ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 565 del codice
 civile, riformato dall'art. 183 della legge 19 maggio  1975,  n.  151
 ("Riforma del diritto di famiglia"), promosso con ordinanza emessa il
 23 giugno 1989 dal  Tribunale  di  Bolzano  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  Rungger  Mathilde  ed  altra e l'Amministrazione delle
 Finanze, iscritta al n. 584 del registro ordinanze 1989 e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  49,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1989;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7  marzo 1990 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un procedimento di reclamo, promosso da Mathilde
 e Maria Rungger ai sensi dell'art. 23 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499,
 modificato dalla legge 29 ottobre 1974, n. 594, contro il decreto del
 Pretore di Brunico che aveva respinto la  domanda  di  certificazione
 della qualita' di eredi del loro fratello naturale Francesco Rungger,
 deceduto il 19 marzo 1985 senza  lasciare  prole,  ne'  coniuge,  ne'
 ascendenti,  ne' parenti legittimi entro il sesto grado, il Tribunale
 di  Bolzano,  con  ordinanza  23  giugno  1989,  ha   sollevato,   in
 riferimento  agli  artt.  3  e  30,  terzo comma, della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 565 cod. civ., nel
 testo  novellato  dalla legge 19 maggio 1975, n. 151, "nella parte in
 cui esclude dalla categoria dei chiamati alla successione  legittima,
 in  mancanza  di altri successibili e prima dello Stato, i fratelli e
 le sorelle naturali riconosciuti o dichiarati".
    Il  giudice  remittente  osserva che sulla questione, gia' accolta
 dalla Corte  costituzionale  in  relazione  all'art.  565  nel  testo
 anteriore  alla  riforma  del 1975, non risulta essere intervenuto un
 riesame in  relazione  alla  nuova  norma,  la  quale  ribadisce  una
 "differenza di trattameto tra fratelli e sorelle legittimi e fratelli
 e  sorelle  naturali  non  correlata  a  criteri  razionali  che   la
 giustifichino, anche alla luce di quanto disposto dall'art. 30, terzo
 comma, della Costituzione".
                         Considerato in diritto
    1.   -   Il   Tribunale  di  Bolzano  ripropone  la  questione  di
 legittimita' costituzionale  dell'esclusione  dei  fratelli  e  delle
 sorelle  naturali  dalle  categorie dei successibili ab intestato, in
 guisa che e' ad essi negato il diritto di successione  reciproca  pur
 in  mancanza  di  altri  successibili  all'infuori  dello  Stato.  La
 questione e' formulata sulla falsariga del dispositivo della sentenza
 4   luglio   1979,   n.   55  di  questa  Corte,  che  ha  dichiarato
 costituzionalmente illegittimo in parte  qua  l'art.  565  nel  testo
 anteriore alla riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975,
 n. 151). L'art. 565 novellato, sebbene non differisca sostanzialmente
 dal  testo  originario, e' una norma nuova, come tale non toccata dal
 giudicato costituzionale citato. Pertanto, come  giustamente  ritiene
 il giudice a quo, la questione deve essere riesaminata.
    2. - La questione e' fondata.
    Vanno  richiamate due notazioni, tra loro complementari, contenute
 nelle sentenze precedentemente pronunziate  in  argomento  da  questa
 Corte,  le  quali  discernono  due  aspetti del significato normativo
 dell'art. 30, terzo comma, della Costituzione.
    Il  primo  significato  si  esprime in una regola di equiparazione
 dello status di figlio  naturale  (riconosciuto  o  dichiarato)  allo
 status di figlio legittimo nei limiti di compatibilita' con i diritti
 dei membri della famiglia legittima  costituita  dal  matrimonio  del
 genitore  con  persona diversa dall'altro. In questo senso "l'art. 30
 si riferisce ai rapporti tra genitori e figli, e  non  a  quelli  dei
 figli  tra  loro"  (sent. n. 76 del 1977): il suo ambito normativo e'
 commisurato alla regola dell'art. 258, primo comma,  cod.  civ.,  che
 delimita l'efficacia del riconoscimento.
    Nel  secondo  significato,  concernente  i  rapporti  della  prole
 naturale con i parenti del genitore (ossia con la famiglia di origine
 del   genitore   e   con  altri  suoi  figli,  legittimi  o  naturali
 riconosciuti), l'art. 30, terzo  comma,  non  impartisce  un  comando
 immediato  di  parificazione  giuridica alla prole legittima anche in
 questi  rapporti,  ma  si  pone  come  "norma   ispiratrice   di   un
 orientamento  legislativo  a  favore dei figli naturali" (sent. n. 55
 del  1979),  la  quale  esclude  che  al  limite  di  efficacia   del
 riconoscimento  indicato  dall'art.  258  cod. civ. possa attribuirsi
 valore assoluto. In conformita' di  tale  norma  il  testo  novellato
 dell'articolo  aggiunge  una  riserva  che  fa "salvi i casi previsti
 dalla legge".
