto dall'azienda siciliana trasporti, in persona del  su
 rappresentante  legale,  il commissario straordinario in carica, avv.
 Gaetano Lo Passo, domiciliato presso la  cancelleria  della  Corte  a
 norma   dell'art.  366,  secondo  comma,  del  c.p.c.,  rappresentata
 dall'avv. Lorenzo Scarcella,  ricorrente,  contro  Russotti  Gaetana,
 domiciliata  presso la cancelleria della Corte a norma dell'art. 366,
 secondo comma del c.p.c., rappresentata dall'avv. Giuseppe Gentile, e
 contro Abbate Grazia, domiciliata presso la cancelleria della Corte a
 norma  dell'art.  366,  secondo  comma,  del  c.p.c.,   rappresentata
 dall'avv. Adelio Romano, avverso la sentenza della corte d'appello di
 Messina pronunicata il 7 novembre 1986;
    Udita la relazione scolta dal cons. dott. Paolo Vittorio;
    Uditi gli avv.ti Scarcella e Romano;
    Uditi il p.m. F. Amirante;
                        SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    1.  -  L'azienda  siciliana trasporti conveniva in giudizio Grazia
 Abbate e Gaetana Russotti con la citazione  a  comparire  davanti  al
 tribunale di Messina.
    L'attrice  esponeva  d'aver  avuto in locazione dalla Russotti una
 bottega, che la proprietria aveva poi venduto alla Abbate,  con  atto
 del  29  novembre  1978,  senza  prima  averle  dato la comunicazione
 prescritta dall'art. 38, primo comma, della legge 27 luglio 1978,  n.
 392.
    L'attrice chiedeva fosse dichiarato in suo favore il riscatto; per
 il caso di rigetto della domanda, chiedeva che le  convenute  fossero
 condannate al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede,
 derivato dalla violazione della normativa posta dalla legge 27 luglio
 1978, n. 392.
    Le  convenute,  costituitesi,  eccepivano che la domanda era stata
 proposta  oltre  il  termine  di  sei  mesi  dalla  trascrizione  del
 contratto,   stabilito   per  l'esercizio  del  diritto  di  riscatto
 dall'art. 39, primo  comma,  della  legge  27  luglio  1978,  n  392;
 sostenevano inoltre che nel merito la domanda non era fondata.
    2.  -  Il  tribunale  di  Messina,  con sentenza 14 novembre 1984,
 rigettava entrambe le domande, dopo aver osservato che l'attrice  era
 decaduta  dal  diritto  di  riscatto  e  che non puo' configurarsi un
 diritto al risarcimento del danno, giacche'  per  la  violazione  del
 diritto  di  prelazione  la legge pone l'unica sanzione del riscatto,
 per se' idoneo peraltro a realizzare lo scopo a tutela del  quale  e'
 ordinato il diritto di prelazione.
    Impugnata   dall'attrice,   che   prospettava   una  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 39, primo comma, della legge 27
 luglio  1978,  n.  392,  la  sentenza  veniva  confermata dalla corte
 d'appello di Messina, con la decisione 7  novembre  1986,  basata  su
 argomenti analoghi a quelli gia' svolti dal giudice di primo grado.
    3.  -  L'azienda  siciliana  trasporti  ha  proposto  ricorso  per
 Cassazione, deducendo due motivi, illustrati da  memoria,  cui  hanno
 resistito  con  controricorso  Gaetana  Russotti e Grazia Abbate, che
 pure ha presentato memoria.
    4.  - Con il primo motivo, la ricorrente ha denunciato "la mancata
 applicazione - e comunque  omessa  o  insufficiente  motivazione  sul
 punto - degli artt. 3 e 24 della Costituzione in relazione agli artt.
 35, 41 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392".
    L'azienda ricorrente osserva che il primo comma dell'art. 39 della
 legge n. 392/1978 e' "palesemente incostituzionale non  solo  perche'
 e'  gravemente  comprensivo  e  lesivo  dei diritti dell'inquilino ed
 ingiustificatamente preferenziale  nei  confronti  dell'avvantaggiato
 locatore   (con   che   vengono  violati  gli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione), ma soprattutto perche'  non  ha  senso  giuridico  far
 decorrere  un  termine  da  una  circostanza che deve essere non solo
 periodicamente, ma quotidianamente  accertata  e  controllata,  cosi'
 costringendo  i  soggetti ad una assurda, continua e logorante visita
 agli uffici della conservatoria dei registri immobiliari".
    Con  il  secondo  motivo,  la  ricorrente ha denunciato l'omessa e
 insufficiente motivazione "in ordine alla richiesta del  risarcimento
 del  danno...  a  causa  del  danno contrattuale ed extracontrattuale
 subi'to: in relazione agli artt. 2043 del c.c. e 38  della  legge  n.
 392/1976".
