IL PRETORE
    Premesso  che  Brahim Lotfi Ben Chedli veniva presentato innanzi a
 questo giudice ai sensi dell'art. 566 del c.p.p. in stato di  arresto
 in  quanto  contravventore  al  foglio di via obbligatorio emesso dal
 questore di Roma con il quale gli veniva ordinato di  presentarsi  al
 posto  di  polizia di frontiera di Fiumicino entro il 2 novembre 1989
 per essere espulso dal territorio dello Stato;
      che   il   p.m.  chiedeva  la  convalida  dell'arresto,  ma  non
 l'applicazione di misure coercitive;
    Rilevato   che   l'arresto   e'  stato  eseguito  in  ottemperanza
 all'obbligo posto in capo alla polizia giudiziaria dalla disposizione
 di  cui  all'art. 152, terzo comma, del t.u.l.p.s., la cui vigenza e'
 stata espressamente  mantenuta  dal  disposto  dell'art.  224,  primo
 comma, del d.-l. n. 271/1989;
      che  questo  pretore  ritiene  di dubitare circa la legittimita'
 costituzionale di tale ultima disposizione per i motivi che  verranno
 piu' avanti svolti;
      che  la  questione  appare  rilevante, dovendo il giudicante, in
 ogni  caso,   pronunciarsi   sulla   legittimita'   dell'arresto,   a
 prescindere dall'eventuale applicazione di misure coercitive;
                             O S S E R V A
    La  legge  delega  n.  81/1987,  nel  demandare  al  Governo della
 Repubblica il compito di emanare il nuovo codice  di  rito,  ha,  per
 cio'  che  qui interessa, fissato nel n. 32 dell'art. 2 gli specifici
 principi e criteri ai quali attenersi nel disciplinare le ipotesi  di
 arresto ad opera della p.g.
    Senza   entrare   nel  dettaglio  della  citata  disposizione,  e'
 sufficiente sottolineare, ai limitati fini della questione oggetto di
 esame,  come  il  legislatore  delegante abbia ancorato le ipotesi di
 arresto ad  opera  della  p.g.  alla  sussistenza  di  uno  stato  di
 flagranza  in relazione a fattispecie esclusivamente delittuose cosi'
 escludendo,  a  differenza  della  precedente  normativa,   qualsiasi
 ipotesi  di  arresto  per reati contravvenzionali. Discende da quanto
 fin qui argomentato che, mantenendo l'art.  224  del  decreto  citato
 un'ipotesi  di  arresto, anche al di fuori dei casi di flagranza, per
 una contravvenzione, tale previsione appare  totalmente  estranea  al
 sistema generale delineato dal legislatore delegante.
    Deve  quindi  verificarsi  se  le  scelte operate dal delegato, in
 quanto fondate su  di  un  potere  attribuitogli  dal  legislatore  e
 rispondenti  ai  principi  e  criteri  da  questo prefissati, possano
 ritenersi costituzionalmente legittime ai sensi  dell'art.  76  della
 Costituzione,  a nulla rilevando, sotto il profilo che qui interessa,
 eventuali giudizi sull'opportunita' politica di siffatte scelte.
    A  tale  proposito e' sufficiente osservare che le disposizioni di
 cui al cit. art. 224 risultano inserite tra le norme di coordinamento
 del c.p.p. o, quindi, secondo quanto palesato dalla loro collocazione
 sistematica, trovano il loro fondamento normativo nell'art.  6  della
 legge  delega  che,  per  l'appunto,  affida al Governo il compito di
 "emanare le norme di attuazione  delle  disposizioni  previste  negli
 artt.  2,  3 e 5, le norme di coordinamento delle stesse con tutte le
 altre leggi dello Stato, nonche' le norme di carattere  transitorio".
    Orbene,  proprio  il tenore della citata norma attesta la perfetta
 consapevolezza nel legislatore delegato  delle  difficolta'  connesse
 all'inserimento  delle  nuove norme nella previgente legislazione. Il
 legislatore infatti espressamente delega al  Governo  il  compito  di
 coordinare  e,  quindi, rendere compatibili, nel quadro di un sistema
 che si vuole rendere quanto piu' armonico, le disposizioni  contenute
 nel  nuovo codice di rito con quelle inserite nelle altre leggi dello
 Stato.
