IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Murciano Umberto (n. 2794/88 reg. gen.) imputato del reato di cui agli articoli 81, 612, 339 e 572 del c.p. per aver, con piu' azioni del medesimo disegno criminoso, minacciato gravemente con un coltello Paiano Gregorio, fratello della di lui moglie, Paiano Anna Maria, alla quale, inoltre, cagionava lesioni personali volontarie guaribili in giorni due, con porto illegale di coltello ex art. 4 della legge n. 110/1975) nonche' di maltrattamenti in pregiudizio alla stessa moglie Paiano Anna Maria. PREMESSO IN FATTO I fatti, sopra sintetizzati, furono denunziati dai carabinieri di Nardo', in data 6 luglio 1988, allorquando Murciano Umberto, residente in Reggio Calabria, ma domiciliato in Nardo', fu condotto davanti a questo Pretore, perche' colto in flagranza di detti reati. Sussistendo i requisiti formali e sostanziali, previo interrogatorio dell'imputato, l'arresto venne convalidato e si inizio' il rito direttissimo, nel corso del quale, pero', dopo aver ancora sentito il Murciano insieme alla moglie Paiano Anna Maria, si ritenne di dover accertare le condizioni dello stesso imputato, e, cioe', se fosse un tossicodipendente e se cio' avesse o meno influito sulla sua capacita' di intendere e di volere al momento dei fatti ex art. 85 e segg. del c.p. L'indagine fu eseguita dal perito di ufficio dott. Mario De Giorgi, il quale nella sua relazione del 1 settembre 1988 ebbe cosi' a concludere: "... dalla lettura degli atti del procedimento, dalla visita medica effettuata e dagli accertamenti emato-chimici richiesti, e', risultato che Murciano Umberto e' stato dedito all'uso di sostanze stupefacenti, ed, in particolare, di eroina per via iniettiva, per un tempo sicuramente piu' lungo di quello dichiarato dallo stesso. Allo stato attuale, e presumibilmente all'epoca del fatto-reato a lui contestato, non e' dedito piu' a detto uso. Ritengo, inoltre, di poter affermare che la precedente tossicomania non abbia potuto influire sulla sua capacita' di intendere e di volere, per cui non necessita attualmente di nessun intervento di tipo sanitario e assistenziale". Successivamente, il medesimo imputato, al quale in data 13 agosto 1988 era stata concessa la liberta' provvisoria ricorrendo gli estremi di legge, fu rinviato a giudizio davanti a questa pretura per rispondere dei reati di cui in epigrafe. Al dibattimento del 14 dicembre 1989, il Murciano, riportandosi ai precedenti interrogatori, negava gli addebiti, ma ribadiva, soprattutto, che non faceva uso, da circa un anno, di sostanze stupefacenti e che, per tale ragione, i rapporti con la moglie erano piu' che normali, tanto da aver voluto la nascita di un figlio; e cio' era avvenuto il 19 aprile 1989. La moglie Paiano Anna Maria confermava sotto il vincolo del giuramento l'assunto del marito e invocava la comprensione del giudicante, onde evitare che, con eventuali provvedimenti di rigore, fosse turbata la tranquillita' familiare, faticosamente ripristinata. Il teste Zaca' Gregorio confermava la sua deposizione e cosi' faceva il verbalizzante brigadiere dei carabinieri Minarco che aveva condotto le indagini sin dall'inizio. Data lettura, col consenso delle parti, della deposizione resa dal cognato dell'imputato, Paiano Gregorio, parte lesa del reato di minacce gravi, il p.m. ed il difensore concludevano come in atti. Al cospetto di quelle risultanze, questo pretore, con sentenza emessa il 14 dicembre 1989, cosi' provvedeva: "Il pretore, letto ed applicato l'art. 483 del c.p.p., dichiara Murciano Umberto colpevole del reato di cui agli artt. 612 e 339 del c.p. in pregiudizio di Paiano Gregorio, ed all'art. 4, secondo e terzo comma della legge n. 110/1975 e, con la concessione delle attenuanti di cui all'art. 62bis del c.p., lo condanna a giorni quindici di reclusione e L. 100.000 di ammenda, rispettivamente per i due reati. Sospende le pene inflitte per anni due e cinque sotto le comminatorie di legge e dispone