    La  ricorrente  osserva che il comportamento della locatrice - che
 aveva omesso di dare la comunicazione preveduta dall'art.  38  -  era
 stato  forse doloso ed in ogni caso colposo, sicche' dalla violazione
 dell'obbligo di preferire il conduttore derivava quello di rispondere
 del   danno   cagionato.  La  corte  d'appello  avrebbe  erroneamente
 ricollegato il danno, dall'inerzia, definita colpevole, del  medesimo
 conduttore.
    5.   -   Le   resistenti  hanno  sostenuto  che  la  questione  di
 legittimita' costituzionale non e'  rilevante  ed  e'  manifestamente
 infondata.
    La  resistente  Abbate,  dopo  aver  osservato che e' pacifico che
 l'azienda ebbe piena conoscenza  dell'avvenuto  trasferimento  il  1›
 agosto  1979  attraverso  la  comunicazione  che la stessa resistente
 gliene aveva dato, deduce che  l'azienda  e'  comunque  decaduta  dal
 diritto  di  riscatto  per  averlo  esercitato  solo con la citazione
 notificata  il  23  dicembre  1980.  A   sostegno   della   manifesta
 infondatezza  richiamata  la  sentenza  17  marzo 1988, n. 311, della
 Corte costituzionale.
    Cosi'  l'Abbate  che  la Russotti sostengono inoltre che l'azienda
 non aveva diritto alla prelazione: cio' in forza degli artt. 41 e  35
 della   legge  27  luglio  1978,  n.  392,  trattandosi  di  immobile
 utilizzato per lo svolgimento  di  una  delle  attivita'  considerate
 dall'art. 35.
    Rispondendo  nella  memoria alla prima obiezione, l'azienda deduce
 d'aver chiesto il riscatto "con l'atto  notificato  il  21  settembre
 1979   (rimasto   senza  risposta)  cioe'  infra  i  sei  mesi  dalla
 comunicazione 1› agosto 1979".
                          RITENUTO IN DIRITTO
    1.  -  La  Corte ritiene rilevante, in rapporto alla decisione sul
 ricorso propostole, la  soluzione  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale  della disposizione dettata dall'art. 39, primo comma,
 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
    La  rilevanza  non  e' esclusa dall'argomento opposto con la prima
 delle osservazioni difensive svolte dalle resistenti.
   Ad  esso  deve  obiettarsi che, se la disposizione richiamata fosse
 dichiarata  non  conforme  a  Costituzione,   in   quanto   sottopone
 l'esercizio   del  diritto  di  riscatto  ad  un  termine  semestrale
 decorrente dalla trascrizione, lo stesso termine non  si  presterebbe
 ad  essere  recuperato  e  ricollegato  ad un diverso dies a quo, non
 potendo il  giudice  configurare  una  decadenza  che,  per  cone  il
 legislatore  ordinario  l'ha  conformata, si rivelerebbe non presente
 nell'ordinamento.
    Inoltre,  la  corte  d'appello,  con  la  sentenza  impugnata,  ha
 esaminato un'eccezione  di  decadenza,  che  dalla  decisione  appare
 essere stata formulata ponendo il rapporto data di proposizione della
 domanda di riscatto e data dalla trascrizione del contratto.
    Poiche'  la  decadenza  di  cui  di  discute  non riguarda materia
 sottratta alla disponibilita'  delle  parti  e  puo'  percio'  essere
 rilevata  solo in presenza di un'eccezione (art. 2969 del cod. civ.),
 la postulata rilevanza della conoscenza effettiva del  trasferimento,
 acquisita  dopo  il decorso del semestre dalla trascrizione, non puo'
 esser  accertata  che  in  un  eventuale  giudizio  di  rinvio,   sul
 presupposto   di  un'eccezione  in  tal  senso,  la  cui  intervenuta
 proposizione dovrebbe esser verificata da  quel  giudice  in  uno  ai
 corrispondenti  elementi  di  fatto.  Lo stesso e' a dire a proposito
 della difesa opposta dall'azienda, che ha sostenuto d'aver esercitato
 stragiudizialmente   il   suo   diritto,   in   modo   cioe'  che  la
 giurisprudenza di questa Corte ha gia'  ritenuto  idoneo  allo  scopo
 (sent.  17  novembre  1988, n. 6222), e tempestivamente rispetto alla
 acquisita effettiva conoscenza del trasferimento.
    Anche  il  secondo  degli argomenti svolti dalle resistenti non si
 presta ad essere atteso.
    La  corte d'appello - invero - non ha esaminato la questione della
 sussistenza del diritto di prelazione e  dunque  questo  punto  resta
 necessariamente  estraneo  alla  decisione  del  ricorso, rivelandosi
 percio' ininfluente  nella  sede  del  giudizio  di  rilevanza  della
 questione di legittimita' costitizionale.
