ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della
 legge 1Πgiugno  1939,  n.  1089  (Tutela  delle  cose  di  interesse
 artistico e storico), promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa  l'8  giugno 1989 dal T.A.R. del Lazio sul
 ricorso proposto da Canepa Pietro ed altro contro il Ministero per  i
 beni  culturali  ed  ambientali,  iscritta  al  n.  469  del registro
 ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1989;
       2)  ordinanza emessa il 13 aprile 1989 dal T.A.R. del Lazio sul
 ricorso proposto da Perugia Alessandro ed altri contro  il  Ministero
 per  i  beni culturali ed ambientali ed altro, iscritta al n. 493 del
 registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  Perugia  Alessandro  ed altri
 nonche' gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  17  gennaio  1990  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Uditi  gli  avv.ti  Giovanni  Vanin e Renato Di Castro per Perugia
 Alessandro ed altri e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio  Ferri  per
 il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con D.M. del 4 aprile 1987, il Ministro per i beni culturali
 e ambientali sottoponeva a vincolo, ai sensi della  legge  1Π giugno
 1939,  n. 1089, l'"Antico Caffe' Genovese" di Cagliari, dichiarato di
 interesse particolarmente importante.
    Avverso  tale  provvedimento  ricorrevano  al  T.A.R. Lazio Canepa
 Pietro e Canepa Francesco, proprietari del predetto locale, deducendo
 la  violazione  degli artt. 1, 2 e 3 della legge n. 1089 del 1939, ed
 eccesso di potere.
    L'adito  Tribunale,  con ordinanza emessa l'8 giugno 1989 (R.O. n.
 469 del 1989), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale,
 in riferimento all'art. 9 della Costituzione, degli artt. 1 e 2 della
 citata legge, nella parte in cui non  prevedono  la  possibilita'  di
 tutelare   attivita'   tradizionali  caratterizzanti  una  parte  del
 territorio cittadino ed, in particolare, i centri storici.
    Ha  osservato  che  dal contenuto del D.M. impugnato si evince che
 esso non ha inteso tanto tutelare l'arredo e  i  decori  del  locale,
 quanto,   soprattutto,   assicurare   la  continuita'  dell'attivita'
 commerciale ivi esercitata, in quanto  tradizionalmente  connessa  al
 centro storico di Cagliari.
    Ma  tale finalita' e' estranea alla previsione della legge n. 1089
 del  1939,  la  quale  tutela  cose  materiali,  sia  che  presentino
 particolare  interesse storico, artistico, archeologico o etnografico
 (art. 1), sia che tale  carattere  abbiano  acquistato  per  il  loro
 riferimento  ad  accadimenti  della  storia politica, militare, della
 letteratura, dell'arte e della cultura in genere (art. 2).
    La  previsione di limiti alla destinazione delle cose di interesse
 storico  e  artistico,  operata  dall'art.  11  cpv.,  che   consente
 all'Amministrazione  di  vietare usi non compatibili con il carattere
 delle  cose  predette  o  tali  da  arrecare  pregiudizio  alla  loro
 conservazione  ed  integrita', secondo il giudice a quo, avrebbe solo
 portata strumentale e non autonomo rilievo.
    Ad  avviso  del  Collegio,  le  stesse norme, pero', proprio nella
 parte in cui non prevedono  la  possibilita'  di  tutelare  attivita'
 culturalmente rilevanti e caratterizzanti l'assetto di una via, di un
 quartiere, di una zona, contrasterebbero con il precetto dell'art.  9
 della  Costituzione in base al quale il bene "cultura" costituisce un
 valore fondamentale per cui devono tutelarsi tutti gli interessi  che
 riguardano il modo di essere della comunita'.
    2.  -  Nel  giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura Generale dello
 Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio  dei  ministri,
 che  ha  concluso  per  la  inammissibilita',  e,  comunque,  per  la
 infondatezza della questione. Ha sostanzialmente condiviso l'esigenza
 di  proteggere  beni culturali, ma ha prospettato la possibilita' che
 la  tutela  sia  assicurata  dalle  norme  denunciate  mediante   una
 interpretazione piu' adeguata all'evoluzione dei tempi, secondo cui i
 vari tipi di interessi culturali da esse considerati possano avere la
 loro    matrice   in   un'attivita'   che   si   trasfonda   in   una
 caratterizzazione culturale della cosa.
