LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Bocus
 Ferruccio nato a Polcenigo il 9 settembre 1920, residente in  Cortina
 d'Ampezzo,  via  Ronco n. 115, elettivamente domiciliato in Roma, via
 Azuni n. 9 presso  l'avv.  Stefano  Bartoli  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  Augusto  Maccaferri  (in  sostituzione  dell'avv.  Rosario
 Nicolo' deceduto), per procura speciale notar dott. Carlo Candiani di
 Venezia  in  data 11 marzo 1988 rep. 7834; ora rappresentato e difeso
 anche dall'avv. Elio Fazzalari con studio in Roma, via  Monte  Zebio,
 37,  giusta procura speciale per notaio dott. Azio Perucon di Cortina
 d'Ampezzo in data 17 marzo 1989 rep.  n.  90546,  ricorrente,  contro
 Valle  Renato,  Giovanni,  Enrico, Paola e Laura, Piccolruaz Giovanna
 ved. Valle, residenti in Cortina d'Ampezzo, elettivamente domiciliati
 in  Roma, via S. Orsola n. 8 presso l'avv. Paolo Tentori Montalto che
 li rappresenta e  difende  unitamente  all'avv.  Odorico  Larese  per
 delega  in  calce  al controricorso, controricorrenti, contro Rimoldi
 Luciano e Romano, Menardi Maria in Valle intimati;
    Visto  il  ricorso  avverso  la  sentenza della corte d'appello di
 Venezia del 22 aprile-14 agosto 1986 (r.g. n. 603/1984);
    Udito  il  cons. rel. dott. P. Vittoria nella pubblica udienza del
 31 marzo 1989;
    Sentito l'avv. Fazzalari;
    Sentito  il p.m., in persona del sost. proc. gen., che ha concluso
 per il rigetto dei  primi  quattro  motivi  accoglimento  del  quinto
 motivo e assorbimento del sesto motivo.
    1.  -  Ferruccio  Bocus  conveniva  in  giudizio Giovanni e Renato
 Valle, Maria Menardi in Valle,  Romano  e  Luciano  Rimoldi,  con  la
 citazione  a comparire davanti al tribunale di Belluno, notificata il
 29 novembre 1982.
    L'attore esponeva:
      d'essere  conduttore  dell'immobile  p.f.  3147  in p.t. 2567 in
 Cortina d'Ampezzo, comprensivo dell'intera superficie libera, adibito
 a ristorante: cio' in base a contratto 12 luglio 1976;
      che,  con  contratti  del  24  gennaio  1979  e 30 gennaio 1979,
 Luciano e Romano Rimoldi avevano alienato a Giovanni  Valle  la  nuda
 proprieta'  ed  ai  coniugi  Renato  Valle  e  Maria Menardi in Valle
 l'usufrutto d'una quota (6/12) del fabbricato e del terreno;
      che i locatori non gli avevano notificato, cosi' violando l'art.
 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la  comunicazione  della  loro
 intenzione di trasferire la proprieta' di parte dell'immobile;
      che  egli aveva manifestato l'intendimento di riscattare il bene
 trasferito  ne'  poteva  essergli  opposto  il  decorso  del  termine
 preveduto  dall'art.  39  della  legge  27  luglio  1978, n. 392, non
 essendo  provato  che  egli  avesse  effettivamente  conoscenza   del
 trasferimento oltre sei mesi prima.
    L'attore  concludeva  chiedendo fosse dichiarato il suo diritto al
 riscatto con conseguente pronuncia di trasferimento ed  in  subordine
 che  i  locatori  fossero  condannati  al  risarcimento dei danni, da
 liquidarsi in separata sede.
    2. - I convenuti Romano e Luciano Rimoldi e Maria Menardi in Valle
 si costituivano in giudizio chiedendo che la domanda fosse  respinta.
