IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Con ricorso depositato in cancelleria il 25 maggio 1989 la signora Bortolotti Franca agiva nei confronti dell'I.N.P.S., al fine di ottenere l'attribuzione della pensione sociale di cui all'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, ad esito della decisione della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 850, convertito con modificazioni nella legge 21 febbraio 1977, n. 29, e dell'art. 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, introdotto con la legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, per constrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione. La ricorrente infatti esponeva che in data 2 dicembre 1987 aveva presentato domanda per ottenere la pensione di inabilita' in quanto invalido civile; che in data 8 novembre 1988 era stata riconosciuta invalida con riduzione permanente della capacita' lavorativa in misura superiore ai 2/3 (90%); che in data 19 novembre 1988 aveva presentato all'I.N.P.S. sede di Modena domanda per l'ottenimento della pensione sociale negata in via amministrativa in quanto "il coniuge dell'istante ha redditi da pensione di importo superiore al limite per la concessione della pensione sociale". Esperito senza alcun esito il ricorso in via amministrativa, la signora Bortolotti proponeva l'odierno giudizio, eccependo pregiudizialmente la illegittimita' costituzionale delle disposizioni di legge che prevedono per la pensione sociale un limite di reddito inferiore a quello stabilito per la pensione di inabilita' a favore degli invalidi civili. L'I.N.P.S. si costituiva in giudizio opponendosi alla domanda attrice e chiedendo la declaratoria di irrilevanza, o di inammissibilita' della sollevata questione di costituzionalita', gia' peraltro dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza 22 giugno 1988, n. 769. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante e non appare manifestamente infondata. E' rilevante in quanto solo se fosse dichiarata la illegittimita' costituzionale delle norme de quo sussisterebbe il diritto della ricorrente alla pensione sociale, diritto oggi non venuto ad esistenza per difetto di uno dei presupposti richiesti (limite di reddito) dalla legislazione vigente. Infatti la dichiarazione reddituale redatta per la corresponsione della pensione sociale e prodotta agli atti dalla ricorrente, prova che la stessa e' titolare individuale di un reddito che e' al di sotto del limite richiesto per le prestazioni a titolo di invalida, alle quali non ha peraltro diritto perche' riconosciuta tale oltre il sessantacinquesimo anno di eta', ma superiore a quello previsto dalla legge per la pensione sociale, per effetto del meccanismo del cumulo con il reddito del coniuge. Con riguardo alla non manifesta infondatezza, si richiamano le osservazioni gia' esposte dal pretore di Modena nell'ordinanza in data 30 aprile 1983 di rimessione degli atti alla Corte costituzionale che si e' pronunciata sulla stessa con la sentenza sopra citata. Le norme di legge di cui e' stata denunciata la non conformita' al dettato costituzionale, hanno elevato il limite di reddito stabilito per la corresponsione della pensione di inabilita' (o di un assegno mensile per gli invalidi civili parziali). E' stata cosi' alterata la parificazione delle condizioni economiche richieste per l'assegnazione della pensione sociale e della pensione di inabilita', parificazione che, prevista dalla legge 118/1971 (artt. 12 e 13) era stata ribadita con la legge n. 114/1974 e con la legge n. 160/1975. L'equivalenza delle prestazioni considerate era stata d'altro canto riconosciuta dallo stesso legislatore all'art. 19 della legge n. 118/1971, ai sensi del quale al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' la pensione sociale si sostituiva automaticamente alla pensione (o assegno) di inabilita'. Attualmente con la emanazione della legge n. 93/1988 che ha convertito in legge il decreto-legge 8 febbraio 1988, la diversificazione de quo importa una ulteriore disparita' di trattamento tra coloro che essendo titolari di redditi superiori ai limiti previsti per l'attribuzione della pensione sociale sono stati riconosciuti invalidi civili prima del sessantacinquesimo