Ricorso della regione Toscana, in persona del presidente della giunta regionale Gianfranco Bartolini, rappresentata e difesa in forza di deliberazione della giunta regionale n. 2422 del 19 marzo 1990, dall'avv. Alberto Predieri nel cui studio in Roma, via Carducci, 4, e' elettivamente domiciliata, come da procura a margine del presente ricorso, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 17, terzo comma, secondo e terzo periodo, del d.-l. 28 dicembre 1989, n. 415, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 38, per violazione dell'art. 119 della Costituzione. 1. - L'art. 17 della legge 28 febbraio 1990, n. 38, con cui e' stato convertito in legge il d.-l. 28 dicembre 1989, n. 415, integra il fondo di cui all'art. 8 della legge n. 281/1970 dell'importo occorrente per assicurare una consistenza del fondo pari a 6.000 miliardi. Nel terzo comma e' statuito che "il fondo comune, cosi' determinato, e' comprensivo delle somme di cui all'art. 1, seondo comma, della legge 1 febbraio 1989, n. 40, e viene ripartito ed erogato, nell'importo di lire 5.000 miliardi, con le modalita' e i criteri di cui al terzo comma del medesimo art. 1. Il residuo importo di lire 1.000 miliardi viene, invece, ripartito ed erogato con i criteri che all'uopo verranno fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, quale fondo perequativo che tenga anche conto del diversificato gettito delle maggiori entrate di cui all'art. 23, primo comma. Il Ministro per gli affari regionali ed i problemi istituzionali riferisce alla commissione parlamentare per le questioni regionali sui predetti criteri". 2. - La norma, per quanto riguarda l'importo di 1.000 miliardi, viola la riserva di legge posta dall'art. 119 della Costituzione, perche' istituisce nel fondo comune un fondo separato e diverso, sottratto ai criteri di cui all'art. 1 della legge n. 40/1989 determinati dalla predetta legge, attribuendo la determinazione dei criteri non alla legge, ma al potere esecutivo, sia pure previo parere non vincolante della Conferenza per i rapporti fra Stato e regioni con un'eventuale successivo controllo parlamentare sui criteri adottati ed attuati sulla ripartizione ed erogazione. Viene stravolto il principio della riserva di legge, sostituendo illegittimamente alla deliberazione parlamentare legislativa una decisione governativa sulla quale potra' intervenire, in sede di controllo politico, il Parlamento. Il che e' ovvio in un sistema parlamentare caratterizzato dalla mancanza di riserva di atto amministrativo, tanto che l'aver previsto che ex post il Ministro per le regioni riferisca al Parlamento aggiunge ben poco; ne' il parere della conferenza Stato-Regioni puo' sostituire la riserva di legge prevista in modo non superabile. 3. - La illegittima normativa costituisce una innovazione peggiorativa che si pone contro l'interpretazione e la prassi legittime di determinazione di criteri di ripartizione del fondo fra le regioni che sono stati affidati alla legge (a partire dalla legge n. 281/1970) e poi mantenuti alla legge (dalla legge n. 356/1976 nonche' dalla legge n. 40/1989). Tutte queste leggi hanno configurato i poteri governativi come poteri di applicazione della legge, non di fissazione di criteri, prima, e di decisione discrezionale sulla base dei criteri autodeterminati, poi. 4. - Inoltre, l'art. 17 del d.-l. n. 415/1989, convertito nella legge n. 38/1990, viola l'art. 119 della Costituzione in quanto prevede che la quota di 1.000 miliardi del fondo di cui all'art. 8 della legge n. 281/1970 abbia non ben precisata funzione perequativa "che tenga conto anche del diversificato gettito delle maggiori entrate di cui all'art. 23, primo comma" della medesima legge e cioe' della tassa regionale automobilistica, istituita dall'art 4 della legge n. 281/1970, la cui misura dell'art. 23 e' stata aumentata di un importo pari al 45% della tassa erariale vigente al 1 gennaio 1990. Secondo l'art. 4, secondo comma, della legge n. 281/1970, le regioni avevano la facolta' di introdurre la tassa regionale automobilistica ivi prevista in una misura collocata tra il 90%e il 110% della corrispondente tassa erariale ridotta a norma dell'art. 4, penultimo comma, della legge n. 281/1970. Con la legge della regione Toscana 13 giugno 1983, n. 43, la regione Toscana nell'ambito della propria autonomia determinava l'aliquota nella misura del 110%, a decorrere dal 1 gennaio 1984. Tale aliquota e' tuttora vigente. 5. - L'esercizio delle potesta' legislative puo' essere stato - ed e' stato - diverso fra le varie regioni, cosicche' una prima diversita' o "sperequazione" tra le regioni nell'ammontare del tributo proprio di cui sopra e' conseguente alle loro rispettive decisioni su questo punto. Una seconda diversita' puo' derivare dall'aumento della tassa automobilistica statuito dall'art. 23, primo comma, del d.-l. n. 415/1989, che si ripercuote in modo complessivamente (non proporzionalmente) diverso nelle varie regioni. Se (ad esempio) la regione A, in ragione del numero " x" di vetture immatricolate, otteneva per effetto della tassa automobilistica regionale un introito " y", la percentuale di aumento di tale introito " y" dovuta agli incrementi di cui sopra condurra' non solo all'aumento complessivo del gettito per la regione A, a quello specifico titolo, ma condurra' anche all'aumento della differenza (in termini assoluti, non - ovviamente - in termini percentuali) tra la somma che la regione A introita a quel titolo e la somma che allo stesso titolo introita, ad esempio, la regione B, nella quale il numero di vetture immatricolato e' annualmente assai minore e minore l'introito della tassa automobilistica regionale. In altre parole, se la regione A, prima dell'entrata in vigore della legge n. 38/1990, percepiva 100, e la regione B 20, con l'aumento di cui all'art. 23, primo comma, la regione A arriva a percepire 145, e la Regione B 29. E' chiaro che la differenza in termini assoluti tra 145 e 20 e' di 125, ossia superiore a quella tra 100 e 20, che era solo di 80. 6. - Introducendo un meccanismo discrezionale allo scopo anche di far fronte a tale sperequazione, dal momento che e' detto che la sua ripartizione "deve tener conto anche del diversificato gettito delle maggiori entrate di cui all'art. 23, primo comma", si costituisce, indebitamente, una situazione di svantaggio ai danni di quelle regioni che, come la regione Toscana, si sono avvalse della possibilita' di cui all'art. 4 della legge n. 281/1970, portando al 110% l'aliquota della tassa automobilistica regionale (quindi ponendo le condizioni per un maggiore introito a quello specifico titolo, tanto maggiore quanto piu' alta e' la misura dell'aliquota della corrispondente tassa automobilistica erariale, che funziona da base per il calcolo della percentuale). In altri termini, si sottraggono somme la cui ripartizione dovrebbe seguire i criteri di legge - art. 8 della legge n. 281/1970 - perche' appartengono pur sempre al fondo comune di cui all'art. 8. 7. - Nella sostanza, si arriva alla conclusione perversa di far pagare alle regioni l'uso corretto dei propri poteri di autonomia finanziaria sul versante delle entrate, costituzionalmente garantiti, e alla preoccupante constatazione di un ulteriore passo sulla strada di un accentramento finanziario globale.