    Ha  rilevato  che  l'esigenza di protezione culturale in relazione
 all'uso puo' anche esprimersi in effetti corrispondenti ad un vincolo
 di  destinazione  che,  agendo  sulla proprieta' e non sul diritto di
 iniziativa  economica,  ha  carattere  reale  e  non  personale,  non
 potendosi  confondere con l'obbligo di esercitare l'attivita', che si
 porrebbe in contrasto con altri principi di rango costituzionale.
    3.  -  Identica  questione  e' stata sollevata dallo stesso T.A.R.
 Lazio con ordinanza emessa il 13 aprile 1989 (R.O. n. 493 del  1989),
 sul   ricorso   proposto   da   Perugia   Alessandro  ed  altri,  per
 l'annullamento del D.M.  del  12  novembre  1984,  con  il  quale  il
 Ministero  per  i  beni  culturali  e  ambientali,  nel  sottoporre a
 vincolo, ai sensi dell'art. 3  della  legge  n.  1089  del  1939,  il
 "Palazzo   Fiano",   sito   in   Roma,   ha   dichiarato  d'interesse
 particolarmente importante, ai sensi degli artt. 1 e 2 della predetta
 legge la "Gioielleria Masenza", ubicata nello stesso palazzo.
    Il giudice a quo ha svolto argomentazioni identiche a quelle poste
 a base dell'ordinanza precedente.
    4.  -  Nel  giudizio  si  e'  costituita  la  parte privata che ha
 concluso per la manifesta infondatezza della questione.
     Nella  memoria  ha poi precisato che il titolare della licenza di
 esercizio  della  gioielleria  in  questione  si  e'  definitivamente
 ritirato  dal  commercio  dei  preziosi,  e  che  i locali, pur nella
 disponibilita' dei legittimi proprietari, sono chiusi da tempo, ed ha
 osservato  che,  in  sostanza,  estendendo  il vincolo dell'attivita'
 commerciale,  se  ne  imporrebbe  agli  interessati  la  ripresa,  in
 contrasto  con  il  principio  della liberta' di iniziativa economica
 privata, tutelato dall'art. 41 della Costituzione.
    Il   vincolo,   inoltre,   violerebbe   anche   l'art.   42  della
 Costituzione, il quale prevede che la proprieta' privata possa essere
 sottoposta  a limiti solo per assicurare la funzione sociale, mentre,
 nel caso di specie, il  preteso  interesse  generale  perseguito  non
 potrebbe  essere  attuato poiche' il bene che si intende tutelare non
 e' un valore culturale attuale.
    5.   -  E'  intervenuta  l'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  in
 rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, rassegnando
 identiche  conclusioni  che  nel  precedente  giudizio  con le stesse
 argomentazioni.
    6.  - Nell'imminenza dell'udienza la difesa della parte privata ha
 depositato memoria, ma fuori termine.
                         Considerato in diritto
    1.  -  I  due giudizi, siccome prospettano identica questione, per
 evidenti ragioni di connessione possono essere riuniti e  decisi  con
 un unico provvedimento.
    2.  -  Il  T.A.R.  Lazio  dubita della legittimita' costituzionale
 degli artt. 1 e 2 della legge 1Πgiugno 1939, n. 1089, nella parte in
 cui  non prevedono la possibilita' di tutelare attivita' tradizionali
 caratterizzanti  una  parte   del   territorio   cittadino   ed,   in
 particolare,  i centri storici, in quanto risulterebbe violato l'art.
 9 della Costituzione,  non  risultando  tutelato  il  bene  "cultura"
 assunto,   per  effetto  del  precetto  costituzionale,  a  principio
 fondamentale dell'ordinamento.
    3. - La questione non e' fondata.
    Gli  artt.  1  e  2  della  legge  n.  1089  prevedono  la  tutela
 rispettivamente dei  beni  (cose  mobili  o  immobili)  di  interesse
 storico,  artistico,  archeologico, etnografico (art. 1) e di beni di
 interesse particolarmente importante per  il  loro  riferimento  alla
 storia  politica,  militare,  della  letteratura,  dell'arte  e della
 cultura in genere (art. 2).
    L'art.  11  della  stessa  legge  vieta  delle  suddette  cose una
 destinazione ed un uso non  compatibile  con  il  loro  carattere  e,
 comunque, tale da pregiudicarne la conservazione e l'integrita'.
