IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Ha   pronunciato   la   seguente  ordinanza  nel  procedimento  di
 sorveglianza relativo alla concessione di affidamento in prova quarto
 comma all'udienza del 6 novembre 1989;
    Premesso  che il detenuto Aiello Giuseppe nato il 21 aprile 1954 a
 Montecorvino Rovella (Salerno) residente a Torino,  via  Quarello  n.
 40, difeso dall'avv. d'uff. Loredana Gemelli del Foro di Torino;
    Visto il parere favorevole del p.g.;
    Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;
    Verificata,  preliminarmente,  la  regolarita' delle comunicazioni
 relative  ai  prescritti   avvisi   al   rappresentante   del   p.m.,
 all'interessato ed al difensore;
    Considerate  le  risultanze  delle documentazioni acquisite, delle
 investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della
 discussione di cui a separato processo verbale;
                               F A T T O
    Con  sentenza 18 febbraio 1987 il tribunale di Cuneo ha condannato
 Aiello Giuseppe alla pena di anni 2 e  mesi  1  di  reclusione  e  L.
 500.000 di multa per violazione dell'art. 72 della legge n. 685/1975.
    Detta sentenza e' passata in giudicato il 12 luglio 1989.
    L'Aiello era stato arrestato il 9 febbraio 1987 e scarcerato il 13
 gennaio 1988 per scadenza termine custodia cautelare.
    Poiche'  l'Aiello  aveva  espiato  in custodia cautelare mesi 11 e
 giorni 5 di reclusione, ha formulato istanza di affidamento in  prova
 al servizio sociale senza osservazione.
    Il   p.m.   di   Cuneo   ha  sospeso  l'emissione  dell'ordine  di
 carcerazione  ed  ha  trasmesso  la   richiesta   al   tribunale   di
 sorveglianza di Torino.
    All'odierna  udienza  in  presenza  dell'interessato il p.m. ed il
 difensore dell'Aiello hanno concluso come in atti.
                             D I R I T T O
    Il  tribunale  di  sorveglianza  di  Torino propone l'eccezione di
 incostituzionalita' dell'art. 47, terzo e quarto comma,  della  legge
 26 luglio 1975, n. 354, cosi' come modificata dalla legge n. 663/1988
 per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione motivandola alla
 luce  delle  seguenti  considerazioni:  l'art.  47 sopra citato nella
 nuova formulazione statuisce: "Se  la  pena  detentiva  inflitta  non
 supera  tre  anni,  il  condannato  puo'  essere affidato al servizio
 sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena
 da  scontare.  Il  provvedimento e' adottato sulla base dei risultati
 della osservazione della personalita',  condotta  collegialmente  per
 almeno  un  mese in istituto, nei casi in cui si puo' ritenere che il
 provvedimento stesso, anche attraverso  le  prescrizioni  di  cui  al
 quinto  comma,  contribuisca  alla rieducazione del reo e assicuri la
 prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
    L'affidamento  in  prova  al servizio sociale puo' essere disposto
 senza procedere alla osservazione in istituto quando  il  condannato,
 dopo  un  periodo  di  custodia cautelare, ha goduto di un periodo di
 liberta' serbando comportamento tale da consentire il giudizio di cui
 al  precedente secondo comma. L'istanza e' presentata al tribunale di
 sorveglianza del luogo in cui ha sede l'organo del pubblico ministero
 o il pretore investito dell'esecuzione.
    Se  l'istanza  di  cui al precedente terzo comma e' proposta prima
 dell'emissione o  dell'esecuzione  dell'ordine  di  carcerazione,  e'
 presentata  al pubblico ministero o al pretore, il quale, se non osta
 il limite di pena di cui  al  primo  comma,  sospende  l'emissione  o
 l'esecuzione  fino  alla  decisione del tribunale di sorveglianza, al
 quale trasmette immediatamente gli atti. Il tribunale di sorveglianza
 decide  entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell'istanza.
    All'atto  dell'affidamento  e' redatto verbale in cui sono dettate
 le prescrizioni che il soggetto dovra'  seguire  in  ordine  ai  suoi
 rapporti  con  il  servizio  sociale,  alla  dimora, alla liberta' di
 locomozione, al divieto  di  frequentare  determinati  locali  ed  al
 lavoro".
