IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 2612/1987
 proposto, dall'ins. Guerrera Ida, rappresentata  e  difesa  dall'avv.
 Massimo  Giuffrida,  presso  il  cui  studio, sito in Catania, via P.
 Toselli n. 51, e' elettivamente domiciliata, contro  il  provveditore
 agli   studi   di   Catania   pro-tempore,   rappresentato  e  difeso
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania,  domiciliato  ex
 lege, il Ministro della pubblica istruzione pro-tempore e l'assessore
 regionale della pubblica istruzione pro-tempore,  non  costituiti  in
 giudizio,  per l'annullamento previa sospensione, della nota n. 24473
 del 21 settembre 1987, (conosciuta il 4 ottobre 1987), con  la  quale
 il provveditore agli studi di Catania ha comunicato che la ricorrente
 sarebbe stata collocata a riposo a decorrere dal 1› settembre 1988  e
 che  l'istanza  di  mantenimento  in  servizio non era stata accolta,
 perche'  l'interessata  non  prestava  servizio  continuativo  al  1›
 ottobre 1974;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
     Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'amministrazione
 scolastica intimata, con il patrocinio dell'avvocatura erariale;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato relatore per la camera di consiglio del 9 giugno 1989 il
 referendario dott. Ettore Leotta;
    Udito 'l'avv. Massimo Giuffrida per la ricorrente;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    La  ricorrente  ins.  Guerrera Ida, nata il 25 giugno 1923, veniva
 immessa in  ruolo  in  qualita'  di  insegnante  elementare  in  data
 successiva al 1› ottobre 1974.
    In   data  27  marzo  1987  l'interessata  presentava  istanza  di
 mantenimento in servizio fino al compimento del 70› anno di eta', per
 maturare il diritto alla pensione minima.
    Con  nota  n.  24473  del  21 settembre 1987, il provveditore agli
 studi di Catania comunicava che la Guerrera sarebbe stata collocata a
 riposo a decorrere dal 1› settembre 1988 e, contestualmente, chiariva
 che l'istanza di mantenimento in servizio non era  stata  accolta  in
 quanto,  ai sensi dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477, la
 richiedente non prestava servizio continuativo al 1› ottobre 1974.
    Con  il  presente  gravame,  l'ins.  Guerrera ha impugnato la nota
 provveditoriale citata, deducendo a sostegno delle proprie ragioni la
 seguente   censura   unica:   eccesso   di  potere  per  illogicita',
 contraddittorieta' e disparita' di trattamento. Violazione  dell'art.
 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477.
    L'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, costituendosi in
 giudizio, ha dedotto l'infondatezza del gravame, del quale ha chiesto
 il rigetto.
    Nella  camera  di  consiglio  del 9 giugno 1989, il tribunale, con
 coeva ordinanza n. 441/1989, in accoglimento temporaneo della domanda
 cautelare,   ha   disposto   la   sospensione   dell'esecuzione   del
 provvedimento impugnato sino alla camera di consiglio successiva alla
 restituzione  degli  atti  da  parte  della  Corte  costituzionale, a
 seguito di decisione dell'incidente di  costituzionalita',  sollevato
 con la presente ordinanza.
                             D I R I T T O
    1.-  Il  collocamento  a  riposo  per raggiunti limiti di eta' del
 personale, ispettivo, direttivo, docente e non docente  delle  scuole
 statali  di  ogni  ordine  e grado e' disciplinato dall'art. 15 della
 legge 30 luglio 1973, n. 477,  e  dall'art.  109,  primo  comma,  del
 d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417.
    L'art.  15 della legge n. 477/1973 cosi' dispone: "A decorrere dal
 1› ottobre 1974 il collocamento a riposo per raggiunti limiti di eta'
 per  il  personale  ispettivo, direttivo, docente e non docente della
 scuola materna, primaria,  secondaria  ed  artistica  avviene  il  1›
 ottobre  successivo  alla  data  di compimento del sessantacinquesimo
 anno di eta'.
