ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 247, primo,
 secondo e terzo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271
 (Norme  di  attuazione,  di coordinamento e transitorie del codice di
 procedura penale), e degli artt. 438 e 442 del  codice  di  procedura
 penale del 1988, promosso con ordinanza emessa il 30 ottobre 1989 dal
 Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Nwachuku Obioha
 Okechuchu  ed  altri, iscritta al n. 20 del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  4,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7  marzo 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
   Ritenuto  che  il  Tribunale  di Roma, con ordinanza del 30 ottobre
 1989,  emessa  prima  dell'apertura   del   dibattimento   con   rito
 direttissimo  nel processo a carico di Nwachuku Obioha Okechuchu, Agu
 Maxwell Amobi e D'Angelo Vittoria, ha sollevato, in riferimento  agli
 artt.  3,  24, 25 e 101 della Costituzione, questione di legittimita'
 degli  artt.  247,  primo,  secondo  e  terzo  comma,   del   decreto
 legislativo 28 luglio 1989, n. 271, 438 e 442 del codice di procedura
 penale del 1988, "in quanto il preclusivo ed  incensurabile  dissenso
 formulato dal P.M. non consente l'applicazione della pena ex art. 442
 c.p.p., nonostante lo "stato degli atti", eventualmente integrati  ex
 art.  452, comma 2Œ, c.p.p., consentirebbe un giudizio in ordine alla
 colpevolezza degli imputati";
    Considerato,  quanto  alla  denuncia della disciplina codicistica,
 che l'ordinanza  e'  stata  pronunciata  prima  delle  formalita'  di
 apertura  del dibattimento di primo grado relativo ad un procedimento
 gia' in corso alla data di entrata in  vigore  del  nuovo  codice  di
 procedura  penale  (v., per tali procedimenti, art. 242, primo comma,
 del decreto legislativo n. 271 del 1989);
      che,  per  quanto riguarda i "procedimenti in corso" a tale data
 la possibilita' di far luogo al giudizio abbreviato e'  appositamente
 disciplinata  dall'art.  247  del testo delle norme di attuazione, di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale  del  1988
 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271);
      e  che,  quindi,  le  norme  denunciate  non potrebbero ricevere
 diretta applicazione nel  giudizio  a  quo,  data  l'autonomia  della
 disciplina   transitoria   in   materia   rispetto   alla  disciplina
 codicistica (v. sentenza n. 66 del 1990);
    Considerato,  quanto  alla  denuncia della disciplina transitoria,
 che questa  Corte,  con  sentenza  n.  66  del  1990,  ha  dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo
 comma, del testo  delle  norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie  del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato
 con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) proprio "nella  parte
 in  cui  non  prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso,
 debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede  che  il
 giudice,  quando,  a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il
 dissenso,  possa  applicare  all'imputato  la   riduzione   di   pena
 contemplata  dall'art.  442,  secondo  comma, del codice di procedura
 penale del 1988";
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;