    2.  -  La  Corte  ritiene che, in rapporto agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione,  non  sia  manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  della disposizione dettata dall'art. 39
 primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in  cui,
 prescrivendo che il diritto di riscatto debba essere esercitato in un
 termine di sei  mesi  decorrente  dalla  trascrizione  del  contratto
 dimensiona  tale  termine  in  modo irragionevole avuto riguardo alla
 circostanza di fatto assunta a momento iniziale della sua  decorrenza
 e  senza  necessita' logica assume a termine iniziale la trascrizione
 del contratto, con la conseguenza di pregiudicare la possibilita'  di
 far   valere  il  diritto  di  riscatto,  vanificando  la  protezione
 dell'interesse del conduttore cui  e'  ordinato,  secondo  l'art.  38
 della legge n. 392/1978, il diritto di prelazione.
    Il giudizio della Corte si basa sulle considerazioni seguenti.
    2.1.  -  Il diritto di riscatto rappresenta l'unica efficace forma
 di tutela del diritto di prelazione, che la  violazione  dell'obbligo
 del  locatore,  preveduto  dall'art.  38, primo comma, abbia impedito
 trovasse  realizzazione.  Solo  attraverso  il  diritto  di  riscatto
 possono  trovare  soddisfazione sia l'interesse del conduttore sia la
 ragione di pubblico interesse che ne giustifica la protezione.
    La  tutela  risarcitoria, che si ritenesse esperibile, mancherebbe
 di  realizzare  il  risultato  della   riunione   della   titolarita'
 dell'impresa  e  della  proprieta'  dell'immobile in cui l'azienda e'
 esercitata.
    2.2. - L'art. 38, terzo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392,
 dispone che il conduttore debba esercitare il diritto  di  prelazione
 entro   il   termine   di   sessanta  giorni  dalla  ricezione  della
 comunicazione, che il locatore e' tenuto a notificargli a  norma  del
 primo comma dello stesso articolo.
    La ragionevolezza del dimensionamento del termine di esercizio del
 diritto di riscatto, in  connessione  con  la  sua  decorrenza  dalla
 trascrizione,  va  vista  in rapporto all'onere di diligenza che esso
 impone al conduttore, per far si' che il tempo che  gli  residui  per
 l'esercizio  del  diritto  di riscatto non sia inferiore a quello, di
 cui la legge, ritiene egli debba  disporre  per  potersi  determinare
 all'esercizio del diritto di prelazione.
    La  ragionevolezza di dimenzionamento d'un termine, dato decorrere
 da una circostanza  che  venga  svolgendosi  fuori  dalla  sfera  del
 soggetto  che  deve  ossevarlo,  va riguardato anche in rapporto alla
 possibilita' che la  circostanza  entri  nella  sfera  di  conoscenza
 effettiva  del  soggetto,  non  solo  in  base  al  suo attivarsi per
 accertarla, ma  in  ragione  del  normale  svolgimento  del  rapporto
 giuridico in cui si inserisce il diritto che si tratta di far valere.
    Giacche'   il  trasferimento  della  proprieta'  del  bene  locato
 comporta la successione dell'acquirente  nel  rapporto  di  locazione
 (art.  1602 del cod. civ.), e' pensabile che, nella ricerca del punto
 di incontro tra le contrapposte esigenze di protezione dell'interesse
 del  conduttore  e  di  certezza  del  commercio  immobiliare, si sia
 considerato che la conoscibilita' del trasferimento si realizzi nella
 generalita'  dei  casi  come  normale  conseguenza  della successione
 dell'acquirente al locatore e dell'esercizio da parte del  primo  dei
 diritti inerenti al rapporto.
    Le  controversie  venute  all'esame  della Corte appaiono smentire
 questa valutazione, rivelandosi non  infrequente  il  caso  che  alla
 mancata   comunicazione  dell'intenzione  di  vendere  da  parte  del
 locatore faccia  seguito  un  comportamento  volto  ad  occultare  il
 trasferimento od addirittura a farlo apparire come non avvenuto.
    Non  va  poi  sottaciuto  che,  inserendosi  la disposizione di un
 contesto normativo che non consente di dare rilievo,  in  materia  di
 decadenza, a circostanza che ne impediscano o sospendano il maturarsi
 (art. 2964 del cod. civ.), un siffatto atteggiamento resta  privo  di
 rilevanza in rapporto all'esercizio del diritto di riscatto.
    Si  perviene  alla  constatazione  che  l'unico  mezzo,  idoneo  a
 preservare il conduttore dal rischio di veder  frustrato  il  diritto
 all'acquisto  del  bene  locato  in concessione con la dichiarazione,
 resti un'ispezione dei registri immobiliri da rinnovarsi per tutta la
 durata del raporto per non meno di tre volte nell'arco dell'anno.
