LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente  decisione  sul  ricorso prodotto da
 "M.d.M. - S.r.l." avverso accertamento n. 198/1984;
    Letti gli atti;
    Sentito  il  rappresentante  dell'ufficio e la parte rappresentata
 per delega dal dott. Francesco Bonanigo;
    Udito il relatore sig. Bianchini rag. Aldo;
                           RITENUTO IN FATTO
    L'ufficio  distrettuale  delle  imposte  dirette  di  Montebelluna
 notifica in data 25 settembre 1984 alla ricorrente societa' avviso di
 accertamento n. 198 del 17 settembre 1984 irrogante a sensi dell'art.
 47 del d.P.R. n.  600/1973;  la  pena  pecuniaria  di  L.  79.204.000
 (settantanovemilioniduecentoquattromila)  in quanto nella qualita' di
 sostituto  d'imposta   aveva   si   presentato   tempestivamente   la
 dichiarazione prescritta dall'art. 7 dello stesso decreto all'ufficio
 imposte dirette di Treviso, territorialmente incompetente ma  poiche'
 quest'ultimo l'aveva ritrasmesso, competente di Montebelluna dove era
 pervenuta il 22 giugno 1983, oltre il termine di cui all'art.  9  del
 d.P.R.  n.  600/1973,  ultimo  comma, di conseguenza questa era stata
 considerata omessa a tutti gli effetti, pur costituendo titolo per la
 riscossione  delle  ritenute  nella  stessa  indicate  e gia' versate
 all'Erario.
    Nel  suo  ricorso  la  societa'  eccepisce di avere versato sempre
 tempestivamente le ritenute operate alle scadenze di rito e di  avere
 altrettanto  tempestivamente  spedito entro il termine prescritto del
 30 aprile la dichiarazione dei sostituti d'imposta, per cui  dal  suo
 erroneo  comportamento nell'indicare l'ufficio destinatario in quello
 di Treviso anziche' in  quello  di  Montebelluna,  nessun  danno  era
 conseguito  all'Erario.  Nello stesso atto e nella successiva memoria
 sostiene la irritualita' dell'applicazione  dell'art.  47  anzicitato
 per  quantificare  la  pena  pecuniaria  relativa a questa infrazione
 sostanzialmente informale.
    L'ufficio  sostiene  di  avere operato secondo quanto previsto dal
 combinato disposto artt. 12  e  9  del  d.P.R.  considera  errata  la
 richiesta formulata dalla ricorrente in via subordinata, di applicare
 cioe' nella fattispecie, la pena  pecuniaria  prevista  dall'art.  46
 stesso  decreto  e  ritiene  manifestamente  infondata  la  sollevata
 questione d'incostituzionalita', richiamando  all'uopo  due  sentenze
 della commissione tributaria centrale.
                             O S S E R V A
    Appare  di  lapalissiana  evidenza  la  disparita'  di trattamento
 inflitto a  due  fatti  nella  sostanza  identici:  il  primo  quello
 dell'erroneo  invio  della dichiarazione dei redditi (mod. 740, 750 e
 760) ad ufficio incompetente sempre  nella  osservanza  dei  relativi
 termini   e   degli  effettuati  dovuti  versamenti,  ed  il  secondo
 dell'invio ad ufficio incompetente nel termine di rito ed  effettuati
 versamenti del mod. 770.
    Nelle  due ipotesi ora descritte l'ufficio incompetente rinvia con
 ritardo dette dichiarazioni pervenute  percio'  a  quello  competente
 oltre i 30 giorni previsti dal sesto comma dell'art. 9.
    In  entrambi  i  casi  non  esiste  debenza  di  tributi in quanto
 tempestivamente corrisposti a  suo  tempo.  In  entrambi  i  casi  le
 dichiarazioni  vengono  considerate omesse pur costituendo titolo per
 la riscossione delle imposte nelle stesse indicate e  delle  ritenute
 indicate  dai  sostituti d'imposta. Le due inadempienza pero' vengono
 sanzionate  in  modo  macroscopicamente  diverso,  usando  due  metri
 diversi  anche  per  la  quantificazione delle pene pecuniarie dovute
 nell'ipotesi e realta' della fattispecie  in  esame,  che  nulla  sia
 dovuto all'Erario, perche' gia' corrisposto.