    Dalla  lettura  della  citata  norma  si possono enucleare quattro
 categorie di persone condannate con pena sino a tre anni  legittimate
 a proporre le domande di affidamento in prova.
    Per  una  completa  chiarezza  del  problema  si e' ritenuto utile
 riportare gli estremi di quattro pratiche  per  ogni  tipo  di  dette
 categorie.
   Primo gruppo:
      1)  Gatti Giovanni, nato a Torino il 5 settembre 1960; arrestato
 il 18 novembre 1988 reo confesso, condannato a mesi 9 di reclusione -
 non  ha  proposto  appello ed ha presentato domanda di affidamento in
 prova il 15 gennaio 1989, pratica definita  con  ordinanza  29  magio
 1989;
      2)  Di  Masi  Giuseppe,  nato  a  Caldania  il  24 ottobre 1959;
 arrestato il 27 aprile 1988 e' stato condannato con sentenza 4 maggio
 1988  dal  tribunale  di  Locri  alla  pena  di  anni  2  e mesi 6 di
 reclusione. Ha presentato  domanda  di  affidamento  in  prova  il  4
 gennaio 1989 definita con ordinanza 8 maggio 1989;
      3)  Licata  Giuseppe,  nato  il  27 giugno 1968; arrestato il 18
 dicembre 1987 e' stato condannato ad  anni  2  di  reclusione  il  14
 gennaio  1988  in  primo grado ed in secondo grado il 26 maggio 1988.
 Non ha fatto ricorso per Cassazione. La  domanda  di  affidamento  e'
 stata  presentata  il 2 agosto 1988 ed e' stata definita il 3 gennaio
 1989;
      4)  Lutzu Pietrino, nato a Tramatea l'8 novembre 1949; arrestato
 il 13 aprile 1987 e'  stato  condannato  ad  anni  2  e  mesi  3  dal
 tribunale  di  Pinerolo, sentenza confermata dalla corte d'appello di
 Torino il 1› ottobre 1987, contro la sentenza non e'  stato  proposto
 ricorso per Cassazione. La domanda di affidamento e' stata presentata
 il 15 ottobre 1987 e' stata definita nel mese di gennaio 1988.
    Nei  primi  sette  mesi di quest'anno il tribunale ha esaminato 99
 richieste come quelle sopra elencate.
    I  connotati comuni a tutte le precitate pratiche sono i seguenti:
      1)  l'arresto  in  flagranza  di  reato o su ordine o mandato di
 cattura;
      2)  processo  di  primo  e  secondo  grado definito con sentenza
 esecutiva prima della scadenza dei termini di custodia cautelare:  e'
 cio' per esplicita e volontaria decisione del condannato di accettare
 il verdetto. Infatti in tutti i casi sopra riferiti  se  fosse  stato
 coltivato  il  ricorso  per Cassazione, dette persone sarebbero state
 scarcerate per decorrenza termini di custodia cautelare;
      3)  presentazione  della  domanda da parte del detenuto ai sensi
 dell'art. 47, secondo comma, dell'ordinamento penitenziario;
      4) trattamento penitenziario da parte del gruppo di osservazione
 che opera in carcere (direttore, educatore,  psicologo  e  assistente
 sociale) che al termine dell'osservazione del detenuto ha redatto una
 relazione trasmessa al tribunale di sorveglianza;
      5)  decisione  finale del tribunale di sorveglianza sulla scorta
 dei dati trasmessi dall'istituto di pena.
