LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO Ha pronunciato la seguente ordnanza su appello prodotto dal prof. avv. F. Moschetti, via E. Filiberto, 3, Padova, quale proc. speciale della Esco S.p.a., via Marosticana, 380, Dueville (Vicenza) e Ceppana S.p.a., via Campanella, 29, Fontaniva (Padova), appellante, e l'ufficio del registro di Bassano del Grappa, appellato, avverso la decisione n. 92 del 19 settembre 1987 della commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa; Letti gli atti; Sentite le parti in causa (come descritto nel verbale d'udienza); Udito il relatore Cimenti dott. Renato; RITENUTO IN FATTO In data 30 agosto 1984 le ditte Esco S.p.a. e Ceppana S.p.a. stipulavano con il comune di Tezze sul Brenta una convenzione in attuazione all'art. 20 della legge regionale del Veneto 7 settembre 1982, n. 44, relativa all'autorizzazione per la coltivazione di cava. Tale convenzione veniva registrata in data 17 ottobre 1984 presso l'ufficio del registro di Bassano del Grappa, il quale riteneva di doverla assoggettare all'imposta nella misura proporzionale stabilita dall'art. 9 della tariffa all. A, del d.P.R. n. 634/1972. Successivamente, in data 23 novembre 1984, le ditte ricorrenti presentavano istanza di rimborso all'ufficio del registro di Bassano del Grappa sostenendo che la somma richiesta e regolarmente versata, non era dovuta, in regione della natura "imposta" della prestazione economica dedotta in convenzione. Dispone infatti l'art. 20 della legge regonale del Veneto 7 settembre 1982, n. 44: "fra il richiedente l'autorizzazione o la concessione ed il comune od i comuni interessati viene stipulata una convenzione, con la quale il richiedente stesso si impegna a versare in un'unica soluzione entro il 31 dicembre di ogni anno al comune od ai comuni interessati, a titolo di contributo sulla spesa necessaria per gli interventi pubblici ulteriori rispetto al mero ripristino dell'area, una somma commisurata al tipo ed alla quantita' di materiale estratto nell'anno, in conformita' alle tariffe stabilite dalla giunta regionale, sentita la commissione tecnica regionale per le attivita' di cava di cui all'art. 39. Le somme versate ai comuni ai sensi del precedente comma debbono essere prioritariamente utilizzate dai comuni medesimi per la realizzazione di interventi e di opere connesse al ripristino ambientale od alla riutilizzazione delle aree interessate da attivita' di cava". A seguito del silenzio serbato dall'ufficio del registro di Bassano del Grappa oltre i novanta giorni, i contribuenti ricorrevano alla commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa chiedendo, sul presupposto della riconosciuta natura di prestazione patrimoniale "imposta" del contributo previsto dal citato art. 20 della legge regionale 7 settembre 1982, n. 44, atteso il carattere obbligatorio di tale contributo ed il carattere autoritativo della sua fonte: a) la dichiarazione di illegittimita' del silenzio-rifiuto dell'ufficio del registro di Bassano del Grappa per non avere accordato il rimborso di somme percette dall'amministrazione finanziaria assoggettando a tributo prestazioni imposte; b) la rimessione alla Corte costituzionale della questione relativa alla illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge regionale del Veneto 7 settembre 1982, n. 44, per contrasto con l'art. 119, primo comma, della Costituzione. La commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa con decisione n. 92 del 19 settembre 1987 rigettava il ricorso ritenendo di dover "escludere la natura tributaria di quanto corrisposto dai ricorrenti al comune di Tezze per conseguire la concessione dell'attivita' di cava". Con ricorso in data 19 novembre 1987, depositato il 23 novembre 1987 le societa' Esco S.p.a. e Ceppana S.p.a. hanno interposto appello avverso la decisione della commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa sostenendo l'illegittimita' della decisione stessa laddove esclude il carattere tributario del contributo previsto dall'art. 20, primo comma, della l.r. 7 settembre 1982, n. 44. Al riguardo, le ditte ricorrenti hanno sottolineato la sostanziale obbligatorieta' della stipulazione della convenzione prevista dal citto