IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso sul ricorso n.
 982/1989 proposto dall'ins. Gilistro Giuseppa, rappresentata e difesa
 dall'avv. Domenico Condorelli, presso il cui studio, sito in Catania,
 via  Parramuto  n.  24,  e'  elettivamente  domiciliata;  contro   il
 provveditore agli studi di Catania pro-tempore rappresentato e difeso
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato di  Catania,  domiciliataria
 ex  lege;  per  l'annullamento  previa  sospensione,  del decreto del
 provveditore agli studi  di  Catania  n.  73647  del  18  marzo  1989
 (notificato  il  30  marzo  1989), con il quale e' stato annullato il
 decreto n. 73647 del 10 giugno 1987 di mantenimento in servizio della
 ricorrente  fino al 31 agosto 1992 e l'interessata e' stata collocata
 a riposo con effetto  dal  1›  settembre  1987;  e  per  ottenere  la
 riammissione  in  servizio  della ricorrente presso la scuola materna
 statale Plesso "Rosario" di Vizzini;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 scolastica intimata, con il patrocinio dell'avvocatura erariale;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato relatore per la camera di consiglio del 7 luglio 1989 il
 referendario dott. Ettore Leotta;
    Udito l'avv. Domenico Condorelli per la ricorrente;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                                 FATTO
    La  ricorrente ins. Gilistro Giuseppa, nata a Vizzini il 5 gennaio
 1922, aveva conferito un incarico a tempo indeterminato  in  qualita'
 di  insegnante  di  scuola materna statale a decorrere dal 5 novembre
 1976.
    Veniva  immessa in ruolo con decorrenza giuridica dal 1› settembre
 1977 ed economica dal 1› settembre 1979.
    Con  decreto  n.  73647  del  10 giugno 1987, il provveditore agli
 studi di Catania ne disponeva il mantenimento in servizio sino al  31
 agosto 1992, al fine di farle conseguire il diritto a pensione.
    Successivamente, con decreto n. 73647 del 18 marzo 1989, lo stesso
 provveditore agli studi annullava l'atto di mantenimento in  servizio
 dell'ins.  Gilistro  e  ne  disponeva  il collocamento a riposo, "con
 decorrenza dal 1› ottobre 1987".
    Con  il  presente  gravame,  la ricorrente ha impugnato il d.p. n.
 73647 del 18 marzo 1989, deducendo a sostegno delle  proprie  ragioni
 le seguenti censure:
    1.  -  Eccesso  di  potere  -  Contraddittorieta'  - Contrasto con
 precedenti provvedimenti - Illogicita'.
    L'amministrazione avrebbe tenuto nei confronti della ricorrente un
 comportamento contraddittorio:
      assoggettando gli emolumenti mensili corrisposti all'interessata
 alle trattenute per la quiescenza;
      emettendo  il  decreto di mantenimento in servizio del 10 giugno
 1987 n. 73647.
    Tutto cio' avrebbe ingenerato nell'ins. Gilistro un'aspettativa ed
 un affidamento nel futuro trattamento pensionistico.
    2. - Eccesso di potere - Carenza di motivazione.
    Nell'atto  impugnato  non  sarebbero  state  esternate  le ragioni
 d'interesse pubblico, che giustificano l'annullamento del d.p. del 10
 giugno 1987.
    3. - Eccesso di potere. Violazione del principio della continuita'
 didattica.
    La ricorrente avrebbe comunque dovuto essere mantenuta in servizio
 sino al termine dell'anno scolastico.
    4.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 15 della legge n.
 477/1973, nella parte in cui esclude  dai  benefici  minimi  previsti
 dalla  norma  i dipendenti assunti successivamente al 1› ottobre 1974
 ed i dipendenti che, assunti  successivamente  al  1›  ottobre  1974,
 abbiano  compiuto  i  sessantacinque anni senza raggiungere il minimo
 trattamento pensionistico.
    La norma in epigrafe si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 4 e
 97 della Costituzione, in quanto:
       a)  opererebbe  una  discriminazione  tra  il personale assunto
 anteriormente al 1› ottobre 1974 ed  il  personale  assunto  in  data
 successiva;
       b)  violerebbe  il diritto al lavoro, penalizzando i dipendenti
 ultrasessantacinquenni, ancorche' privi del diritto al trattamento di
 quiescenza.
    L'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, costituendosi in
 giudizio, ha dedotto l'inammissibilita' e l'infondatezza del gravame,
 del quale ha chiesto il rigetto.