    Secondo gruppo:
      1) Pesce Franco, nato l'11 dicembre 1968 a Teana, arrestato il 9
 aprile 1988 per tentato furto, processato l'11 aprile 1988  e'  stato
 condannato  a  mesi  9 di reclusione con sentenza dell'11 aprile 1988
 del  pretore  di  Asti,  scarcerato  il  19  maggio  1988  e'   stato
 riarrestato  il 30 settembre 1988 per espiare la pena residua di mesi
 7 e giorni 20. Domanda presentata il 21 ottobre 1988 e definita il  6
 gennaio 1989;
      2) Campanile Armando, nato il 25 agosto 1962 a Napoli, arrestato
 il 17 gennaio 1985 e' stato condannato dal tribunale  di  Aosta  alla
 pena  di  anni  2  e  mesi 2 di reclusione. Sentenza confermata dalla
 corte di appello di  Torino.  Riarrestato  il  2  novembre  1988  per
 espiare la pena residua di anni 1, mesi 5 e giorni 28. Il 14 novembre
 1988 ha presentato domanda  di  affidamento  in  prova  ex  art.  47,
 secondo comma, definita il 2 aprile 1989;
      3)  Zahirovic  Suleman,  nato  a  Zagabria  il  25  aprile 1965,
 arrestato il 29 luglio 1987 e' stato condannato  in  primo  grado  ad
 anni  1  di reclusione, sentenza confermata dalla corte di appello di
 Torino. E' stato scarcerato il 24  dicembre  1987.  Riarrestato  l'11
 maggio  1989  per  espiare  la  pena  residua di mesi 7 e giorni 4 di
 reclusione. Il 24 maggio 1989 ha presentato domanda di affidamento in
 prova al servizio sociale. Processo definito il 17 luglio 1989;
      4)  Pennisi  Ignazio, nato a Catania il 6 giugno 1957, arrestato
 il 18 dicembre  1976  per  rapina,  il  24  dicembre  1976  e'  stato
 riarrestato.  Il  fatto  delittuoso e' stato definito con sentenza di
 condanna ad anni 1 e mesi 6 di reclusione del  tribunale  di  Catania
 delli  22 giugno 1987. Il 14 aprile 1989 Pennisi e' stato riarrestato
 per espiare la pena residua  di  anni  1,  mesi  5  e  giorni  24  di
 reclusione.  La  domanda di affidamento in prova e' stata proposta il
 12 maggio 1989 e definita il 17 luglio 1989.
    Nei  primi  nove  mesi  dell'anno  1989  sono  state presentate 96
 richieste di affidamento in prova al servizio sociale  per  casi  del
 tutto analoghi a quelli sopra elencati.
    Le peculiarita' comuni a tutte le citate domande sono le seguenti:
      1) l'arresto del detenuto o in flagrante o su ordine di cattura;
      2)  la  scarcerazione  del detenuto o per liberta' provvisoria o
 per scadenza dei termini della custodia cautelare;
      3)  il  riarresto  dello  stesso  dopo il passaggio in giudicato
 della sentenza;
      4)  la  presentazione  della  domanda ex art. 47, secondo comma,
 dell'o.p.;
      5)  la predisposizione di un programma trattamentale finalizzato
 alla  misura  alternativa  da  parte  del  gruppo   di   osservazione
 dell'istituto penitenziario;
      6)  la  stesura  di  una relazione finale che viene trasmessa al
 tribunale di sorveglianza;
      7)  la  decisione  di  detto  organo  giudiziario  fondata sugli
 elementi contenuti in detta relazione.
   Terzo  gruppo:  in  esso sono comprese le domande di affidamento in
 prova da parte di coloro che  non  hanno  subito  custodia  cautelare
 rispetto  al  titolo di condanna in esecuzione. Ovverosia per costoro
 la sentenza di condanna definitiva interviene in  assenza  totale  di
 custodia cautelare.
    Non  appare necessario procedere ad una esemplificazione di queste
 pratiche data la loro uniformita'.
    Possiamo  solo  ricordare  che  nei primi nove mesi dell'anno 1989
 tali richieste sono state formulate da trentasei detenuti.
    I  connotati  fondamentali  comuni a tutti i detenuti compresi nei
 precitati tre gruppi sono rappresentati dalle  seguenti  circostanze;
 a)  il  titolo  esecutivo  della  condanna  a pena detentiva e' stato
 eseguito ed il condannato nel momento in cui ha presentato la domanda
 e'  in stato di detenzione in un istituto penitenziario; b) il gruppo
 di  osservazione  di   detto   istituto   predispone   un   programma
 trattamentale;  c)  al  termine  dell'osservazione finalizzata, detto
 gruppo redige una relazione; d) il tribunale di sorveglianza composto
 anche  da  due esperti di psicologia e criminologia, decide alla luce
 di tutti gli elementi ivi compresi la citata relazione.