    La  tutela  dei  beni e' determinata dal loro valore "culturale" e
 dal   relativo   interesse   pubblico,   da   accertarsi   con   atto
 amministrativo  discrezionale,  soggetto  al  sindacato  del  giudice
 amministrativo. Nella specie lo ha esercitato il  giudice  remittente
 che,   peraltro,   ha   ritenuto   oggetto  del  vincolo  l'attivita'
 commerciale relativa ai beni in esame piuttosto  che  i  beni  stessi
 (arredi, decori, mobili vari ecc.).
    4. - Il valore culturale dei beni di cui all'art. 2 su richiamato,
 al cui genere appartengono  quelli  di  cui  trattasi,  e'  dato  dal
 collegamento  del  loro  uso e della loro utilizzazione pregressi con
 accadimenti della storia, della civilta' o del costume anche  locale.
 In altri termini, essi possono essere stati o sono luoghi di incontri
 e di convegni di artisti, letterati, poeti, musicisti ecc.;  sedi  di
 dibattiti  e  discussioni  sui piu' vari temi di cultura, comunque di
 interesse storico-culturale, rilevante ed importante,  da  accertarsi
 dalla pubblica amministrazione competente. La detta utilizzazione non
 assume  rilievo  autonomo,  separato  e  distinto  dal  bene  ma   si
 compenetra  nelle  cose che ne costituiscono il supporto materiale e,
 quindi, non puo' essere protetta  separatamente  dal  bene,  come  si
 pretenderebbe.
    L'esigenza  di  protezione  culturale  dei beni, determinata dalla
 loro utilizzazione e dal loro uso  pregressi,  si  estrinseca  in  un
 vincolo  di  destinazione che agisce sulla proprieta' del bene e puo'
 trovare giustificazione, per i profili costituzionali, nella funzione
 sociale  che  la  proprieta'  privata  deve  svolgere  (art. 42 della
 Costituzione).
    Il vincolo non puo' assolutamente riguardare l'attivita' culturale
 in se' e per se', cioe', considerata separatamente dal bene, la quale
 attivita',   invece,   deve   essere   libera   secondo   i  precetti
 costituzionali (artt. 2, 9 e 33).
    La stessa iniziativa economica e' libera, salvo il suo indirizzo e
 coordinamento  a  fini  sociali  a  mezzo  leggi   (art.   41   della
 Costituzione).
    Vi  sono  certamente attivita' culturali (c.d. beni-attivita') che
 lo Stato tutela con incentivi vari,  specie  di  natura  finanziaria,
 disposti con leggi apposite, distinte da quella in esame.
    Anche  i  centri  storici,  cui  ha  fatto  riferimento il giudice
 remittente, hanno una protezione particolare e  peculiare.  L'art.  4
 del  decreto-legge  n.  832  del  1986, convertito in legge n. 15 del
 1987, demanda alla discrezionalita' del  sindaco,  in  occasione  del
 rilascio  delle  licenze  di  commercio per i locali siti nelle varie
 zone del centro  storico,  la  valutazione  della  compatibilita'  di
 alcune  attivita'  commerciali  con le caratteristiche delle suddette
 zone.
     5.  -  In  tale  situazione  non risulta affatto violato l'art. 9
 della Costituzione. Esso impegna la  Repubblica  ad  assicurare,  tra
 l'altro,  la promozione e lo sviluppo della cultura nonche' la tutela
 del  patrimonio   storico   ed   artistico   della   Nazione,   quale
 testimonianza  materiale  della  civilta'  e della cultura del Paese.
 Anche per quanto si desume da altri precetti costituzionali, lo Stato
 deve  curare  la  formazione  culturale  dei  consociati  alla  quale
 concorre ogni valore idoneo a sollecitare e  ad  arricchire  la  loro
 sensibilita'  come  persone,  nonche'  il  perfezionamento della loro
 personalita' ed il progresso anche spirituale oltre che materiale. In
 particolare,  lo  Stato,  nel  porsi gli obiettivi della promozione e
 dello sviluppo della cultura, deve provvedere alla  tutela  dei  beni
 che   sono  testimonianza  materiale  di  essa  ed  assumono  rilievo
 strumentale per il raggiungimento dei suddetti obiettivi sia  per  il
 loro  valore  culturale intrinseco sia per il riferimento alla storia
 della civilta' e del costume anche locale; deve, inoltre,  assicurare
 alla  collettivita'  il  godimento  dei  valori culturali espressi da
 essa.