    Nella  camera  di  consiglio  del 7 luglio 1989, il tribunale, con
 ordinanza n.  563/1989,  in  accoglimento  temporaneo  della  domanda
 cautelare,   ha   disposto   la   sospensione   dell'esecuzione   del
 provvedimento impugnato sino alla camera di consiglio successiva alla
 restituzione  degli  atti  da  parte  della  Corte  costituzionale, a
 seguito di decisione dell'incidente di  costituzionalita',  sollevato
 con la presente ordinanza.
                                DIRITTO
    1.  -  Il  collocamento  a riposo per raggiunti limiti di eta' del
 personale, ispettivo, direttivo, docente e non docente  delle  scuole
 statali  di  ogni  ordine  e grado e' disciplinato dall'art. 15 della
 legge 30 luglio 1973, n. 477,  e  dall'art.  109,  primo  comma,  del
 d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417.
    L'art. 15 della legge n. 477/1973 cosi' dispone:
    "A  decorrere  dal  1›  ottobre  1974 il collocamento a riposo per
 raggiunti limiti di  eta'  per  il  personale  ispettivo,  direttivo,
 docente  e  non docente della scuola materna, primaria, secondaria ed
 artistica avviene il 1› ottobre successivo alla  data  di  compimento
 del sessantacinquesimo anno di eta'.
    Al  personale  ispettivo,  direttivo,  docente  e  non  docente in
 servizio al 1› ottobre 1974 che, per effetto del disposto  del  comma
 precedente,  debba  essere collocato a riposo per raggiunti limiti di
 eta' e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio  attualmente
 richiesto  per  il  massimo  della pensione e' consentito rimanere in
 servizio su richiesta fino al raggiungimento  del  limite  massimo  e
 comunque non oltre il settantesimo anno di eta'.
    La  disposizione  di  cui  al  comma precedente si applica fino al
 conseguimento dell'anzianita'  minima  per  la  quiescenza  anche  al
 personale  che,  in  servizio  al  1› ottobre 1974, al compimento del
 sessantacinquesimo anno di eta' non abbia raggiunto il numero di anni
 richiesto per ottenere il minimo della pensione".
    Con  sentenza  n. 207 del 9 luglio 1986 la Corte costituzionale ha
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale del terzo comma  dell'art.
 15   citato,   limitatamente   alle  parole  "fino  al  conseguimento
 dell'anzianita' minima per la quiescenza".
    Con  il  primo  comma  dell'art.  15  della  legge n. 477/1973, il
 legislatore ha voluto uniformare  la  normativa  del  collocamento  a
 riposo  per  limiti  di  eta'  del personale insegnante, eliminando i
 regimi differenziati all'epoca del personale insegnante, eliminando i
 regimi  differenziati  all'epoca  esistenti tra le varie categorie di
 docenti.
    Infatti,  prima che fosse introdotta la nuova disciplina unitaria,
 i docenti delle scuole secondarie erano collocati a riposo, qualunque
 fosse la loro anzianita' di servizio, al termine dell'anno scolastico
 in cui compivano il settantesimo anno di eta' (legge 7  giugno  1951,
 n. 500).
    Viceversa  per  gli insegnanti elementari il collocamento a riposo
 era previsto a decorrere dal 30 settembre  successivo  al  compimento
 del  sessantacinquesimo  anno di eta' (art. 1 della legge 15 febbraio
 1958, n. 46, ed articolo unico della legge 9 agosto 1954, n. 637).
    Parimenti  per  il  personale  non docente delle scuole statali il
 collocamento   a   riposo   era   previsto    al    compimento    del
 sessantacinquesimo  anno (art. 1, primo comma della legge 15 febbraio
 1958, n. 46).
    Allorche' il limite di eta' per la permanenza in servizio e' stato
 unificato per tutto il personale scolastico a sessantacinque anni, il
 legislatore,  al  fine di non pregiudicare la posizione di coloro che
 contavano  di  essere  collocati  in  pensione  al   compimento   del
 settantesimo  anno,  ha  introdotto  delle  particolari  disposizioni
 secondo e terzo comma dell'art. 15 della legge n. 477/1973), in forza
 delle  quali  e' stato consentito a tutti i docenti ed i non docenti,
 in servizio al 1› ottobre 1974, di  continuare  a  svolgere  la  loro
 attivita' lavorativa:
       a)  fino  a  maturare  il  periodo di servizio richiesto per il
 massimo della pensione e comunque fino al settantesimo anno;
       b)   fino   al   settantesimo   anno,  ove  al  compimento  del
 sessantacinquesimo anno non fosse stato raggiunto il numero  di  anni
 richiesto per il minimo della pensione.