    La  disciplina  normativa introdotta con l'art. 47 dell'o.p. della
 legge n. 354/1975 per tutti  i  casi  sopra  elencati  e'  del  tutto
 conforme  alle  disposizioni  contenute  negli  artt.  3  e  27 della
 Costituzione.  Rispetto  al  principio  sancito  nell'art.  3   della
 Costituzione il legislatore del 1975 ha disciplinato in modo uniforme
 la procedura dell'affidamento per tutte le persone condannate a  pena
 detentiva sino a tre anni.
    Invero lo scopo perseguito dal legislatore era quello di garantire
 a tutte le persone condannate a  pena  detentiva  sino  a  tre  anni,
 ovverosia  a  coloro che, attraverso l'entita' della pena, apparivano
 persone   di   non   rilevante   pericolosita'   sociale,   l'accesso
 all'affidamento  in  prova  al  servizio sociale: infatti, durante il
 periodo della carcerazione si  procede  a  verificare,  a  mezzo  del
 gruppo di osservazione, la sussistenza delle condizioni soggettive ed
 oggettive per un approccio positivo alla misura alternativa.
    In  tal  modo  non si verificano rotture rispetto all'applicazione
 generalizzata dal principio fissato nell'art. 576  del  c.p.p.  (art.
 656  del  nuovo  codice  di  procedura  penale).  Detta disciplina e'
 altresi'  conforme  al   dettato   contenuto   nell'art.   27   della
 Costituzione. (La pena tende anche alla rieducazione del condannato).
    Infatti   nella  legge  n.  354/1975  sono  stati  previsti  degli
 interventi del tutto appropriati per il conseguimento della finalita'
 dianzi  espressa  nella  citata  norma. (Leggere a tale proposito gli
 artt. 1, 13, 15, 19, 20, 26, 27, 47, 48,  50  e  54  della  legge  n.
 354/1975; artt. 26, 27, 28 e 94 del regolamento).
    La  liberta'  concessa  agli affidati in prova al servizio sociale
 privilegia il contenuto rieducativo  della  pena  al  termine  di  un
 meccanismo procedurale serio e valido.
    La  fiducia  nel condannato e' ben riposta perche' e' il frutto di
 un'attenta e approfondita analisi  della  sua  personalita'  e  delle
 condizioni  socio  ambientali  in  cui  costui  tornera' a vivere. La
 rinuncia da parte dello Stato a vedere eseguita in tutto o  in  parte
 una  sentenza  di  condanna  definitiva ha il suo corrispettivo nella
 ragionevole  previsione  che  il  destinatario  di  questa  pena  non
 commettera' altri reati.
   Quarto gruppo:
      1)  Aiello  Giuseppe,  arrestato il 9 febbraio 1987 per reato in
 tema di droga e' stato scarcerato il 13 gennaio 1988.  Processato  e'
 stato condannato con sentenza 18 febbraio 1987 dal tribunale di Cuneo
 alla pena di anni 2 e mesi  1  di  reclusione.  Costui  ha  formulato
 istanza   di   affidamento   in   prova  al  servizio  sociale  senza
 osservazione per la pena residua di anni 1, mesi 1  e  giorni  25  di
 reclusione.  Il  p.m. di Cuneo ha sospeso l'esecuzione dell'ordine di
 carcerazione;
      2)   Guzzo  Franco,  arrestato  il  1›  ottobre  1981  e'  stato
 successivamente scarcerato. Con sentenza 5 marzo 1982  del  tribunale
 di Cuneo costui e' stato condannato ad anni 2 e mesi 6 di reclusione.