art. 20 della legge regionale e la natura di onere tributario imposto al sottoscrittore dell'atto. Di conseguenza hanno sottolineato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della l.r. n. 44/1982 per contrasto con l'art. 119 della Costituzione, in quanto - ponendo a carico del richiedente l'autorizzazione alla coltivazione di cave una prestazione di carattere tributario - in assenza di una disposizione legislativa statale specificatamente legittimante tale imposizione violerebbe il principio contenuto nella norma costituzionale secondo il quale "le regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle province e dei comuni". Le ditte ricorrenti hanno pertanto concluso con la richiesta, in via pregiudiziale, di dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione relativa alla illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge regionale 7 settembre 1982, n. 44, per contrasto con l'art. 119, primo comma, della Costituzione, e in via principale, per la dichiarazione di non assoggettabilita' ad imposta di registro della convenzione di cui all'art. 20 della legge regionale medesima, atteso il carattere tributario dell'obbligo di contribuzione ivi previsto, ordinando conseguentemente il rimborso delle somme indebitamente percette dall'amministrazione finanziaria, oltre agli interessi di legge. D I R I T T O La questione sollevata dalle ditte ricorrenti sono molteplici e meritano, a giudizio della commissione, la piu' attenta valutazione. In relazione alla specifica materia concernente la disciplina delle attivita' estrattive dei materiali di cava cosi' come definiti dall'art. 2, terzo comma, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, la regione Veneto ha provveduto ad emanare la l.r. 7 settembre 1982, n. 44, dettando norme particolari cui sono assoggettate le attivita' di ricerca e coltivazione di detti materiali in ambito regionale. In sostanza detta legge prevede che l'esercizio dell'attivita' di coltivazione di una cava da parte del privato imprenditore deve essere subordinato ad autorizzazione amministrativa (artt. 16-18), rilasciata discrezionalmente dalla giunta regionale (nella fase transitoria della legge) e, una volta che la legge sia stata attuata in tutte le sue parti, dalla giunta provinciale. In particolare l'art. 20, primo comma, della l.r. n. 44/1982 prevede che fra il richiedente l'autorizzazione o la concessione ed il comune od i comuni interessati venga stipulata "una convenzione con la quale il richiedente stesso si impegna a versare in un'unica soluzione entro il 31 dicembre di ogni anno al comune od ai comuni interessati, a titolo di contributo sulla spesa necessaria per gli interventi pubblici ulteriori rispetto al mero ripristino dell'area, una somma commisurata al tipo ed alla quantita' di materiale estratto nell'anno, in conformita' alla tariffe stabilite dalla giunta regionale, sentita la commissione tecnica regionale per le attivita' di cava di cui all'art. 39". Il successivo secondo comma prevede inoltre che "le somme versate ai comuni ai sensi del precendente comma devono essere prioritariamente utilizzate dai comuni medesimi per la realizzazione di interventi e di opere connesse al ripristino ambientale o alla riutilizzazione delle aree interessate da attivita' di cava". In corso di giudizio l'ufficio del registro interessato ha argomentato il proprio comportamento rilevando di avere assoggettato l'atto ad imposizione nella misura proporzionale stabilita' dall'art. 9 della prima parte tariffa all. A del d.P.R. n. 634/1972, considerato che tale tariffa si rende applicabile qualora leggi speciali non prevedano specificatamente l'assoggettamento a tassa fissa - il che non avveniva nel caso di specie - e che nel medesimo la convenzione ha per oggetto prestazione a contenuto patrimoniale dando vita ad una obbligazione pecuniaria, che, per cio' stesso, la rende assoggettabile all'imposta di registro di cui all'art. 9, parte prima, tariffa A, all. A, del d.P.R. n. 634/1972. La commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, nella decisione impugnata, sostiene, a fronte delle argomentazioni dei ricorrenti, che nel caso di specie "non ci si trova in presenza di prestazioni