che delle stesse non si faccia menzione nel certificato del casellario giudiziale. Letto ed applicato l'art. 530 del c.p.p. dichiara di n.d.p. nei confronti dello stesso Murciano per il reato di lesione colpose in danno della moglie Paiano Anna Maria, guarita in giorni due, perche' l'azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela. Dispone la confisca del coltello sequestrato. Per quanto concerne il reato di cui all'art. 572 del c.p., provvede come da separata ordinanza, disponendo lo stralcio degli atti del procedimento in fotocopia autentica a cura del cancelliere addetto. Nardo' il 14 dicembre 1989". OSSERVAVA IN DIRITTO E' risultato in fatto che l'imputato Murciano, per un certo periodo, ebbe ad usare violenze morali e fisiche nei confronti della moglie Paiano Anna Maria (vedasi deposizione di costei e dei testi Paiano e Zaca') che culminarono nei gravi episodi verificatisi il 6 luglio 1988 anche nei confronti del cognato Paiano Gregorio, per cui il primo venne arrestato nella flagranza dei reati contestatigli. Pertanto, tale condotta potrebbe integrare gli estremi materiali e psicologici del reato di cui all'art. 572 del c.p. E' stato altresi' accertato, attraverso il perito d'ufficio, dott. Dario De Giorgi, esperto in accertamenti comportamentali da tossicodipendenza, che il Murciano era stato "dedito all'uso di sostanze stupefacenti, ed, in particolare, di eroina per via iniettiva", per un lungo periodo, ma anteriormente alla data in cui fu denunziato per i reati ascrittigli e che la "precedente tossicomania non ha potuto influire sulla sua capacita' di intendere e di volere"; con conseguente esclusione, quindi, dell'applicabilita' dell'art. 95 in relazione agli artt. 88 e 89 del c.p. e dell'art. 91 s.c. E' emerso, ancora, che il suddetto Murciano - dimostratosi sensibile alle esortazioni di questo Pretore, allorquando, con provvedimento del 13 agosto 1988, gli fu concessa la liberta' provvisoria - da quell'epoca (a suo dire, e, soprattutto, stante la univoca deposizione giurata in tal senso della moglie Paiano) ha modificato seriamente il suo tenore di vita, non usando piu' alcun tipo di stupefacente e, consentendo la ricostruzione armoniosa del nucleo familiare, con la nascita di un figlio maschio voluto da entrambi, per affiancarlo alla presenza di due bambine nate prima. Nonostante cio', questo pretore, non potrebbe prendere in considerazione l'evoluzione, indiscutibilmente positiva, del medesimo imputato, non prevedendo l'art. 572 del c.p. - ne' altre norme dello stesso codice - una causa di estinsione del reato per tale situazione, col grave rischio che, in caso di dichiarazione di responsabilita' per detto reato e conseguente condanna (pur tenendo conto di quanto previsto dagli artt. 132, 133,62- bis, 163 e 168 del c.p.), potrebbe essere vanificato ogni sforzo dei due coniugi per l'uteriore sviluppo di una famiglia giovane, con tre figli minori. Vi e' da rilevare, in verita', che quello di maltrattamenti in famiglia e' un reato, senza dubbio, di notevole entita', inserito nel capo IV del titolo XI del c.p. vigente e, nell'ottica dell'istituto familiare nel periodo anteriore all'entrata in vigore della Costituzione e del nuovo diritto di famiglia, si e' affermato che: "Oggetto specifico della tutela penale, in relazione al delitto previsto nell'art. 572, e' nell'interesse dello Stato di salvaguardare la famiglia, quale nucleo elementare, coniugale e parentale, della societa' e dello Stato e quale istituto di ordine pubblico, contro gli eccessi, che consistono in maltrattamenti inflitti per un fine diverso da quello di correzione o disciplina, a familiari o a fanciulli, o a persone sottoposte alla autorita' del colpevole o a lui affidate per le cause indicate nello stesso art. 572" (Manzini - Diritto penale italiano). Per quanto riguarda poi, l'interesse protetto, si e' asserito che: "Nella cerchia familiare la prepotenza istintiva, la sfrenata irritabilita', l'odio, la gelosia, la