 La sentenza e' divenuta definitiva il 19 ottobre 1988.  Guzzo  Franco
 ha  presentato  istanza  di affidamento in prova con riferimento alla
 pena residua di anni 2, mesi 3 e giorni 10.  Il  p.m.  competente  ha
 sospeso l'esecuzione dell'ordine di carcerazione;
      3)  Berardo  Tiziana,  arrestata  il  23 settembre 1987 e' stata
 scarcerata il 29  marzo  1988.  Con  sentenza  2  dicembre  1987  del
 tribunale  di  Torino Berardo Tiziana e' stata condannata ad anni 2 e
 mesi 8 di reclusione. La sentenza e' divenuta definitiva il 29  marzo
 1988.  La  Berardo  h  apresentato istanza di affidamento in prova ex
 art. 47, quarto comma, per la pena residua  ed  il  p.m.  ha  sospeso
 l'esecuzione dell'ordine di carcerazione;
      4)  capone  Felicia,  arrestata  il  2  febbraio  1987  e' stata
 scarcerata per liberta' provvisoria il 9 maggio 1988.  La  stessa  e'
 stata  condannata  con  sentenza  2 maggio 1988 alla pena di anni 2 e
 mesi 8. La Capone ha formulato domanda di affidamento in prova per la
 pena  residua  ai  sensi  dell'art.  47,  quarto comma, ed il p.m. ha
 sospeso l'esecuzione dell'ordine di carcerazione.
    Il  numero  di pratiche identiche a quelle sopra elencate e' stato
 di 90 unita' nei primi nove mesi del corrente anno.
    Dette pratiche hanno i seguenti connotati comuni:
      1) l'arresto in flagrante o su ordine o mandato di cattura;
      2)  la scarcerazione per liberta' provvisoria o per scadenza dei
 termini di custodia cautelare;
      3)  dopo  il passaggio in giudicato della sentenza di condanna a
 pena detentiva, il condannato ha presentato la domanda di affidamento
 in prova al servizio sociale senza osservazione ed il p.m. ha sospeso
 l'emissione   dell'ordine   di   carcerazione   ovvero   ha   sospeso
 l'esecuzione dell'ordine di carcerazione emesso;
      4)  il  tribunale  di  sorveglianza ha deciso sulla istanza alla
 luce del comportamento tenuto dal condannato in liberta'.
    Il  collegio  ritiene che la disciplina giuridica introdotta nella
 legge n. 663/1988 per i casi elencati nel quarto gruppo confligge  in
 modo  palese  con  l'art. 3 e con l'art. 27 della Costituzione e cio'
 rispetto alle istanze elencate nel primo e secondo gruppo.
    Invero 1) Aiello Giuseppe, 2) Guzzo Franco, 3) Berardo Tiziana, 4)
 Capone Felicia nonche'  le  altre  86  persone  che  hanno  formulato
 istanza  ex art. 47, terzo e quarto comma, (quarto gruppo) si trovano
 nella identica situazione oggettiva e  soggettiva  di  Pesce  Franco,
 Campanile  Armando,  Zahirovic  Suleman  e Pennisi Ignazio e delle 92
 persone di cui al secondo gruppo. E valga il vero. Ad esempio Pennisi
 Ignazio e Aiello Giuseppe: 1) sono stati entrambi arrestati; 2) l'uno
 e l'altro sono stati poi scarcerati; 3) Aiello e Pennisi  sono  stati
 condannati ad una pena detentiva sino a tre anni; 4) Aiello e Pennisi
 hanno espiato, rispetto al titolo messo in esecuzione, un periodo  di
 custodia cautelare.
    E'  necessario  allora  che  qualcuno spieghi su quale elemento e'
 fondata la razionalita' del sistema normativo introdotto con  la  686
 che  ha  consentito all'Aiello di formulare la domanda di affidamento
 in prova senza rientrare in carcere e di essere giudicato sulla  base
 di  notizie  relative  alla  sua  condotta  fuori dal carcere, mentre
 Pennisi ha formulato la stessa istanza in stato di detenzione  ed  il
 giudizio  sulla  sua richiesta e' stata formulata sulla scorta di una
 relazione  redatta  dal  gruppo  trattamentale  su  basi  di   natura
 professionale   e   scientifica  ed  al  termine  di  un  periodo  di
 osservazione in carcere.
    Sono  a questo proposito significativi anche i dati numerici sopra
 riferiti.