    Infatti:  si  ipotizzi  che  nel  caso  del  mod. 740 sia dovuta e
 versata a suo tempo un'imposta pari a  lire  un  miliardo  e  che  la
 dichiarazione  tempestivamente  prodotta  ad  ufficio  incompetente e
 pervenuta a quello competente oltre gli anzicitati termini di  trenta
 giorni,  la  pena  pecuniaria  per  tale  formale infrazione va da un
 minimo di L. 50.000 ad un massimo di L.  500.000,  in  considerazione
 del fatto che non sono dovute imposte.
    Nel  secondo  caso  del  mod. 770 nel quale figurino ritenute gia'
 versate per lire un miliardo, la stessa infrazione  viene  sanzionata
 con  una pena pecuniaria da due a quattro miliardi: balza evidente la
 stridente  sproporzione  fra  le  due  sanzioni  comminate  a   sensi
 dell'art. 46, primo comma, per il primo caso, ed a sensi dell'art. 47
 per il secondo caso, in dipendenza della stessa infrazione.
    Al  di  la'  di  ogni  considerazione  sulle  conseguenze  che  ne
 potrebbero derivare da una cosi' irrazionale  penalizzazione  che  va
 oltre  ogni  pur  minima  logica etica fiscale, non e' di fuori luogo
 evidenziare quanto stridente appaia la formulazione del sesto  comma,
 art.  9,  del  d.P.R. n. 600/1973 che cosi' recita: "Le dichiarazioni
 presentate con un ritardo superiore al mese si considerano  omesse  a
 tutti  gli  effetti, ma costituiscono titolo per la riscossione delle
 imposte dovute in base agli  imponibili  in  esse  indicati  e  delle
 ritenute  indicate dai sostituti d'imposta". Evidente e' la discrazia
 esistente in detto articolo quando attraverso una finzione giuridica,
 in  suprema  sintesi si afferma che lo stesso documento che e' valido
 all'Erario per la riscossione delle ritenute indicate e gia'  versate
 dal  sostituto  d'imposta,  quello  stesso  documento  non esiste nei
 riguardi del  contribuente  che  ha  indirizzato  tempestivamente  la
 dichiarazione  all'amministrazione finanziaria anche se ad un ufficio
 incompetente, che poi per sua colpa, la ha ritrasmesso  con  ritardo,
 all'ufficio competente. Il principio di eguaglianza di cui all'art. 3
 della  Costituzione  impone  di  riconoscere  che  questo  e'   stato
 prevaricato  in  quanto  la  stessa  infrazione commessa nei due casi
 anzimenzionati,  comporta  sanzioni  macroscopicamente  diverse,   la
 prima,  logica e giustamente quantificata per una infrazione formale,
 la seconda assolutamente illogica e vessatoria  perche'  quantificata
 con un metro ingiustificatamente diverso dalla prima, e cio' perche',
 per  entrambe,  e'  stato  errato  l'indirizzo  dell'ufficio  cui  le
 dichiarazioni andavano inviate.
    Il  collegio  percio'  ritiene che la formulazione del sesto comma
 dell'art. 9 del  d.P.R.  n.  600/1973  sia  carente  di  legittimita'
 costituzionale  in  quanto non pone sullo stesso piano l'Erario ed il
 sostituto  d'imposta,  dato  che  contradditoriamente  riconosce   la
 esistenza  di un titolo per la riscossione delle imposte per lo Stato
 e la inesistenza dello stesso titolo nei confronti del  contribuente.
    Incostituzionale  appare la formulazione delle penalita' comminate
 a  sensi  dell'art.  47,  in  quanto  commisurate   "sulle   ritenute
 considerate  non dichiarate" ma dichiarate tempestivamente ad ufficio
 incompetente e riflettenti versamenti tempestivamente effettuati,  in
 contrasto  con  le penalita' stabilite dall'art. 46 commisurate sulle
 imposte dovute.