    Al  personale  ispettivo,  direttivo,  docente  e  non  docente in
 servizio al 1› ottobre 1974 che, per effetto del disposto  del  comma
 precedente,  debba  essere collocato a riposo per raggiunti limiti di
 eta' e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio  attualmente
 richiesto  per  il  massimo  della pensione e' consentito rimanere in
 servizio su richiesta fino al raggiungimento  del  limite  massimo  e
 comunque non oltre il settantesimo anno di eta'.
    La  disposizione  di  cui  al  comma precedente si applica fino al
 conseguimento  dell'anzianita'  minima  per  la  quiscenza  anche  al
 personale  che,  in  servizio  al  1› ottobre 1974, al compimento del
 sessantacinquesimo anno di eta' non abbia raggiunto il numero di anni
 richiesto per ottenere il minimo della pensione".
    Con  sentenza  n. 207 del 9 luglio 1986 la Corte costituzionale ha
 dichiarato l'illeggittimita' costituzionale del terzo comma dell'art.
 15   citato,   limitatamente   alle  parole  "fino  al  conseguimento
 dell'anzianita' minima per la quiescenza".
    Con  il  primo  comma  dell'art.  15  della  legge n. 477/1973, il
 legislatore ha voluto uniformare  la  normativa  del  collocamento  a
 riposo  per  limiti  di  eta'  del personale insegnante, eliminando i
 regimi differenziati all'epoca esistenti tra le  varie  categorie  di
 docenti.
    Infatti,  prima che fosse introdotta la nuova disciplina unitaria,
 i docenti delle scuole secondarie erano collocati a riposo, qualunque
 fosse la loro anzianita' di servizio, al termine dell'anno scolastico
 in cui compivano il settantesimo anno di eta' (legge 7  giugno  1951,
 n. 500).
    Viceversa  per  gli insegnanti elementari il collocamento a riposo
 era previsto a decorrere dal 30 settembre  successivo  al  compimento
 dal  sessantacinquesimo  anno di eta' (art. 1 della legge 15 febbraio
 1958, n. 46, ed articolo unico della legge 9 agosto 1954, n. 637).
    Parimenti  per  il  personale  non docente delle scuole statali il
 collocamento   a   riposo   era   previsto    al    compimento    del
 sessantacinquesimo anno (art. 1, primo comma, della legge 15 febbraio
 1958, n. 46).
    Allorche' il limite di eta' per la permanenza in servizio e' stato
 unificato per tutto il personale scolastico a sessantacinque anni, il
 legislatore,  al  fine di non pregiudicare la posizione di coloro che
 contavano  di  essere  collocati  in  pensione  al   compimento   del
 settantesimo  anno,  ha  introdotto  delle  particolari  disposizioni
 (secondo e terzo comma dell'art. 15  della  legge  n.  477/1973),  in
 forza  delle  quali  e'  stato  consentito a tutti i docenti ed i non
 docenti, in servizio al 1› ottobre 1974, di continuare a svolgere  la
 loro attivita' lavorativa:
       a)  fino  a  maturare  il  periodo di servizio richiesto per il
 massimo della pensione e comunque fino al settantesimo anno;
       b)   fino   al   settantesimo   anno,  ove  al  compimento  del
 sessantacinquesimo anno non fosse stato raggiunto il numero  di  anni
 richiesto per il minimo della pensione.
    A  ben  vedere,  tenuto  conto  della  pregressa  normativa,  tale
 particolare regime di favore avrebbe dovuto essere previsto  soltanto
 per  i  docenti  delle  scuole  secondarie  di  ogni  ordine e grado,
 contemplati dalla legge 7 giugno 1951, n. 500.
    Invece  il  legislatore  ha esteso le c.d. norme transitorie anche
 agli insegnanti elementari e delle scuole  materne,  nonche'  ai  non
 docenti,  per  i  quali  il  collocamento  a riposo al compimento del
 sessantacinquesimo anno non costituiva un quid novi.
    L'art.  109,  primo  comma,  del  d.P.R.  31  maggio  1974, n. 417
 (emanato dal Governo in forza della delega contenuta nella  legge  n.
 477/1973)  si  e'  limitato  a prevedere che il personale docente "e'
 collocato a riposo, per raggiunti limiti  di  eta',  dal  1›  ottobre
 successivo  alla  data  del compimento del sessantacinquesimo anno di
 eta'" omettendo di richiamare le  prescrizioni  di  cui  all'art.  15
 della legge n. 477/1973.
