ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
    nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 79, ultimo
 comma, del D.P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n.  3  (Testo  unico  delle
 leggi  per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana),
 promosso con ordinanza emessa  il  15  aprile  1989  dal  Pretore  di
 Aragona  nel procedimento penale a carico di Rizzo Giuseppe, iscritta
 al n. 518 del registro ordinanze 1989  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  46, prima serie speciale, dell'anno
 1989;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    Nel  corso  del  procedimento  penale a carico di Rizzo Giuseppe -
 imputato del reato di cui all'art. 70 del D.P. Reg.  sic.  20  agosto
 1960,  n.  3  (Testo  unico  delle  leggi per l'elezione dei Consigli
 comunali  nella  Regione  siciliana)  per   aver   sottoscritto   due
 dichiarazioni  di  presentazione  di  candidatura  -,  il  Pretore di
 Aragona ha sollevato, su istanza di parte, questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  79,  ultimo  comma, del predetto D.P. Reg.
 sic. 20 agosto 1960, n. 3, in riferimento agli artt.  3  e  25  della
 Costituzione.
    La  norma  censurata  esclude l'applicabilita' ai reati elettorali
 delle disposizioni di cui agli artt. da 163 a 167 e  175  del  codice
 penale   e   487  del  codice  di  procedura  penale,  relative  alla
 sospensione  condizionale  della  pena  e  alla  non  menzione  della
 condanna nel certificato del casellario giudiziale.
    Il  giudice  a  quo,  rilevato che il procedimento non puo' essere
 definito  indipendentemente  dalla  soluzione  della   questione   di
 costituzionalita',  afferma  che  questa  appare  non  manifestamente
 infondata anche alla luce della sentenza della  Corte  costituzionale
 n.  121  del  1980,  che  dichiaro'  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'identica norma di cui all'art. 102, ultimo comma, del d.P.R.  16
 maggio 1960, n. 570.
                         Considerato in diritto
    1. - La questione di legittimita' costituzionale che forma oggetto
 del presente giudizio concerne l'art. 79,  ultimo  comma,  del  testo
 unico delle leggi per l' elezione dei Consigli comunali nella Regione
 siciliana approvato con  decreto  del  Presidente  della  Regione  20
 agosto  1960  n.  3.  Tale  disposizione esclude l'applicabilita' dei
 benefici di cui agli artt. 163 - 167 e 175 del codice  penale  e  487
 del  codice  di procedura penale ai reati elettorali; sarebbe percio'
 in contrasto - ad avviso del giudice remittente - con gli artt.  3  e
 25 della Costituzione, anche in base alla sentenza di questa Corte n.
 121 del  1980,  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'ultimo  comma dell'art. 102 del testo unico approvato con d.P.R.
 16 maggio 1960 n. 570, norma statale di tenore e contenuto  identici.
    2.1.  - Devesi preliminarmente osservare che la norma impugnata e'
 compresa in un testo unico approvato con decreto del Presidente della
 Regione, atto al quale - secondo la costante giurisprudenza di questa
 Corte (cfr. sentt. nn. 32 del 1961, 51 del 1962, 45 del 1967, 69  del
 1983,  162  del  1985)  -  non  puo'  in  nessun caso riconoscersi la
 qualifica di atto  avente  forza  di  legge,  per  il  principale  ed
 assorbente  motivo che la potesta' legislativa delle regioni non puo'
 esplicarsi nella forma del decreto legislativo, in base al  principio
 generale della inderogabilita' delle competenze costituzionali.
    Tuttavia,  la  norma  in  questione,  vale a dire l'art. 79 ultimo
 comma,  costituisce  -  cosi'  come  tutto  il  capo  IX   intitolato
 "Disposizioni penali" - la testuale trascrizione di una norma statale
 e precisamente dell'art. 95 del testo unico approvato  con  d.P.R.  5
 aprile  1951  n. 203, indicato del resto tra parentesi dopo il numero
 dell'articolo impugnato, unitamente all'art. 1 della legge  regionale
 5  aprile  1952, n. 11, che richiama il citato testo unico n. 203 del
 1951.
    Quest'ultimo  ha  natura di atto avente forza di legge (cfr. sent.
 n. 46 del 1969), in quanto risulta emanato in  virtu'  di  una  norma
 legislativa  (art. 21 della legge 24 febbraio 1951, n. 84), la quale,
 ancorche'  formalmente  di  "autorizzazione",  deve  ritenersi  nella
 sostanza  assimilabile, secondo la prevalente dottrina, ad una vera e
 propria norma di delegazione.
    Quanto  rilevato  e'  sufficiente,  secondo  la  giurisprudenza di
 questa Corte (cfr. sentenze nn. 46 del 1969, 43  del  1970,  162  del
 1985),  ad ammettere il giudizio sulla norma denunciata, intendendosi
 in effetti  che  il  sindacato  si  esercita  sulla  norma  di  legge
 testualmente trascritta nel testo unico, in quanto e' detta norma che
 deve in realta' essere applicata nel giudizio a quo.
    2.2.  -  Va  ora  osservato  che  la  sentenza  n.  121  del 1980,
 richiamata    nell'ordinanza    di    rimessione,    ha    dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  102,  ultimo  comma, del
 testo unico delle leggi per  la  composizione  e  la  elezione  degli
 organi  delle Amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio
 1960 n. 570; detta norma escludeva l'applicabilita' dei  benefici  di
 cui  agli artt. 163 - 167 e 175 del codice penale e 487 del codice di
 procedura penale ai reati elettorali. Ma al citato testo unico n. 570
 del  1960 va negata forza di legge e riconosciuto viceversa carattere
 meramente compilatorio, dovendo ritenersi che esso sia stato  emanato
 in  assenza  di delega legislativa (cfr. la citata sentenza n. 46 del
 1969 e la prevalente dottrina), poiche' l'"autorizzazione"  contenuta
 nell'art.  48  della  legge  23 marzo 1956, n. 136 era ormai divenuta
 irrilevante  in  quanto  ampiamente  scaduta  (del  resto  la   norma
 anzidetta non risulta citata nelle premesse del decreto). La sentenza
 della Corte n. 121 del 1980 deve intendersi pertanto riferita, per le
 ragioni  esposte in precedenza - anche se ne fu omessa come superflua
 l'esplicita precisazione -, all'art. 95 del testo unico 5 aprile 1951
 n. 203, di cui l'art. 102 costituisce la testuale trascrizione.
    In  conclusione,  poiche',  per  quanto e' stato detto sub 2.1, il
 presente giudizio verte in realta' per  l'appunto  sull'ultimo  comma
 dell'art.  95  del  testo unico n. 203 del 1951 - norma che a seguito
 della citata sentenza n. 121  del  1980  di  questa  Corte  e'  stata
 espunta  dall'ordinamento  -  la  questione  deve  essere  dichiarata
 inammissibile.