patrimoniali imposte senza che l'ente pubblico sia tenuto ad una controprestazione" e osserva che "il pagamento della tassa si concreta in un onere accettato volontariamente dal soggetto che intende conseguire un proprio vantaggio dalla concessione che egli ottiene dall'ente pubblico". La decisione impugnativa rileva anche che "tutto cio' avviene con assoluta liberta' di scelta, nel senso che il soggetto e' libero di accettare o no quella convenzione, in forza della quale consegue l'adempimento di una obbligazione pecuniaria quale corrispettivo del vantaggio che egli ritrarra'; cio' anche se non ci sia correlazione tra l'entita' della tassa dovuta ed il vantaggio che derivera' al soggetto richiedente o, in altre parole, anche se non ci sia equivalenza economica tra la prestazone del cittadino e la controprestazione dell'ente". In base a tali argomentazioni esclude pertanto la natura tributaria di quanto corrisposto dai ricorrenti al comune di Tezze sul Brenta per conseguire l'autorizzazione all'attivita' di cava. Invero le argomentazioni della decisione appellata relativa all'asserita esistenza di una "controprestazione" per escludere la natura di onere tributario della somma corrisposta in base alla "convenzione" prevista dall'art. 20 della l.r. n. 44/1982 appaiono - come hanno osservato giustamente le ditte ricorrenti - facilmente controvertibili, tenendo presente che nell'ordinamento giuridico numerosi tributi sono pagati a fronte di controprestazioni da parte di pubbliche amministrazioni (tariffa postale, canone televisivo, diritti comunali sulle pubbliche affissioni, tasse di concessione governativa). A giudizio di questa commissione il vero ordine di argomentazioni da valutare riguarda l'affermata "volontarieta'" della "convenzione", asserita dalla decisione appellata per escludere la natura tributaria della somma corrisposta. Invero, dall'esame delle disposizioni della legge regionale n. 44/1982 in materia di cave, la stipulazione della convenzione prevista dall'art. 20 risulta atto necessario sia ai fini del rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' di cava in quanto, ai sensi dell'art. 18, lett. d), della stessa legge, la convenzione e' uno degli elementi costitutivi dell'autorizzazione, che e' tenuta a recepirla - sia nella normativa transitoria della legge citata ai fini della continuazione dell'attivita' di cava autorizzata anteriormente alla sua entrata in vigore, in quanto, ai sensi dell'art. 46, ventesimo comma, i titolari delle autorizzazioni "sono tenuti" a stipulare la convenzione con il comune od i comuni interessati. A questa commissione l'atto convenzionale previsto dall'art. 20 della l.r. n. 44/1982 appare pertanto come un vero e proprio "atto dovuto", al quale l'imprenditore non puo' sottrarsi, qualora voglia esercitare, o continuare ad esercitare, attivita' di cava in ambito regionale. Sotto questo aspetto viene condivisa l'argomentazione delle ditte ricorrenti, laddove sostengono che la decisione impugnata confonde la volontarieta' del presupposto remoto del dovere di pagamento (la richiesta di autorizzazione all'apertura di una cava) con una inesistente volontarieta' del pagamento. La volontarieta', nel caso di specie, riguarda soltanto il presupposto della prestazione pecuniaria, vale a dire la richiesta di autorizzazione; a tale atto volontario e' collegato un pagamento che l'esame delle disposizioni della legge regionale fa ritenere imposto, in quanto la volonta' dell'obbligato non sembra concorrere per nulla alla sua determinazione ne' in ordine all' an, ne' in ordine al quantum, tanto e' vero che - a tale ultimo riguardo - il pagamento avviene sulla base di tariffe fissate con decreto della giunta regionale. Nei fatti, a giudizio di questa commissione, nel caso di specie ci si trova di fronte ad una prestazione obbligatoria, in quanto istituita con atto di autorita'. E infatti, il prelievo e' stato istituito con legge regionale, he e' la fonte giuridica che impone l'obbligo di stipulare la convenzione e quindi di sottostare al pagamento del prelievo; e' parimenti riconducibile ad un atto d'autorita' il quantum del prelievo fondato su decreto della giunta regionale. La "convenzione" di cui parla