IL TRIBUNALE
    Riunito  in  camera  di  consiglio  nelle persone dei sottoscritti
 Magistrati, sull'istanza  di  riesame  presentata  dal  difensore  di
 Candelori  Marina  avverso  il decreto di perquisizione (e successivo
 sequestro) emesso in data 12 novembre 1989 dal pubblico ministero  di
 Bologna, sentiti, in Camera di consiglio, il pubblico ministero ed il
 difensore a norma dell'art. 324 del codice di procedura penale 1988;
    Osservato che:
      1)  deve  essere riconosciuto l'interesse della Candelori, e per
 lei del suo difensore, di proporre la presente istanza di riesame, in
 quanto la stessa, al momento della emissione, nei suoi confronti, del
 decreto  di  perquisizione,  ha  assunto  la  qualita'  di   indagata
 nell'ambito   del   procedimento   per  i  reati  di  ricettazione  e
 favoreggiamento reale e, nel contempo, e' la persona  alla  quale  le
 cose  sono  state sequestrate, e come tale e' uno dei soggetti cui le
 norme attribuiscono la facolta' di impugnare con istanza  di  riesame
 il  provvedimento  di  sequestro  (artt.  257  e  322  del  codice di
 procedura penale 1988);
      2)  il  sequestro nei confronti dell'istante e' stato operato in
 esecuzione di decreto di perquisizione emesso dal p.m., di  tal  che,
 per  verificare  la  sussistenza di una adeguata motivazione da parte
 dell'autorita' procedente, occorre  esaminare  l'unico  provvedimento
 che  l'a.g.  doveva  emettere  ed  ha emesso, quello con cui e' stata
 disposta la perquisizione, nel corso  della  quale,  ai  sensi  degli
 artt.  247 e 252 del c.p.p. 1988, sono stati rinvenuti e sottoposti a
 sequestro gli oggetti di cui al separato processo verbale;
      3)  il  decreto di perquisizione appare certamente adeguatamente
 motivato.
    Il  p.m.  ha  fatto  riferimento al fondato motivo di ritenere che
 presso l'abitazione della Candelori si trovassero cose pertinenti  al
 delitto  per cui si procede (ricettazione ed altro), per il fatto che
 la stessa avrebbe custodito oggetti di pertinenza di Negrini Roberto,
 latitante;  tale  circostanza  emerge certamente dagli atti trasmessi
 dal p.m. a questo Tribunale: processo verbale  di  vane  ricerche  di
 Negrini  (aff.  9);  rapporto  n.a.s.  di Bologna del 31 ottobre 1989
 (aff. 11); sequestro alla madre di Negrini, Merlini  Fiorisa,  di  un
 foglio  contenente  un  elenco  di  mobili  ed  oggetti in consegna a
 "Marina" (Candelori Marina);
      4) sussiste altresi' fumus del reato contestato, desumibile, tra
 l'altro, dall'avvenuto sequestro in data 9 novembre 1989,  presso  lo
 spedizioniere   "Alimondi",  di  un  pacco  indirizzato  al  Negrini,
 latitante, presso un suo recapito negli U.S.A.,  risultato  contenere
 due  preziose statuette, gia' oggetto di furto presso l'archiginnasio
 di Bologna, di rilevante valore artistico ed economico, oltre che dal
 suddetto  sequestro  alla madre del Negrini di un elenco di oggetti e
 mobili dati in custodia o consegnati dal Negrini alla Candelori;
      5)  durante  la perquisizione non e' stata applicata la norma di
 cui all'art. 250,  comma  2›,  del  c.p.p.  1988,  essendo  stata  la
 perquisizione  eseguita  alla presenza di tale Magtipon M. Garizaldy,
 figlio   della   domestica   del   proprietario   dello   stabile   e
 dell'appartamento   occupato   dalla   Candelori,  il  quale  non  e'
 qualificabile come una delle persone indicate dalla norma citata;  in
 assenza  di  tali persone, non si e' provveduto a norma dell'art. 80,
 2› comma, delle disp. att.,  come  invece  avrebbe  dovuto  accadere;
 l'inosservanza  di tali formalita', tuttavia, non da' luogo, a parere
 del collegio, ad alcuna ipotesi di nullita' dell'avvenuto  sequestro,
 non essendovi alcuna precisione espressa in tal senso; non si ritiene
 configurabile neppure nel  caso  di  specie  la  nullita'  di  ordine
 generale  di  cui all'art. 178 lett. c) giacche' non era presente (al
 momento della perquisizione) alcuna delle persone di  cui  al  citato
 articolo 250, 2› comma, del c.p.p.  (cfr. verbale di perquisizione) e
 l'art. 80 delle disp. att. che avrebbe dovuto essere  applicato,  non
 appare di per se' funzionale ad assicurare l'intervento, l'assistenza
 e la rappresentanza dell'indagato; per altro l'art.  191  del  c.p.p.