    Analogamente,  nessuna particolare disposizione sul collocamento a
 riposo per limiti di eta'  del  personale  non  docente  e'  data  di
 rinvenire  nel  d.P.R.  31  maggio  1974, n. 420 (emanato dal Governo
 sempre in forza della delega di cui alla legge n. 477/1973),  il  cui
 art.  39  si  e'  limitato  a richiamare, per quanto non previsto, le
 norme sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato.
    Oltre  alla  particolare  normativa,  propria  del personale della
 scuola, occorre individuare le disposizioni di carattere generale che
 disciplinano  il  collocamento  a  riposo  per  limiti  di  eta'  del
 personale civile dello Stato.
    L'art.  6  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale 9 maggio 1974, n. 120) ribadisce, al primo  comma,
 che  tutti  gli  impiegati  civili  di  ruolo  e  non  di ruolo vanno
 collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'.
    La  medesima  disposizione,  al terzo comma, fa salve le norme che
 stabiliscono limiti fissi di eta' per gli appartenenti a  particolari
 categorie,  quelle  che  stabiliscono per il personale insegnante una
 particolare decorrenza della  cessazione  dal  servizio,  nonche'  le
 norme   che   prevedono   il   trattenimento   in  servizio  dopo  il
 raggiungimento dei limiti fissi di eta'.
    2.-  Richiamata  la  normativa  in  atto  vigente  in  materia  di
 collocamento a riposo per limiti di eta' del personale della  scuola,
 il  tribunale puo' ora procedere all'esame della pretesa fatta valere
 dalla ricorrente con l'atto introduttivo del giudizio.
    La  signora Guerrera Ida, insegnante elementare, nata il 25 luglio
 1923, e' stata immessa in ruolo in  data  successiva  al  1›  ottobre
 1974.
    Con nota n. 24473 del 21 settembre 1987 il provveditore agli studi
 di Catania ha comunicato all'interessata che sarebbe stata  collocata
 a  riposo  a  decorrere  dal  1›  settembre  1988  e che l'istanza di
 mantenimento in servizio, presentata il 27 marzo 1987, non era  stata
 accolta, perche' la richiedente non prestava servizio continuativo al
 1› ottobre 1974.
    Con  il  presente  ricorso,  la  Guerrera ha iugnato il decreto di
 collocamento a riposo, deducendo il vizio di eccesso di potere  sotto
 vari   profili   (illogicita',  contraddittorieta'  e  disparita'  di
 trattamento) nonche' la  violozaione  dell'art.  15  della  legge  n.
 477/1973.
    Il collegio, chiamato a deliberare in sede cautelare il fumus boni
 juris del gravame, non puo' fare a meno di rilevare che gli  atti  di
 mantenimento  in  servizio  e di collocamento a riposo dei dipendenti
 pubblici   rientrano   nell'attivita'   vincolata   della    pubblica
 amministrazione,  onde  nei  loro  confronti  il  vizio di eccesso di
 potere non e' configurabile (cfr. Cons. Stato IV 18  marzo  1980,  n.
 272).
    Ne' puo' essere invocata la violazione dell'art. 15 della legge n.
 477/1973, dal momento che la ricorrente nell'anno scolastico  1974/75
 non   ha   prestato   servizio   scolastico   (vedasi  attestato  del
 provveditore agli studi di Catania del 10 aprile 1989).
    Cio' dovrebbe comportare, allo stato, la reiezione della richiesta
 di inibitoria.
    3.-  Tuttavia,  prima  di  adottare una pronuncia in proposito, il
 Tribunale  ritiene  necessario  che  debba   essere   verificata   la
 conformita'  ai  precetti  costituzionali  dell'art. 15, terzo comma,
 della legge 30 luglio 1973, n. 477, nella parte in cui non prevede il
 mantenimento  in servizio fino al settantesimo anno dei docenti e dei
 non docenti ultrasessantacinquenni, assunti dopo il 1› ottobre  1974,
 i  quali  non  abbiano  maturato  l'anzianita' minima richiesta dalla
 legge per ottenere il trattamento di quiescenza.
