Ricorso   della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
 presidente della giunta pro-tempore signor  Mario  Malossini,  giusta
 deliberazione  della  giunta provinciale n. 1128 del 9 febbraio 1990,
 rappresentata e difesa  -  in  virtu'  di  procura  speciale  del  13
 febbraio  1990,  per  atto  del notaio dott. Pierluigi Mott in Trento
 (rep. n. 54824) - dall'avv. prof. Sergio Panunzio e  presso  di  esso
 elettivamente  domiciliata  in  Roma, piazza Borghese n. 3, contro la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente  del
 Consiglio in carica, per il regolamento di competenza in relazione al
 decreto del Presidente del Consiglio dei  Ministri  del  22  dicembre
 1989  recante  "Atto  di  indirizzo  e  coordinamento  dell'attivita'
 amministrativa delle  regioni  e  province  autonome  concernente  la
 realizzazione  di  strutture  sanitarie  residenziali per anziani non
 autosufficienti  non  assistibili   a   domicilio   o   nei   servizi
 semiresidenziali".
                               F A T T O
    1. - Com'e' noto, gli artt. 8, n. 17) e n. 25), e 16 dello statuto
 speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R.  31 agosto 1972, n.  670)
 attribuiscono  alla  provincia  autonoma  ricorrente  una  competenza
 legislativa ed amministrativa primaria in materia di lavori  pubblici
 di  interesse provinciale e di assistenza pubblica; inoltre gli artt.
 9, n. 10), e 16 dello statuto attribuiscono ad  essa  una  competenza
 concorrente in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza
 sanitaria ed ospedaliera. A  tale  disciplina  si  collegano  poi  le
 relative  norme  d'attuazione, adottate con il d.P.R.  22 marzo 1974,
 n. 381 (in materia di lavori pubblici), il d.P.R. 28 marzo  1975,  n.
 469,   e   successive  modificazioni  (in  materia  di  assistenza  e
 beneficienza pubblica), ed il  d.P.R.  28  marzo  1975,  n.   474,  e
 successive modificazioni (in materia di igiene e sanita').
    In base, dunque, a tali attribuzioni la provincia ricorrente, gia'
 da tempo, ha adottato una ampia disciplina delle suddette materie, in
 particolare  anche per cio' che concerne l'assistenza agli anziani ed
 ai  soggetti  non  autosufficienti.  A  questo  proposito   si   deve
 soprattutto  ricordare,  oltre alla legge provinciale 12 agosto 1972,
 n. 9  ("Provvidenze  a  favore  delle  case  di  riposo"),  la  legge
 provinciale  19  agosto 1973, n. 28, recante "Provvedimenti in favore
 dell'assistenza agli anziani  e  delle  amministrazioni  ospedaliere,
 nonche'  per  l'esecuzione  di programmi annuali di opere pubbliche",
 che in particolare disciplina gli interventi per la realizzazione  di
 case di riposto per l'assistenza agli anziani. A tale legge hanno poi
 fatto  seguito  le  leggi  provinciali  25  settembre  1978,  n.   40
 ("Provvedimenti  per  la ristrutturazione dei sevizi socio-sanitari a
 livello comprensoriale", spec. artt. 14 e 16); 30 novembre  1974,  n.
 40   ("Ulteriori   provvedimenti   in   favore  dell'assistenza  agli
 anziani"); 28 luglio 1975, n. 26 ("Ulteriori provvedimenti in  favore
 dell'assistenza aperta");
 e  29  agosto  1977,  n.  18  ("Ulteriore  finanziamento  della legge
 provinciale 19  agosto  1973,  n.  28,  e  successive  modificazioni,
 concernente interventi a favore dell'assistenza agli anziani").
    2.  -  Tutto  cio'  premesso,  e'  stato pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 2 del 3 gennaio  1990  il  decreto  del  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri  22  dicembre  1989,  contenente  "Atto  di
 indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni
 e   province  autonome  concernente  la  realizzazione  di  strutture
 sanitarie  residenziali   per   anziani   non   autosufficienti   non
 assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali".
    Tale  decreto,  che risulta essere stato adottato - in conformita'
 alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989  -
 ai  sensi  dell'art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1988, n.
 67,  contiene   una   minuziosa   disciplina   concernente   sia   il
 dimensionamento,   che   le  tipologie  costruttive  e  vari  aspetti
 organizzativi  delle   strutture   residenziali   per   anziani   non
 assistibili  a  domicilio  e  per  soggetti  non  autosufficienti, da
 realizzare nell'ambito del finanziamento disposto con il primo  comma
 dell'art. 20 della legge n. 67/1988.
