ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 425 del codice
 di procedura penale in relazione agli  artt.  70  e  222  del  codice
 penale, promosso con ordinanza emessa il 20 dicembre 1989 dal Giudice
 per le  indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di  Prato,  nel
 procedimento  penale a carico di Cannata Piero, iscritta al n. 56 del
 registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  4 aprile 1990 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto  che,  nel  corso  di sommaria istruttoria per i reati di
 atti di libidine violenta,  atti  osceni  e  molestia  alle  persone,
 commessi  in Prato il 12 agosto 1989, il pubblico ministero presso il
 Tribunale di Prato, sulla base della denunzia della parte offesa, del
 rapporto  dei  carabinieri  e  delle indagini svolte dagli agenti del
 Corpo dei vigili urbani, contestava all'imputato i reati di cui sopra
 mediante  ordine  di comparizione del 30 agosto 1989, formalmente poi
 interrogandolo il 4 ottobre successivo;
      che,   con   ordinanza   sotto   la   stessa  data,  il  verbale
 d'interrogatorio veniva depositato, e il  9  ottobre  successivo,  il
 pubblico  ministero  disponeva  perizia  psichiatrica  sull'imputato,
 convocando il perito e proponendogli i  quesiti,  per  rispondere  ai
 quali il perito otteneva termine di giorni trenta;
      che,  depositato  il relativo verbale lo stesso 9 ottobre, il 10
 novembre successivo il perito presentava la perizia, da cui risultava
 che l'imputato era affetto, al momento dei fatti, da schizofrenia che
 lo rendeva totalmente  incapace  d'intendere  e  di  volere,  nonche'
 socialmente pericoloso in grado elevato;
      che,  dopo  di  cio',  il pubblico ministero chiedeva al giudice
 delle indagini preliminari di  disporre  il  rinvio  a  giudizio,  ma
 questi,  nell'udienza  preliminare,  a  fronte  della richiesta della
 difesa di proscioglimento  dell'imputato  perche'  non  imputabile  a
 causa   di   totale   infermita'   mentale,  sollevava  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 425  del  codice  di  procedura
 penale,   in   relazione  all'art.  222  del  codice  penale,  e  con
 riferimento agli artt. 3 e 24 della  Costituzione;  che  rilevava  il
 giudice  nell'ordinanza  come  l'istruttoria espletata fosse priva di
 qualsiasi  valore  probatorio  nel  contesto  del  nuovo  codice   di
 procedura,  mentre il nuovo rito gli avrebbe impedito, d'altra parte,
 di accertare se il  fatto  sussistesse  e  se  l'imputato  lo  avesse
 commesso,   sicche'   non   sarebbe   in  grado  di  decidere  se  il
 proscioglimento debba seguire a causa della  totale  infermita',  nel
 qual  caso  dovrebbe  ordinare il ricovero del prosciolto in ospedale
 psichiatrico giudiziario per non meno di due anni;
      che - ad avviso del giudice - tutto questo determina trattamento
 differenziato nei confronti dell'ipotesi in cui l'infermita'  mentale
 sopravvenga  dopo  la  commissione  dei  fatti, perche' l'art. 70 del
 codice di procedura penale prevede, invece, che, durante il tempo per
 l'espletamento  della  perizia,  possano  essere assunte, a richiesta
 delle  parti,  le  prove  che  consentono  di  pervenire   anche   al
 proscioglimento dell'imputato sul merito;
      che  una  siffatta situazione violerebbe non solo l'art. 3 della
 Costituzione, ma anche la difesa dell'imputato a' sensi  del  secondo
 comma dell'art. 24;
      che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  la
 quale ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata, in quanto
 le   due   situazioni   poste   a   raffronto   dall'ordinanza   sono
 concettualmente  e ontologicamente diverse, sicche' non e' a parlarsi
 di  disparita'  di  trattamento,  e   conseguentemente   nemmeno   di
 violazione dell'art. 24 della Costituzione;
    Considerato  che  il  giudice delle indagini preliminari non aveva
 competenza  ad  emettere  alcun  provvedimento,  e   avrebbe   dovuto
 restituire  gli  atti  al pubblico ministero affinche' provvedesse a'
 sensi del secondo comma dell'art. 242 delle norme di  attuazione,  di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate
 con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271;
       che  cio'  era  conseguenza dell'essersi venuta a verificare la
 situazione processuale prevista dall'art. 242, primo  comma,  lettera
 a),  delle  norme predette, in quanto nel procedimento, in corso alla
 data di entrata in vigore del codice, era gia' stato compiuto un atto
 d'istruzione  da  parte  del  pubblico  ministero,  quale  la perizia
 psichiatrica, il cui verbale era  stato  depositato,  ed  inoltre  il
 fatto  era  stato contestato all'imputato, non soltanto con ordine di
 comparizione ritualmente notificato a sue mani, ma anche con  il  suo
 formale interrogatorio, il cui verbale pure era stato depositato;
       che, pertanto, si sarebbe dovuto dare applicazione all'art. 241
 delle citate norme (espressamente richiamato dall'art. 242),  secondo
 cui  in  tal caso il procedimento prosegue con le norme anteriormente
 vigenti, e conseguentemente, a' sensi  del  secondo  comma  dell'art.
 242, il pubblico ministero - se ritiene che l'imputato debba andare a
 giudizio - deve richiedere al Presidente  del  Tribunale,  entro  sei
 mesi dall'entrata in vigore del nuovo codice, il decreto di citazione
 a giudizio, salvo che quel termine non venga superato, nel qual  caso
 il  pubblico ministero trasmette gli atti, con le sue conclusioni, al
 giudice istruttore, che provvedera' a termini dell'ultimo inciso  del
 secondo comma in parola;
       che,  pertanto,  essendo  il giudice delle indagini preliminari
 privo di  competenza  sul  processo  de  quo,  la  questione  da  lui
 sollevata dev'essere dichiarata manifestamente inammissibile;