IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 1451/1987
 proposto in appello dal dott. Galluzzo Pietro, rappresentato e difeso
 dall'avv.   Alberto   Panuccio,  presso  il  quale  e'  elettivamente
 domiciliato in Roma, alla via  Sistina  n.  123,  mandato  a  margine
 dell'atto  di  appello,  contro l'unita' sanitaria locale n. 28 della
 Calabria,  con  sede   in   Locri,   in   persona   del   Commissario
 straordinario,   rappresentata   e   difesa   dall'avv.  Marco  Luly,
 elettivamente domiciliata in Roma,  alla  via  dei  Gracchi  n.  130,
 presso  l'avv.  Anna  Patti, mandato a margine del controricorso, per
 l'annullamento della sentenza 8 luglio-19 novembre 1986, n. 462,  non
 notificata,   emessa   inter   partes  dal  tribunale  amministrativo
 regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della appellata u.s.l.;
    Vista  la memoria prodotta dalla parte appellante a sostengo delle
 proprie difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore,  alla  pubblica udienza del 17 marzo 1989 il consigliere
 Rizzi;
    Nessuno essendo presente per le parti in causa;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Con sentenza 8 luglio-19 novembre 1986, n. 482, non notificata, il
 tribunale amministrativo regionale della Calabria,  sezione  staccata
 di Reggio Calabria, ha respinto il ricorso (n. 234/1985) proposto dal
 dott. Galluzzo Pietro contro l'unita' sanitaria locale  n.  28  della
 Calabria,  con  sede in Locri, tendente ad ottenere l'accertamento di
 differenze  stipendiali  con  rivalutazione  montaria  ed   interessi
 legali, nonche' il conseguente pagamento.
    La  sentenza  ha disconosciuto la pretesa avanzata dal ricorrente,
 avendo  rilevato  che  nella  specie  mancava  un  atto  formale   di
 preposizione   alle  espletate  funzioni  di  aiuto,  superiori  alla
 qualifica posseduta dal ricorrente (assistente medico). Tale atto  e'
 necessario,   avendo   natura   costitutiva   e   da  esso  non  puo'
 prescindersi, non  potendosi  condividere  il  contraro  assunto  del
 ricorrente,  conseguente  alla  obbligatorieta'  della  sostituzione,
 prevista dall'art. 7 del d.P.R.  27 marzo 1969, n. 128.  La  medesima
 sentenza   ha  sostenuto  che  nulla  e'  dovuto,  anche  ammessa  la
 coincidenza di interpretazione della ipotesi di supplenza in un posto
 vacante  con  quella  di  momentanea  preposizione ad un posto il cui
 titolare sia assente dal servizio per brevi periodi, poiche' l'art. 7
 del  d.P.R.  n.  128/1969  non  contiene  alcun  cenno  a trattamenti
 economici particolari  da  erogarsi  in  favore  dell'assistente  che
 svolga funzioni di aiuto.
    Con  atto notificato il 12 settembre 1987, depositato il 21 detti,
 il  dott.  Galluzzo  ha   impugnato   detta   sentenza,   chiedendone
 l'annullamento, in base alle seguenti argomentazioni:
      nella  ipotesi  di  supplenza  ex  art.  7  del citato d.P.R. n.
 128/1969 non e' richiesto alcun atto formale di nomina del medico per
 l'espletamento  di  funzioni  superiori.  La supplenza si verifica ex
 lege sia nel caso di temporanea assenza del  titolare  del  posto  di
 livello superiore, che nel caso di vacanza in senso tecnico;
      la  sentenza e' errata sul punto della ritenuta necessita' di un
 atto formale per la scelta del  medico  cui  affidare  funzioni  piu'
 elevate  nell'ambito  della  divisione ospedaliera. Se intervenuto, a
 detto provvedimento deve essere attribuito valore ricognitivo ex art.
 7   del   d.P.R.   n.   128/1969,   in   quanto  la  supplenza  opera
 automaticamente a seguito di assenza od impedimento del titolare  del
 posto, ovvero di inerzia della p.a. per la copertura del posto;
      non  e'  da  condividere  la  tesi  del t.a.r., che ha negato il
 riconoscimento di retribuzione  maggiore  a  favore  del  ricorrente,
 sanitario  che ha svolto funzioni superiori alla qualifica posseduta.