    A  ben  vedere,  tenuto  conto  della  pregressa  normativa,  tale
 particolare regime di lavoro avrebbe dovuto essere previsto  soltanto
 per  i  docenti  delle  scuole  secondarie  di  ogni  ordine e grado,
 contemplati dalla legge 7 giugno 1951,,n. 500.
    Invece  il  legislatore  ha esteso le c.d. norme transitorie anche
 agli insegnanti elementari e delle scuole  materne,  nonche'  ai  non
 docenti,  per  i  quali  il  collocamento  a riposo al compimento del
 sessantacinquesimo anno non costituiva un quid novi.
    L'art.  109,  primo  comma  del  d.P.R.  31  maggio  1974, n. 417,
 (emanato dal Governo in forza della delega contenuta nella  legge  n.
 477/1973)  si  e'  limitato  a prevedere che il personale docente "e'
 collocato a riposo, per raggiunti limiti  di  eta',  dal  1›  ottobre
 successivo  alla  data  del compimento del sessantacinquesimo anno di
 eta' "omettendo di richiamare le  prescrizioni  di  cui  all'art.  15
 della legge n. 477/1973.
    Analogamente,  nessuna particolare disposizione sul collocamento a
 riposo per limiti di eta'  del  personale  non  docente  e'  data  di
 rinvenire  nel  d.P.R.  31  maggio  1974, n. 420 (emanato dal Governo
 sempre in forza della delega di cui alla legge n. 477/1973),  il  cui
 art.  39  si  e'  limitato  a richiamare, per quanto non previsto, le
 norme sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato.
    Oltre  alla  particolare  normativa,  propria  del personale della
 scuola, occorre individuare le disposizioni di carattere generale che
 disciplinano  il  collocamento  a  riposo  per  limiti  di  eta'  del
 personale civile dello Stato.
    L'art.  6  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale 9 maggio 1974, n. 120) ribadisce, al primo  comma,
 che  tutti  gli  impiegati  civili  di  ruolo  e  non  di ruolo vanno
 collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'.
    La  medesima  disposizione,  al terzo comma, fa salve le norme che
 stabiliscono limiti fissi di eta' per gli appartenenti a  particolari
 categorie,  quelle  che  stabiliscono per il personale insegnante una
 particolare decorrenza della  cessazione  dal  servizio,  nonche'  le
 norme che prevedono il trattamento in servizio dopo il raggiungimento
 dei limiti fissi di eta'.
    2.  -  Richiamata  la  normativa  in  atto  vigente  in materia di
 collocamento a riposo per limiti di eta' del personale della  scuola,
 il  tribunale puo' ora procedere all'esame della pretesa fatta valere
 dalla ricorrente con l'atto introduttivo del giudizio.
    La  signora  Gilistro Giuseppa, insegnante di scuola materna, nata
 il 5 gennaio 1922, e' stata nominata  a  tempo  indeterminato  dal  5
 novembre  1976, ed e' stata immessa in ruolo ope legis con decorrenza
 giuridica dal 1› settembre 1977 ed economica dal 1› settembre 1979.
    Il  provveditore agli studi di Catania con decreto n. 73647 del 10
 giugno 1987 ha disposto il mantenimento in servizio  dell'interessata
 fino  al  31  agosto  1992,  al fine di farle conseguire il diritto a
 pensione.
    Successivamente  lo  stesso  provveditore,  con  decreto  di  pari
 protocollo del 18 marzo 1989 ha annullato l'atto di  mantenimento  in
 servizio  ed ha collocato a riposo la Gilistro "con decorrenza dal 1›
 settembre 1987", motivando la propria determinazione con il fatto che
 l'interessata non era in servizio al 1› ottobre 1974.
    Con  il  presente  ricorso, la Gilistro ha impugnato il decreto di
 collocamento a riposo, deducendo il vizio di eccesso di potere  sotto
 vari  profili  (contraddittorieta'  con  precedenti  atti della p.a.;
 difetto di motivazione; violazione del  principio  della  continuita'
 didattica) e l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15 della legge
 n. 477/1973.