    Essi sostenevano, tra l'altro:
      che  l'attore  era  decaduto  dal  diritto  di  riscatto  avendo
 lasciato decorrere il termine di sei  mesi  preveduto  dall'art.  39,
 primo  comma,  della legge 27 luglio 1978, n. 392, giacche' l'atto di
 trasferimento della quota ideale del bene locato era stato intavolato
 per decreto 5 luglio 1979 del giudice tavolare di Cortina d'Ampezzo;
      che   il   diritto   di   prelazione  non  spetta  nel  caso  di
 trasferimento di quota indivisa;
      che non e' dato risarcimento del danno in confronto del locatore
 per avere questi omesso la comunicazione prevista dall'art. 38  della
 legge  27  luglio  1978,  n. 392, giacche' l'interesse del conduttore
 all'acquisto del  bene  e'  in  tal  caso  tutelato  dal  diritto  di
 riscatto.
    A  tali  eccezioni  e  difese  si  riportavano, nel costituirsi in
 giudizio, anche i convenuti Giovanni e Renato Valle.
    3.  - Con altro atto di citazione a comparire davanti al tribunale
 di Belluno, pur esso notificato il 29 novembre 1982, Ferruccio  Bocus
 conveniva in giudizio Germana Piccolrauz ved. Valle ed Enrico, Paola,
 Laura e Renato Valle.
    L'attore  proponeva  domanda  di  riscatto  e  di risarcimento del
 danno,  questa  seconda  in  confronto  di  tutti  i  convenuti   con
 l'eccezione di Renato Valle.
    L'attore  esponeva,  che,  con atto del 5 novembre 1981, era stata
 ceduta a Renato Valle una quota pari ad un  quarto  della  proprieta'
 dell'immobile,   senza   far   precedere   il   trasferimento   dalla
 comunicazione di cui all'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n.  392,
 invece   dovuta  per  essere  la  norma  sul  diritto  di  prelazione
 applicabile anche al trasferimento in questione.
    4.  - I convenuti Enrico e Paola Valle si costituivano in giudizio
 chiedendo che la domanda fosse respinta.
    Essi sostenevano, tra l'altro:
      che  il diritto di prelazione non sussisteva nel caso, in esame,
 trattandosi di scioglimento d'una comunione ereditaria;
      che  ad  analoga  conclusione  si  sarebbe  dovuti pervenire ove
 l'atto avesse dovuto esser configurato come una permuta;
      che nessun danno era configurabile ne' comunque era risarcibile,
 per non essere stata data al conduttore notizia del trasferimento.
    Identiche   difese   erano   poi   svolte  dagli  altri  convenuti
 successivamente costituitisi.
    5. - I due procedimenti venivano riuniti.
    L'attore produceva:
       a)  il  contratto  19  luglio 1937, con cui Ferdinando e Renato
 Valle  avevano  acquistato,  ciascuno  per  una  meta'  indivisa,  la
 proprieta' dell'intera particella fondiaria 3147;
       b) il contratto 24 gennaio 1979-30 marzo 1979, con cui Romano e
 Luciano   Rimoldi   avevano   venduto   per   il   corrispettivo   di
 ottantamilioni  una  quota pari alla meta' del suddetto immobile, per
 l'usufrutto a Renato Valle e Maria Menardi  in  Valle,  per  la  nuda
 proprieta' a Giovanni Valle;
       c)  il  contratto  5  novembre  1981, con cui premesso d'essere
 comproprietari d'una meta' della particella  fondiaria  3147  e  d'un
 altro  immobile,  scioglievano  la  comunione  mediante  assegnazione
 dell'intera meta' dalla particella fondiaria 3147 a  Renato  Valle  e
 dell'intero  altro  immobile  a  Enrico,  Paola  e  Laura  Valle  con
 l'usufrutto di Germana Piccolrauz ved. Valle.
