ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Molise approvata il 24 maggio 1989, riapprovata il 25 luglio 1989 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: "Interpretazione autentica dell'art. 4 della legge Regionale 13 aprile 1988, n.10" promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 24 agosto 1989, depositato in cancelleria il 1 settembre 1989 ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi 1989; Visto l'atto di costituzione della Regione Molise; Udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1989 il Giudice relatore Cheli; Uditi l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta, per il ricorrente, e l'avv. Pietro Rescigno per la Regione. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 24 agosto 1989, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., l'articolo unico della legge regionale del Molise recante "Interpretazione autentica dell'art. 4 della legge regionale 13 aprile 1988, n. 10", riapprovata, a seguito di rinvio da parte del Governo, il 25 luglio 1989. Il ricorso e' stato disposto in data 22 agosto 1989 con provvedimento del Ministro per gli affari regionali (per delega del Presidente del Consiglio), provvedimento successivamente ratificato con delibera del Consiglio dei ministri in data 30 agosto 1989. Nel ricorso si espone che la legge impugnata, pur se formalmente intitolata di "interpretazione autentica", nella sostanza configurerebbe una vera e propria modifica alla disciplina posta dalla legge regionale n. 10/1988 in materia di "Riordino del regime degli assegni vitalizi dei consiglieri regionali". Quest'ultima legge, all'art. 4, aveva stabilito che "l'assegno vitalizio mensile spetta ai consiglieri cessati dal mandato che abbiano compiuto 60 anni di eta' ed abbiano corrisposto i contributi per un periodo di almeno 5 anni di mandato esercitato nel consiglio regionale del Molise". La norma impugnata, stabilisce, a sua volta, che quanto previsto dal succitato art. 4 della legge regionale n. 10/1988 deve intendersi riferito ai soli consiglieri che hanno assunto il mandato successivamente alla data di entrata in vigore della stessa legge regionale n. 10/1988, mentre ai consiglieri gia' scaduti o in carica a tale data continuano ad applicarsi, per quanto riguarda il requisito dell'eta', le norme previste dalle leggi regionali precedenti. Cio' significa che nei casi sopra indicati dovrebbe continuare ad applicarsi la normativa piu' favorevole di cui all'art. 6 della legge regionale n. 22/1976, secondo la quale il diritto all'assegno vitalizio veniva conseguito, oltre che con 5 anni di contribuzione e 60 anni di eta', anche con 10 anni di contribuzione e 55 anni di eta', oppure con 15 anni di contribuzione e 52 anni di eta'. Da quanto sopra il ricorso deduce il contrasto della norma impugnata con l'art. 3 Cost., per avere introdotto una ingiustificata disparita' di trattamento tra consiglieri della stessa Regione o di altre Regioni, nonche' con l'art. 97 Cost., per avere stabilito immotivate eccezioni alla disciplina del regime degli assegni vitalizi dei consiglieri regionali, alterando il generale equilibrio del sistema e non rispettando i principi che regolano la previdenza pubblica. 2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Molise per chiedere il rigetto del ricorso. La Regione ribadisce, in primo luogo, che la legge contestata ha carattere di normativa di interpretazione autentica, dal momento che affronta il problema, rimasto aperto, della delimitazione dei soggetti cui deve applicarsi la nuova normativa. Confuta, inoltre, l'asserito carattere pubblicistico del fondo previdenziale previsto per i consiglieri regionali e conclude rilevando che, se, da un lato, non e' ravvisabile un motivo di irragionevole discriminazione nel succedersi nel tempo di regimi differenti, dall'altro, l'autonomia del legislatore regionale rende improponibile in questa materia ogni raffronto con quanto previsto da altre Regioni, non sussistendo alcun divieto di trattamenti difformi. 3. - All'udienza di discussione la difesa regionale ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso, in quanto disposto - in violazione degli artt. 127 Cost. e 31 legge 11 marzo 1953, n. 87 - con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, senza una preventiva delibera del Consiglio dei ministri, che e' intervenuto in sede di ratifica solo dopo la scadenza del termine per l'impugnativa. Considerato in diritto 1. - Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilita' proposta dalla Regione in relazione al fatto che il ricorso e' stato disposto mediante provvedimento del Presidente del Consiglio (rectius del Ministro per gli affari regionali su delega del Presidente del Consiglio), senza la preventiva adozione di una delibera da parte del Consiglio dei ministri. In tale provvedimento la procedura adottata e' stata giustificata richiamando: a) la materiale impossibilita' di convocare il Consiglio dei ministri entro la data della scadenza del ricorso; b) l'urgenza di provvedere; c) la presunzione del permanere della volonta' di opporsi alla legge, gia' espressa collegialmente dal Governo in sede di rinvio; d) il precedente giurisprudenziale espresso da questa Corte con la sentenza n. 147 del 1972. Il richiamo a tali argomenti non e' tale, peraltro, da inficiare la fondatezza dell'eccezione, che merita di essere accolta. 