    Il collegio, chiamato a deliberare in sede cautelare il fumus boni
 juris del gravame, non puo' fare a meno di rilevare che gli  atti  di
 mantenimento  in  servizio  e di collocamento a riposo dei dipendenti
 pubblici   rientrano   nell'attivita'   vincolata   della    pubblica
 amministrazione,  onde  nei  loro  confronti  il  vizio di eccesso di
 potere non e' configurabile (cfr. Cons. Stato IV, 18 marzo  1980,  n.
 272).
    Cio' dovrebbe comportare, allo stato, la reiezione della richiesta
 di inibitoria.
    3.  -  Tuttavia,  prima di adottare una pronuncia in proposito, il
 tribunale  ritiene  necessario  che  debba   essere   verificata   la
 conformita'  ai  precetti  costituzionali  dell'art. 15, terzo comma,
 della legge 30 luglio 1973, n. 477, nella parte in cui non prevede il
 mantenimento  in servizio fino al settantesimo anno dei docenti e dei
 non docenti ultrasessantacinquenni, assunti dopo il 1› ottobre  1974,
 i  quali  non  abbiano  maturato  l'anzianita' minima richiesta dalla
 legge per ottenere il trattamento di quiescenza.
    In proposito, debbono essere formulate le seguenti considerazioni.
     A)   Nel   settore   del  pubblico  impiego  esiste  una  stretta
 connessione tra il limite di eta'  per  l'assunzione  dei  dipendenti
 pubblici  ed  il limite di eta' prescritto per il loro collocamento a
 riposo, determinato in modo tale da garantire  il  conseguimento  del
 diritto a pensione.
    L'esistenza  di  tale  principio di carattere generale puo' essere
 agevolmente dimostrata raffrontando le norme vigenti in materia.
    I  -  L'art.  2  del  d.P.R.  10  gennaio  1957,  n.  3 (nel testo
 modificato dall'art. 1 della legge 27 gennaio 1989, n.  25)  consente
 la partecipazione ai concorsi pubblici da parte dei candidati di eta'
 non inferiore agli anni 18 e non superiore ai 40, nonche' da parte di
 coloro  che  non  abbiano  superato  gli  anni  45  ed appartengono a
 categorie per le quali siano previste deroghe da leggi speciali.
    A  sua volta, l'art. 42, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973,
 n. 1092, prescrive che i  dipendenti  che  cessano  dal  servizio  al
 raggiungimento del limite di eta' hanno diritto alla pensione normale
 se hanno compiuto 15 anni di effettivo servizio.
    Tra  queste  due  disposizioni  esiste un'intima correlazione, dal
 momento che:
       a)  il limite di eta' per l'assunzione e' riferito alla data di
 scadenza del termine di presentazione delle domande di ammissione  ai
 concorsi (art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3).
    L'espletamento  di  un  pubblico  concorso  richiede  tempi lunghi
 (talvolta  passano  anni  dalla  presentazione   delle   domande   di
 partecipazione  alla  nomina  dei  vincitori)  e l'amministrazione ha
 facolta' di coprire i posti rimasti scoperti per rinuncia,  decadenza
 o  dimissioni  dei  vincitori,  nel termine di due anni dalla data di
 approvazione della graduatoria (art. 8 del. d.P.R. n. 3/1957).
    Conseguentemente coloro che appartengono a categorie aventi titolo
 all'elevazione del limite di eta' possono di fatto assumere  servizio
 anche  dopo  parecchio  tempo  dalla pubblicazione del bando e quindi
 alla soglia dei cinquant'anni;
       b)  tenuto  conto  che  il limite di eta' per il collocamento a
 riposo e' costituito dal compimento del sessantacinquesimo  anno,  il
 legislatore  ha  conseguentemente  previsto  che  coloro che iniziano
 l'attivita' lavorativa presso una pubblica  amministrazione  a  quasi
 cinquanta  anni  di eta' possono conseguire il diritto a pensione con
 quindici anni di effettivo servizio.
    II  -  Allorche' disposizioni speciali hanno previsto l'assunzione
 agli impieghi prescindendo dai limiti di eta'  indicati  dall'art.  2
 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il legislatore si e' preoccupato di
 far conseguire il diritto a pensione agli  interessati,  elevando  il
 limite di eta' per il collocamento a riposo.
    Cio'  e'  avvenuto  con l'art. 13 della legge 26 dicembre 1981, n.