    In  particolare  l'art.  1  del  decreto  stabilisce  che  "1.  Le
 residenze sanitarie  assistenziali  per  anziani  non  assistibili  a
 domicilio  e  che  richiedono  trattamenti  continui, da realizzare o
 adeguare nel piano pluriennale di investimenti previsto dall'art.  20
 della  legge 11 marzo 1988, n. 67 devono corrispondere alle tipologie
 e ai requisiti dimensionali indicati nell'allegato A,  che  fa  parte
 integrante del presente decreto". A sua volta l'allegato A, regola in
 modo esaustivo ogni aspetto relativo alla  tipologia,  progettazione,
 organizzazione   funzionale,   e,   infine,   dimensionamento,  delle
 residenze in questione.
    Il  successivo  art.  2 prescrive inoltre che tutti i requisiti di
 cui alla tabella A, debbono essere posseduti non solo dalle strutture
 da  realizzarsi  in  attuazione del piano pluriennale di cui all'art.
 20, primo comma, della legge n. 671/1988, ma anche dalle  istituzioni
 che  si convenzioneranno o, addirittura, che siano gia' convenzionate
 con il servizio sanitario regionale o provinciale (per queste  ultime
 e' previsto un termine di tre anni per effettuare l'adeguamento).
    Infine,  l'art.  3  del  decreto  in  questione  stabilisce  che i
 requisiti della tabella A, in quanto applicabili, si estendono  anche
 alle strutture per soggetti non autosufficienti.
    Il  suddetto  decreto,  nella  misura in cui sia applicabile anche
 alla provincia ricorrente,  risulta  lesivo  delle  sue  attribuzioni
 costituzionali.  Onde  essa  si  vede  costretta  ad impugnarlo per i
 seguenti motivi;
                             D I R I T T O
    1.  - Violazione delle competenze provinciali di cui agli artt. 4,
 8, n. 17) e n. 25), 9, n. 10), e 16) del d.P.R.  31 agosto  1976,  n.
 670,  e  relative norme d'attuazione, anche in relazione al principio
 di legalita' ed agli altri principi che presiedono all'esercizio  del
 potere governativo di indirizzo e coordinamento.
    1.1.  - L'atto di indirizzo in questione e' stato adottato in base
 all'art. 20, secondo comma, lett. f), della legge  n.  67/1988.  Tale
 disposizione  prevede  infatti  la  emanazione di un apposito atto di
 indirizzo e coordinamento per la fissazione di standards dimensionali
 relativi  alle  strutture  residenziali  per  anziani che non possono
 essere assistiti  a  domicilio  -  e  nelle  strutture  di  cui  alla
 precedente  lett. e) - e che richiedono trattamenti continui; i quali
 standards debbono essere emanati a norma dell'art. 5 della  legge  23
 dicembre  1978,  n. 833. A sua volta l'art. 5 della legge n. 833/1978
 prevede la adozione, da parte del Consiglio dei Ministri (su proposta
 del Presidente del Consiglio, d'intesa con il Ministro della sanita',
 sentito il Consiglio sanitario nazionale)  di  atti  di  indirizzo  e
 coordinamento delle attivita' amministrative delle regioni in materia
 sanitaria.
    La   provincia   ricorrente   non   nega   la  necessita'  di  una
 determinazione  di  standards  tipologici  e  dimensionali   per   le
 strutture  residenziali per gli anziani, siano essi autosufficienti o
 non autosufficienti; ma e' evidente come la  determinazione  di  tali
 standards  debba  necessariamente  essere  riferiti  alle  situazioni
 locali, ambientali e  sociali  del  territorio  provinciale,  tenendo
 presenti  anche  le abitudini di vita peculiari della popolazione ivi
 residente. Il che significa che la determinazione di  tali  standards
 non puo' che essere, in genere, di competenza della stessa provincia;
 che i poteri, anche di indirizzo, riconosciuti al Governo  in  questa
 materia   non  possono  andare  al  di  la'  di  quanto  strettamente
 necessario  per  la  salvaguardia  di  esigenze  unitarie   veramente
 essenziali,    onde    non   comprimere   indebitamente   l'autonomia
 provinciale;  e  che   le   stesse   disposizioni   legislative   che
 attribuiscono al Governo poteri di indirizzo in materia sono comunque
 di stretta interpretazione.
