ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 del  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 36, secondo
 comma  della  legge  27  novembre  1960,   n.   1397   (Assicurazione
 obbligatoria contro le malattie per esercenti attivita' commerciali),
 in relazione all'art. 4 della stessa legge, promosso con la ordinanza
 emessa  il  27  giugno  1989 dal Pretore di Grosseto nel procedimento
 civile vertente tra Betteri Rizia e l'INPS iscritta  al  n.  534  del
 registro  ordinanze  1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino.
                           Ritenuto in fatto
    Con  ordinanza emessa il 27 giugno 1989, in un procedimento civile
 vertente tra Rizia Betteri e l'I.N.P.S., il Pretore  di  Grosseto  ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 36,
 secondo comma, della legge 27 novembre 1960, n.  1397  (Assicurazione
 obbligatoria contro le malattie per esercenti attivita' commerciali),
 "nella parte in cui dispone che in caso  di  denuncia  di  cessazione
 dell'attivita'  commerciale  effettuata  oltre  il termine (di 30 gg.
 dall'evento) di cui all'art. 4 e in caso di accertamento  di  ufficio
 devono  essere  posti  in  riscossione  anche  i contributi afferenti
 l'anno solare in corso", in riferimento all'art. 3 Cost.
    Secondo  il  giudice  a  quo,  la  norma denunciata (implicante la
 persistenza di un obbligo contributivo anche in assenza del requisito
 principale  richiesto  per  l'assicurazione) contrasterebbe, infatti,
 con il principio di eguaglianza, "per il fatto che piu' commercianti,
 che  abbiano  tutti  cessato  la  loro  attivita',  possono  venire a
 trovarsi in posizioni ingiustamente differenziate di fronte all'INPS,
 permanendo,  a  carico  di quelli che abbiano omesso di richiedere la
 cancellazione  dall'elenco,  l'obbligo  contributivo   nella   misura
 prevista  per i commercianti (senza che tali siano piu'), anziche' il
 diverso obbligo previsto per coloro che svolgono  altre  attivita'  o
 siano pensionati o appartengono a categorie a suo tempo non mutuate".
    E'   intervenuto   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
 concluso per l'infondatezza della questione.
    Premesso  che  la ratio dell'obbligo di denunzia (ex citato art. 4
 l. n.1397 del 1960) "risiede nel fatto di mettere l'ente in grado  di
 effettuare   un  tempestivo  accertamento  sull'effettiva  cessazione
 dell'attivita'  commerciale",  l'Avvocatura  ravvisa  che   non   sia
 irrazionale ne' in contrasto con il principio di eguaglianza la norma
 denunciata la' dove, a  presidio  appunto  dell'osservanza  di  detto
 obbligo,     sanziona     l'inadempimento    con    la    protrazione
 dell'obbligazione pecuniaria entro i limiti indicati.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La questione attiene alla norma di cui all'art. 36, secondo
 comma,  della  legge  27   novembre   1960,   n.1397   (Assicurazione
 obbligatoria contro le malattie per esercenti attivita' commerciali),
 la quale stabilisce,  in  caso  di  tardiva  denuncia  di  cessazione
 dell'attivita'  commerciale,  la  riscossione  anche  dei "contributi
 afferenti all'anno solare in corso".
    In  base  all'art.  4,  secondo  comma,  della  legge, l'esercente
 attivita' commerciali e' infatti tenuto a denunciare entro il termine
 di  trenta  giorni  (dalla  data in cui l'evento si e' verificato) la
 cessazione dell'attivita'.
    Resta  chiarita,  sempre  dall'art. 36 cit., primo comma, la ratio
 della  impugnata  disposizione:  la  sollecitazione   all'adempimento
 dell'obbligo  di  denuncia  ai  fini  conseguenti  di  una tempestiva
 formazione dei ruoli, dovendo questi infatti,  secondo  la  procedura
 ivi  contemplata,  essere approvati annualmente entro il 15 dicembre,
 sulla base di elenchi nominativi degli esercenti, per la  riscossione
 dei contributi dovuti per l'anno solare successivo.
    2. - Senonche', con l'istituzione del servizio sanitario nazionale
 si e' innovato (oltre che in ordine ai criteri di determinazione  del
 contributo)  anche,  per cio' che qui specificamente interessa, sotto
 l'aspetto delle procedure di riscossione ora demandate all'INPS.
    E'  venuto  meno,  infatti,  il ricordato sistema di riscossione a
 mezzo ruoli, non solo sostituito dal versamento a mezzo di bollettini
 di  conto  corrente postale gia' predisposti dall'INPS, ma - quel che
 piu' conta - mediante la determinazione di scadenze  ravvicinate  per
 l'assolvimento dell'obbligo contributivo (trimestrali ovvero in unica
 soluzione entro il 31 luglio: art. 12 della  legge  23  aprile  1981,
 n.155).  Sicche'  il versamento dei contributi afferisce - e cio' con
 decorrenza fin dal 1Πgennaio 1981 - all'anno stesso nel  quale  esso
 e'   eseguito   rendendo   cosi'   tempestivi   (nell'anno  cioe'  di
 riferimento)  gli  adempimenti  di  versamento  da  un  lato  e   gli
 accertamenti relativi dall'altro.
    Il  che  ha comportato ovviamente, con l'adozione di meccanismi di
 riscossione compiutamente  nuovi  nella  regolazione  della  materia,
 l'abrogazione  (e  a  far  tempo  dal  1Π gennaio  1981) della norma
 impugnata, resa ormai del tutto incompatibile, come anche la Corte di
 Cassazione ha assai di recente considerato, con le nuove disposizioni
 qui sopra descritte.
    La questione di legittimita' costituzionale si appalesa, pertanto,
 infondata per i motivi e nei termini sovraricordati.