stranezza, l'alcoolismo, i vizi sessuali, la vile tendenza a sfogare, in simile ambiente sottomesso, l'ira accumulata nelle lotte della vita sociale, l'avarizia, l'avidita' il bisogno mal sopportato e altri stimoli analoghi, divengono talora causa di bieche persecuzioni, di continue vessazioni fisiche o morali, d'un regime di vita tormentoso e indecoroso, che uno Stato civile non puo' tollerare, ma deve energicamente reprimere nell'interesse sociale della protezione dei deboli. Se lo Stato non intervenisse con l'incriminazione in discorso, siffatti odiosissimi eccessi assai spesso sarebbero punibili, perche' sono frequentemente costituiti da una serie di fatti, ciascuno dei quali, considerato isolatamente, non costituirebbe reato, o tutt'al piu' si ridurrebbe ad un reato punibile soltanto a querela dell'offeso, querela che, date le condizioni del soggetto passivo, ben di rado sarebbe presentata. Oltre al suddetto interesse caratteristico viene in considerazione anche quello relativo all'incolumita' o al decoro delle persone, ma in via subordinata e riflessa, tanto che non occorre che la persona sia stata esposta a quel pericolo o abbia subito quel danno, che e' invece necessario per il delitto di eccessi disciplinari. Nella chiusa, incontrollata e sottomessa vita familiare o quasi-familiare e' possibile che l'offesa all'incolumita' o al decoro della persona provenga non da fatti isolati, ma dal loro complesso o dalla loro reiterazione; il che di regola non puo' accadere, per mancanza di rapporti permanenti e di soggezione, e per la vigilanza della polizia, nella libera, civile e presidiata vita esterna della societa' contemporanea" (Manzini - Diritto penale italiano). Conseguentemente, la pena prevista (art. 572 del c.p.) per il delitto semplice e' la reclusione da uno a cinque anni, per il delitto aggravato dalle lesioni gravi e' la reclusione da quattro a otto anni, per derivate lesioni gravissime da sette a quindici anni e per derivata morte da dodici a venti anni. E' appena utile rammentare, a questo punto - essendo ormai pacifico in dottrina e giurisprudenza - che i principi accolti dalla Costituzione italiana (artt. 29, 30 e 31 in relazione agli artt. 2, 3 e 37 della stessa, propongono un'immagine di "famiglia fondata sul matrimonio" sicuramente diversa da quella configurata dalla c.d. "Carta del diritto" del ventennio fascista, secondo cui, tra l'altro e' stabilito emblematicamente che "il matrimonio e' unione esclusiva al fine della procreazione, il vincolo deriva dalla consumazione la ragione della sua indissolubilita'; ma e' reso eticamente perfetto solo se consegua il suo fine, assicurando la continuita' della famiglia". Princi'pi, questi ultimi, che, come si e' visto, in buona parte, sono stati recepiti dal codice penale del 1930, tenendo conto che, in generale, in tema di "delitti contro la famiglia", titolo XI del c.p., comprensivo dei: capo I, Dei delitti contro il matrimonio; bigamia; (adulterio e concubinato sono stati dichiarati incostituzionali da codesta Corte con sentenze del 19 dicembre 1968, n. 126 e 3 dicembre 1969, n. 147); capo II, Dei delitti contro la morale familiare; incesto, attentati alla morale familiare commessi a mezzo della stampa periodica; capo III, Dei delitti contro lo stato di famiglia e capo IV Dei delitti contro l'assistenza familiare: violazione agli obblighi di assistenza familiare; abuso dei mezzi di correzione disciplinare; maltrattamenti in famiglia; sottrazione consensuale di minorenni, cosi' si esprime la Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, II, p. 334-335: "Ritengo di avere apprestato una energica e valida difesa contro l'attivita' criminosa, sempre piu' vasta ed allarmante, che tende a disgregare l'organismo familiare considerato come societa' coniugale e societa' parentale. Lo Stato deve rivolgere costantemente, e col massimo interesse, la sua attenzione all'istituto etico giuridico della famiglia, che e' il centro d'irradiazione