    Cio' premesso, prima di passare ad articolare i motivi di ricorso,
 conviene ancora ricordare (a noi stesi e dalla stessa Presidenza  del
 Consiglio) come codesta ecc.ma Corte, pur ammettendo che il potere di
 indirizzo e coordinamento del Governo possa essere  esercitato  anche
 nei    confronti   della   provincia   ricorrente,   abbia   tuttavia
 sottolineato, in primo luogo, i "piu' ristretti  confini"  entro  cui
 tale potere deve essere esercitto allorquando - nel caso in questione
 - esso abbia di fronte a  se'  non  gia'  delle  competenze  di  tipo
 concorrente,  ma  delle  competenze  di  tipo esclusivo (sentenze nn.
 340/1983, 350/1985, 177/1986 e 242/1989).  E  soprattutto  come  essa
 abbia  affermato  (sentenza  n.  242/1989) che il carattere del tutto
 peculiare che e' proprio della autonomia riconosciuta  alle  province
 autonome   di   Trento   e  Bolzano  ha  l'effetto  di  produrre  una
 differenziazione  (anche  rispetto  alle  altre  autonomie  speciali)
 relativa  all'ampiezza  ed  al  contenuto dei limiti statali cui sono
 sottoposte le competenze  attribuite  dallo  statuto  alla  provincia
 ricorrente.  Tale  peculiarita'  si  fonda  -  come e' ben noto - sul
 principio costituzionale della tutela delle  minoranze  linguistiche,
 che  costituisce il punto di riferimento primario intorno a cui ruota
 il complesso delle disposizioni dello statuto T.-A.A., e che concorre
 a  qualificare  l'interesse  nazionale  in  tutte le sue esplicazioni
 verso la regione Trentino-Alto  Adige  e  le  province  autonome  (v.
 infatti  art.  4  dello  st.),  anche  in relazione all'esercizio del
 potere di indirizzo e coordinamento.
 Cosicche'  tale  potere,  quando  venga  in  concreto  esercitato nei
 confronti della provincia ricorrente non puo' - come rilevato  ancora
 da  codesta  ecc.ma  Corte  - "non subire attenuazioni e non assumere
 contenuti tali che ne risulti soddisfatto il principio statutario per
 il  quale  la tutela delle minoranze linguistiche locali costituisce,
 ad un tempo, un aspetto fondamentale dell'interesse  nazionale  e  il
 valore   primario   di   riferimento   dell'autonomia   differenziata
 riconosciuta alla regione Trentino-Alto  Adige  e  alle  province  di
 Trento e di Bolzano".
    Orbene,   quali   che  possano  essere  le  ulteriori  conseguenze
 applicative, in termini di maggiore garanzia  della  autonomia  della
 provincia  ricorrente,  dei  suddetti principi giurisprudenziali, una
 cosa comunque risulta con  certezza:  che  tanto  piu'  penetrante  e
 rigoroso  deve  essere  lo  scrutinio  di  codesta  ecc.ma  Corte nei
 confronti della attivita' di indirizzo  e  coordinamento  governativa
 allorquando  essa  -  come  accade  nel  caso  in  questione  - venga
 esercitata nei confronti delle province di Trento e  Bolzano.  Ed  in
 particolare  ne  risulta  che,  in  presenza dell'interesse nazionale
 della tutela delle minoranze linguistiche, che e' la ragion  d'essere
 peculiare  della  stessa  autonomia  provinciale,  la compressione di
 quest'ultima ad opera di atti di indirizzo del Governo potra'  essere
 giustificata  solo  dalla  effettiva esistenza di ulteriori interessi
 nazionali realmente insuscettibili di frazionamento e  localizzazione
 territoriale,  e  la  cui  valutazione  e  tutela,  quindi, non possa
 davvero in alcun modo essere affidata alle stesse  province  autonome
 di Trento e Bolzano.
    1.2.  - In base al principio di legalita', l'oggetto del potere di
 indirizzo e coordinamento deve essere previamente  determinato  dalla
 legge,  e gli atti che costituiscono esercizio di quel potere debbono
 rispettare i limiti che in tal modo ne derivano.
