IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Chiamato  a  convalidare ai sensi dell'art. 566 del c.p. l'arresto
 operato nei confronti di Mourtada Ahmed (n. Fquih Ben Salah, Marocco,
 il 20 marzo 1962) e di Zegrati Ahmed (n. Fquih Ben Salah, Marocco, il
 19 dicembre 1967), ai sensi dell'art. 224  del  d.lgs.  n.  271/1989,
 perche'  entrambi  colti nella flagranza della contravvenzione di cui
 all'art. 156 del t.u.l.p.s.;
                             O S S E R V A
    L'art.   224   delle  norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie del nuovo  codice  di  procedura  penale,  approvate  con
 decreto  legislativo  28  luglio  1989,  n. 271, in ottemperanza alla
 previsione  dell'art.  6  della  legge  16  febbraio   1987,   delega
 legislativa  al  Governo  della Repubblica per l'emanazione del nuovo
 codice di procedura penale; prevede che, per la durata di  non  oltre
 due anni dalla data di entrata in vigore del codice, si continuino ad
 osservare le disposizioni dell'art. 152 del r.d. 18 giugno  1931,  n.
 773, le quali prevedono l'arresto dello straniero munito di foglio di
 via obbligatorio che si sia allontanato dall'itinerario prescritto.
    Ai fini del giudizio di convalida, il Pretore deve necessariamente
 esaminare,  la  legittimita'  dell'arresto  operato  in   forza   del
 menzionato  art.  224,  primo comma, delle disposizioni di attuazione
 del nuovo c.p.p.; nonche', al fine di provvedere sulla  richiesta  di
 applicazione  delle misure cautelari personali richieste dal pubblico
 ministero, deve valutare  la  sussistenza  delle  esigenze  cautelari
 previste  dall'art.  224,  secondo comma, delle medesime, prospettate
 dal p.m. il quale del resto non ha ordinato la  immediata  remissione
 in liberta' ai sensi dell'art. 121 delle disp. attuaz. del c.p.p.
    Risulta  quindi  certamente rilevante la questione di legittimita'
 costituzionale del primo e secondo  comma  di  tale  art.  224  delle
 disposizioni  di  attuazione,  coordinamento  e transitorie del nuovo
 codice di procedura  penale.  La  consequenzialita'  logico-giuridica
 delle  norme  previste  dagli  indicati  commi,  infatti,  impone  di
 ritenere entrambi e simultaneamente rilevanti  tanto  ai  fini  della
 decisione sulla convalida dell'arresto quanto sull'applicazione delle
 richieste misure cautelari personali.
    La  disciplina  generale del potere di arresto, sia per il caso di
 obbligatorieta' dell'esercizio di tale potere, che  per  il  caso  di
 facoltativita',  e'  contemplata  dagli artt. 380 e 381 del c.p.p., i
 quali subordinano tale potere a presupposti tassativi, dando con cio'
 attuazione  alla  esaustiva  direttiva di cui al punto 32 dell'art. 2
 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, delega  legislativa  al  Governo
 della  Repubblica  per  l'emanazione  del  nuovo  codice di procedura
 penale. In particolare, quanto all'arresto in flagranza,  la  cennata
 direttiva per il legislatore delegato prevede: "obbligo della polizia
 giudiziaria di arrestare colui che e' colto nella  flagranza  di  uno
 dei seguenti delitti:
       a)  delitti  consumati o tentati punibili con la reclusione non
 inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni,  senza
 tener conto delle circostanze aggravanti. . .;
       b)  altri  delitti  predeterminati,  avuto  riguardo a speciali
 esigenze di tutela della collettivita';
 facolta'  della  polizia  giudiziaria  di  procedere  all'arresto  in
 flagranza soltanto se la misura  e'  giustificata  dalla  gravita'  o
 dalle  circostanze  del  fatto  o  dalla  pericolosita' del soggetto,
 relativamente a delitti punibili  con  la  reclusione  superiore  nel
 massimo  a  tre anni e, solo per alcuni reati di particolare gravita'
 tassativamente indicati, anche a delitti punibili con  la  reclusione
 non inferiore nel massimo a tre anni;
 al  di  fuori  dei  casi  di  fragranza,  potere-dovere della polizia
 giudiziaria di fermare, e del p.m. di disporre il fermo di colui  che
 e'  fortemente  indiziato  di  gravi  delitti,  quando  vi e' fondato
 pericolo di fuga;. . .".
    L'interpretazione  degli  artt. 380 e 381 del c.p.p., la quale non
 puo' non tenere  conto  della  direttiva  sopra  trascritta,  dunque,
 impone  di ritenere implicitamente abrogate tutte quelle disposizioni
 di leggi speciali  che  consentivano  l'arresto  al  di  fuori  della
 flagranza,  oppure  in  flagranza  ma per reati la cui pena detentiva
 edittale massima fosse inferiore ai tre anni.
