ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 19 della
 legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento  delle  strutture  e  delle
 procedure  per  la  liquidazione  urgente  delle  pensioni  e  per  i
 trattamenti  di  disoccupazione   e   misure   urgenti   in   materia
 previdenziale  e pensionistica); 3, tredicesimo comma, della legge 29
 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di  fine  rapporto  e
 norme in materia pensionistica); 9 della legge 15 aprile 1985, n. 140
 (Miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici e  aumento
 della  pensione sociale); 21, sesto comma, della legge 11 marzo 1988,
 n.  67  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
 pluriennale  dello  Stato);  19  della  legge  30 aprile 1969, n. 153
 (Revisione degli ordinamenti pensionistici  e  norme  in  materia  di
 sicurezza  sociale),  promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1989
 dal Pretore di Milano nei procedimenti civili  riuniti  vertenti  tra
 Costa  Luigi  ed  altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 536 del registro
 ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di Milano, con ordinanza del 28 giugno
 1989 (R.O. n. 536 del 1989) emessa nei  procedimenti  civili  riuniti
 vertenti  tra  Costa  Luigi  ed  altri  contro  l'I.N.P.S., aventi ad
 oggetto la riliquidazione delle pensioni a suo tempo corrisposte agli
 attori,   ha   sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 19 della legge 23 aprile 1981, n. 155,  per  contrasto  con
 gli  artt.  3,  36,  38,  secondo  comma,  e  53  della Costituzione;
 dell'art. 3, tredicesimo comma, della legge 29 maggio 1982,  n.  297,
 dell'art. 9 della legge 14 aprile 1985, n. 140, e dell'art. 21, sesto
 comma, della legge 11 marzo 1988, n.  76,  nella  parte  in  cui  non
 prevedono  l'applicazione delle variazioni dei massimali di pensione,
 in essi, rispettivamente stabiliti, alle pensioni liquidate prima del
 1983  e  successive  scadenze,  per  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione; dell'art. 19 della legge 30 aprile 1969, n. 153,  nella
 parte  in cui non limita la retribuzione assoggettata a contribuzione
 alla concorrenza dell'importo, via  via  fissato,  con  massimale  di
 pensione,  per  contrasto  con gli artt. 3 e 53 della Costituzione in
 quanto non sono stati affatto osservati i canoni  di  ragionevolezza,
 conservandosi  l'aggancio delle pensioni a determinati massimali, per
 quanto via via maggiorati, trascurandosi di  considerare  l'ammontare
 delle   retribuzioni,   dei   contributi   versati   e   l'anzianita'
 contributiva;
      che, in presenza soltanto di un elemento del tutto casuale quale
 e'  la  data  del  collocamento  in  pensione,  sussiste  una   grave
 disparita'   di   trattamento  tra  lavoratori  che  hanno  percepito
 retribuzioni e versato contributi di identico ammontare ed  hanno  la
 stessa anzianita' contributiva;
      che   l'Avvocatura   Generale   dello   Stato,   intervenuta  in
 rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso
 per la manifesta infondatezza della questione;
    Considerato  che  la  stessa  questione  ora di nuovo sollevata e'
 stata gia' dichiarata non  fondata  (sentenza  n.  173  del  1986)  e
 manifestamente infondata (ordinanza n. 120 del 1989);
      che  va ribadita la sussistenza, nella disciplina della materia,
 della discrezionalita' del  legislatore,  i  cui  interventi  per  il
 miglioramento  e  la  perequazione  dei  trattamenti pensionistici si
 realizzano con la gradualita' imposta da scelte di  politica  sociale
 ed  economica,  in  considerazione anche delle esigenze di bilancio e
 delle  finalita'  di  risanamento  e  ripianamento   delle   gestioni
 previdenziali;
      che  per  l'attuazione  dei  predetti  miglioramenti  sono state
 emanate di recente: 1) la legge 11 marzo 1988,  n.  67  (Disposizioni
 per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato),
 che ha stabilito nuovi criteri per la determinazione  delle  pensioni
 con  l'art.  21, sesto comma, interpretato, poi, dall'art. 3, secondo
 comma-bis, del decreto-legge 21 marzo 1988,  n.  86,  aggiunto  dalla
 legge  di  conversione  20  maggio  1988,  n.  160, e, secondo quanto
 affermato da questa Corte (sentenza n. 72 del 1990), riferibile anche
 alle pensioni liquidate anteriormente al 1Πgennaio 1988; 2) la legge
 29 dicembre 1988, n. 544  (Elevazione  dei  livelli  dei  trattamenti
 sociali  e  miglioramenti  delle  pensioni),  nonche'  il decreto del
 Presidente del Consiglio 16 dicembre 1989  (Attuazione  dell'art.  3,
 secondo  comma,  della  legge n. 544 del 1988, concernente elevazione
 dei livelli dei trattamenti sociali e miglioramenti  delle  pensioni)
 che hanno maggiorato ancora una volta i livelli pensionabili;
      che,   pertanto,   la   questione  sollevata  e'  manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;