ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 2, lett. a ),
 (rectius: art. 1, terzo comma, lett. b) della legge 27  maggio  1959,
 n.  324 (Miglioramenti economici al personale statale in attivita' ed
 in quiescenza), promosso con ordinanza emessa il 25 maggio  1989  dal
 Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Brigenti Claudio
 Maria e Binarelli Massimo, iscritta al n. 455 del registro  ordinanze
 1989  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41,
 prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ordinanza  del  25  maggio  1989  il Pretore di Roma ha
 sollevato questione di legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
 all'art.  3 della Costituzione, dell'art. 2, lett. a), della legge 27
 maggio 1959 n. 324, nella parte in cui stabilisce  il  divieto  della
 cedibilita',   pignorabilita'  e  sequestrabilita'  della  indennita'
 integrativa speciale istituita  dalla  legge  stessa  in  favore  del
 personale dello Stato.
    Ad  avviso  del  remittente  la disposizione denunciata, a seguito
 della sentenza n. 878 del 1988 di  questa  Corte,  con  la  quale  e'
 venuta  meno  la  impignorabilita'  -  per  ogni  credito vantato nei
 confronti del personale - delle retribuzioni corrisposte dallo Stato,
 appare  intrinsecamente irrazionale e contrastante con l'art. 3 della
 Costituzione per l'inammissibile  condizione  di  disparita'  tra  il
 dipendente  pubblico,  che  puo'  sottrarre alle azioni esecutive dei
 suoi creditori oltre la meta' di quanto gli viene corrisposto per  la
 sua  opera  (sotto la voce di indennita' integrativa speciale), ed il
 dipendente privato che percepisce un corrispettivo sottoposto,  senza
 distinzione alcuna nelle sue componenti, alle azioni esecutive.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Pretore  di  Roma  solleva  questione  di  legittimita'
 costituzionale, in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,  della
 disposizione  contenuta  nella  legge  27  maggio  1959,  n. 324, che
 stabilisce   il   divieto   della   cedibilita',   pignorabilita'   e
 sequestrabilita'  della  indennita'  integrativa  speciale  istituita
 dalla legge stessa in favore del personale dello Stato e percepita in
 corso di rapporto.
   Per  un evidente errore materiale il giudice remittente ha indicato
 tale norma nell'art. 2, lett. a), della legge - che pone il  medesimo
 divieto in ordine all'indennita' attribuita ai titolari di pensione -
 anziche'  nell'art.  1,  terzo  comma,  lett.  b),   che   disciplina
 specificamente   il   regime   dell'indennita'  integrativa  speciale
 accessoria alla retribuzione.
    Nondimeno   il  provvedimento  di  rimessione  e'  inequivoco  nel
 delineare correttamente la  fattispecie  oggetto  della  controversia
 (nella  quale  e'  appunto  in  discussione  la  pignorabilita' della
 retribuzione complessiva percepita da  un  dipendente,  in  servizio,
 dell'Istituto  Postelegrafonici), nell'esporre il contenuto normativo
 della disposizione che pone il detto divieto di pignorabilita', e nel
 motivare  la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale
 ai fini della decisione finale; tanto basta per ritenere la questione
 inequivocamente  riferita  alla disposizione di cui all'art. 1, terzo
 comma,  lett.  b),  della  legge  n.  324  del  1959   e,   pertanto,
 l'indicazione  dell'ordinanza  puo' essere corretta dalla Corte (cfr.
 sentt. nn. 47 del 1962 e 138 del 1986).
    2. - Nel merito la questione e' fondata.
    Questa  Corte,  con la sent. n. 878 del 1988, ha gia' riconosciuto
 la illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, n.  3  del
 d.P.R.  5  gennaio  1950  n.  180  (nella  parte  in cui stabiliva il
 medesimo divieto in  ordine  alla  pignorabilita',  per  crediti  non
 qualificati, delle retribuzioni dei pubblici dipendenti), affermando,
 in sintesi, il difetto di ragionevolezza di tale norma e  la  lesione
 del  principio  di  eguaglianza  concretantesi nel risolvere in senso
 opposto alla regola generale dell'art. 545 del  codice  di  procedura
 civile  i contrastanti interessi inerenti alla posizione del debitore
 ed a quella del creditore; in tal guisa  la  Corte  ha  eliminato  un
 trattamento  ingiustamente  differenziato  tra  dipendenti pubblici e
 privati in materia di pignorabilita' della retribuzione.
    Dei  medesimi principi non puo' non farsi applicazione anche nella
 questione in esame.
    La  indennita'  integrativa  speciale  e'  stata  introdotta dalla
 citata legge n. 324 del 1959 al fine di far fronte alle esigenze  dei
 lavoratori  del  settore  pubblico impiegando uno strumento che desse
 alla retribuzione una stabilita'  adeguata  rispetto  all'inflazione,
 con  un  meccanismo  del  tutto  simile  a  quello dell'indennita' di
 contingenza prevista per  i  dipendenti  privati.  L'esenzione  dalla
 pignorabilita'  era  allora del tutto omogenea al parallelo principio
 stabilito per le retribuzioni dei pubblici dipendenti dal  richiamato
 art.  2  del  T.U.  n. 180 del 1950, sul presupposto che l'esecuzione
 coattiva dei crediti sugli emolumenti percepiti dagli impiegati dello
 Stato  fosse  suscettibile  di  recare  turbamento alla funzionalita'
 della pubblica Amministrazione.
    Venuto meno detto limite con la declaratoria d'incostituzionalita'
 portata dalla citata sent.  n.  878  del  1988,  la  norma  in  esame
 continua a determinare una ingiustificabile condizione di privilegio,
 relativamente alla sola  indennita'  integrativa,  tra  i  dipendenti
 dello Stato ed i dipendenti privati che percepiscono una retribuzione
 sottoposta nel suo complesso alle azioni esecutive,  pur  nei  limiti
 indicati dall'art. 545 del codice di procedura civile.
    Ai  fini  che  qui  interessano,  infatti,  non  vi  e' dubbio che
 l'indennita' integrativa speciale e' da considerare un elemento della
 retribuzione   complessiva   del   pubblico   dipendente  cosi'  come
 l'indennita'  di  contingenza  lo  e'  per  i   dipendenti   privati.
 Conseguentemente  il rispetto del principio di eguaglianza impone che
 il debitore - che sia pubblico dipendente  -  risponda  parimenti  in
 sede   esecutiva  delle  sue  obbligazioni,  anche  con  l'indennita'
 integrativa speciale, secondo la regola generale stabilita  dall'art.
 545 del codice di procedura civile.