    Quale  e',  dunque,  l'oggetto  del  potere di indirizzo di cui e'
 espressione il decreto impugnato? L'art. 20, secondo comma, lett. f),
 della  legge  n.  67/1988  costituisce  il  fondamento legale di tale
 potere,  come  e'  detto  espressamente  nel  decreto.   Tale   norma
 legislativa  definisce l'oggetto del potere di indirizzo in questione
 in modo preciso. Si tratta di un potere che dovra' essere  esercitato
 a  norma  dell'art.  5 della legge n. 833/1978 (che peraltro pone una
 disciplina procedurale dell'esercizio del potere di indirizzo) e  che
 ha  come  suo  unico  oggetto la determinazione di standards relativi
 alle strutture residenziali per anziani i quali: a)  hanno  carattere
 esclusivamente  dimensionale;  b)  riguardano esclusivamente le nuove
 strutture che dovranno essere realizzate in attuazione del  programma
 pluriennale  di  cui  al  primo  comma  dell'art.  20  della legge n.
 67/1988; c) riguardano la  realizzazione  di  strutture  residenziali
 destinate  ad "anziani che non possono essere assistiti a domicilio".
 In particolare  per  quanto  riguarda  il  primo  punto  (sub  a)  il
 carattere  esclusivamente  dimensionale degli standards in questione,
 gia'  stabilito  chiaramente  nel  secondo  periodo  della  lett.  f)
 dell'art.  20,  secondo comma ("... strutture, di dimensioni adeguate
 all'ambiente secondo standards..."), viene ulteriormente ribadito nel
 terzo  ed  ultimo  periodo  della  stessa lett. f) ("Dette strutture,
 sulla base di standards dimensionali...")
    Premesso  quanto sopra, vediamo allora qual'e' l'oggetto dell'atto
 di indirizzo in questione. In primo luogo esso fuoriesce dai  confini
 stabiliti  dalla  legge  per il fatto che non contiene solo standards
 dimensionali, ma - come dice  espressamente  per  es.  l'art.  1  del
 decreto - esso e' diretto a fissare in modo vincolante per le regioni
 e le province autonome, mediante la  minuziosa  disciplina  contenuta
 nell'allegato  A,  oltre  che  i  "requisiti  dimensionali", anche le
 "tipologie" delle residenze  per  anziani.  Vero  e'  anche  che  nel
 preambolo il decreto assume di essere stato adottato in base all'art.
 20, secondo comma, lett. f), della legge n. 67/1988, che prevederebbe
 l'emanazione di atti di indirizzo e coordinamento aventi ad oggetto -
 dice sempre il preambolo - le "dimensioni e relative tipologie  delle
 strutture  destinate ad accogliere anziani"; ma gia' si e' visto come
 in realta' la legge si riferisca solo agli standards dimensionali,  e
 non  conferisce  affatto  al Governo un potere di indirizzo avente ad
 oggetto  anche  le  "tipologie"  delle  residenze.  Ne'  si  potrebbe
 ritenere  che  queste  ultime  (le  tipologie)  siano  implicitamente
 ricomprese negli standards dimensionali: poiche' sono  semmai  questi
 ultimi  ad  essere  "relativi"  alle tipologie delle strutture, e non
 viceversa come sembrerebbe volere supporre il preambolo del  decreto,
 per cercare di fare rientrare nella previsione legislativa anche cio'
 che, invece, non vi e' affatto ricompreso.
    Se poi si passa ad esaminare nel dettaglio la disciplina stabilita
 dall'allegato A del decreto impuganto, e' agevole osservare che degli
 11  "criteri"  in cui essa e' suddivisa soltanto uno, e precisamente,
 il criterio n. 10, riguarda gli standards  dimensionali.  Per  quanto
 riguarda  invece  gli  altri  dieci  criteri essi sono tutti estranei
 all'oggetto del potere di indirizzo  quale  risulta  stabilito  dalla
 legge, riguardano invece criteri progettuali e, soprattutto, relativi
 alla organizzazione ed al funzionamento delle  residenze.  Lo  stesso
 criterio  n.  8,  intitolato "Tipologie e dimensioni delle residenze"
 riguarda in realta' non gia' le dimensioni  e  neppure  le  tipologie
 costruttive   delle   residenze,   ma   essenzialmente  le  tipologie
 organizzative delle strutture residenziali.