anno di eta' oppure successivamente come la ricorrente. Nel primo caso infatti essi per effetto dell'art. 19 della legge n. 118/1971 vengono a percepire la pensione sociale, mentre nel secondo caso gli stessi non hanno diritto a nessuna delle due prestazioni assistenziali, stante la disposizione da ultimo citata. In particolare poi l'art. 14-septies della legge n. 33/1980 ha introdotto non solo nuovi limiti reddituali, ma anche un nuovo meccanismo di calcolo, prevedendo che debbano essere considerati solo i redditi personali dell'inabile escludendo quindi il cumulo con il reddito del coniuge. Questa diversificazione appare ingiustificata alla luce dell'art. 38 e dell'art. 3 della Costituzione. L'art. 38, primo comma, della Costituzione sancisce il diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale di ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, senza fare alcuna differenziazione sulle cause determinanti tale inabilita', alterazione delle condizioni di salute ovvero il raggiungimento di una determinata eta'. Ancora ugualmente invalidita' e vecchiaia sono considerati allo stesso modo agli effetti della previdenza sociale dal secondo comma dell'art. 38. La norma costituzionale persegue come finalita' la liberazione dallo stato di bisogno che, garantita a tutti i cittadini, e' condizione indispensabile per la realizzazione dell'eguaglianza sostanziale consacrata al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione. La diversificazione attuata dal legislatore tra due prestazioni aventi l'identica finalita' assistenziale di liberare dal bisogno colui che e' inabile al lavoro, non ha alcuna giustificazione nella diversa causa generativa dell'inabilita', non rilevante in forza della genericita' del dettato costituzionale, ai fini della sussistenza del diritto comunque al mantenimento di cui all'art. 38. Oltre la violazione dell'art. 38, appare pertanto ipotizzabile anche una violazione dell'art. 3 sia sotto il profilo di una ingiustificata violazione del principio di uguaglianza sia sotto il profilo dell'inosservanza del compito dello Stato di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e' sociale che limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. La discriminazione realizzata a danno di coloro che sono inabili al lavoro a causa dell'eta', sopratutto nell'ipotesi in cui il destinatario della prestazione e' coniugato, emerge in tutta evidenza dai prospetti dei limiti reddituali ostativi al conseguimento del diritto alle prestazioni economiche di cui trattasi, gia' peraltro esposti per gli anni 1980-1981-1982-1983 nell'ordinanza del pretore di Modena. Si riportano solo i limiti reddituali previsti per l'assegno di invalidita' a favore degli invalidi civili parziali, quale e' stata riconosciuta la ricorrente. Si rileva comunque che la citata sentenza n. 769/1988 ha esaminato la questione di legittimita' costituzionale con riferimento alla diversificazione degli stessi rispetto ai limiti reddituali previsti per l'attribuzione della pensione sociale, dovendo considerarsi a se stante la situazione degli assolutamente inabili. Spetta la pensione sociale agli ultrasessantacinquenni che abbiano un reddito non superiore: dal 1 gennaio 1987 a L. 3.035.500; dal 1 maggio 1987 a L. 3.079.600; dal 1 novembre 1987 a L. 3.091.000; dal 1 gennaio 1988 a L. 3.195.400; dal 1 maggio 1988 a L. 3.253.000; dal 1 novembre 1988 a L. 3.266.650; dal 1 gennaio 1989 a L. 3.363.750; dal 1 maggio 1989 a L. 3.415.050; dal 1 novembre 1989 a L. 3.428.550. Spetta l'assegno di invalidita' agli invalidi civili che abbiano un reddito non superiore a: dal 1 gennaio 1987 a L. 3.411.150; dal 1 gennaio 1988 a L. 3.602.175; dal 1 gennaio 1989 a L. 3.789.490. Qualora l'ultrasessantacinquenne sia coniugato il diritto alla pensione sociale rimane escluso qualora venga superato uno qualsiasi dei due seguenti limitativi redditi: dal 1 gennaio 1987: reddito personale L. 3.035.500; reddito del coniuge L. 9.363.450; reddito ostativo L. 12.398.950; dal 1 maggio 1987: reddito personale L. 3.079.600; reddito del coniuge L. 9.560.100; reddito ostativo L. 12.639.700; dal 1 novembre 1987: reddito personale L. 3.091.000; reddito del coniuge L. 9.713.050; reddito ostativo L. 12.804.050; dal 