    E'  pur  vero,  infatti,  che  si  tratta  di  norme  speciali, ma
 altrettanto vero e' che, essendo la  norma  generale  in  materia  di
 liberta'   personale   piu'   favorevole,   sul  punto,  che  non  le
 preesistenti, ed essendo  oltre  tutto  posteriore  nel  tempo,  deve
 riconoscerlesi  prevalenza  e  dunque effetto abrogativo implicito di
 ogni  previgente  ipotesi  speciale  di  arresto,  salvo   esclusioni
 esplicite.
    Non  pare  quindi  piu' consentito l'arresto per i reati previsti,
 tra le altre, dalle seguenti norme:
      artt. 24, 163, 216, 217 e 220 del r.d. n. 773/1931;
      art. 108 della legge n. 907/1942;
      art. 2 della legge n. 1423/1956;
      art. 109 del d.P.R. n. 361/1957;
      art. 133 del d.P.R. n. 393/1959;
      art. 332 del d.P.R. n. 43/1973;
      artt. 4, 5, 16, 17, 25, 31, 32 e 33 della legge n. 110/1975;
      art. 5 della legge n. 152/1975;
      art. 38 della legge n. 685/1975;
      art. 21 della legge n. 319/1976;
      art. 5 della legge n. 533/1977;
      art. 20 della legge n. 979/1982.
    Venendo alla specifica questione che si ritiene di dover devolvere
 alla cognizione del Giudice costituzionale, si rileva che, proprio in
 virtu'  della  statuzione  contenuta  nella sentenza n. 16/1957 della
 Corte costituzionale, l'attivita' di coordinamento legislativo,  alla
 quale   sono  intese  le  disposizioni  del  decreto  legislativo  n.
 271/1989,  rappresenta  la  "meta  e  direttiva  di  ogni   attivita'
 legislativa  (.  . .) per eliminare le discordanze, le disarmonie, le
 discrepanze, le lacune" che altrimenti potrebbero crearsi nel sistema
 per effetto della disorganica sovrapposizione diacronica e sincronica
 delle leggi.
    E  dunque, non puo' non inferirsene che l'attivita' legislativa di
 coordinamento, delegata insieme a quella legislativa  primaria,  deve
 essa pure conformarsi alle direttive impartite per questa ultima, pur
 quando, come nel caso di specie, a fronte  di  pregnanti  e  rigorosi
 criteri  per  essa  dettati,  l'attivita'  delegata  di coordinamento
 apparisca (ma, appunto, solo apparisca) piu'  generica  e  labile,  a
 tacer  poi  del  fatto che, in ogni caso, ai sensi dell'art. 76 della
 Costituzione  sarebbe  tout  court  illegittima,  sotto  il   profilo
 costituzionale,  la  stessa  legge  di  delegazione  che omettesse di
 prescrivere criteri e direttive al  legislatore  delegato  (cio'  par
 sufficiente  a confutare la prospettazione del pubblico ministero, il
 quale opina  che  nessuna  direttiva  puo'  intendersi  conferita  al
 Governo,  a  stregua  della  legge 16 febbraio 1987, n. 81, in ordine
 alla emanazione delle disposizioni di coordinamento e transitorie).
    Ne  segue che, in ogni caso, l'attivita' delegata di coordinamento
 legislativo,  deve  avere  funzione  integrativa  ed  esplicativa,  e
 giammai contraddittoria rispetto alla legislazione delegata primaria.
    In tale prospettiva, risulta quindi coerente il disposto dell'art.
 230 del d.lgs. n. 271/1989 (col quale, in difetto di flagranza,  quel
 che col codice previgente era potere di arresto si converte in potere
 di fermo,  sicche'  pare  che  questa  norma  valga  a  confutare  le
 considerazioni  svolte dal pubblico ministero per l'ipotesi in cui si
 ritenga  l'arresto,  disciplinato  dall'art.  152   del   t.u.l.p.s.,
 doveroso anche al di fuori della flagranza).
    Non  altrettanto  coerenti e rispettosi dei principi stabiliti dal
 legislatore delegante appaiono, per  contro,  il  primo  comma  della
 denunciata  disposizione  (art. 224 del d.lgs. n. 271/1989), che (sia
 pure in via transitoria), impone la persistente vigenza del potere di
 arresto  stabilito,  dall'art.  152  del  t.u.l.p.s.,  per  un  reato
 contravvenzionale il cui massimo edittale e' di sei mesi; cosi'  come
 il  secondo  comma  dello stesso articolo (il quale consente, dopo la
 convalida  dell'arresto  operato  ai  sensi  del  comma   precedente,
 l'adozione   di   misure   cautelari   personali  nei  confronti  del
 contravventore  al  foglio  di  via  obbligatorio).   Prevedendo   la
 possibilita'   di   applicazione   delle   misure  cautelari  innanzi
 ricordate, invero, il legislatore delegato ha verosimilmente ecceduto
 anche rispetto alla direttiva enucleata al punto 59 dell'art. 2 della
 legge di delegazione.
