IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 594/87, proposto da Piaggio Maria elettivamente domiciliata in Genova, via Assarotti, 10/8, presso l'avv. Gianni Bissocoli che la rappresenta e difende per mandato in calce al ricorso, ricorrente, contro la Cassa marittima Tirrena in persona del presidente pro-tempore elettivamente domiciliata in Genova, piazza S. Bernardo, 30/2, presso l'avv. Gian Fausto Lucifredi, che la rappresenta e difende per mandato in calce alla copia motificata del ricorso, resistente, per l'accertamento del diritto della ricorrente alla liquidazione dell'indennita' di anzianita', computando nella base di calcolo dell'indennita' stessa, l'indennita' integrativa speciale da essa percepita nel corso del rapporto di impiego con la Cassa marittima e nella misura in atto alla cessazione del rapporto stesso e per la conseguente condanna della cassa al pagamento delle differenze dovute oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi sulle differenze stesse dalla maturazione del diritto al saldo; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Cassa marittima Tirrena; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza dell'11 maggio 1989 la relazione del referendario Grazia Brini e udito, altresi', l'avv. G.F. Lucifredi per l'amministrazione resistente; nessuno comparso per la ricorrente; Ritenuto e considerato quanto segue; ESPOSIZIONE DEL FATTO Con ricorso notificato il 29 aprile 1987 Piaggio maria, ex dipendente della Cassa marittima Tirrena, chiedevano l'accertamento del suo diritto alla liquidazione dell'indennita' di anzianita' con il computo nella base di calcolo dell'indennita' integrativa speciale nella misura in atto alla cessazione del rapporto, e la conseguente condanna dell'amministrazione e al pagamento della differenza dovuta con la rivalutazione monetaria e gli interessi dalla maturazione del diritto al saldo. A sostegno della propria tesi (per cui l'art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70, laddove si riferisce allo "stipendio annuo complessivo" agli effetti del calcolo dell'indennita', comporterebbe la comprensione dell'I.I.S.), parte ricorrente richiamata tutte le argomentazioni svolte nella sentenza del t.a.r. Lazio, 24 luglio 1984, concludendo che il divieto di computo contenuto nella legge n. 324/1959 istitutiva dell'indennita' in parola e' stato implicitamente abrogato dalle variazioni legislative della stessa, incompatibili con l'accezione originaria (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, che ha considerato l'I.I.S. reddito di lavoro subordinato e l'ha assoggettata a tassazione; legge 31 gennaio 1975, n. 364, che ha variato la stessa morfologia di tale indennita' evidenziando il suo tendenziale accostamento alla contingenza dei lavoratori privati; d.-l. 12 ottobre 1976, n. 699, convertito nella legge 10 dicembre 1976, n. 797; d.-l. 1 febbraio 1977, n. 12, convertito nella legge 31 marzo 1977, n. 91). Rilevava altresi' che una diversa interpretazione non potrebbe che configurare la illegittimita' costituzionale della norma istitutiva della I.I.S. art. 1, terzo comma, lett. b), della legge 27 maggio 1959, n. 324, cosi' come modificato dall'art. 1 della legge 3 marzo 1960, n. 185) per contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, ricordando come gia' questo tribunale avesse ritenuto non manifestamente infondata la questione e rimesso gli atti alla Corte costituzionale in altra causa in cui si discuteva della stessa computabilita' agli effetti dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. Nella memoria depositata in vista dell'udienza di discussione del ricorso, la ricorrente rilevava come in molti passi della motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 220/1988 medio tempore intervenuta (che aveva ritenuto legittimo il sistema normativo relativo all'indennita' di buonuscita degli statali) si desse come presupposto scontato che, al contrario di quanto avviene per i dipendenti statali, per i dipendenti privati soggetti all'art. 2120 del c.c. e per i dipendenti di enti pubblici soggetti all'art. 13 della legge n. 10/1975 le rispettive discipline normative prevedessero l'inclusione dell'I.I.S. nella base di calcolo dell'emolumento da erogarsi alla fine del rapporto di lavoro. Si costituiva la cassa intimata, la quale, richiamando anche la costante giurisprudenza in materia, negava che l'art. 13 della legge n. 70/1975 potesse avere la portata innovatrice sostenuta dalla ricorrente rispetto al regime giuridico dell'istituto dell'indennita' integrativa speciale quale risultante dalla norma istitutiva (anche alla luce dell'art. 26 della stessa legge n. 70/1975, dell'art. 22 dell'accordo nazionale di cui al d.P.R. 26 maggio 1976, n. 411, e del successivo d.P.R. 16 ottobre 1979, n. 509; negando altresi' rilevanza alla circostanza, ex adverso invocata, dell'assoggettamento a contribuzione previdenziale dell'indennita' in oggetto; rilevando infine come la sentenza della Corte costituzionale n. 220/1988, laddove ha contrapposto la normativa dei dipendenti statali a quelle dei dipendenti privati e dei dipendenti del parastato non ha inteso equiparare questi due ultimi sistemi, bensi' riscontrare tre criteri diversi ritenuti tutti costituzionalmente legittimi. Chiamato all'odierna pubblica