    L'attore concludeva, nella prima causa, chiedendo:
       a)  che  fosse  considerata  inopponibile  a lui la pubblicita'
 tavolare del trasferimento del 1979, per come formatasi;
       b)  che  fosse accolta la domanda di riscatto, con condanna dei
 Rimoldi al risarcimento del danno  dovuto  al  ritardo  nell'acquisto
 della disponibilita del bene;
       c)  che,  in  caso  di  rigetto  della  domanda  di riscatto, i
 convenuti  fossero  ritenuti  aver  reso  impossibile  il  tempestivo
 esercizio  del diritto di riscatto attraverso un comportamento doloso
 o gravemente colposo e condannati al risarcimento del danno in  forma
 specifica  ovvero,  in  subordine,  aver  violato  l'obbligo  di  cui
 all'art. 38 della legge 27 luglio  1978,  n.  392,  e  condannati  al
 risarcimento del danno da liquidarsi in altra sede;
       d)   che,   in   funzione   dell'accoglimento   della   domanda
 subordinata, fossero ammessi i mezzi di prova dedotti.
    Nella   seconda   causa,   l'attore   chiedeva  che,  datosi  atto
 dell'intervenuto  trasferimento   e   della   non   ancora   avvenuta
 intavolazione,  fosse  accolta  la  domanda  di riscatto o dichiarato
 spettare il diritto di  prelazione,  con  la  condanna  dei  locatori
 alienanti  al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede.
    I  convenuti,  nella  prima  causa,  chiedevano anche che l'attore
 fosse  condannato  al  risarcimento  del  danno  per  responsabilita'
 processuale aggravata.
    6.  -  Il  tribunale  di  Belluno,  con  sentenza  16  marzo 1984,
 rigettava ogni domanda dell'attore, che, nella  prima  causa,  veniva
 condannato  al risarcimento del danno per responsabilita' processuale
 aggravata.
    Impugnata  dal  Bocus, la decisione di primo grado era confermata,
 con motivazione in parte diversa, con sentenza 14 aprile  1986  della
 corte d'appello di Venezia.
    7. - La corte d'appello ha ritenuto:
 nella prima causa:
       a)  che  l'attore  era decaduto dal diritto di riscatto per non
 averlo esercitato nel termine di  sei  mesi,  che  l'art.  39,  primo
 comma,  della  legge  27  luglio  1978,  n.  392,  fa decorrere dalla
 trascrizione del contratto;
       b)  che,  dove  vige  il sistema della legge tavolare di cui al
 r.d. 28 marzo 1929, n. 499, modificato con la legge 29 ottobre  1974,
 n.  594,  a  norma dell'art. 12, secondo comma, del r.d. n. 499/1929,
 tutti i richiami di leggi e  decreti  a  trascrizioni,  iscrizioni  e
 annotazioni  nei  registri  immobiliari  si  intendono  riferiti alle
 corrispondenti intavolazioni, prenotazioni ed annotazioni  in  quanto
 non vi osti la diversa natura delle iscrizioni;
       c)  che,  in rapporto alla funzione dell'art. 39 della legge n.
 392/1978, di stabilire con certezza  la  decorrenza  del  termine  di
 esercizio del riscatto ricollegandola ad una formalita' pubblicitaria
 che consente di accertarsi se  il  bene  sia  stato  trasferito,  non
 emergono differenze tra intavolazione e trascrizione;
       d)  che  all'attore non spettava il diritto al risarcimento del
 danno in concorso dei locatori o degli acquirenti;
       e)  che,  omettendo  di  comunicare  la  propria  intenzione di
 vendere, il locatore ne'  incorre  in  responsabilita'  contrattuale,
 giacche'  l'obbligo  non  adempiuto  deriva  dalla  legge  e  non dal
 contratto, ne' pone in essere un contratto invalido e,  analogamente,
 l'acquirente  ne' ha alcun obbligo di attivarsi perche' il conduttore
 possa esercitare il  diritto  di  riscatto  ne'  comprando  viola  un
 qualsiasi divieto;
       f)   che   la   soddisfazione   dell'interesse  del  conduttore
 all'acquisto, con realizzata attraverso il diritto di prelazione,  e'
 affidata  al  rimedio  del  riscatto,  al  fine  del  cui  tempestivo
 esercizio deve essere cura del conduttore accertare che il  bene  sia
 stato trasferito, sicche' non puo' il mancato soddisfacimento del suo
 interesse, quando il conduttore non eserciti il riscatto,  ricondursi
 sul   piano   causale   al   mancato   adempimento   dell'obbligo  di
 comunicazione, trattandosi invece di  conseguenza  dannosa  evitabile
 con la diligenza ordinaria;
       g)  che  gli  elementi  addotti  dall'attore  non  consentivano
 comunque di ritenere provata l'esistenza d'un accordo  preordinato  a
 rendere  impossibile  l'esercizio  del riscatto, giacche' la vendita,
 lungi dall'esser occultata, era  stata  intavolata  appena  tre  mesi
 dopo;
       h)  che,  non  spefificatamente  impugnata,  la  condanna  alla
 responsabilita'   processuale   aggravata   neppur   era    risultata
 implicitamente inficiata dai motivi rivolti contro i capi di merito;
 nella seconda causa:
       i)   che   il  contratto  aveva  natura  mista  dichiarativa  e
 traslativa e per questa parte di permuta, con la conseguenza  di  non
 rientrare  tra  i trasferimenti a titolo oneroso cui s'applica l'art.