    Tale  direttiva,  infatti, nel prospettare la previsione di misure
 coercitive  personali,  subordina  l'applicabilita'  di   esse   alla
 sussistenza di inderogabili esigenze di tutela della collettivita' o,
 sempre che il reato  sia  di  particolare  gravita',  quando  vi  sia
 concreto pericolo di fuga; vietandone nel contempo l'applicazione per
 il caso di reati puniti con pena detentiva il  cui  massimo  edittale
 non superi i tre anni.
    Le  argomentazioni  appena svolte depongono quindi tutte nel senso
 della non manifesta illegittimita' costituzionale dell'art.  224  del
 d.lgs.  n.  271/1989,  con  riferimento  al  parametro  rappresentato
 dall'art. 76 della Costituzione,  in  quanto  entrambi  i  commi  del
 cennato  articolo,  formulati  dal  Governo,  delegato  con  legge 16
 febbraio 1987, n. 81, alla emanazione del nuovo  codice,  travalicano
 ed  eccedono  i  rigorosi  limiti  dettati  dalla  medesima  legge di
 delegazione. Entrambi i commi, insomma, introducono disposizioni che,
 pur  definite  di  coordinamento  e transitorie, infrangono i criteri
 tassativamente previsti dal  Parlamento  delegante,  a  tutela  della
 liberta'   personale.   Del  resto,  tanto  piu'  chiara  risulta  la
 consapevole violazione delle direttive da parte del delegato, ove  si
 rifletta   sulla  necessaria  introduzione  della  deroga  ai  limiti
 stabiliti dall'art. 280 del codice, che altrimenti i limiti  edittali
 della    contravvenzione   non   renderebbero   certo   prospettabile
 l'applicazione di misure cautelari personali.
    La  primarieta' del bene della liberta' personale, unitamente alla
 inconfigurabilita' di apprezzabili  argomenti  che  giustifichino  la
 compatibilita', neppure momentanea, tra la deroga ed il nuovo sistema
 processuale,  esime  dal  motivare  sulla  irrilevanza   della   mera
 transitorieta'  (peraltro  suscettiva  di  ulteriore  proroga a sensi
 dell'art. 7 della legge  n.  81/1987)  delle  disciplina  denunciata,
 giacche'  neppure  temporaneamente pare lecito, in discordanza con la
 legge di delegazione, comprimere tale primario bene.
    Le argomentazioni svolte inducono a ritenere, d'ufficio nonche' su
 istanza della difesa, non manifestamente infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  224  del d.lgs. n. 271/1989,
 primo e secondo comma, nella parte in  cui,  eccedendo  la  legge  di
 delegazione  legislativa, prevedono l'arresto per i contravventori al
 foglio di via obbligatorio e, in  esito  al  giudizio  di  convalida,
 l'applicabilita' di misure cautelari personali.
    In  subordine,  ove  si  ritenga  che  nessuna direttiva sia stata
 imposta, al Governo delegato a legiferare, dall'art. 6 della legge n.
 81/1987  di  delegazione  legislativa,  con  riferimento al contenuto
 delle disposizioni di attuazione e coordinamento  del  nuovo  c.p.p.,
 deve  essere rilevata, d'ufficio, la non manifesta infondatezza della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della  legge  16
 febbraio  1987, n. 81, nella parte in cui, in violazione dell'art. 76
 della Costituzione, non ha determinato i principi e criteri direttivi
 ai  quali  doveva  attenersi  il  Governo  delegato  ad esercitare la
 relativa funzione legislativa.
    Poiche'  la dedotta questione appare sicuramente rilevante ai fini
 del  decidere  sia  sulla  convalida   dell'arresto   operato   nella
 circostanza  (atteso  che,  ove  sia  riconosciuta  la illegittimita'
 costituzionale dell'art. 224, primo e secondo comma,  del  d.lgs.  n.
 271/1989,   con  riferimento  all'art.  76  della  Costituzione,  non
 potrebbe procedersi ne' alla convalida dell'indicato atto di  polizia
 giudiziaria,  ne'  alla  successiva  applicazione di misure cautelari
 personali e, in particolare, della custodia in carcere), il  presente
 giudizio  di  convalida,  ai sensi dell'art. 134 della Costituzione e
 dell'art. 11 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve  essere  sospeso;
 gli  arrestati,  se  non  detenuti  per  altro titolo, debbono essere
 rimessi immediatamente in liberta' (parendo carenti i presupposti per
 l'applicazione di misure cautelari personali anche alla stregua delle
 svolte  argomentazioni)  e  gli  atti  vanno  trasmessi  alla   Corte
 costituzionale per le determinazioni di sua competenza.
    A  cura  della  cancelleria,  infine,  la presente ordinanza sara'
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e ne  sara'  data
 comunicazione  al  Presidente del Senato e al Presidente della Camera
 dei deputati della Repubblica. Agli  imputati  ed  alle  altre  parti
 presenti  la  presente ordinanza viene comunicata mediante lettura in
 udienza.