l'art. 20 della legge regionale veneta n. 44/1982 appare percio' soltanto "formalmente" come un atto volontario di natura privatistica, mentre nella sostanza risulta essere l'adempimento, senza alcun ambito di libera determinazione, di quanto predeterminato dalla legge e dal decreto della giunta regionale. Sulla base di quanto precede risulta allora ininfluente - come invece vorrebbe la decisione impugnata - argomentare la "volontarieta'" dell'atto sulla base della manifestazione di volonta' di un soggetto di richiedere un'autorizzazione amministrativa e, per cio' stesso, escludere la natura di onere tributario di quanto corrisposto con la convenzione. La conseguenza di una impostazione del genere sarebbe quella - invero paradossale - di non considerare tributi tutte le tasse di concessione governativa, che vengono corrisposte soltanto quando il provato "decide" di richiedere autorizzazioni o licenze alla pubblica amministrazione. Invero il carattere impositivo di una prestazione non viene meno neppure nel caso in cui la richiesta di un pubblico servizio dipenda dalla volonta' del privato e corrisponda anche ad un interesse dello stesso, come gia' affermato dalla Corte costituzionale. Essendo di fronte, nel caso di specie, ad una prestazione obbligatoria, in quanto istituita e quantificata con atto d'autorita' ed avendo la convenzione una rilevanza solo "formale", essendo an e quantum predeterminati da atti autoritativi esterni, il "contributo" istituito dall'art. 20 ha indubbiamente carattere di entrata tributaria. Ma se si propende per il riconoscimento - come questa commissione ritiene - di onere tributario del contributo in questione, si pongono seri dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge regionale veneta n. 44/1982, in relazione al disposto dell'art. 119, primo comma, della Costituzione secondo il quale "le regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che le coordinano con la finanza dello Stato, delle province e dei comuni". In relazione alla norma costituzionale citata, va osservato che alle regioni non e' concessa una capacita' impositiva autonoma e generalizzata, e tanto meno esse hanno potere di imporre tributi a favore di altri enti, quali - come nel caso di specie - i comuni. Giurisprudenza e dottrina sono concordi nel ritenere che la locuzione "nelle forme e nei limiti stabiliti" abbia quanto meno il valore enunciato che impone - ai fini dell'esercizio, da parte delle regioni, della propria potesta' impositiva - la previa emanazione di una normativa statale destinata a suddividere, fra centro e periferia, la materia imponibile. Dalle enunciazioni delineate si desume, pertanto, che, avendo la regione Veneto introdotto nell'ordinamento un tributo non contemplato dalla legge dello Stato, essa sembra porsi in contrasto, da un lato, con l'art. 119, primo comma, della Costituzione e, dall'altro, con l'art. 23 della Costituzione, dal momento che le "prestazioni patrimoniali imposte" debbono - per essere conformi al dettaglio costituzionale - rispettare il riparto delle competenze definito dal Costituente, il quale prevede il concorso e della legge statale e di quella regionale: cio' in ossequio, fra l'altro, alla circostanza che alle regioni ordinarie va riconosciuta, in campo tributario, una potesta' legislativa concorrente o complementare rispetto a quella dello Stato. Va osservato, ad abundantiam, che la c.d. legge finanziaria regionale 16 maggio 1970, n. 281, non contempla affatto, fra i tributi propri delle regioni, il contributo imposto con la l.r. del Veneto n. 44/1982 e che addirittura nei confronti della regione Sicilia (ad autonomia finanziaria particolarmente differenziata) la Corte costituzionale ha stabilito il principio secondo cui essa non puo' derogare il quadro delle ipotesi normative precostituite dal legislatore nazionale. Non risulta pertanto manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della l.r. 7 settembre 1982, n. 44, in relazione al disposto dell'art. 119, primo comma, della Costituzione, per avere introdotto con propria legge un onere tributario non contemplato espressamente da legge dello Stato e, per altro aspetto, in relazione al disposto dell'art. 23 della Costituzione.