    La  richiesta  di  affidamento  in prova delle persone del secondo
 gruppo sono state 96 mentre quelle del quarto gruppo sono state 90.
    Cio' significa che 90 persone condannate con pena sino a tre anni,
 arrestate e scarcerate  hanno  ricevuto  un  trattamento  migliore  e
 differenziato  rispetto  a  96 persone condannate con pena sino a tre
 anni ed anche esse arrestate e scarcerate.
    Il  dettato  dell'art. 3 della Costituzione esige che a parita' di
 situazioni  oggettive  e  soggettive  corrisponda  una   parita'   di
 disciplina  normativa:  a  parere  del  collegio  questo  precetto e'
 violato in modo macroscopico nelle ipotesi sopra illustrate. Peraltro
 mentre  l'art.  47  della  legge  n.  354 e' del tutto rispettoso del
 precetto costituzionale (art. 3),  invece  la  novella  del  1986  ha
 introdotto una procedura, chiaramente discriminatoria.
    L'anomalia  di siffatta disciplina e' riconducibile altresi' anche
 al dettato  contenuto  nell'art.  27  della  Costituzione  che  cosi'
 recita:  "Le  pene  non possono consistere in trattamenti contrari al
 senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato".
    Sopra  e'  stato illustrato, con dovizia di argomenti, in che modo
 l'art. 47 cosi' come formulato dal legislatore del 1975,  rappresenta
 la  traduzione  operativa  del  dettato costituzionale (la pena tende
 alla rieducazione).
    Lo  Stato,  attraverso la procedura fissata negli artt. 3, 13 e 15
 della legge penitenziaria, 26, 27, 28 e 29 del regolamento, si  mette
 al   servizio   del   condannato   per   garantirgli  un  trattamento
 penitenziario ed un'osservazione finalizzata alla misura  alternativa
 richiesta.
    In  modo  incomprensibile  il  legislatore  del  1986,  eludendo e
 contraddicendo  in  modo  solare  le  finalita'   rieducative   degli
 strumenti  operativi  creati dalla legge n. 354, gratifica la persona
 condannata sino a tre anni di reclusione del beneficio  della  misura
 dell'affidamento in prova senza osservazione.
    Il  caso  di  specie e' del tutto significativo e dimostra in modo
 palmare la differenza tra l'affidamento in prova al servizio  sociale
 con  osservanza  e  l'affidamento  in prova al servizio sociale senza
 osservazione.
    Il primo tipo di affidamento e' una misura alternativa concessa da
 un organo giurisdizionale sulla base di una  attenta  e  approfondita
 analisi  della  personalita'  del  detenuto  e delle condizioni socio
 ambientali in cui costui tornera' a vivere.
    La  rinuncia  da parte dello Stato a vedere eseguita in tutto o in
 parte una sentenza di condanna definitiva  ha  il  suo  corrispettivo
 nella  ragionevole  previsione che il destinatario di questa pena non
 commettera' altri reati. Nella nuova disciplina tutto cio'  e'  stato
 cancellato  ed  annullato. Le uniche condizioni cui viene subordinata
 la concessione dell'affidamento in prova sono le seguenti: a) l'avere
 il  condannato espiato una parte della pena in custodia cautelare; b)
 l'avere serbato nel periodo della liberta' un comportamento  tale  da
 consentire  il  giudizio  che  le prescrizioni che il soggetto dovra'
 seguire durante l'affidamento siano sufficienti per  la  rieducazione
 del  reo  e  per  prevenire la commissione di altri reati. Secondo la
 nuova  disciplina  un  organo  giurisdizionale   (il   tribunale   di
 sorveglianza)  dovra'  emanare un'ordinanza che ha valore di sentenza
 sulla base di informative sulla condotta del condannato in  liberta';
 notizie   fornite   dai   CC.  e  dalla  Polizia  di  Stato  in  modo
 approssimativo e spesso contraddittorio.
    Le  perplessita'  in  ordine  alle conformita' di dette discipline
 rispetto all'art. 27 della Costituzione sono vieppiu' aumentate  dopo
 l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.