 763 (recante  la  normativa  organica  per  i  profughi),  che  cosi'
 dispone: "Ai soli fini delle assunzioni previste dalla legge 2 aprile
 1968, n. 482, presso pubblici e privati datori di lavoro, i profughi,
 in  possesso della formale qualifica, che siano disoccupati e che non
 abbiano superato il cinquantacinquesimo anno di eta', sono equiparati
 agli  invalidi  civili di guerra, di cui al secondo comma dell'art. 2
 della detta legge.
    I   benefici  di  cui  alla  legge  2  aprile  1968,  n.  482,  e'
 riconosciuto ai profughi, in possesso della formale  qualifica,  fino
 alla  maturazione  del  periodo  previdenziale  minimo  ai  fini  del
 conseguimento della pensione".
    Con sentenza n. 1028 del 26 luglio 1988, questo tribunale, sezione
 prima, ha precisato che la normativa richiamata e'  coerente  con  la
 disciplina  del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato,
 permettendo ai profughi, i quali al termine legale del loro  rapporto
 d'impiego  non  abbiano  raggiunto  un  numero  di  anni  di servizio
 sufficiente  per  ottenere  il  minimo  della  pensione,  di  restare
 eccezionalmente in servizio per conseguire quel diritto.
    III  -  Un intento analogo a quello di cui all'art. 13 della legge
 26 dicembre 1981, n. 763, stato perseguito dal legislatore anche  con
 l'art. 15, terzo comma, della legge n. 477/1973.
    A ben vedere, tale disposizione ha natura duplice, trattandosi di:
       a) Norma transitoria di favore, nei confronti dei docenti delle
 scuole  secondarie  che,  collocabili  a  riposo  al  compimento  del
 settantesimo anno in forza della legge 7 giugno 1951, n. 500, avevano
 maturato delle legittime aspettative in ordine alla  maturazione  del
 diritto  a  pensione  e  che  dalla  riduzione  del  limite di eta' a
 sessantacinque   anni   avrebbero    potuto    essere    pregiudicati
 irrimediabilmente;
       b)  norma  volta  a  garantire  il  diritto  al  trattamento di
 quiescenza di tutti i dipendenti della scuola statale che, assunti in
 ruolo  ope legis e non per concorso (e quindi prescindendo dai limiti
 di eta' di cui all'art. 2 del d.P.R. 10  gennaio  1957,  n.  3),  non
 avrebbero  potuto  effettuare  il  servizio  minimo  richiesto  dalla
 legislazione sulle pensioni, ove fossero stati mantenuti in  servizio
 fino  al  sessantacinquesimo  anno.(Per  il  personale  scolastico le
 assunzioni in ruolo ope legi, sono un fenomeno assai ricorrente).
    Se il legislatore avesse perseguito unicamente la finalita' di cui
 alla superiore lett. a), la norma  in  esame  avrebbe  dovuto  essere
 applicata limitatamente ai docenti delle scuole secondarie.
    Viceversa,  rilevato  che  l'art.  15, terzo comma, si riferisce a
 tutte indistintamente le categorie del personale  della  scuola  (ivi
 compresi  i  docenti  delle  scuole  materne  ed  elementari ed i non
 docenti che, in forza della pregressa normativa, andavano collocati a
 riposo al compimento del sessantacinquesimo anno), e' da ritenere che
 l'intendimento di cui alla lett. b) sia stato prevalente, rispondendo
 oltretutto ad una precisa esigenza di equita' sociale.
    Il  legislatore  non  ha  tuttavia  portato  tale  scelta alle sue
 naturali conseguenze ed ha limitato  il  beneficio  al  personale  in
 servizio al 1› ottobre 1974.
    Ad  avviso  di  questo tribunale, l'esclusione dal mantenimento in
 servizio oltre il sessantacinquesimo  anno  dei  docenti  e  dei  non
 docenti  assunti  dopo  il 1› ottobre 1974 (giustificabile ove l'art.
 15, terzo comma, avesse avuto soltanto natura di  norma  transitoria,
 riferita  unicamente  ai  docenti  delle  scuole  secondarie)  appare
 irrazionale e discriminatoria, dal momento  che  la  disposizione  in
 esame  e' volta prevalentemente a garantire il diritto al trattamento
 minimo di pensione di tutti i dipendenti della scuola statale,  anche
 se  assunti  in ruolo dopo il superamento dei limiti di eta' indicati
 dalla legge per partecipare ai pubblici concorsi.
    In    sostanza,    con   tale   limitazione   si   e'   introdotta
 un'ingiustificata disparita' di trattamento tra dipendenti  pubblici,
 chiamati  ad  esplicare  identiche  funzioni,  in  palese  violazione
 dell'art. 3 della Costituzione.