    3.  - Coordinato col principio di ragionevolezza di cui all'art. 3
 Cost., il principio ora individuato dell'art. 30  implica  un  limite
 alla discrezionalita' legislativa nella determinazione dei casi e dei
 contenuti di rilevanza giuridica del riconoscimento nei rapporti  con
 i  parenti  del  genitore. Il limite puo' essere cosi' formulato: nei
 detti rapporti le disparita'  di  trattamento  delle  due  specie  di
 filiazione non possono essere conservate piu' di quanto richiedano un
 ragionevole   bilanciamento   degli   interessi   in   gioco   e   il
 contemperamento con, o la sottordinazione ad altri principi di pari o
 maggior peso.
    Alla  stregua  di  questo  criterio  non  vi sono ragioni idonee a
 giustificare la conservazione della  regola  del  codice  civile  che
 esclude il diritto di successione tra fratelli e sorelle naturali pur
 quando, mancando altri successibili  per  titolo  di  coniugio  o  di
 parentela,  il favore per i figli naturali non entra in conflitto col
 principio della successione  familiare,  ne'  con  l'interesse  dello
 Stato.  L'istituto  dell'art.  586  cod. civ. non tutela un interesse
 patrimoniale dello Stato di natura privata, che possa essere messo  a
 confronto  con  l'interesse  dei fratelli naturali superstiti, bensi'
 l'interesse pubblico alla conservazione dei beni del defunto  e  alla
 continuita'  dei  rapporti  giuridici che a lui facevano capo, quando
 manchino soggetti legittimati a raccogliere l'eredita'.
    Non  si  puo'  obiettare che l'apertura dell'ordine successorio ai
 fratelli  naturali  eccederebbe  l'ambito  soggettivo  della   tutela
 dell'art.  30  Cost.  perche' avvantaggerebbe anche i figli legittimi
 del genitore che ha riconosciuto il figlio naturale: in mancanza  dei
 successibili   indicati  negli  artt.  578  e  579  cod.  civ.,  essi
 potrebbero pretendere l'eredita' lasciata dal figlio  naturale.  Tale
 possibilita'  e' inclusa per ragione di necessaria reciprocita' nella
 prospettata ultrattivita' del riconoscimento, la  quale  investe  gli
 altri  figli dello stesso genitore indipendentemente dalla natura del
 rispettivo status di filiazione, tutti essendo, naturali o legittimi,
 fratelli naturali nei confronti del figlio naturale considerato.
    Nemmeno  la  norma  censurata  puo'  trovare  una  giustificazione
 tecnico-giuridica nella mancanza di un rapporto civile  di  parentela
 tra  fratelli  e  sorelle naturali, cosi' denominati per modo di dire
 breviloquo, estraneo al linguaggio legislativo (cfr. art.  87,  terzo
 comma,   cod.   civ.,   in  relazione  al  primo  comma,  n.  2).  Il
 riconoscimento di un rapporto giuridico di parentela e' indubbiamente
 una   scelta   spettante   alla  discrezionalita'  insindacabile  del
 legislatore; ma e' altrettanto fuori  dubbio,  da  un  lato,  che  la
 rilevanza  del riconoscimento nei rapporti con i parenti del genitore
 non e' necessariamente legata al modello dell'efficacia nel  rapporto
 tra  genitore  e figlio, dall'altro, che il criterio tradizionale per
 cui i titoli di successione mortis causa sono individuati nella sfera
 dei  rapporti familiari del defunto non e' assoluto. Il sistema delle
 successioni  a  causa  di  morte  ha  conosciuto  e  conosce  diritti
 successori   direttamente   collegati   al   fatto   naturale   della
 consanguineita', in deroga alla regola della successione familiare.
    4.  - L'accertamento della non conformita' dell'art. 565 cod. civ.
 al principio sopra  spiegato  dell'art.  30  Cost.,  con  conseguente
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale in parte qua, comporta
 l'attribuzione ai fratelli e  alle  sorelle  naturali  di  un  titolo
 reciproco   di   successione   ereditaria   fondato  sul  vincolo  di
 consanguineita' indirettamente risultante dai  rispettivi  status  di
 filiazione,  titolo  che  potra'  essere  fatto valere in mancanza di
 successibili per diritto di coniugio o di parentela, e con precedenza
 sulla successione dello Stato.