 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
    8.  - Ferruccio Bocus ha proposto ricorso per cassazione deducendo
 sei motivi, illustrati da memoria.
    Hanno resistito con controricorso Giovanni Renato, Enrico, Paola e
 Laura Valle, oltre a Germana Piccolrauz.
    Non  hanno  svolto  attivita' difensiva Luciano e Romano Rimoldi e
 Maria Menardi in Valle.
    9.  -  Cinque  dei sei motivi dedotti dal ricorrente concernono la
 prima controversia, uno la seconda.
    10.  -  Con  il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e
 falsa applicazione degli artt. 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392,
 e  12  del  r.d.  28  marzo 1929, n. 499, come modificato dall'art. 8
 della legge 29 ottobre 1974,  n.  594,  nonche'  delle  norme  e  dei
 principi   che   in   relazione  a  tali  disposizioni  diversificano
 l'intavolazione dei diritti dalla trascrizione  degli  atti;  deduce,
 ancora,  l'omessa  e  contraddittoria motivazione su tale punto della
 controversia (artt. 360, n. 3, e 5, del c.p.c.).
    In  sintesi,  il  ricorrente  sostiene  che  "in  ordine  a quegli
 elementi (natura dell'atto  di  trasferimento,  esplicitazione  delle
 condizioni  contrattuali:  prezzo, modalita' di esecuzione, ecc.) che
 sono necessari ed indispensabili al conduttore per valutare, in primo
 luogo,  l'esistenza  del  diritto  di  prelazione  e  del conseguente
 diritto di riscatto (onerosita'  del  trasferimento)  e,  in  secondo
 luogo,   per  l'apprezzamento  circa  l'esercizio  stesso  di  questo
 (ammontare del prezzo, ulteriori condizioni contrattuali), in  quanto
 non  direttamente indicati e iscritti nel libro maestro, ne' iscritti
 per relationem attraverso il richiamo espresso  e  dettagliato  della
 relativa  disposizione  dell'atto,  il  sistema tavolare - cosi' come
 operante nel nostro caso  -  non  e'  in  grado  di  svolgere  alcuna
 funzione  di  conoscenza legale e non puo', di conseguenza, ritenersi
 in alcun modo equivalente ai  fini  dell'esercizio  del  retratto  da
 parte  del conduttore, alla trascrizione di diritto comune: la quale,
 invece....., nella nota di trascrizione esplicita tutti gli  elementi
 di   cui   il   conduttore  ha  bisogno  per  la  sua  determinazione
 all'esercizio del diritto  attribuitogli,  e  la  cui  conoscibilita'
 attraverso   la   procedura   pubblicitaria   costituisce   la  ratio
 fondamentale in virtu' della quale il legislatore  si  e'  indotto  a
 porre nella trascrizione il dies a quo per il maturare del termine di
 decadenza  dell'esercizio  del  diritto  di   riscatto,   attribuendo
 l'effetto  della conoscenza a quella situazione di conoscibilita' che
 appunto deriva dalla pubblicita'".