di ogni civile convivenza. Nella comunione familiare i genitori con la parola, e piu' con l'esempio, plasmano l'anima del fanciullo, che sara' poi il cittadino: secondo che l'ambiente domestico e' moralmente puro, o viziato e malsano, germina in esso e fiorisce la pianta dell'uomo onesto, ovvero vi alligna quella triste e attossicata del criminale. Il legislatore, deve con tutti i mezzi dei quali puo' disporre, cercare di rinsaldare, nella sua esistenza fisica e nella compagine morale, l'organismo familiare; a tale scopo serve anche la sanzione punitiva con la sua minaccia contro gli attentati all'istituto del matrimonio, che costituisce il fulcro di ogni ben costituita societa' e contro l'organismo familiare". Inoltre, secondo la Relazione del presidente della commissione ministeriale per il progetto del codice penale, pag. 437: "La riunione delle suindicate disposizioni in titolo unico, crea un sistema completo di salda difesa della famiglia, contro le molteplici correnti che tendono a disgregarla, dando all'organismo familiare, quasi esclusivamente contenuto finora nel campo civilistico, carattere prevalentemente di diritto pubblico. Il progetto... pone a base delle norme disciplinate dal titolo una concezione nuova della famiglia, piu' rispondente alle gloriose tradizioni romanistiche e ai bisogni nazionali. Esso infatti considera la famiglia come societa' familiare; cioe' come collettivita' di determinati individui legati da vincoli reciproci di diritto familiare; come cellula prima di ogni ordinamento civico, con individualita' propria, per cui si distingue, sia rispetto ai terzi, sia rispetto ai singoli membri che la compongono: la famiglia ha un onore proprio, che la legge penale tutela, anche quando non coincida con quello di taluno dei suoi membri; ha una moralita' propria garantita con particolari sanzioni; ha infine un regolamento proprio di diritti, denominati diritti familiari, ai quali corrispondono altrettanti obblighi da parte di altre persone sottoposte allo stesso vincolo familiare". Successivamente al c.p. del 1930, pero', oltre alle norme costituzionali gia' indicate, vi sono stati, com'e' noto, ulteriori interventi legislativi di notevole entita': legge 1 dicembre 1970, n. 898 e succ. mod. "Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio", (confermata dal successivo referendum del maggio 1974); legge 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia; legge 4 maggio 1983, n. 184 (adozione ed affidamento). A livello internazionale, va citata, poi, la "legge 25 ottobre 1977, n. 881, ratificata ed esecuzione del patto internazionale relativo ai diritti economici sociali e culturali, nonche' al patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati ed aperti alla firma a New York, rispettivamente il 16 e 19 novembre 1976" che stabilisce nell'art. 23 del "Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici": 1) la famiglia e' il nucleo naturale e fondamentale della societa' ed ha diritto di essere protetta dalla societa' e dallo Stato; 2) il diritto di sposarsi e fondare una famiglia e' riconosciuto agli uomini ed alle donne che abbiano l'eta' per contrarre matrimonio; 3) il matrimonio non puo' essere celebrato senza il libero e pieno consenso dei futuri coniugi; 4) gli Stati del presente patto (ratificato ormai da tutti i paesi del mondo) devono prendere misure idonee a garantire la parita' di diritti e di responsabilita' dei coniungi riguardo al matrimonio, durante il matrimonio ed al momento del suo scioglimento". Per quanto concerne il settore penale, oltre alla gia' ricordata abrogazione dell'adulterio e del concubinato, in seguito alle sentenze di codesta Corte gia' citate, va ricordata la modifica parziale dell'art. 570 del c.p., apportata dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che ha reso tale delitto perseguibile a querela della persona offesa "salvo nei casi previsti dal n. 1, secondo comma, di detta norma e, quando il reato e' commesso