udienza, il ricorso e' stato trattenuto in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Come si evince dalla narrativa in fatto, la ricorrente, ex dipendente della Cassa marittima Tirrena, chiede l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale nel calcolo dell'indennita' di anzianita' da essa percepita all'atto della cassazione del rapporto. Con sentenza in pari data questo tribunale ha respinto, siccome infondato, l'assunto della ricorrente secondo cui tale pretesa discenderebbe direttamente dall'art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70. In aderenza all'indirizzo prevalente nella giurisprudenza dei giudici amministrativi, si e' rilevata l'inidoneita' di siffatta disposizione a neutralizzare il contenuto specifico della norma istitutiva dell'indennita' integrativa speciale (art. 1, terzo comma, lett. b), della legge n. 324/1959 cosi' come modificata dalla legge 3 marzo 1960, n. 165) che espressamente ne esclude la computabilita' "agli effetti del trattamento di quiescenza, di previdenza e dell'indennita' di licenziamento". Ha altresi' disatteso l'altra prospettazione, formulata nella memoria depositata in vista dell'udienza di discussione, secondo cui la Corte costituzionale, nella sentenza n. 220/1988, avrebbe implicitamente riconosciuto, dandola per presupposta, l'inclusione, posto che non sono ravvisabili in tale decisione statuizioni dirette e specifiche in questo senso bensi' considerazioni incidenter tantum sulle diverse caratteristiche dei singoli sistemi normativi. 2. - Il collegio ritiene, tuttavia, non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' degli artt. 13 e 26, terzo comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, nella parte in cui non comprendono nella base computabile ai fini dell'indennita' di anzianita' l'indennita' integrativa speciale; cio' con riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione. 3. - La questione appare indubbiamente rilevante ai fini della decisione, posto che una eventuale pronuncia in adesione alla tesi qui esposta comporterebbe l'accoglimento della pretesa della ricorrente alla maggioranza di detto emolumeno, pretesa allo stato inaccoglibile. 4. - Quanto alla non manifesta infondatezza, il collegio osserva preliminarmente che questo tribunale aveva gia' rimesso analoga questione, con ordinanza 12 febbraio 1987, n. 426, alla Corte costituzionale, la quale con ordinanza n. 34 del 25 gennaio-1 febbraio 1989 gli ha restituito gli atti affinche' fosse verificata la permanenza della rilevanza della questione in relazione a norme sopravvenute nella fattispecie la' in esame. Le argomentazioni di cui alla citata ordinanza di rimessione vengono ora riprese alla luce dei successivi interventi della Corte stessa, che si reputano rilevanti nella fattispecie. 5. - La gia' piu' volte citata decisione della Corte costituzionale n. 220/1988 ha dichiarato inammissibile, in relazione agli artt. 3, 36, e 38 della Costituzione, la questione di costituzionalita' degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, e successive modificazioni, nella parte in cui escludono l'indennita' integrativa speciale della base di calcolo dell'indennita' di buonuscita E.N.P.A.S. Successivamente, la Corte con sentenza n. 408/1988, ha dichiarato egualmente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lett. b), della legge 27 maggio 1959, n. 324, come sostituito dall'art. 1 della legge 3 marzo 1960, n. 185, in riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, e 97, della Costituzione. Nella prima delle ora citate decisioni e' stata piu' voltre chiamata in causa, con funzione di termine di raffronto rispetto all'indennita' di buonuscita, l'indennita' di anzianita' riconosciuta al personale degli enti substatali dall'art. 13 della legge n. 70/1975. La Corte costituzionale non si e' direttamente pronunciata sul presupposto, affermato dai giudici remittenti, della inclusione dell'I.I.S. in siffatta indennita'; essa ha tuttavia chiaramente contrapposto quest'ultima all'indennita' di buonuscita E.N.P.A.S. affermando che, mentre questa seconda mantiene la caratteristica, seppure attenuata, della natura previdenziale che ne legittima la particolarita' della disciplina, la prima, al pari dell'indennita' dovuta ai dipendenti privati ex art. 2120 del c.c., ha carattere esclusivamente di retribuzione differita ("Esse recano in se' l'impronta della prestazione attiva di lavoro, dalla quale derivano e non perdono il collegamento con tale rapporto, fino all'estinzione di esso"). Stante siffatta configurazione, il primo dubbio di costituzionalita' sorge all'interno dello stesso sistema normativo proprio dei dipendenti degli enti pubblici, in relazione all'art. 36 della Costituzione, per l'irragionevolezza del rapporto fra quantita' e qualita' del lavoro prestato e retribuzione complessiva. E' indubbio che di quest'ultima l'indennita' integrativa speciale (che la stessa Corte, sentenza n. 45/1978, ha definito "strumento retributivo", "destinato per definizione a fronteggiare il costo della vita in maniera equivalente per tutti i lavoratori indipendentemente dalla retribuzione da ciascuno percepita") costituisca un elemento integrante costante e necessario. Conferma ne viene dalle norme che l'hanno assoggettata a contribuzioni assistenziali e previdenziali (art. 