    In proposito, debbono essere formulate le seguenti considerazioni.
     A)   Nel   settore   del  pubblico  impiego  esiste  una  stretta
 connessione tra il limite di eta'  per  l'assunzione  dei  dipendenti
 pubblici  ed  il  limite di eta' prescrito per il loro collocamento a
 riposo, determinato in modo tale da garantire  il  conseguimento  del
 diritto a pensione.
    L'esistenza  di  tale  principio di carattere generale puo' essere
 agevolmente dimostrata raffrontando le norme vigenti in materia.
    I  -  L'art.  2  del  d.P.R.  10  gennaio  1957,  n.  3 (nel testo
 modificato dall'art. 1 della legge 27 gennaio 1989, n.  25)  consente
 la partecipazione ai concorsi pubblici da parte dei candidati di eta'
 non inferiore agli anni diciotto e non superiore ai quaranta, nonche'
 da  parte  di coloro che non abbiano superato gli anni quarantacinque
 ed appartengono a categorie per le quali siano  previste  deroghe  da
 leggi speciali.
    A  sua volta, l'art. 42, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973,
 n. 1092, prescrive che i  dipendenti  che  cessano  dal  servizio  al
 raggiungimento del limite di eta' hanno diritto alla pensione normale
 se hanno compiuto quindici anni di effettivo servizio.
    Tra  queste  due  disposizioni  esiste un'intima correlazione, dal
 momento che:
       a)  il limite di eta' per l'assunzione e' riferito alla data di
 scadenza del termine di presentazione delle domande di ammissione  ai
 concorsi (art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3).
    L'espletamento  di  un  pubblico  concorso  richiede  tempi lunghi
 (talvolta  passano  anni  dalla  presentazione   delle   domande   di
 partecipazione  alla  nomina  dei  vincitori)  e l'amministrazione ha
 facolta' di coprire i posti rimasti scoperti per rinuncia,  decadenza
 o  dimissioni  dei  vincitori,  nel termine di due anni dalla data di
 approvazione della graduatoria (art. 8 del d.P.R. n. 3/1957).
    Conseguentemente coloro che appartengono a categorie aventi titolo
 all'elevazione del limite di eta' possono di fatto assumere  servizio
 anche  dopo  parecchio  tempo  dalla pubblicazione del bando e quindi
 alla soglia dei cinquant'anni;
       b)  tenuto  conto  che  il limite di eta' per il collocamento a
 riposo e' costituito dal compimento del sessantacinquesimo  anno,  il
 legislatore  ha  conseguentemente  previsto  che  coloro che iniziano
 l'attivita' lavorativa presso una pubblica  amministrazione  a  quasi
 cinquanta  anni  di eta' possono conseguire il diritto a pensione con
 quindici anni di effettivo servizio.
    II  -  Allorche' disposizioni speciali hanno previsto l'assunzione
 agli impieghi prescindendo dai limiti di eta'  indicati  dall'art.  2
 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il legislatore si e' preoccupato di
 far conseguire il diritto a pensione agli  interessati,  elevando  il
 limite di eta' per il collocamento a riposo.
    Cio'  e'  avvenuto  con l'art. 13 della legge 26 dicembre 1981, n.
 763 (recante  la  normativa  organica  per  i  profughi),  che  cosi'
 dispone: "Ai soli fini delle assunzioni previste dalla legge 2 aprile
 1968, n. 482, presso pubblici e privati datori di  lavoro,  profughi,
 in  possesso della formale qualifica, che siano disoccupati e che non
 abbiano superato il cinquantacinquesimo anno di eta', sono equiparati
 agli  invalidi  civili di guerra, di cui al secondo comma dell'art. 2
 della detta legge.
    I   benefici  di  cui  alla  legge  2  aprile  1968,  n.  482,  e'
 riconosciuto ai profughi, in possesso della formale  qualifica,  fino
 alla  maturazione  del  periodo  previdenziale  minimo  ai  fini  del
 conseguimento della pensione".