nei confronti dei minori, dal n. 2 della stessa norma". Come puo' rilevarsi, a modifiche sostanziali operate dal legislatore nel campo civilistico, non fanno riscontro altrettante in quello penale. Tuttavia, sia dalle norme costituzionali in tema, gia' citate, sia da talune ricavabili dalle nuove discipline sopra indicate, si evince univocamente il palese intento del legislatore di incoraggiare il piu' possibile la ricostruzione del nucleo familiare. Evidentemente perche' e' spesso avvertita (oggi piu' che mai) la persistente importana dell'istituto familiare o della comunita' familiare, specie al cospetto di gravissimi episodi, ben noti, che in buona parte a parere di illustri cultori della materia affondano le loro radici sul facile dissolvimento della famiglia oltre i limiti prefigurati da norme costituzionali italiane ed, ancora, sanciti da norme di portata mondiale (l. n. 881/1977); nonostante i supporti che, a tutti i livelli, vengono istituiti, in considerazioni di tante mutate caratteristiche della societa' nazionale ed internazionale (consultori familiari, asili nido, servizi sociali ecc.). L'intervento del legislatore cui ora si e' fatto cenno, trae origine, a parere di questo pretore, anzitutto, dalle poche - ma incisive - norme costituzionali, in tema, che a questo proposito, maritano, forse, un'adeguata rilettura, essendo oltremodo significativo quanto enunciato dal Costituente con gli artt. 29, 30, 31 e 2 della legge fondamentasle dello Stato in cui, rispettivamente si stabiliscono: il riconoscimento dei "diritti della famiglia quale societa' naturale fondata sul matrimonio"; i limiti stabiliti dalla legge, anche rispetto all'eguaglianza giuridica e morale dei coniugi, a garanzia dell'unita' familiare; il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio; l'obbligo della Repubblica di agevolare... l'adempimento dei compiti relativi alla famiglia; il riconosci mento e la garanzia "dei diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'" (e la famiglia e' stata ed e' ancora considerata una delle piu' significative formazioni sociali in tal senso). Inoltre, sulla base di numerose norme ordinarie contenute nelle discipline gia' ricordate, sembra addirittura esplicita la volonta' del legislatore di adoperarsi, in ogni modo per la salvaguardia e la ricostruzione del nucleo familiare, facendo leva sulla doverosa e solidale (art. 2 della Costituzione) iniziativa dei coniugi. Si pensi, infatti, agli obblighi di cui al secondo comma dell'art. 143 del cod. civ.; all'indirizzo della vita familiare e alla residenza della famiglia ex art. 144 s.c.; all'intervento del giudice in caso di disaccordo, per la soluzione piu' adeguata all'esigenze della unita' e della vita della famiglia ex art. 145 al concorso negli oneri ex art. 148, agli evidenti (anche se molto spesso trascurati e persino violati) limiti per chiedere ed ottenere la separazione giudiziale ex art. 151 e quella consensuale ex art. 158, ai provvedimenti riguardo ai figli e agli obblighi sintonici dei due coniugi nei confronti dei figli stessi, anche in regime di separazione ex art. 155; gli obblighi, sicuramente solidaristici, emergenti dall'art. 156, che regola gli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi; agli effetti della riconciliazione ex art. 154; alla cessazione degli effetti della sentenza di separazione senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione e con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione ex art. 157; all'improponibilita' dell'azione di annullamento ex art. 119, "se, dopo revocate l'interdizione, vi e' stata coabitazione per un anno"; all'analoga disciplina nel caso di "incapacita' di intendere e di volere ex art. 120; di violenza ed errore ex art. 122 e di simulazione ex art. 123, che al secondo comma, stabilisce: "l'azione non puo' essere proposta decorso un anno della celebrazione del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi, successivamente alla