    Il  ricorrente  osserva,  ancora,  che,  accogliendo  una  diversa
 opinione, si verrebbe a configurare, per quanto riguarda  il  sistema
 tavolare,  un onere aggiuntivo di conoscenza a carico del conduttore,
 estraneo al regime ordinario legato ai registri di  pubblicita',  cui
 conseguirebbe  che  al  conduttore  risulterebbe  offerta  una tutela
 minore nel caso  in  cui  il  locatore  abbia  violato  l'obbligo  di
 comunicazione,   rispetto   a   quello  in  cui  tale  obbligo  abbia
 regolarmente adempiuto.
    La   conclusione  -  ad  avviso  del  ricorrente  -  e'  che  "con
 riferimento al sistema tavolare, l'applicazione  dell'art.  39  della
 legge  n. 392/1978 dovra' necessariamente importare, relativamente al
 dies a quo del termine decadenziale, che tale termine decorre non dal
 giorno    dell'avvenuta    intavolazione   del   diritto   acquistato
 dall'acquirente, bensi' da quello  in  cui  si  provi  che  il  terzo
 (conduttore)  abbia  avuto  conoscenza  certa  ed effettiva, in forme
 legali equivalenti a quelle previste dall'art. 38,  primo  e  secondo
 comma,  della  legge  citata, della causa del trasferimento (e) delle
 condizioni contrattuali sulla  cui  base  tale  trasferimento  si  e'
 attuato,  ossia  di  tutti quegli elementi che sono necessari e utili
 perche'  egli  possa  compiere   la   sua   valutazione   in   ordine
 all'esercizio del diritto di riscatto".
    Con  il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa
 applicazione degli artt. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392,  1374
 e  1218  del cod. civ. nonche' l'omessa e contraddittoria motivazione
 su punto decisivo della controversia (artt.  360,  n.  3,  e  5,  del
 c.p.c.).
    Il  ricorrente  osserva  che,  a norma dell'art. 1374 del c.c., il
 contratto obbliga a tutte le conseguenze che ne derivano  secondo  la
 legge,  sicche' l'obbligo del locatore di comunicare al conduttore la
 propria intenzione di trasferire l'immobile a titolo oneroso e poi di
 preferirlo,  pur scaturendo dall'art. 38 della legge n. 392/1978, da'
 luogo, se non osservato,  ad  una  situazione  di  inadempimento  che
 genera  a sua volta responsabilita' per i danni, sulla base dell'art.
 1218 del c.c.
    La tutela reale del diritto di prelazione, assicurata in confronto
 del terzo dal diritto di riscatto, siccome volta a garantire in  modo
 piu' penetrante la realizzazione dell'interesse protetto dalla legge,
 si aggiunge  e  non  si  sostituisce  alla  tutela  obbligatoria:  la
 necessita'  di  tutela  rappresentata dal diritto di risarcimento del
 danno viene meno -  osserva,  ancora  il  ricorrente  -  solo  se  il
 creditore   abbia   realizzato,  per  via  coattiva,  l'interesse  al
 conseguimento del bene (salvo il danno da ritardo).
    Con  il  terzo  motivo,  il ricorrente censura poi il ragionamento
 seguito dalla sentenza impugnata per  escludere  la  configurabilita'
 d'una  responsabilita' da fatto illecito del terzo acquirente, mentre
 con il quarto motivo fa oggetto di censura il punto  della  decisione
 relativo  al  carattere  immediato  e diretto del danno scaturito dal
 mancato acquisto del bene ed alla incidenza, sulla sua  verificazione
 ed  evitabilita',  del  comportamento  del conduttore concretizzatosi
 nella mancata ispezione dei libri fondiari.
