IL PRETORE Nel procedimento penale n. 4434/87 a carico di Falaguasta Ferdinando, nato ad Agna il 27 maggio 1938, Sgrinzato Francesco, nato ad Agna l'11 febbraio 1934 e Nardi Antonio, nato a Mestrino il 26 ottobre 1939, il primo dei quali chiamato a rispondere a titolo individuale, tra l'altro, di plurime violazioni all'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 e successive modifiche, la difesa dell'imputato medesimo sollevava durante la fase degli atti preliminari al dibattimento questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, settimo comma della legge n. 319/76 (come integrata e modificata per effetto dei successivi interventi legislativi), nella parte in cui non impone ai funzionari tecnici dei presidi e servizi multizonali di prevenzione, nel corso delle operazioni di campionamento e prelievo di scarichi idrici, di dare avviso al titolare dello scarico della facolta' di farsi assistere immediatamente da un difensore o da un tecnico di sua fiducia, argomentando che l'omissione per un verso darebbe vita ad una irregolare disparita' di trattamento normativo rispetto alla disciplina della perquisizione domiciliare e personale prevista dagli artt. 304- bis, 304- ter, comma terzo, e 334 del codice di procedura penale del 1930 e dagli artt. 354 e 356 del nuovo codice di procedura penale e 114 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in violazione dell'art. 3 della Costituzione e, per altro verso, comporterebbe violazione del diritto di difesa sancito come inviolabile dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, giusta anche la nozione di "procedimento penale" delineata, da ultimo, dalla sentenza 15 luglio 1983, n. 248, della Corte costituzionale. La questione si configura rilevante e pregiudiziale al procedimento penale di cui trattasi, tenuto conto che ciascuna delle accuse di violazione dell'art. 21, terzo comma della legge n. 319/1976 elevate nei confronti del Falaguasta trova fondamento negli accertamenti tecnico-analitici effettuati dalla sezione chimico-ambientale del p.m.p. di Padova sui campioni di reflui prelevati da personale dello stesso p.m.p. o del settore igiene pubblica della u.l.s.s. n. 23 di Conselve presso la ditta "Lavanderia Rossana" di Agna, della quale il Falaguasta e' legale responsabile. Il tema investe la complessa problematica, gia' piu' volte esaminata dalla Corte costituzionale, dell'ambito applicativo del diritto di difesa "inviolabile" ex art. 24, secondo comma, della Costituzione e del limite che il riferimento letterale alla nozione di "procedimento" contenuto nella norma sembra stabilire ad una estensione delle garanzie ad attivita' che sono fuori del procedimento penale vero e proprio ed ineriscono a funzioni amministrative di vigilanza o controllo. Si tratta di questione strettamente connessa a quella del valore e della consistenza probatoria degli accertamenti tecnici svolti in sede di vigilanza e controllo amministrativo che conducano alla individuazione di un fatto-reato. E' evidente, infatti, che il problema della espansione del diritto di difesa non si porrebbe ove fosse riconosciuto il principio che i risultati di una procedura ispettiva amministrativa non possano conseguire riconoscimento giurisdizionale. Ma cio' non e'. Per la giurisprudenza ordinaria formatasi sotto il vigore del c.p.p. abrogato (dal quale il procedimento penale in esame continua ad essere disciplinato per effetto delle disposizioni transitorie di cui al decreto legislativo n. 271/89) e' pacifico che i verbali degli accertamenti tecnici stragiudiziali (prelievo ed analisi di campioni) eseguiti dall'autorita' amministrativa di propria iniziativa in materia di inquinamento idrico fanno parte integrante del rapporto di denuncia cui sono allegati e costituiscono elementi di prova ai quali il giudice puo' attingere per formare il proprio convincimento anche senza ricorrere all'ausilio di un perito. Corrispondente principio e' affermato dall'art. 223 del decreto legislativo n. 271/89, che prevede l'acquisizione al fascicolo del dibattimento dei verbali di analisi non ripetibili, quali sono appunto gli accertamenti in materia di