celebrazione medesima". Meritevole di particolare considerazione appare, infine, al Giudicante, quanto stabilito dalla legge 1 dicembre 1970 e succ. mod. (disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), negli artt. 1 e 2, circa l'obbligo dei giudice adito per pronunciare lo scioglimento di "accertare che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non puo' essere mantenuta o riconosciuta per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3". Nella lett. c) di detto articolo, e' prevista, poi, la possibilita' di chiedere, da uno dei coniugi, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrinomio, quando, dopo la celebrazione dello stesso, l'altro coniuge e' stato condannato con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza, a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio del coniuge o di un figlio. Ancora, nella lett. d) del medesimo articolo, si fa riferimento a qualsiasi pena detentiva, con due o piu' condanne, per i delitti di cui all'art. 582, quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 583 ed agli artt. 570, 572 o 6453 del c.p. in danno di un coniuge o di un figlio. Nei successivi due commi e' espressamente stabilito che: "nelle ipotesi previste dalla lett. d), il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo del convenuto, la di lui inidoneita' a mantenere o ricostruire la convivenza familiare. Per tutte le ipotesi previste dal n. 1 del presente articolo (quindi, anche, quelle gravissime teste citate) la domanda non e' proponibile dal coniuge che sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la cinvivenza coniugale e' ripresa". Orbene, sulla base di quanto sin qui necessariamente esposto, per compiutezza di indagine, ritiene questo pretore, sulla base di motivi chiaramente conseguenziali, che la mancata previsione da parte del legislatore di una causa di estinzione del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572, parte prima del c.p. (ferma restando la sua valenza e la sua perseguibilita' di ufficio per la salvaguardia del nucleo familiare, pur nella nuova ottica dello stesso), allorquando venga accertata giudizialmente una seria riconciliazione dei due coniugi ed il normale svolgersi della vita coniugale, possa contrastare con quanto previsto dagli artt. 29, 30, 31 e 2 della Costituzione nel senso di attenuare ingiustificatamente il "riconoscimento dei diritti della famiglia quale societa' naturale fondata sul matrimonio"; inoltre, la salvaguardia dell'unita' familiare, (per quanto possibile, naturalmente), e l'obbligo della Repubblica di agevolare... l'adempimento dei compiti relativi alla famiglia; ancora, la garanzia dei diritti inviolabili di entrambi i coniugi, come singoli e nella formazione sociale (famiglia) ove si svolge, con il rispetto della solidarieta', la loro personalita' e quella dei figli, anche se sopravvengono cause di disarmonia, nei casi in cui le stesse si superino, seriamente ed univocamente, dai due coniugi. Cosi' come sembra, ormai, decisamente orientato - nella disciplina civilistica della famiglia - lo stesso legislatore - sospinto chiaramente da interessi non meramente privatistici - con le numerose norme emanate dal 1970 in poi; norme esaminate peculiarmente per quanto interessava ai fini di dimostrare la non manifesta infondatezza della questione prospettata. Oltre alla rilevanza della stessa questione - che, a parere di questo pretore, e' piu' che evidente nel caso in esame per gli effetti che potrebbero derivare, da un'eventuale accoglimento, nei confronti dell'imputato Murciano - sara' codesta Corte a valutare anche se la mancata previsione della causa estintiva, nel senso di cui sopra, rientri o meno nel potere insindacabile del legislatore, considerando il palese orientamento di quest'ultimo, che, ad avviso di questo stesso pretore, pone detta mancata previsione in contrasto pure con l'art. 3 della Costituzione e con l'intero sistema instaurato in materia dal legislatore medesimo.