    L'appello  conclude  con  la richiesta istruttoria di nomina di un
 consulente tecnico di ufficio  "per  la  quantizzazione  delle  somme
 rivendicate in causa".
    Con  atto  depositato  il  6  novembre  1987  si  e' costituita in
 giudizio la u.s.l. appellata, il cui difensore ha dedotto che  l'art.
 7   del   citato  d.P.R.  n.  128/1969  disciplina  l'istituto  della
 supplenza, non applicabile, nella specie,  in  quanto  il  posto  era
 vacante  e l'amministrazione avrebbe dovuto, ai sensi dell'art. 3 del
 d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, provvedere alla copertura  provvisoria;
 comunque,   il   ricorrente   non   era  in  possesso  dei  requisiti
 professionali prescritti dalla legge e, in ogni caso, e'  mancato  un
 atto   formale   di   preposizione,   che   costituisce   presupposto
 inderogabile per far luogo alla relativa spesa.
    Con   memoria   depositata  il  24  febbraio  1989,  il  difensore
 dell'appellante ha illustrato le proprie tesi,  sostenendo  il  pieno
 diritto,   conseguente   anche  all'art.  36  della  Costituzione,  a
 percepire la retribuzione  per  le  maggiori  funzioni  espletate  ed
 affermando  che  l'art.  29  del  d.P.R.  20  dicembre  1979, n. 761,
 attribuisce  al  dipendente  il  diritto  a  percepire  la   maggiore
 retribuzione  dal  sessantunesimo  giorno successivo all'espletamento
 delle superiori funzioni.
                             D I R I T T O
    1.  -  La  vertenza  e' relativa alla interpretazione dell'art. 7,
 settimo comma, del d.P.R. 27 marzo 1969,  n.  128,  e  dell'art.  29,
 primo, secondo e terzo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761.
    La  prima  norma prevede la sostituzione, da parte dell'assistente
 (ospedaliero) con maggiori titoli o dall'assistente di turno, in caso
 di  assenza  o  di impedimento dell'aiuto e la seconda il diritto del
 personale delle unita' sanitarie locali all'esercizio delle  mansioni
 inerenti al (proprio) profilo e posizione funzionale, con preclusione
 ad "essere assegnato,  neppure  di  fatto,  a  mansioni  superiori  o
 inferiori"  (primo  comma),  tranne  che  in  caso  di  "esigenze  di
 servizio", per le quali "il dipendente  puo'  eccezionalmente  essere
 adibito a mansioni superiori", a seguito di "assegnazione temporanea,
 che non puo' comunque eccedere i sessanta giorni nell'anno solare"  e
 con  esclusione  del "diritto a variazioni del trattamento economico"
 (secondo comma). Ulteriore prescrizione e' relativa alla  circostanza
 che  "non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione
 di  personale  di  posizione  funzionale  piu'  elevata,  qualora  la
 sostituzione rientri tra gli ordinari compiti della propria posizione
 funzionale" (terzo comma).
    Nel  caso  che  occupa  si  e'  verificata  l'assegnazione  di  un
 assistente ospedaliero, dotato di maggiori titoli poiche' primo nella
 graduatoria divisionale (ma sfornito, secondo la difesa della u.s.l.,
 dei  requisiti  professionali  prescritti,  affermazione  non  meglio
 esplicitata),  all'esercizio  delle  mansioni  proprie dell'aiuto per
 periodi superiori a sessanta giorni e nella  perdurante  vacanza  del
 posto.  Si  e'  posta  la  questione  se per la detta attivita' fosse
 necessario il formale atto di attribuzione di funzioni proprie di una
 qualifica  superiore a quella posseduta e se possa spettare, in quale
 misura  ed  entro   quali   limiti   temporali,   il   diritto   alla
 corresponsione di una maggiorazione del trattamento economico.