inquinamento idrico per la caratteristica della deteriorabilita' delle acque in questione, che rende impraticabile procedure amministrative di revisione o verifiche dibattimentali. Con la sentenza 15 luglio 1983, n. 248, la Corte costituzionale, accogliendo in parte i rilievi di incostituzionalita' mossi da vari giudici di merito, e in particolare dal pretore di Milano con ordinanza di rimessione del 30 gennaio 1981, all'art. 15, settimo comma, della legge n. 319/1976, premesso che devono essere garantite con il riconoscimento del diritto di difesa (nelle sue varie articolazioni) tutte le attivita' "preordinate ad una pronuncia penale che si traducano in processi verbali di cui e' consentita la lettura al dibattimento", anche se poste in essere al di fuori del normale intervento del magistrato, ha dichiarato la norma suddetta illegittima nella parte cui non prevede che il laboratorio provinciale di igiene e profilassi (da intendersi ora sostituito dal p.m.p.) dia avviso al titolare dello scarico affinche' possa presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, nell'esecuzione delle analisi. La previsione di un parziale contraddittorio tra organo di controllo (prima laboratorio provinciale di igiene e profilassi, oggi p.m.p.) e controllato (titolare dello scarico) nell'ambito di una procedura amministrativa che si svolge anteriormente all'intervento del magistrato penale, in un momento in cui non preesistono gli estremi oggettivi di un reato, la cui esistenza puo' essere anzi positivamente esclusa all'esito degli accertamenti analitici (in una fase, dunque, in cui e' del tutto incerta la stessa configurabilita' di una notitia criminis) e' stata positivamente ed espressamente sancita dall'art. 223 del decreto legislativo n. 271/89, che ha formalmente esplicitato l'obbligo introdotto dalla menzionata pronuncia della Corte costituzionale. Nessuna forma di garanzia difensiva e' stata invece ritenuta necessaria, dalla Corte costituzionale prima e dal legislatore in sede di formulazione del nuovo codice di procedura penale e delle disposizioni di attuazione e coordinamento poi, con riferimento alla fase del campionamento in senso stretto, ossia del prelievo delle acque da sottoporre ad analisi, pur essendo detta attivita' soggetta e precise modalita' di esecuzioni che implica specifiche cognizioni scientifiche. La relativa questione, per la verita', era stata sottoposta al giudizio della Corte del pretore di Milano con la richiamata ordinanza del 30 gennaio 1981, ma i termini di essa erano stati interpretati dalla Consulta in modo diverso rispetto all'angolazione prospettata dal giudice a quo. Questi, infatti, aveva ritenuto che il diritto di difesa andasse garantito non per il tramite di un avviso del giorno e dell'ora in cui fossero attuati i prelievi, ma attraverso un congegno informativo non pregiudizievole dell'interesse ad un accertamento non inquinato. Si aspicava, in particolare, che fosse introdotta una norma in base alla quale gli organi ispettivi avrebbero dovuto informare, una volta intervenuti sul posto dove si effettuano gli scarichi da controllare, il titolare degli scarichi medesimi della facolta' di fare intervenire un difensore, un consulente tecnico, o altra persona di sua fiducia al fine di consentire il controllo immediato delle ritualita' del prelievo, senza pregiudizio dello svolgimento delle operazioni, non condizionabili dalla mancata reperibilita' del soggetto che l'interessato intenda incaricare dell'assistenza tecnica. Ritiene questo Pretore che la questione debba essere nuovamente sottoposta al giudizio della Corte: se e' vero, infatti, che questa non ha affrontato il tema nei termini impostati dal giudice a quo, la rinnovazione della eccezione non dovrebbe andare incontro ad una declaratoria di manifesta infondatezza. Permangono invero forti i dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 15, settimo comma, della legge n. 319/1976 laddove esclude l'applicazione delle garanzie difensive durante la fase dei prelievi e campionamenti, e contestualmente ad essa, nella forma dell'avviso di fare intervenire un consulente tecnico o altre persone idone a