    La  diversa  disciplina  dell'eta'  di  collocamento  a riposo dei
 docenti, a seconda che si siano trovati o  meno  in  servizio  al  1›
 ottobre  1974,  non  appare  al collegio frutto di un ragionevole uso
 della discrezionalita' legislativa, poiche' l'esigenza di raggiungere
 un  numero di anni di lavoro sufficiente per ottenere il minimo della
 pensione e'  un  interesse  di  tutti  i  lavoratori,  a  prescindere
 dall'epoca della loro assunzione.
     B) Va rilevato altresi' che la Corte costituzionale, con sentenza
 n. 238 del 24  febbraio-3  marzo  1988,  ha  posto  in  evidenza  che
 l'esigenza  di mantenere eccezionalmente in servizio un impiegato per
 un numero di anni sufficiente per ottenere il minimo  della  pensione
 va  ricondotta,  in  via  generale,  ad  un  interesse tutelato dalla
 Costituzione come diritto del lavoratore in  quanto  tale  (art.  38,
 secondo  comma, della Costituzione), nei cui confronti appare perfino
 indifferente la circostanza che il dipendente risulti inserito in  un
 rapporto d'impiego pubblico o in uno di tipo privato.
    Con  la medesima sentenza, la Corte costituzionale ha chiarito che
 non  si  puo'  rinvenire  nella  legislazione  statale  un  principio
 consistente   nel   divieto  assoluto  di  mantenere  in  servizio  i
 dipendenti  che  abbiano  raggiunto  il  limite   massimo   dell'eta'
 lavorativa  legislativamente fissato per la categoria interessata. Al
 contrario, il principio oggi vigente permette che l'anzidetto  limite
 possa   essere   eccezionalmente   derogato  a  fini  assicurativi  o
 previdenziali.
    Cio', in quanto l'ordinamento deve tendere a "conferire il massimo
 di effettivita' alla garanzia  del  diritto  sociale  alla  pensione,
 sotto  forma  del  diritto  ad  una  giusta  retribuzione  differita,
 riconosciuto dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione".
    L'art.  15,  terzo  comma,  della  legge  n.  477/1973  si pone in
 contrasto  con   la   predetta   disposizione   costituzionale,   non
 consentendo  il  conseguimento  del  diritto  alla pensione minima da
 parte di quei lavoratori che, entrati in ruolo successivamente al  1›
 ottobre  1974, ad un'eta' inoltrata, in base alle regole generali del
 collocamento a riposo non riuscirebbero a completare  il  periodo  di
 lavoro  per  ottenere il trattamento di quiescenza soltanto per pochi
 anni, se non addirittura per qualche mese o pochi giorni.
    Tale  disposizione  inoltre,  non  consentendo  la  permanenza  in
 servizio di coloro che non hanno raggiunto l'anzianita'  contributiva
 di legge, lede il diritto sociale alla pensione minima, impedendo che
 alcuni lavoratori come la ricorrente, pur avendo versato un numero di
 contributi  non  indifferente,  perdono la possibilita' di godere del
 trattamento minimo di quiescenza per non aver  potuto  completare  il
 periodo  contributivo  per  poco tempo, venendo meno a quell'esigenza
 equitativa di rendere effettivo il diritto a pensione.
    Nel  senso  della necessita' della tutela del diritto al lavoro ed
 alla pensione nei confronti dei lavoratori ultrasessantacinquenni  si
 e'  pronunciata  la  Corte  costituzionale,  sia pure con riferimento
 all'impiego privato, con sentenza n. 176 del 27 giugno 1986.
    In   base  alle  considerazioni  che  precedono,  il  sospetto  di
 incostituzionalita' dell'art. 15, terzo comma, della legge 30  luglio
 1973,  n.  477, nella parte in cui sono esclusi dalla possibilita' di
 permanere in servizio oltre il sessantacinquesimo anno  i  dipendenti
 scolastici assunti dopo il 1› ottobre 1974, appare non manifestamente
 infondato e rilevante ai fini della decisione.
    Circa la rilevanza della questione prospettata, va evidenziato che
 la sorte  del  ricorso  e'  indissolubilmente  legata  all'esito  del
 giudizio  di costituzionalita' del citato art. 15, terzo comma, della
 legge n. 477/1973, dal momento che la domanda della  ricorrente  puo'
 essere  accolta solo in quanto risulti fondata la sollevata questione
 di legittimita' costituzionale.