    Infatti,  nell'ipotesi  che venga emessa una misura coercitiva nei
 confronti dell'autore di un reato (ad esempio una rapina) e che detta
 misura  venga  revocata perche' sono venute meno le esigenze previste
 dall'art. 274 del c.p.p., qualora il procedimento relativo terminasse
 nelle  forme  del patteggiamento, in tal caso la sentenza di condanna
 passerebbe in giudicato a breve distanza dalla scarcerazione e  dalla
 commissione del fatto.
    Orbene, il condannato che ha espiato una parte della pena sia pure
 nella misura di pochi giorni, potrebbe subito dopo formulare  istanza
 di affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione.
    Il  tribunale  di  sorveglianza si troverebbe a dover giudicare se
 costui sia o meno idoneo ad usufruire delle misure alternative  sulla
 base delle notizie fornite sulla sua condotta nel breve arco di tempo
 trascorso in liberta' dalla scarcerazione al passaggio in  giudicato.
    Ribadiamo  a  tal  proposito  che  secondo il chiaro contenuto del
 terzo comma dell'art. 47 il giudizio deve essere  fondato  unicamente
 "sul comportamento serbato dal richiedente durante la liberta'".
    La  prospettazione  di  una siffatti ipotesi, che sara' certamente
 realta'  in  un  numero   elevatissimo   di   processi,   deve   fare
 ulteriormente  riflettere sul riapetto di detta disposizione del fine
 rieducativo della pena enunciato nell'art. 27 della Costituzione.
    La  denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione e' ancora
 vieppiu' evidente tra i casi elencati nella prima categoria e  quelli
 elencati nella quarta categoria.
    Invero, nei casi sopra riferiti e nelle altre 92 domande formulate
 nei primi nove mesi di quest'anno, tutti i condannati hanno fatto una
 scelta  degna  di  pieno  rispetto:  hanno  accettato  il verdetto di
 condanna e  dopo  avere  rinunciato  all'appello  o  al  ricorso  per
 cassazione, hanno chiesto l'affidamento in prova dopo il passaggio in
 giudicato della sentenza.
    Per essi e' scattata la procedura prevista dall'art. 47 dell'o.p.,
 procedura che  deve  essere  ancora  una  volta  definita  del  tutto
 conforme agli artt. 3 e 27 della Costituzione.
    Orbene  la situazione soggettiva di coloro che sono stati indicati
 nel gruppo quarto e' del tutto identica a quella  di  cui  al  gruppo
 primo.  Ad  esempio  Di  Masi  Giuseppe  e'  stato  arrestato  e  poi
 condannato ad anni 2 e mesi 6 di reclusione per reati  di  droga  (e'
 uno  dei  condannati  di  cui  al  primo gruppo) Guzo Franco (uno dei
 condannati di cui al gruppo quarto) anch'egli e' stato  arrestato  il
 1› ottobre 1981 e poi condannato ad anni 2 e mesi 6 di reclusione per
 reato di droga.
    Il  primo  pero'  ha  accettato  la sentenza di condanna e dopo il
 passaggio in giudicato  della  stessa  (luglio  1988)  ha  presentato
 istanza  di  affidamento  in  prova  al  servizio sociale in stato di
 detenzione, Guzzo Franco invece ha proposto  appello  e  ricorso  per
 Cassazione  avverso  la  prima  sentenza  di  condanna  ottenendo nel
 frattempo la scarcerazione. La sentenza e' divenuta definitiva il  19
 giugno  1988 e costui ha chiesto per la pena residua l'affidamento in
 prova in stato di liberta'.
    Le  situazioni  oggettive  comuni  sopra  elencate  sono:  a)  una
 condanna di anni 2 e mesi 6 per entrambi; b) lo stato  di  detenzione
 iniziale per entrambi.
    Appare  pertanto  palesemente  irrazionale  la  previsione  di una
 disciplina diversificata introdotta a favore di chi come  ad  esempio
 il   Guzzo   e   l'Aiello   hanno  riottenuto  la  liberta'  dopo  la
 carcerazione.