    Il   sesto   motivo   riguarda  la  condanna  per  responsabilita'
 processuale aggravata, mentre il quinto -  come  si  e'  osservato  -
 investe la decisione della seconda causa.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    1.  -  La  Corte  ritiene che, rispetto alla decisione sul ricorso
 propostole e riguardo alla prima causa, si presenti rilevante  e  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 della disposizione dettata dall'art. 39, primo comma, della legge  27
 luglio 1978, n. 392.
    Pur  conseguendone la necessita' di sospendere per questa parte il
 giudizio a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  la
 Corte  non ritiene di dover separare dalla causa in questione l'altra
 per far luogo ad una sua decisione separata: cio'  in  considerazione
 della  stretta  connessione  che  i  due giudizi presentano sul piano
 pratico, giacche' riguardano un unico immobile.
    2.  - La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante per
 la decisione sul primo motivo di ricorso e condiziona la sorte  degli
 altri.
    L'impugnazione   postula  che  il  giudice  di  merito  non  abbia
 correttamente risolto il punto relativo alla decadenza dal diritto di
 riscatto, sul quale dunque non s'e' formato il giudicato.
    Il  sindacato  della  Corte  sulla  decisione  richiede  sia fatta
 applicazione dell'art. 39, primo comma, della legge 27  luglio  1978,
 n.  392:  di cui la rilavanza della questione ed insieme il potere di
 sollevare la questione di legittimita' costituzionale di ufficio.
    3.  -  La  Corte  ritiene che, in rapporto agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione,  non  sia  manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale della disposizione dettata dall'art. 39,
 primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in  cui,
 prescrivendo  che il diritto di riscatto deve essere esercitato in un
 termine di sei mesi  decorrenti  dalla  trascrizione  del  contratto,
 dimensiona  tale  termine  in  modo irragionevole avuto riguardo alla
 circostanza di fatto assunta a momento iniziale della sua  decorrenza
 e  senza  necessita' logica assume a termine iniziale la trascrizione
 del contratto, con la conseguenza di pregiudicare la possibilita'  di
 far   valere  il  diritto  di  riscatto,  vanificando  la  protezione
 dell'interesse del conduttore cui  e'  ordinato,  secondo  l'art.  38
 della legge n. 392/1978, il diritto di prelazione.
    3.1.  -  Il diritto di riscatto rappresenta l'unica efficace forma
 di tutela del diritto di prelazione, che la  violazione  dell'obbligo
 del  locatore,  preveduto  dall'art.  38, primo comma, abbia impedito
 trovasse realizzazione.
    Solo   attraverso   il   diritto   di   riscatto  possono  trovare
 soddisfazione sia  l'interesse  del  conduttore  sia  la  ragione  di
 pubblico interesse che ne giustifica la protezione.
    La  tutela  risarcitoria, che si ritenesse esperibile, mancherebbe
 di  realizzare  il  risultato  della   riunione   della   titolarita'
 dell'impresa  con  la  proprieta'  dell'immobile  in cui l'azienda e'
 esercitata.
    3.2. - L'art. 38, terzo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392,
 dispone che il conduttore debba esercitare il diritto  di  prelazione
 entro   il   termine   di   sessanta  giorni  dalla  ricezione  della
 comunicazione, che il locatore e' tenuto a notificargli a  norma  del
 primo comma dello stesso articolo.
    La ragionevolezza del dimensionamento del termine di esercizio del
 diritto di riscatto, in  connessione  con  la  sua  decorrenza  dalla
 trascrizione,  va  vista  in rapporto all'onere di diligenza che esso
 impone al conduttore, per far si che il tempo  che  gli  residui  per
 l'esercizio  del  diritto  di riscatto non sia inferiore a quello, di
 cui la legge ritiene egli  debba  disporre  per  potersi  determinare
 all'esercizio del diritto di prelazione.