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160 e 13 della legge 29 aprile 176, n. 177) e al prelievo fiscale (art. 48, primo comma, del d.P.R. n. 597/1973, e, ora, art. 48 del t.u. sulle imposte dirette di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). In relazione a queste, e ad altre norme, la Corte costituzionale (sentenza n. 220/1988) ha rilevato come sia "incontestabile" la linea di tendenza diretta ad assorbire l'I.I.S. nello stipendio, confermata anche dal d.P.R. 17 settembre 1987, n. 494, emanato ai sensi della legge 11 luglio 1980, n. 312 e 29 marzo 1983, n. 93, a norma del quale e' previsto il conglobamento nello stipendio del personale dei ministeri, degli enti pubblici non economici, degli enti locali, delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, del Servizio sanitario nazionale e della scuola, di una quota di indennita' integrativa speciale. A giudizio del collegio, il limite alla discrezionalita' del legislatore nella determinazione della base retributiva ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, e' dato dalla razionalita' e dalla coerenza intrinseca con il sistema normativo su cui esso viene ad incidere: se caratteristica peculiare di tale sistema e' la natura esclusivamente retributiva dell'indennita' di anzianita', irrazionale appare la previsione di siffatta retribuzione in misura inferiore a quella corrisposta in costanza di rapporto, per una prestazione gia' eseguita, attraverso la sottrazione di una voce che, per la finalita' sua propria di adeguamento automatico al costo della vita, assicura la effettivita' della corrispondenza di quanto dovuto dal datore di lavoro alla quantita' e qualita' prestato. 6. - Se si esamina invece la questione con riguardo agli altri sistemi normativi, il dubbio di incostituzionalita' con riguardo all'art. 3 della Costituzione emerge sotto vari profili. 6.1. - Come ha rilevato la Corte costituzionale nella sentenza n. 220/1988, la natura retributiva dell'indennita' in questione la differenzia da un lato dalla buonuscita degli statali e l'accomuna dall'altro dell'indennita' di fine rapporto dovuta ai dipendenti privati ai sensi dell'art. 2120 del c.c. come modificato dal d.-l. 1 febbraio 1977, n. 12, convertito nella legge 31 gennaio 1977, n. 91, e dalla legge 29 maggio 1982, n. 297 (che comprende anche l'indennita' di contingenza); se questa caratteristica comune comporta, per la sua rilevanza agli effetti della valutazione globale dei due sistemi, la comparabilita' dei medesimi, ne deriva il corollario dell'ingiustificato trattamento deteriore riservato ai dipendenti substatali nei confronti dei dipendenti privati, identica essendo, per tutte le categorie di lavoratori, la funzione dell'elemento perequativo che fa capo all'indennita' di contingenza ed all'indennita' integrativa speciale. 6.2. - Dei dipendenti pubblici, si vedono computare l'I.I.S. nell'indennita' premio di fine servizio i dipendenti degli enti locali iscritti all'I.N.A.D.E.L., e cio per effetto dell'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, di conversione del d.-l. 7 maggio 1980, n. 153. Con riguardo a questa differenziazione, la Corte costituzionale ha gia' affermato la incomparabilita' di indennita' facenti parte di diversi trattamenti di quiescenza, avvertendo, in via generale (sentenza n. 220/1988) che "la valutazione comparativa non puo' essere limitata a singole disposizioni delle rispettive normative, in quanto queste non possono essere avulse dalla disciplina complessiva nella quale si collocano". Posto peraltro che la Corte medesima ha ritenuto, successivamente alla sentenza da ultimo citata, di potere utilmente procedere alla comparazione fra trattamento E.N.P.A.S. e trattamento I.N.A.D.E.L. (sentenze 30 giugno 1988, n. 763 e 14 luglio 1988, n. 821), il collegio ritiene di potere riproporre la questione. E' vero che a tali trattamenti e' riconosciuta identica natura previdenziale; ma appare altrettanto innegabile che, previdenziale o retributiva che sia, qualsiasi forma di trattamento di fine rapporto ha la stessa finalita' sostanziale di far superare al lavoratore le difficolta' economiche legate alla cessazione del rapporto e della retribuzione. Del resto la stessa Corte (sentenza n. 763/1988), riferendosi alla propria precedente sentenza n. 220/1988, ha ricordato di avere cola' segnalato al legislatore l'esigenza di una disciplina omogenea per tutto il pubblico impiego "rilevando nel contempo che la permanenza e la continuazione del carattere irrazionale delle singole componenti, in una valutazione globale della normativa avrebbe potuto imporre una declaratoria di illegittimita' costituzionale di disposizioni difformi e violatrici dei diritti dei lavoratori". 7. - Le considerazioni sopra svolte portano a ritenere la non manifesta infondatezza della dedotta questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 26, terzo comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, nella parte in cui non comprendono agli effetti del calcolo dell'indennita' di anzianita', l'indennita' integrativa speciale, e cio' con riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Va disposta pertanto la sospensione del presente giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunzi sulla questione.