    Lo   stesso   delegato,   del   reato,   mostra   di  avere  piena
 consapevolezza del compito affidatogli e, nella prima delle norme  di
 coordinamento,  cosi' come in numerose altre, recita "Le disposizioni
 del codice si osservano nei procedimenti relativi  a  tutti  i  reati
 anche  se  previsti  da  leggi  speciali,  salvo  quanto diversamente
 stabilito in questo titolo e nel titolo terzo", art. 207.
    Per effetto della richiamata norma, per l'efficacia e il valore ad
 essa  conferita  dalla  disposizione  dell'art.  6  della  legge   di
 delegazione,  vengono  cosi'  a  cadere,  per cio' che qui interessa,
 norme contenute in leggi speciali in quanto non conformi  al  sistema
 delineato nel nuovo codice di rito.
    Essendosi  peraltro  l'autorita'  delegata  riservato il potere di
 derogare a quanto pure stabilito in "via  generale"  nell'ambito  del
 conferitole  compito  di  coordinamento, il Governo nel seguente art.
 224 fa salve "le disposizioni dell'art.  152  del  regio  decreto  18
 giugno  1931,  n. 773, che prevedono l'arresto dello straniero munito
 di foglio  di  via  obbligatorio  che  si  allontani  dall'itinerario
 previsto".
    Appare  cosi'  evidente  che  la  norma  sulla cui scorta e' stato
 arrestato l'imputato  e'  stata  mantenuta  in  vita  da  una  scelta
 discrezionale  del Governo che, verosimilmente fondata su valutazioni
 di ordine politico, peraltro estranee al presente  thema  decidendum,
 non  trova, ad avviso di questo pretore, alcun fondamento nella legge
 di delegazione e, quindi, deve ritenersi in contrasto con  l'art.  76
 della Costituzione.
    Non  si  comprende  infatti sulla base di quale norma delegante il
 Governo, che pure mostra di esercitare il  compito  di  coordinamento
 eliminando  dalla  legislazione  speciale  le  disposizioni  non piu'
 compatibili con quelle introdotte con il nuovo codice, riservi a  se'
 il potere di mantenere in vita norme, come quella contenuta nell'art.
 152 del t.u.l.p.s., che appaiono in palese e stridente contrasto  con
 la disciplina dettata in via generale in tema di arresto.
    Cio'  soprattutto  se si considera che il legislatore delegato, in
 ottemperanza alla disposizione di cui all'art. 6 della legge  delega,
 nell'emanare norme di coordinamento, doveva comunque e sempre operare
 "secondo i principi e i criteri direttivi" della citata legge delega,
 obbligo  che  il governo mostra di aver ben compreso anche attraverso
 l'eliminazione di disposizioni non piu' compatibili  con  i  principi
 codificati  nel  nuovo  codice  di  rito  (v.  oltre alla prima parte
 dell'art. 207 del d.-l. n. 271/1989, ad es. l'art. 230  dello  stesso
 decreto).
    In  conclusione,  dovendosi ritenere che l'esercizio del potere di
 coordinamento conferito al Governo doversse tendere  all'eliminazione
 di disposizioni ormai incompatibili con il nuovo codice di rito, deve
 ritenersi   privo   di    fondamento    legislativo,    e,    quindi,
 costituzionalmente illegittimo ex art. 76 della Costituzione il primo
 comma dell'art. 224 del d.-l.  n.  271/1989  che,  in  sede  di  mero
 coordinamento, ha ritenuto di mantenere in vita un'ipotesi di arresto
 che, per essere prevista anche al di fuori della  flagranza,  per  un
 reato di natura contravvenzionale, si pone in palese contrasto con le
 disposizioni introdotte con il nuovo codice di procedura penale.
    Le  argomentazioni  fin  qui  svolte  in ordine alla non manifesta
 infondatezza  in  rapporto  all'art.  76  della  Costituzione   della
 questione  di  legittimita'  dell'art. 224, primo comma, del d.-l. 28
 luglio 1989, n. 271, per contrasto con il n.  32  dell'art.  2  della
 legge 16 febbraio 1987, n. 81, nonche' con il successivo art. 6 della
 stessa legge, la rilevanza della  prospettata  questione  nell'ambito
 del presente procedimento ne impongono la sospensione con conseguente
 immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.