    2.3. - Il termine per l'esercizio del diritto di riscatto e' stato
 previsto decorra dalla trascrizione del contratto.
    La trascrizione del contratto, che deve essere eseguita secondo il
 disposto dell'art. 2659 del cod. civ, il cui dettato va integrato con
 quello  dell'art.  2665  del  cod.  civ.,  non e' necessario si attui
 mediante indicazione del prezzo cui l'immobile e'  stato  trasferito,
 giacche'  per  la validita' della trascrizione e' sufficiente risulti
 dal relativo registro il diritto sul bene di cui l'atto  comporta  il
 trasferimento  e  la  natura  del  negozio  per  effeto  del quale il
 trasferimento si e' prodotto.
    Ne   emerge   che   l'ancoraggio  del  decorso  del  termine  alla
 trascrizione del contratto comporta per il  conduttore,  il  rapporto
 alla  situazione  in  cui sarebbe posto dall'adempimento dell'obbligo
 del locatore ed in funzione dell'esercizio del diritto  di  riscatto,
 un ulteriore onere di accertamento.
    2.4.  -  Le  esigenze  di  sicurezza del commercio immobiliare non
 rendono logicamente necessario assumere a dies a quo del  termine  di
 decadenza la trascrizione del contratto.
    Queste  esigenze  giustificano  logicamente  una  disciplina  che,
 sancisca l'inopponibilita' ai terzi della trascrizione della  domanda
 o  della  dichiarazione di riscatto se eseguita dopo un certo termine
 dalla trascrizione della vendita e se  successiva  alla  trascrizione
 del  proprio  acquisto  da  parte di aventi causa dall'acquirente dal
 locatore, sulla falsariga di quanto previsto dall'art.  2653,  n.  3,
 del cod. civ.
    In  base  alle stesse esigenze non appare potersi giustificare, in
 rapporto  ai  parametri  costituzionali  avanti  indicati,   che   la
 trascrizione  funga  da  dies  a  quo  nei  rapporti tra conduttore e
 acquirente.
    L'esigenza   di   evitare   che   l'acquisto  dal  locatore  resti
 indeterminatamente soggetto a risolversi per  effetto  dell'esercizio
 del   diritto   di   riscatto,  si  presta  infatti  ad  essere  piu'
 equilibratamente  tutelata  accollando  all'acquirente  un  onere  di
 comunicazione verso il conduttore, al cui assolvimento ricollegare il
 decorso del termine di esercizio del diritto di riscatto.
    L'ipotizzabilita'  di  soluzioni  diverse  da quella prescelta dal
 legislatore, capaci ci salvaguardare altre rilevanti  esigenze  e  di
 non   esporre   a   sacrificio  l'interesse  del  conduttore,  sembra
 autorizzare il dubbio che l'attuale regolamentazione si fondi su  una
 soluzione del problema non conforme a Costituzione.
    2.5.  -  Avviandosi a concludere, la Corte osserva che, a sostegno
 della costituzionalita' della norma e per ritenere che essa non renda
 estremamente  difficile  la  realizzazione  del diritto di prelazione
 attraverso il riscatto, non possa farsi utile  appello,  insieme,  al
 principio dell'onere di vigilare a tutela del proprio diritto ed alla
 agevole conoscibilita' del trasferimento attraverso  l'ispezione  dei
 registri immobiliari.
    Invero,  quando  sia mancata la comunicazione del locatore tende a
 mancare  anche  la  possibilita'  di  apprendere  del   trasferimento
 attraverso  il  comportamento delle parti nell'ambito dell'esecuzione
 del rapporto di locazione. La conservazione del diritto  di  riscatto
 viene  a  risultare  affidata ad un onere di informazione, altrimenti
 estraneo allo svolgimento del rapporto di locazione (ed  al  riguardo
 v'e'  da  considerare  quanto  e'  stato  osservato nella sentenza 18
 febbraio 1988, n. 185, della Corte costituzionale), onere che  e'  la
 stessa necessita' di continuo rinnovo unita alla consapevolezza d'una
 sua probabile inutilita' a rendere in pratica inosservabile.
    I  tratti  della  situazione  regolata dalla disposizione che s'e'
 venuti esaminando la rendono - ad avviso di questa Corte - diversa da
 quella  considerata dalla sentenza 17 marzo 1988, n. 311, della Corte
 costituzionale e a fondere i dubbi sulla  sua  legittimita'  sembrano
 somministrare   argomento  le  considerazioni  che  la  stessa  Corte
 costituzionale e' venuta sviluppando nella successione delle sentenze
 22  novembre  1962, n. 93, 30 maggio 1977, n. 95, e 27 novembre 1980,
 n.   151,   attraverso   le   quali   e'   pervenuta    a    ritenere
 costituzionalmente  illegittima la disposizione dettata dall'art. 18,
 primo comma, legge fallimentare.