1 gennaio 1988: reddito personale L. 3.195.400; reddito del coniuge L. 9.856.700; reddito ostativo L. 13.052.100; dal 1 maggio 1988: reddito personale L. 3.253.000; reddito del coniuge L. 10.112.950; reddito ostativo L. 13.365.950; dal 1 novembre 1988: reddito personale L. 3.266.650; reddito del coniuge L. 10.295.000; reddito ostativo L. 13.561.650; dal 1 gennaio 1989: reddito personale L. 3.363.750; reddito del coniuge L. 10.656.050; reddito ostativo L. 14.019.800; dal 1 maggio 1989: reddito personale L. 3.415.050; reddito del coniuge L. 10.890.500; reddito ostativo L. 14.305.550; dal 1 novembre 1989: reddito personale L. 3.428.550; reddito del coniuge L. 11.075.650; reddito ostativo L. 14.504.200. Nessun rilievo assume il reddito del coniuge dell'invalido civile proprio in forza dell'art. 14-septies della legge n. 33/1980. E' pur vero che, come e' stato eccepito dall'I.N.P.S. la questione di legittimita' costituzionale prospettata e' stata gia' dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza 22 giugno 1988, n. 769. Tuttavia la Corte, pur dichiarando inammissibile la questione, ha riaffermato "il collegamento sistematico tra trattamenti di invalidita' e pensione sociale", parlando di "sistema fondato sull'unicita' della condizione di bisogno idonea a dare titolo ai trattamenti di invalidita' parziale ed alla pensione sociale". Dopo aver riconosciuto in relazione all'id quod plerumque accidit la razionalita' della presupposizione che "l'inabilita' connessa all'eta' avanzata sia praticamente indistinguibile da quella derivante ai parzialmente inabili da pregresse condizioni di salute; e che pertanto quest'ultima al compimento di sessantacinque anni, sia da considerare assorbita nella prima, si che entrambi diano titolo, nelle medesime condizioni di bisogno, ad una identica prestazione assistenziale", ha ancora ribadito che "se vi e' infatti sostanziale equivalenza tra le condizioni invalidanti che impediscono di procacciarsi i mezzi di sostentamento, non hanno ragion d'essere differenziazioni nell'individuazione delle condizioni di bisogno che danno titolo al sostegno solidaristico della collettivita' ne' ha senso che, dopo l'eta' suddetta, si riconoscano stati di inabilita' superiore ai 2/3, che essa gia' di per se' presuntivamente comporta". Sulla base di tali premesse, la Corte costituzionale, dopo aver affermato che "in via di principio non e' certamente lecito, alla stregua del combinato disposto degli artt. 3 e 38, primo comma, della Costituzione dar luogo a disparita' di trattamento tra soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettivita' perche' versanti in analoghe condizioni di bisogno e di incapacita' - per ragioni di salute e/o di eta' - di procacciarsi i necessari mezzi di sostentamento" ha tuttavia ritenuto che la frattura prodotta nel sistema dall'impugnato art. 14-septies della legge n. 33/1980, anche alla luce del decreto-legge 8 febbraio 1988, n. 25, non avesse carattere definitivo, dovendosi ritenere derogatorio e temporaneo il trattamento vigente per gli inabili parziali rispetto a quello stabilito per le pensioni sociali. La Corte auspicava quindi interventi legislativi idonei a dare una soluzione organica ai complessi problemi in materia al fine di eliminare una situazione di incoerenza, la permanenza della quale avrebbe condotto la stessa Corte a riconsiderare la questione sollevata. Nessun provvedimento legislativo, neppure di carattere urgente, e' invece intervenuto nella materia de quo a ben diciassette mesi dalla pronuncia della Corte, almeno per attenuare se non per eliminare completamente la situazione di incoerenza nel sistema evidenziata dalla citata sentenza. Se si considera inoltre che quando interverra' la nuova pronuncia della Corte costituzionale sara' trascorso un ulteriore periodo di tempo, che la questione di legittimita' costituzionale decisa con la sentenza n. 769/1988 e' stata promossa con ordinanza emessa il 30 aprile 1983, che una situazione definita derogatoria e temporanea dalla Corte permane ormai da quasi dieci anni, e' evidente la non manifesta infondatezza della questione prospettata. Deve essere disposta la sospensione del processo fino alla definizione della questione incidentale di costituzionalita'.