   Ancora  per  quanto  riguarda  l'oggetto della disciplina stabilita
 dall'atto di indirizzo impugnato, si deve in secondo luogo  ricordare
 come  esso, al primo comma dell'art. 2, stabilisca che i requisiti di
 cui all'art. 1 (cioe' quelli indicati nell'allegato A) debbano essere
 posseduti  anche  dalle  istituzioni  "che  si  convenzionano  con il
 servizio sanitario regionale" (ovvero  provinciale);  ed  al  secondo
 comma  stabilisce ancora - come gia' si era visto in precedenza - che
 ai medesimi requisiti debbano necessariamente  adeguarsi  (entro  tre
 anni)   anche   "le   istituzioni  gia'  convenzionate".  Nell'uno  e
 nell'altro caso, dunque, l'atto di indirizzo e'  rivolto  anche  alle
 strutture   residenziali   realizzate   al  di  fuori  del  programma
 finanziato dall'art. 20 della legge n. 67/1987 (anzi,  nel  caso  del
 secondo  comma dell'art. 2 del decreto impugnato, l'atto di indirizzo
 e' rivolto a strutture sicuramente gia' realizzate in precedenza). Ma
 si  era visto come l'art. 20, secondo comma, lett. f), della legge n.
 67/1988 delimiti l'oggetto del potere  di  indirizzo  agli  standards
 dimensionali relativi alle sole strutture da realizzare in futuro con
 i finanziamenti del  piano,  non  a  quelle  gia'  esistenti  che  la
 provincia   voglia   convenzionare  o,  addirittura,  a  quelle  gia'
 esistenti e gia' convenzionate. In realta' con l'art. 2  del  decreto
 impugnato  il  Governo  pretenderebbe  di vincolare l'attivita' della
 provincia al di la' di quanto gli sia consentito dalla legge che  gli
 ha attribuito il potere di indirizzo.
    Infine  si deve anche richiamare il fatto che l'art. 3 del decreto
 impugnato estende, come si e' visto, l'applicabilita'  dei  requisiti
 stabiliti  dall'allegato A alle strutture riguardanti, in genere, non
 soltanto gli anziani, ma  tutti  i  "soggetti  non  autosufficienti".
 Anche  per  questo aspetto, pero', il decreto impugnato fuoriesce dai
 confini che sono propri  dell'oggetto  del  potere  di  indirizzo  in
 questione.  Oggetto  che  -  come  si  e'  visto  in  precedenza - e'
 costituito dagli standards dimensionali relativi esclusivamente  alle
 "strutture residenziali, per anziani che non possono essere assistiti
 a domicilio" (o nelle strutture di cui alla lettera  e)  del  secondo
 comma dell'art. 20 della legge n. 67/1988).
    In  conclusione,  per  tutti  gli  aspetti  sin qui illustrati, il
 decreto presidenziale impugnato va al di la' dell'oggetto del  potere
 di  indirizzo  e  coordinamento  conferito al Governo dalla legge. La
 violazione del principio di  legalita'  che  presiede  al  potere  di
 indirizzo  in questione comporta altresi' la lesione delle competenze
 provinciali che l'atto impuganto  pretenderebbe  illegittimamente  di
 comprimere.
    1.3.  -  Secondo  un costante imsegnamento di codesta ecc.ma Corte
 (per tutte  sentenze  nn.  150/1982  e  338/1989),  il  principio  di
 legalita'  esige che, allorquando sia attribuito al Governo un potere
 di indirizzo e coordinamento da esercitarsi in via amministrativa, la
 legge  debba  definire (oltre all'oggetto) anche i criteri in base ai
 quali il potere di indirizzo deve essere esercitato: criteri volti  a
 predeterminare,  sia  pure  nelle  linee  essenziali,  il sostanziale
 contenuto normativo dei futuri atti di indirizzo.
    Orbene,  nell'art.  20,  Secondo  comma,  lett. b), della legge n.
 67/1988 non vi e' traccia alcuna dei suddetti criteri.  La  legge  si
 limita  a  definire l'oggetto del potere di indirizzo governativo, ma
 non vi e' nessuna norma che individui le esigenze unitarie  in  vista
 delle  quali il potere deve essere esercitato e che, in qualche modo,
 possa costituire una guida od  un  criterio  di  riferimento  per  il
 Governo  nell'esercizio  del  potere  di  indirizzo.  In  realta'  la
 disciplina contenuta nel decreto impugnato e'  stata  deliberata  dal
 Governo  in modo del tutto libero: senza che nessuna linea direttrice
 fosse stata ancora stabilita dal legislatore.
    Anche  sotto  questo profilo, dunque, il decreto impugnativo viola
 il principio di  legalita'  che  presiede  all'esercizio  del  potere
 governativo  di  indirizzo,  e risulta quindi lesivo delle competenze
 costituzionalmente attribuite alla provincia ricorrente.
    1.4.   -   Infine,  il  decreto  impugnato  risulta  lesivo  delle
 competenze della  provincia  ricorrente  ancora  sotto  un  ulteriore
 profilo, riguardante il suo specifico contenuto dispositivo.