    2.  - La sezione, in conformita' a consolidata giurisprudenza (aad
 es., sez. quarta, 20 ottobre 1987, n. 628), ritiene che  sia  tuttora
 vigente  il  settimo comma dell'art. 7 del citato d.P.R. n. 128/1969,
 perche'  norma   relativa   all'ordinamento   interno   dei   servizi
 ospedalieri  e,  in  quanto tale, non suscettibile di abrogazione per
 effetto della intervenuta regolamentazione dello stato giuridico  del
 personale  delle  unita'  sanitarie  locali, introdotta dal d.P.R. 20
 dicembre 1979, n.  761,  ed  anche  perche'  costituente  eco  di  un
 principio  generale, affermato a carico del personale ospedaliero dal
 secondo comma dell'art. 29 del detto d.P.R. n. 761/1979.
    Invero,  la  norma  dell'art.  7  del citato d.P.R. n. 128/1969 ha
 giustificazione razionale nella avvertita  necessita'  di  assicurare
 l'indispensabile continuita' di erogazione di determinate prestazioni
 ospedaliere nei casi in cui l'aiuto, pur restando  in  servizio,  non
 sia  temporaneamente  in  grado  di  essere  presente (per ragioni di
 studio, famiglia, malattia od altre similari evenienze); cio' implica
 un'attribuzione  vicaria  di funzioni, il cui esercizio inerisce alla
 qualifica rivestita ed e' istituzionalmente proprio della medesima.
    Nel caso di normale sostituzione vicaria, sembra doversi applicare
 l'art. 29, terzo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, il quale
 enuncia   un  principio  del  tutto  pacifico,  affermando  che  "non
 costituisce  esercizio  di  mansioni  superiori  la  sostituzione  di
 personale   di   posizione   funzionale   piu'  elevata,  qualora  la
 sostituzione rientri tra gli ordinari compiti della propria posizione
 funzionale".
    3.  -  All'incontro,  allorche'  si verifichi la vacanza del posto
 dell'aiuto per morte o dimissioni del medesimo o per qualsiasi  altra
 causa   impeditiva  che  determini  la  disponibilita'  del  posto  e
 l'assistente assuma le funzioni  dell'aiuto  a  titolo  personale  ed
 autonomo,  sembra  che si sia al di fuori dell'ambito di applicazione
 dell'art. 7 del citato d.P.R. n. 28/1969.  Cioe',  l'ipotesi  non  e'
 relativa all'esercizio vicario di funzioni di un superiore assente od
 impedito, ma pur sempre  incardinato  nell'organizzazione  sanitaria,
 rispetto  al  quale  l'assistente ha l'obbligo di collaborazione e di
 sostituzione, ma attiene alla occupazione, sia pur temporanea,  delle
 attribuzioni di chi vantava una posizione funzionale piu' elevata, il
 cui posto risulta vacante.
    Sebbene  al  verificarsi  di detto caso l'amministrazione abbia il
 dovere di ovviare,  promuovendo  e  completando  il  procedimento  di
 copertura  del  posto  vacante  ai  sensi  dell'art. 12 del d.P.R. 20
 dicembre 1979, n. 761, o di applicare la procedura di conferimento di
 incarico provvisorio ex art. 3 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, puo'
 accadere che nelle more tra la vacanza e la copertura del  posto  sia
 impossibile   provvedere   mediante  tresferimento  di  personale  in
 servizio presso altri reparti o in diverso modo (art. 14  del  d.P.R.
 25  giugno  1983,  n. 348). In tale caso spesso risulta opportuno che
 temporaneamente l'assistente assuma le funzioni dell'aiuto,  passando
 da una posizione pregressa ed inferiore, ad una piu' elevata.
    Alla  fattispecie si attaglia l'art. 29, secondo comma, del d.P.R.
 n. 761/1979,  rilevante  ai  fini  del  decidere  che,  derogando  al
 principio  generale  che vieta di assegnare il dipendente sanitario a
 mansioni superiori (primo comma) consente, in  caso  di  esigenze  di
 servizio,  che  lo  stesso  possa  eccezionalmente  essere  adibito a
 mansioni superiori. Ma cio' per un periodo non eccedente  i  sessanta
 giorni,  termine  da  intendersi  non  valicabile,  e senza diritto a
 variazione del tratamento economico.