    Con sentenza n. 1028 del 26 luglio 1988, questo tribunale, sezione
 prima, ha precisato che la normativa richiamata e'  coerente  con  la
 disciplina  del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato,
 permettendo ai profughi, i quali al termine legale del loro  rapporto
 d'impiego  non  abbiano  raggiunto  un  numero  di  anni  di servizio
 sufficiente  per  ottenere  il  minimo  della  pensione,  di  restare
 eccezionalmente in servizio per conseguire quel diritto.
    III  -  Un intento analogo a quello di cui all'art. 13 della legge
 26 dicembre 1981, n. 763, e' stato perseguito dal  legislatore  anche
 con l'articolo 15, terzo comma, della legge n. 477/1973.
    A ben vedere, tale disposizione ha natura duplice, trattandosi di:
       a) norma transitoria di favore, nei confronti dei docenti delle
 scuole  secondarie  che,  collocabili  a  riposo  al  compimento  del
 settantesimo anno in forza della legge 7 giugno 1951, n. 500, avevano
 maturato delle legittime aspettative in ordine alla  maturazione  del
 diritto  a  pensione  e  che  dalla  riduzione  del  limite di eta' a
 sessantacinque   anni   avrebbero    potuto    essere    pregiudicati
 irrimediabilmente;
       b)  norma  volta  a  garantire  il  diritto  al  trattamento di
 quiescenza di tutti i dipendenti della scuola statale che, assunti in
 ruolo  ope legis e non per concorso (e quindi prescindendo dai limiti
 di eta' di cui all'art. 2 del d.P.R. 10  gennaio  1957,  n.  3),  non
 avrebbero  potuto  effettuare  il  servizio  minimo  richiesto  dalla
 legislazione sulle pensioni, ove fossero stati mantenuti in  servizio
 fino  al  sessantacinquesimo  anno  (per  il  personale scolastico le
 assunzioni in ruolo ope legis sono un fenomeno assai ricorrente).
    Se il legislatore avesse perseguito unicamente la finalita' di cui
 alla superiore lett. a), la norma  in  esame  avrebbe  dovuto  essere
 applicata limitatamente ai docenti delle scuole secondarie.
    Viceversa,  rilevato  che  l'art.  15  terzo comma, si riferisce a
 tutte indistintamente le categorie del personale  della  scuola  (ivi
 compresi  i  docenti  delle  scuole  materne  ed  elementari ed i non
 docenti che, in forza della pregressa normativa, andavano collocati a
 riposo al compimento del sessantacinquesimo anno), e' da ritenere che
 l'intendimento di cui alla lett. b) sia stata prevalente, rispondendo
 oltretutto ad una precisa esigenza di equita' sociale.
    Il  legislatore  non  ha  tuttavia  portato  tale  scelta alle sue
 naturali conseguenze ed ha limitato  il  beneficio  al  personale  in
 servizio al 1› ottobre 1974.
    Ad  avviso  di  questo tribunale, l'esclusione dal mantenimento in
 servizio oltre il sessantacinquesimo  anno  dei  docenti  e  dei  non
 docenti assunti dopo il 1› ottobre 1974 (giustificabile ove l'art. 15
 terzo comma, avesse  avuto  soltanto  natura  di  norma  transitoria,
 riferita  unicamente  ai  docenti  delle  scuole  secondarie)  appare
 irrazionale e discriminatoria, dal momento  che  la  disposizione  in
 esame  e' volta prevalentemente a garantire il diritto al trattamento
 minimo di pensione a tutti i dipendenti della scuola  statale,  anche
 se  assunti  in ruolo dopo il superamento dei limiti di eta' indicati
 dalla legge per partecipare ai pubblici concorsi.
    In    sostanza,    con   tale   limitazione   si   e'   introdotta
 un'ingiustificata disparita' di trattamento tra dipendenti  pubblici,
 chiamati  ad  esplicare  identiche  funzioni,  in  palese  violazione
 dell'art. 3 della Costituzione.