sindacarne la ritualita' dovuto dai funzionari addetti al controllo al titolare dello scarico. Una tale garanzia non pregiudicherebbe in nulla la genuinita' dei prelievi, giacche' l'informativa alla persona sottoposta alle indagini avvenuta ad operazioni gia' in corso, quantomeno con la presenza di funzionari tecnici in grado di tenere sotto controllo gli scarichi mantenuti nelle stesse quantita' e qualita' dal momento del loro intervento in loco, non potrebbe favorire eventuali inquinamenti delle prove. Al contrario, l'invito al contraddittorio tecnico porrebbe rimedio alla immotivata compressione del diritto di difesa in una fase del controllo amministrativo particolarmente delicato, essendo la regolarita' dei prelievi e campionamenti destinata ad incidere significativamente sulle successive operazioni di analisi. E se sotto il profilo sostanziale le analisi eseguite dal p.m.p. sono assimilabili ad una vera e propria perizia, non vi e' dubbio che i prelievi e campionamenti possediono a loro volta caratteri analoghi ad alcuni tipici mezzi di ricerca della prova, in ispecie agli accertamenti urgenti sullo stato dei luogi e delle cose. Secondo la disciplina dell'art. 356 del nuovo c.p.p. (che attua la direttiva 31 settima parte della legge delega, intitolata "previsione di garanzie difensive tra le quali devono essere ricomprese quelle relative agli atti non ripetibili", non diversamente peraltro da quanto gia' disposto dagli artt. 304- bis, 304- ter e 334 del c.p.p. abrogato, il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facolta' di assistere, senza diritto di essere preavvisato, agli atti in questione, cosi' come alle perquesizioni e alla immediata apertura del plico autorizzata dal p.m. a norma dell'art. 356, secondo comma. Nell'art. 114 delle disposizioni di attuazione e' stato previsto inoltre che nel procedere al compimento degli atti medesimi la polizia giudiziaria debba dare avviso alla persona sottoposta alle indagini, se presente, della facolta' di farsi assistere da un difensore di fiducia. Tale assistenza e' di natura eccezionale, in quanto avviene nel corso di una attivita' preprocessuale svolta da soggetti che dovrebbero trovarsi in posizione dialettica rispetto all'indiziato. Essa trova giustificazione nel fatto che le fonti di prova cosi' assicurate saranno acquisite al dibattimento attraverso la lettura del verbale se si tratta di atti non ripetibili (artt. 511, primo comma, e 431 del c.p.p.) e la consultazione del verbale e la testimonianza dell'ufficiale o agente di polizia giudiziaria se si tratta di atti irripetibili (art. 514, del c.p.p.). Ora, se la piu' penetrante previsione di garanzie difensive per gli atti in esame rispetto alle operazioni di prelievo e campionamento trova apparente giustificazioni nella qualita' di atti di polizia giudiziaria dei primi e di mera polizia amministrativa delle seconde, e' pero' altrettanto inegabile che i risultati di entrambe le attivita' possiedono i requisiti della utilizzabilita' nel processo penale. Ed allora, se e' esatto interpretare il principio dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione secondo il criterio teleologico che vuole assistiti dalle garanzie difensive tutti gli atti probatori caratterizzati dalla formazione (acquisizione) ad opera di un organo pubblico investigativo e dalla utilizzabilita' processuale, non puo' non ravvisarsi una immotivata disparita' di trattamento nella mancata previsione, per le operazioni di prelievo e di campionamento compiute dall'autorita' amministrativa di propria iniziativa ai sensi dell'art. 15 della legge n. 319/1976, di una disciplina garantista corrispondente a quella dettata per gli accertamenti urgenti sullo stato dei luogi e delle cose e le perquisizioni. Detta situazione normativa appare violare il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Osserva per inciso il pretore, sebbene la questione sia estranea al procedimento penale di cui trattasi, che i rilevati profili di incostituzionalita' dell'art. 15, settimo comma, della legge n. 319/1976 finiscono per coinvolgere anche la norma di cui all'art. 223 del decreto legislativo n. 271/1989.