IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1787/86 r.g.r. proposto da Passagrilli, Rodolfo, elettivamente domiciliato in Genova, piazza Corvetto, 2/8, presso l'avv. M.G. Lanero che lo rappresenta e difende per mandato a margine del ricorso, ricorrente, contro il comune di Genova, in persona del sindaco elettivamente domiciliato in Genova, via Garibaldi, 9, presso gli avvocati P. Germani e M. Medina che lo rappresenta e difende per mandato in calce a copia notificata del ricorso, resistente, per l'annullamento della deliberazione del consiglio comunale 24 aprile 1986, n. 845, avente ad oggetto "decadenza dall'impiego ai sensi dell'art. 9 del t.u. legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383"; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Genova; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 16 febbraio 1989 la relazione del consigliere Marilena Franco e uditi, altresi', l'avv. M.G. Lanero per il ricorrente e l'avv. E. Siboldi in sostituzione dell'avv. M. Medina per l'amminstrazione resistente; Ritenuto e considerato quanto segue: ESPOSIZIONE DEL FATTO Con ricorso notificato il 24 dicembre 1986 Passagrilli Rodolfo impugnava, chiedendone l'annullamento, la deliberazione del consiglio comunale in epigrafe indicata avente ad oggetto declaratoria di decadenza dall'impiego ai sensi dell'art. 9 del t.u. comu. e prov. 3 marzo 1934, n. 383. Il ricorrente, avendo, in pendenza del rapporto di dipendente comunale, riportato condanna, con sentenza passata in giudicato, per i reati di detenzione e porto di esplosivi ai sensi dell'art. 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, veniva, con l'impugnato provvedimento, dichiarato decaduto dall'impiego ai sensi dell'art. 9 del t.u. legge com. e prov., attesa la stabilita assimilazione tra il reato addebitatogli e quelli previsti dall'art. 8 p. 7, del predetto t.u. giusta la previsione del p. 8 dello stesso art. 8. Queste le censure proposte: 1) illegittimita' del provvedimento impugnato per violazione di legge ed eccesso di potere. Violazione dell'art. 8, punti 7) e 8) e dell'art. 9 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383. Violazione dell'art. 111 del regolamento organico del personale del comune di Genova. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento di potere. Le norme invocate non consentirebbero di ritenere l'assimilabilita' tra il reato addebitato al ricorrente e l'ipotesi contemplate nell'art. 8, p. 7) del t.u. l. com. e prov. n. 383/1934. Ne conseguirebbe l'erroneita' della valutazione compiuta dal Comune nel ritenere operante la previsione normativa sulla decadenza automatica dall'impiego; 2) illegittimita' costituzionale degli artt. 8 e 9 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, per violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione Illegittimita' del provvedimento impugnato per violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione. In subordine si solleva questione di illegittimita' costituzionale delle norme rubricate per la parte in cui non consentono, ai fini della pronuncia di decadenza, alcuna valutazione sulla gravita' dei fatti addebitati. Il comune di Genova, costituitosi in giudizio, insisteva per la reiezione del gravame. All'udienza di discussione le parti insistevano come in atti. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente sostiene che il comune avrebbe errato nel ritenere che il reato addebitatogli (previsto dall'art. 4 della legge 7 ottobre 1967, n. 895) potrebbe essere assimilato a quelli elencati al p. 7) art. 8 del t.u. n. 383/1934, siccome determinanti l'automatica deccadenza dall'impiego e cio' in quanto mancherebbe nella previsione edittale del reato in questione l'elemento psicologico caratterizzante l'ipotesi criminosa di cui all'art. 435 del c.p. e consistente nel fine di attentare alla pubblica incolumita'. L'assunto non puo' essere condiviso dal collegio. Deve, invero, osservarsi che il p. 7 dell'art. 8 t.u., oltre a prevedere specificatamente il reato di cui all'art. 435 del c.p. contempla altresi', in genere, la larga categoria dei reati contro la pubblica incolumita' in cui non puo' negarsi rientri la figura delittuosa contemplata dalla norma speciale applicata nei confronti del ricorrente il cui presupposto e' la ritenuta idoneita' della condotta attinente alla detenzione, fabbricazione e trasporto in luogo pubblico di armi e materie esplodenti, a mettere in pericolo la pubblica incolumita'. Ad avviso del collegio, pertanto, allo stato della previsione normativa, deve ritenersi il potere-dovere dell'Amministrazione di pronunciare l'automatica decadenza dall'impiego a carico del dipendente condannato per il reato in discorso, in forza del combinato disposto degli artt. 9, 8, p. 8) e p. 7, del t.u. n. 383/1934. Il collegio, peraltro, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale sollevata in riferimento alle norme sopra citate, per sospetto contratto con gli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione. Circa la rilevanza, essa appare dimostrata dalle superiori argomentazioni. Ed invero, attesa l'inaccoglibilita' delle censure mosse dal ricorrente e la ritenuta corretta applicazione della normativa in vigore, da parte del comune, e' evidente che il dimostrato contrasto delle norme di cui il comune ha fatto applicazione con i principi costituzionali comporterebbe l'illegittimita del provvedimento impugnato. In ordine alla non manifesta infondatezza, deve ricordarsi come la stessa Corte costituzionale con sentenza n. 971/1988, si sia pronunciata in ordine alla illegittimita' costituzionale delle norme disciplinanti la destituzione di diritto nel pubblico impiego, nella parte in cui escludono il procedimento disciplinare. In quell'occasione la Corte noto' come l'ordinamento appaia "vieppiu' orientato verso l'esclusione di sanzioni rigide, avulse da un confacente rapporto di adeguatezza al caso concreto e come cio' sia largamente tendenziale - in adempimento del principio di eguaglianza - nell'area punitiva penale e con identica incidenza anche nel campo disciplinare amminstrativo". orbene identici principi soccorrono nel caso di specie. Ed invero, le disposizioni di cui all'art. 9, art. 8, p. 8, del t.u. n. 383/1934, prevedendo l'automatica decadenza dall'impiego del dipendente dell'ente locale condannato per determinati reati, non consentono all'amministrazione di appartenenza valutazione alcuna in ordine alla gravita' dei fatti ne' alcuna possibilita' di graduazione della sanzione. Verrebbero cosi' ad essere vulnerati secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, oltre al principio della tutela del lavoro (artt. 4 e 35 della Costituzione) e del buon andamento dell'amministrazione (art. 97), anche i principi fondamentali di ragionevolezza desumibili dall'art. 3 della Costituzione. Il critero della indispensabile "gradualita' sanzionatoria", da esplicarsi nella sua naturale sede amministrativa, impone di ritenere sospetta di incostituzionalita' la norma che tale gradualita' non consenta, attesa l'innegabile natura sanzionatoria a carattere "rigido" del combinato disposto di cui agli artt. 9, 8, p. 8) e 7), del t.u. n. 383/1934. Pertanto, sospeso il giudizio in corso, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di illegittimita' costituzionale del combinato disposto dagli artt. 9 e 8, p. 8) e 7), del t.u. 3 marzo 1934, n. 383' in relazione agli artt. 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione nelle parti in cui sanciscono, il potere-dovere dell'amminitrazione di dichiarare la decadenza dall'impiego del dipendente colpevole di determinati reati, non consentendo alcuna valutazione intesa a graduare la sanzione alla gravita' ed alle carattereristiche del fatto, deve rinviarsi alla Corte costituzionale l'esame della questione, riservata ogni ulteriore pronuncia.