2. - L'art. 127, quarto comma, Cost. riferisce al Governo l'impugnativa delle leggi regionali: questa Corte, in piu' occasioni, ha gia' avuto modo di affermare che, nel contesto di tale norma, il Governo dev'essere inteso nella sua unita' e identificato, ai sensi dell'art. 92 Cost., con il Consiglio dei ministri (sentt. 33/62; 76/63; 116/66; 8/67). Questa interpretazione trova, d'altro canto, piena conferma anche sul piano della legislazione ordinaria: in primo luogo, nell'art. 31, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, dove si prevede che il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio avverso la legge regionale dev'essere preceduto dalla deliberazione del Consiglio dei ministri; in secondo luogo, nell'art. 2, terzo comma, lett. d) della legge 23 agosto 1988 n. 400, che, nell'elencare le competenze del Consiglio dei ministri, attribuisce allo stesso gli atti "previsti dall'art. 127 Cost. .... in ordine alle leggi regionali". Per quanto concerne questa seconda disposizione va rilevato che la stessa e' stata approvata dopo la soppressione dal testo della proposta di legge iniziale (Atti Camera, X legislatura, proposta n. 38 del 1987) di un inciso che riferiva alla competenza del Consiglio dei ministri anche "le ratifiche, nella prima seduta successiva, delle determinazioni adottate in materia dal Presidente del Consiglio dei ministri in via di urgenza": soppressione giustificata, in sede di dibattito parlamentare, con l'esigenza di non istituzionalizzare una deroga alla procedura ordinaria (cfr. Atti Camera, X legislatura, seduta del 14 ottobre 1987, pagg. 3500 ss.). L'interpretazione che qui si conferma trova il suo fondamento come questa Corte ha gia' sottolineato - in un'esigenza non di natura formale, ma di sostanza, connessa all'importanza dell'atto di impugnativa della legge ed alla gravita' dei suoi possibili effetti di natura costituzionale (sent. 33/62): esigenza che - con riferimento al carattere tassativo delle competenze di ordine costituzionale - ha condotto ad escludere che, in linea ordinaria, il Presidente del Consiglio possa sostituirsi, per motivi di urgenza, al Consiglio dei ministri e che una delibera di ratifica del Consiglio dei ministri, adottata dopo la scadenza del termine dell'impugnativa, possa considerarsi idonea a sanare l'originario difetto di potere del Presidente (sent. n. 119 del 1966). 3. - L'indirizzo che qui si richiama non conduce, d'altro canto, anche ad escludere che, in presenza di circostanze straordinarie (da valutare caso per caso), il Presidente del Consiglio dei ministri - accertata l'oggettiva impossibilita' di procedere alla convocazione del Consiglio dei ministri e l'esigenza di garantire la continuita' e l'indefettibilita' della funzione di governo - possa provvedere, sotto la propria responsabilita', alla proposizione dell'impugnativa avverso la legge regionale, salva, in ogni caso, la successiva ratifica consiliare. Tale evenienza, invero - come la stessa Presidenza del Consiglio ricorda nell'atto di disposizione del presente ricorso - e' gia' stata ammessa da questa Corte in una fattispecie particolare (sent. n. 147/72), caratterizzata dall'esistenza di una crisi ministeriale non ancora conclusa e dalla presenza di un Governo che, a causa del giuramento ritardato di uno dei suoi componenti, si era potuto formare nella sua interezza soltanto il giorno stesso della scadenza del termine per l'impugnativa. Anche il richiamo a tale precedente dimostra, peraltro, come la deroga alla norma generale possa essere consentita non per semplici motivi di urgenza o sulla scorta di una pur sempre problematica presunzione di volonta' all'impugnativa dell'organo collegiale, bensi' soltanto in presenza di circostanze oggettive di carattere eccezionale, suscettibili di determinare l'impossibilita' o l'estrema difficolta', giuridica o di fatto, di una convocazione del Consiglio dei ministri. E' del tutto evidente che tali circostanze non ricorrono nel caso in esame, dal momento che l'impugnativa di cui e' causa e' stata avanzata dal Presidente del Consiglio in presenza di un Governo gia' investito nella pienezza delle sue funzioni, mentre la mancata convocazione del Consiglio dei ministri e' stata implicitamente giustificata soltanto con riferimento ad un evento prevedibile e di natura ordinaria, quale deve considerarsi il decorso delle ferie estive. 4. - L'accoglimento della eccezione di inammissibilita' assorbe l'esame di ogni altra questione afferente al merito.