    La   ragionevolezza  del  dimensionamento  di  un  termine,  fatto
 decorrere da una circostanza che venga svolgendosi fuori della  sfera
 del  soggetto  che  deve  osservarlo, va riguardata anche in rapporto
 alla possibilita' che la circostanza entri nella sfera di  conoscenza
 effettiva  del  soggetto,  non  solo  in  base  al  suo attivarsi per
 accertarla, ma  in  ragione  del  normale  svolgimento  del  rapporto
 giuridico in cui si inserisce il diritto che si tratta di far valere.
    Giacche'   il  trasferimento  della  proprieta'  del  bene  locato
 comporta la successione dell'acquirente  nel  rapporto  di  locazione
 (art.  1602  del  cod.  civ.),  e' presumibile che, nella ricerca del
 punto  di  incontro  tra  le  contrapposte  esigenze  di   protezione
 dell'interesse   del   conduttore   e   di   certezze  del  commercio
 immobiliare,  si  sia   considerato   che   la   conoscibilita'   del
 trasferimento  si  realizzi  nella  generalita' dei casi come normale
 conseguenza  della  successione   dell'acquirente   al   locatore   e
 dell'esercizio da parte del primo dei diritti inerenti al rapporto.
    Le  controversie  venute  all'esame  della Corte appaiono smentire
 questa valutazione; rivelandosi non  infrequente  il  caso  che  alla
 mancata   comunicazione  dell'intenzione  di  vendere  da  parte  del
 locatore faccia  seguito  un  comportamento  volto  ad  occultare  il
 trasferimento od addirittura a farlo apparire come non avvenuto.
    Non  va  poi  sottaciuto  che,  inserendosi  la disposizione in un
 contesto normativo che non consente di dare rilievo,  in  materia  di
 decadenza, a circostanze che ne impediscano o sospendano il maturarsi
 (art. 2964 del cod. civ.), un siffatto atteggiamento resta  privo  di
 rilevanza in rapporto all'esercizio del diritto di riscatto.
    Si  perviene  alla  constatazione  che  l'unico  mezzo,  idoneo  a
 preservare il conduttore dal rischio di  veder  frustato  il  diritto
 all'acquisto  del  bene locato in connessione con la sua alienazione,
 resti un'ispezione dei registri immobiliari da rinnovarsi  per  tutta
 la durata del rapporto per non meno di tre volte nell'anno.
    3.3. - Il termine per l'esercizio del diritto di riscatto e' stato
 disposto che decorra dalla trascrizione del contratto.
    La trascrizione del contratto, che deve essere eseguita secondo il
 disposto dell'art. 2659 del cod. civ., il cui  dettato  va  integrato
 con  quello  dell'art. 2665 del cod. civ., non e' necessario si attui
 mediante indicazione del prezzo cui l'immobile e'  stato  trasferito,
 giacche'  per  la validita' della trascrizione e' sufficiente risulti
 dal relativo registro il diritto sul bene di cui l'atto  comporta  il
 trasferimento  e  la  natura  del  negozio  per  effetto del quale il
 trasferimento si e' prodotto.
    Ne   emerge   che   l'ancoraggio  del  decorso  del  termine  alla
 trascrizione del contratto comporta per il  conduttore,  in  rapporto
 alla  situazione  in  cui sarebbe posto dall'adempimento dell'obbligo
 del locatore ed in funzione dell'esercizio del diritto  di  riscatto,
 un ulteriore onere di accertamento.
    Ad  identico rilievo si presta il funzionamento della disposizione
 nell'ambito del sistema pubblicitario dei  libri  fondiari:  operante
 l'art. 39, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, in virtu'
 del disposto dell'art. 12 del r.d.   28  marzo  1989,  n.  499,  come
 modificato  dall'art.  8  della  legge  29  ottobre  1974, n. 594, ed
 assunta a termine di riferimento, per  l'applicazione  dell'art.  39,
 l'intavolazione, degli artt. 1, 2, 5, 8, 9 e 98 del testo della legge
 generale sui libri fondiari allegato al r.d. 28 marzo 1929,  n.  499,
 emerge  come  questa  non  implichi  che  nel libro fondiario debbono
 essere riportate le indicazioni, la cui conoscenza e' necessaria  per
 determinarsi   all'esercizio  del  diritto  di  riscatto,  risultando
 importo al conduttore, anche in questo caso, un  ulteriore  avere  di
 accertamento.