    Secondo  un  indirizzo  giurisprudenziale ormai consolidato (spec.
 sentenze nn. 177/1988, 1145/1988, 389/1989), gli atti di indirizzo  e
 coordinamento   sono   caratterizzati  da  un  contenuto  dispositivo
 "funzionalmente tipizzato", consistente nella posizione di programmi,
 di  indirizzi  o  di  misure di coordinamento. In particolare codesta
 ecc.ma Corte ha ripetutamente affermato che - per loro natura  -  gli
 atti  di  indirizzo  sono  rivolti  a  predeterminare  i  requisiti o
 contenuti minimi di disciplina di una materia, diretti  a  costituire
 "il  nucleo  normativo  unitario  intorno  al  quale le regioni (o le
 province autonome) possono aggregare una disciplina integrativa o  di
 ulteriore  sviluppo" (sentenza n. 177/1988); cosicche' tali atti "non
 possono essere caratterizzati, in linea generale, da forme espressive
 cosi'  analitiche  e  dettagliate  da  precludere alle regioni e alle
 province di Trento e di Bolzano lo spazio  di  autonomia  per  potere
 svolgere le funzioni legislative e amministrative che sono state loro
 costituzionalmente affidate" (sentenza n. 1145/1988).
    Orbene,  con  riserva  di  eventualmente ritornare anche su questo
 profilo  per  svilupparlo  ulteriormente  in  atti   successivi,   e'
 sufficiente  per  ora  la semplice lettura della disciplina contenuta
 nell'allegato A dal decreto impugnato per rendersi conto di come essa
 sia  cosi'  analitica, dettagliata e puntuale da andare ben al di la'
 di quanto sia di regola consentito ad un atto di indirizzo. Solo  per
 fare  qualche esempio, si veda il terzo comma del "criterio n. 5" che
 stabilisce d'autorita' addirittura il  numero  dei  servizi  igienici
 delle  strutture  residenziali  in funzione del numero delle camere o
 degli ospiti; oppure si veda il "criterio n. 9"  che  stabilisce  non
 solo  tutti  i  diversi  servizi  che  debbono  essere previsti nelle
 strutture residenziali, ma addirittura determina in  modo  rigido  la
 distribuzione di tali servizi fra le varie aree e strutture in cui si
 articolano le residenze stesse. Di fronte  ad  una  disciplina  cosi'
 analitica contenuta nell'atto di indirizzo non si vede proprio in che
 modo la provincia ricorrente potrebbe esplicare la sua autonomia  non
 solo  legislativa,  ma  anche  amministrativa  - mediante una propria
 disciplina integrativa o di ulteriore sviluppo.
    Come  e'  evidente,  sotto  quest'ultimo  profilo la lesione delle
 competenze provinciali sussisterebbe anche a prescindere dai  profili
 di   violazione   del  principio  di  legalita'  gia'  illustrati  in
 precedenza: cioe' anche se il decreto impugnato avesse stabilito  una
 disciplina di indirizzo entro i limiti di oggetto e secondo i criteri
 stabiliti dalla legge (il  che  non  e').  Ma  tanto  piu'  grave  ed
 evidente  risultera'  la  lesione  ove si considerino anche i profili
 suddetti. E, soprattutto,  ove  si  tenga  pure  conto  di  un  altro
 elemento, gia' richiamato in precedenza.
    Ci  si  riferisce  al  fatto  che  proprio  la materia la quale e'
 oggetto dell'atto di indirizzo in questione richiede che (soprattutto
 per  quanto  riguarda le tipologie e l'organizzazione delle residenze
 per anziani) si  tenga  conto  delle  specifiche  situazioni  locali,
 ambientali e sociali, del territorio provinciale ed alle abitudini di
 vita della popolazione ivi residente: per cui si tratta di scelte che
 non  possono  essere  avocate integralmente dallo Stato e riferite in
 modo unitario a tutto il territorio nazionale, ma debbono  essere  di
 regola  effettuate  in  sede  provinciale. Tanto piu' inammissibile e
 lesiva delle competenze  provinciali  e'  dunque  la  disciplina  del
 decreto  impugnato, perche' essa - in una materia siffatta - anziche'
 limitarsi a  porre  quelle  sole  (e  poche)  norme  di  indirizzo  e
 coordinamento realmente indispensabili per salvaguardare le eventuali
 preminenti esigenze unitarie, pretende invece di  regolare  pure  nei
 dettagli minuti ogni aspetto, anche secondario, della materia stessa.