 1988 prevede espressamente che non possano essere utilizzate le prove
 acquisite "in violazione dei divieti stabiliti dalla  legge",  mentre
 non  sancisce  in  via  generale  alcuna  inefficacia  per  le  prove
 acquisite senza il rispetto  di  prescrizioni  imposte  dalla  legge,
 fatte salve ovviamente specifiche disposioni in tal senso;
      6)  ha  lamentato  la  difesa l'avvenuto sequestro di oggetti in
 assenza di qualsiasi criterio informatore, come ad esempio quello  di
 oggetti non risultanti nell'elenco trovato in possesso della Merlini;
 a cio' va obiettato che, in considerazione del fatto che  si  procede
 per   ricettazione  e  trafugamento  di  opere  di  rilevante  valore
 artistico a carico di Negrini e Candelori, tutti gli oggetti (mobili,
 quadri  e suppellettili) sequestrati appaiono allo stato poter essere
 pertinenti a tali reati, in quanto tutti oggetti di valore, in grande
 prevalenza  antichi,  e  cio'  indipendentemente  dalla loro presenza
 nell'elenco ritrovato; ed invero la tela raffigurante il martirio  di
 S.  Sebastiano  ed  il quadro raffigurante una figura d'uomo, appunto
 non inseriti  nell'elenco,  sono  stati  da  due  esperti,  convocati
 appositamente,  riconosciuti  come opere d'arte d'apprezzabile valore
 artistico; pertanto, allo stato deve essere  mantenuto  il  sequestro
 per tutti gli oggetti rinvenuti;
      7)   ha   lamentato   infine   la   difesa   la   illegittimita'
 costituzionale dell'art. 365 del  c.p.p.  1988  laddove  non  prevede
 alcuna  possibilita'  di nomina di difensore in caso di assenza della
 persona nei confronti della quale si procede alla perquisizione;
    Rileva  il Collegio innanzitutto che la questione appare rilevante
 poiche', per  le  ragioni  sopra  evidenziate,  il  provvedimento  di
 sequestro   qui  impugnato  deve  essere  sotto  ogni  altro  profilo
 confermato, e l'unica questione da  esaminare  resta  proprio  quella
 relativa  alla  mancata assistenza del difensore, la questione appare
 altresi' non manifestamente infondata, l'art.  365  del  c.p.p.  1988
 prevede  che  il  p.m.,  quando  procede  al  compimento  di  atti di
 perquisizione  e  sequestro,  chieda  alla  persona  sottoposta  alle
 indagini,  che  sia  presente,  se  e'  assistita  da un difensore di
 fiducia e che, qualora costei ne sia priva, designi un  difensore  di
 ufficio  a norma dell'art. 97 3› comma. Aggiunge l'art. 365, al comma
 secondo, che il difensore ha  facolta'  di  assistere  al  compimento
 dell'atto, fermo quanto previsto dall'art. 249.
    Dunque,  in  caso di presenza dell'indagato, il pubblico ministero
 deve senz'altro dare avviso al difensore,  di  fiducia  o  d'ufficio,
 difensore che, seppure non abbia ovviamente diritto a preavviso (data
 la peculiarita' del provvedimento di perquisizione, e la  sua  natura
 "di atto a sorpresa"), ha la facolta' di assistere.
    Tale  obbligo  del  p.m.,  in  caso  di presenza dell'indagato, e'
 ricavabile da una semplice lettura  della  norma  citata,  ed  appare
 ancor  piu'  evidente  sulla  base  del  rapporto  con  la disposione
 dell'art. 250 del c.p.p.  1988,  ove  il  legislatore  lascia  invece
 all'imputato  presente  o  a  chi  abbia l'attuale disponibilita' del
 luogo la decisione di  avvalersi  o  meno  della  facolta'  di  farsi
 rappresentare  o  assistere  da  persona di fiducia, prevedendo cosi'
 appunto una facolta' di scelta dell'indagato che invece nell'art. 365
 del  c.p.p.  non  e'  contemplata (il p.m. "chiede" se l'indagato sia
 assistito da difensore di fiducia e, se  ne  e'  privo  "designa"  un
 difensore  d'ufficio);  analogo  obbligo  per  il  p.m. non e' invece
 previsto dall'art. 365 del c.p.p. per il caso in cui  l'indagato  sia
 assente;   appare   al  collegio  che  non  possa  qualificarsi  come
 manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' dell'art.
 365  c.p.p.  1988,  sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e
 24, 2› comma della Costituzione, laddove non prevede l'avviso  ad  un
 difensore,  di  fiducia o d'ufficio, dell'indagato che, per qualsiasi
 causa, non sia presente; infatti, la  ratio  della  previsione  della
 facolta'  per il difensore di assistere all'atto della perquisizione,
 appare  finalizzata  non  solo  a  garantire  un'assistenza   tecnica
 all'indagato   presente,   ma  anche  ad  assicurare,  nell'interesse
 dell'indagato, assente o presente, la regolarita'  dell'attivita'  di
 ricerca  e di acquisizione della prova) l'art. 365 3› comma, infatti,
 richiamando l'art. 364 7› comma, prevede che  il  difensore,  qualora
 assista,  possa  presentare al p.m. richiesta, osservazioni e riserve
 delle quali  e'  fatta  menzione  nel  verbale;  non  sembra  peranto
 costituzionalmente  legittimo  discriminare  l'indagato  assente (che
 gia' in quanto tale puo' vedere in qualche  modo,  diminuita  la  sua
 possibilita'  di  difendersi) rispetto a quello presente, privando il
 primo della possibilita' - invece riconosciuta al sencondo - che  suo
 difensore  di  fiducia,  se gia' nominato in atti, od un difensore di
 ufficio appositamente nominato dal p.m. (come avverra' nella  maggior
 parte  dei  casi,  dato  la  stadio  iniziale  delle  indagini in cui
 normalmente e' disposta la perquisizione) assista all'atto  e  svolga
 eventualmente le suddette attivita' difensive.