    3.4.  -  Le  esigenze  di  sicurezza del commercio immobiliare non
 rendono logicamente necessario assumere a dies a quo del  termine  di
 decadenza la trascrizione del contratto.
    Queste   esigenze  giustificano  logicamente  una  disciplina  che
 sancisca l'inopponibilita' ai terzi della trascrizione della  domanda
 o  della dichiarazione di riscatto, se eseguita dopo un certo termine
 dalla trascrizione della vendita e se  successiva  alla  trascrizione
 del  proprio  acquisto  da  parte  di aventi causa dall'aquirente dal
 locatore, sulla falsariga di quanto previsto dall'art.  2653,  n.  3,
 del cod. civ.
    In  base  alle stesse esigenze non appare potersi giustificare, in
 rapporto  ai  parametri  costituzionali  avanti  indicati,   che   la
 trascrizione  funga  da  dies  a  quo  nei  rapporti tra conduttore e
 acquirente.
    L'esigenza   di   evitare   che   l'acquisto  del  locatore  resti
 indeterminatamente soggetto a risolversi per  effetto  dell'esercizio
 del   diritto   di   riscatto,  si  presta  infatti  ad  essere  piu'
 equilibratamente  tutelata  accollando  all'acquirente  un  onere  di
 comunicazione verso il conduttore, al cui assolvimento ricollegare il
 decorso del termine di esercizio del diritto di riscatto.
    L'ipotizzazione  di  soluzioni  diverse  da  quella  prescelta dal
 legislatore, capaci di salvaguardare oltre rilevanti  esegenze  e  di
 non   esporre   a   sacrificio  l'interesse  del  conduttore,  sempre
 autorizzare il dubbio che l'attuale regolamentazione si fondi su  una
 soluzione del problema non conforme a Costituzione.
    3.5.  -  Avviandosi a concludere, la Corte osserva che, a sostegno
 della costituzionalita' della norma e per ritenere che essa non renda
 estremamente  difficile  la  ralizzazione  del  diritto di prelazione
 attraverso il riscatto, non puo' farsi  utile  appello,  insieme,  al
 principio dell'onere di vigilare a tutela del proprio diritto ed alla
 agevole conoscibilita' del traferimento  attraverso  l'ispezione  dei
 registri immobiliari.
    Invero,  quando  sia mancata la comunicazione del locatore tende a
 mancare  anche  la  possibilita'  di  apprendere  del   trasferimento
 attraverso  il  comportamento delle parti nell'ambito dell'esecuzione
 del rapporto di locazione.
    La  conservazione  del  diritto  di  riscatto  viene  a  risultare
 affidata ad  un  onere  di  informazione,  altrimenti  estraneo  allo
 svolgimento  del  rapporto  di  locazione  (ed  al  riguardo  v'e' da
 considerare quanto e' stato  osservato  nella  sentenza  18  febbraio
 1988,  n.  185,  della  Corte costituzionale), onere che e' la stessa
 necessita' di continuo rinnovo, unita alla consapevolezza  d'una  sua
 probabile inutilita', a rendere in pratica inosservabile.
    I  tratti  della  situazione  regolata dalla disposizione che s'e'
 venuti esaminando la rendono - ad avviso di questa Corte - diversa da
 quella  considerata dalla sentenza 17 marzo 1988, n. 311, della Corte
 costituzionale e, a fondare i dubbi sulla sua legittimita',  sembrano
 somministrare   argomento  le  considerazioni  che  la  stessa  Corte
 costituzionale e' venuta sviluppando nella successione delle sentenze
 22  novembre  1962, n. 93, 30 maggio 1977, n. 95, e 27 novembre 1980,
 n.   151,   attraverso   le   quali   e'   pervenuta    a    ritenere
 costituzionalmente  illegittima la disposizione dettata dall'art. 18,
 primo comma, della legge fall.