    La  diversa  disciplina  dell'eta'  del  collocamento a riposo dei
 docenti, a seconda che si siano trovati o  meno  in  servizio  al  1›
 ottobre  1974,  non  appare  al collegio frutto di un ragionevole uso
 della discrezionalita' legislativa, poiche' l'esigenza di raggiungere
 un  numero di anni di lavoro sufficiente per ottenere il minimo della
 pensione e'  un  interesse  di  tutti  i  lavoratori,  a  prescindere
 dall'epoca della loro assunzione.
     B) Va rilevato altresi' che la Corte costituzionale, con sentenza
 n. 238 del 24  febbraio-3  marzo  1988,  ha  posto  in  evidenza  che
 l'esigenza  di mantenere eccezionalmente in servizio un impiegato per
 un numero di anni sufficiente per ottenere il minimo  della  pensione
 va  ricondotta,  in  via  generale,  ad  un  interesse tutelato dalla
 Costituzione come diritto del lavoratore in  quanto  tale  (art.  38,
 secondo  comma, della Costituzione), nei cui confronti appare perfino
 indifferente la circostanza che il dipendente risulti inserito in  un
 rapporto d'impiego pubblico o in uno di tipo privato.
    Con  la medesima sentenza, la Corte costituzionale ha chiarito che
 non  si  puo'  rinvenire  nella  legislazione  statale  un  principio
 consistente   nel   divieto  assoluto  di  mantenere  in  servizio  i
 dipendenti che abbiano raggiunto il limite massimo di eta' lavorativa
 legislativamente  fissato per la categoria interessata. Al contrario,
 il principio oggi  vigente  permette  che  l'anzidetto  limite  possa
 essere  eccezionalmente derogato a fini assicurativi o previdenziali.
    Cio', in quanto l'ordinamento deve tendere a "conferire il massimo
 di effettivita' alla garanzia del diritto sociale alla pensione, soto
 forma  del diritto ad una giusta retribuzione differita, riconosciuto
 dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione".
    L'art.  15,  terzo  comma,  della  legge  n.  477/1973  si pone in
 contrasto  con   la   predetta   disposizione   costituzionale,   non
 consentendo  il  conseguimento  del  diritto  alla pensione minima da
 parte di quei lavoratori che, entrati in ruolo successivamente al  1›
 ottobre  1974, ad un'eta' inoltrata, in base alle regole generali del
 collocamento a riposo non riuscirebbero a completare  il  periodo  di
 lavoro  per  ottenere il trattamento di quiescenza soltanto per pochi
 anni, se non addirittura per qualche mese o pochi giorni.
    Tale  disposizione  inoltre,  non  consentendo  la  permanenza  in
 servizio di coloro che non hanno raggiunto l'anzianita'  contributiva
 di legge, lede il diritto sociale alla pensione minima, impedendo che
 alcuni lavoratori come la ricorrente, pur avendo versato un numero di
 contributi  non  indifferente,  perdono la possibilita' di godere del
 trattamento minimo di quiescenza per non aver  potuto  completare  il
 periodo  contributivo  per  poco tempo, venendo meno a quell'esigenza
 equitativa di rendere effettivo il diritto a pensione.
    Nel  senso  della necessita' della tutela del diritto al lavoro ed
 alla pensione nei confronti dei lavoratori ultrasessantacinquenni  si
 e'  pronunciata  la  Corte  costituzionale,  sia pure con riferimento
 all'impiego privato, con sentenza n. 176 del 27 giugno 1986.
    In   base  alle  considerazioni  che  precedono,  il  sospetto  di
 incostituzionalita' dell'art. 15, terzo comma, della legge 30  luglio
 1973,  n.  477, nella parte in cui sono esclusi dalla possibilita' di
 permanere in servizio oltre il sessantacinquesimo anno  i  dipendenti
 scolastici assunti dopo il 1› ottobre 1974, appare non manifestamente
 infondato e rilevante ai fini della decisione.
    Circa la rilevanza della questione prospettata, va evidenziato che
 la sorte  del  ricorso  e'  indissolubilmente  legata  all'esito  del
 giudizio  di costituzionalita' del citato art. 15, terzo comma, della
 legge n. 477/1973, dal momento che la domanda della  ricorrente  puo'
 essere  accolta solo in quanto risulti fondata la sollevata questione
 di legittimita' costituzionale.