    Oltre  il  detto termine, che dal legislatore e' stato considerato
 sufficiente  e  ragionevole,   deve   provvedersi   in   altro   modo
 (espletamento   di  concorso,  assegnazione  temporanea,  mobilita');
 comunque,  deve  ritenersi  preclusa  la  possibilita'  di  perdurare
 nell'attribuzione,   in   favore   dell'assistente,   delle  funzioni
 dell'aiuto.  L'ulteriore  protrazione   di   detto   esercizio   deve
 considerarsi   quale  attivita'  vietata  dalla  legge  e,  pertanto,
 illegittima, cosi' come  illeggittimo  e'  l'eventuale  atto  assunto
 dall'amministrazione  nei  detti sensi od il comportamento inerte che
 in fatto consenta detta attivita'.
   4.  -  A tale proposito la sezione non puo' omettere di considerare
 che  l'art.  7  del  d.P.R.   n.   128/1969   e'   stato   utilizzato
 dall'amministrazione il piu' delle volte con il consenso esplicito od
 implicito  degli  interessati  anche  oltre   gli   indicati   limiti
 temporali.  Peraltro,  tutto cio' illegittimamente poiche', ad avviso
 della sezione, l'art. 29, secondo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979,
 n. 761, essendo norma eccezionale rispetto al primo comma (divieto di
 esercizio  di   mansioni   superiori),   deve   essere   interpretato
 rigorosamente:  se  non  si  ha  diritto  a variazione di trattamento
 economico nel periodo di  sessanta  giorni,  in  cui  l'esercizio  di
 mansioni  superiori  e' eccezionalmente consentito, a maggior ragione
 non si dovrebbe aver diritto a tale trattamento nel  tempo  eccedente
 il  detto  periodo,  nel  quale  l'esercizio di mansioni superiori e'
 interdetto, secondo la lettera della norma e la sua  ratio,  tendente
 ad  evitare  il verificarsi, ed il perpetuarsi di situazioni di fatto
 contrastanti  con  le  posizioni  di  diritto  dei  dipendenti,   cui
 conseguono  disordini  organizzativi  e  finanziari.  Invero, sarebbe
 anomalo che da un comportamento  contrario  al  dettato  della  legge
 possa derivare vantaggio e non sanzione.
    Tale  dovendosi  valutare  il contenuto della disciplina in esame,
 v'e'  da  concludere   che   essa   rende   inapplicabili   eventuali
 disposizioni  di  diverso  tenore,  dettate per il rapporto di lavoro
 privato, ad  altri  scopi  finalizzate  ed  inserite  in  un  diverso
 contesto.
    5.  -  Peraltro,  rimane il dubbio, rafforzato da recenti pronunce
 della Corte costituzionale (ad es., sentenza  23  febbraio  1989,  n.
 57), impostate su una diversa interpretazione della normativa citata,
 che una soluzione del genere possa contrastare con  l'art.  36  della
 Costituzione,   secondo   cui   il   lavoratore  ha  diritto  ad  una
 retribuzione  proporzionata  alla  quantita'  ed  alla  qualita'  del
 lavoro.  Nel  caso che occupa, invero, e' indubbio che l'interessato,
 con il consenso dell'amministrazione, ha effettuato  una  prestazione
 di  lavoro  corrispondente a quella inerente alla qualifica di aiuto,
 al di fuori ed oltre le proprie mansioni di assistente.
    Pertanto,  in presenza di una questione di incostituzionalita' che
 la sezione ritiene non  manifestamente  infondata,  appare  opportuno
 rimettere  d'ufficio  la questione, nei termini e con le precisazioni
 di cui innanzi, all'esame della Corte costituzionale.
    Detto  organo,  nella  ipotesi che condivida l'interpretazione che
 precede dell'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, vorra' valutare se  tale
 norma, nella parte in cui, vietando l'esercizio di mansioni superiori
 in un periodo piu' lungo di sessanta giorni,  implicitamente  escluda
 l'attribuzione  di  un  migliore  trattamento  economico  nel caso di
 prosecuzione dell'attivita' oltre detto termine (secondo comma), onde
 in contrasto con l'art. 36 della Costituzione per non essere stato il
 lavoratore,  per  quel  periodo,  retribuito  proporzionalmente  alla
 quantita' ed alla qualita' del lavoro prestato.
    Infine,   qualora   l'interpretazione   del   detto  art.  29  sia
 diversamente valutata, l'approfondimento  della  complessa  questione
 sara'  egualmente  utile  ai  fini  della definizione del giudizio di
 merito, del quale si impone la sospensione.