    Sembra  quasi  che  il legislatore abbia voluto premiare tre volte
 l'Aiello: a) la prima volta  quando  per  le  lungaggini  determinati
 dalle   sue   impugnazioni  (la  sentenza  di  condanna  e'  divenuta
 definitiva  nell'anno  1989)  gli  ha  consentito  di   ottenere   la
 liberazione  per scadenza dei termini della custodia cautelare; b) la
 seconda volta quando gli ha offerto la possibilita' di presentare  la
 domanda  di  affidamento  in  prova  da  libero;  c)  la  terza volta
 consentendo  che  il  giudizio  sulla  sua  idoneita'   ad   ottenere
 l'affidamento  in  prova  fosse  fondato  sulle  "notizie  della  sua
 condotta fuori dal carcere".
    Questa  situazione appare paradossale e stridente se raffrontata a
 quella del Di Masi Giuseppe: a)  che  ha  agevolato  il  corso  della
 giustizia  accettando  la  sentenza di condanna e la carcerazione (la
 sentenza di  condanna  e'  divenuta  definitiva  dopo  7  mesi  dalla
 commissione  del  fatto;  b)  durante  la  detenzione ha aderito alle
 attivita' trattamentali del gruppo di osservazione; c) ha  affrontato
 il giudizio sulla base degli elementi riguardanti la sua personalita'
 e le sue condizioni socio-familiari.
    I  dati  sopra  illustrati  che  riguardano i condannati Di Masi e
 Aiello e che investono tutte le persone del primo gruppo contrapposte
 a  quelle  del  quarto  gruppo,  sono  di  una  eloquenza  esemplare,
 dimostrano l'irrazionalita' della disciplina introdotta con  la  689,
 che garantisce in modo ingiustificato una procedura diversificata per
 coloro che, condannati a  pena  detentiva  sino  a  tre  anni,  hanno
 riottenuto  la  liberta'  dopo  essere  stati assoggettati a custodia
 cautelare, e cio', ripetiamo,  sia  riapetto  ai  condannati  a  pena
 detentiva  sino  a  tre anni, che sono rimasti in carcere dall'inizio
 del  processo  sino  al  passaggio  in   giudicato   della   sentenza
 definitiva,  e  sia rispetto ai condannati che sono stati in custodia
 cautelare, hanno  riacquistato  la  liberta'  ed  infine  sono  stati
 nuovamente riarrestati sempre per lo stesso fatto.
    Pertanto viene riproposta l'eccezione di incostituzionalita' della
 citata norma in quanto la decisione della Corte costituzionale del 19
 luglio  1989  nello  statuire  che  "quanto  alla  dedotta violazione
 dell'art. 3 della Costituzione, la diversa posizione  dei  condannati
 gia'   assoggettati  a  custodia  cautelare  rispetto  a  quella  dei
 condannati  rimasti  sempre  in  liberta'  durante  il  processo   di
 cognizione  vale  ad  escludere  che  sia palesemente irrazionale (e,
 quindi, fonte di 'ingiustificato privilegio') la  previsione  di  una
 disciplina  diversificata  che  ammette  solo gli uni e non anche gli
 altri all'affidamento in prova al servizio sociale senza osservazione
 in istituto, misura che, ai sensi dell'art. 47, terzo e quarto comma,
 della legge 26 luglio 1975, n. 354,  quale  modificato  dall'art.  11
 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, richiede, appunto, la precedente
 privazione - sia pure a diverso titolo - della liberta' personale" ha
 preso  in  esame  il  raffronto  fra la posizione dei condannati gia'
 assoggettati a custodia cautelare rispetto a  quella  dei  condannati
 rimasti in liberta' (i condannati del quarto gruppo, i condannati del
 terzo gruppo).
    Detta  sentenza,  dunque,  non  ha affrontato il problema nei casi
 sopra  illustrati  che  ripetiamo,  riguardano  il  raffronto   della
 situazione  dei  condannati  gia' assoggettati a custodia cautelare e
 scarcerati  rispetto  ai  condannati  gia'  assoggettati  a  custodia
 cautelare,   scarcerati   e  riarrestati,  ovvero  rimasti  in  stato
 detentivo, prima quali imputati, e poi come definitivi.