LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso proposto da
 Madonna Domenico, nato il 20 luglio 1967 a Torre  del  Greco  avverso
 l'ordinenza  22 settembre 1989 della corte di appello di Firenze, che
 ha dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione proposto il  22
 giugno  1989  dal  Madonna,  tramite difensore, contro la sentenza 21
 giugno 1989, emessa dalla stessa corte di appello in  contumacia  del
 predetto  imputato,  non  essendo  il  difensore  munito di specifico
 mandato, ai sensi dell'art. 2 della legge 23 gennaio 1989, n. 22;
    Sentita la relazione fatta dal presidente Emilio Pittiruti;
    Lette le conclusioni del p.m. con le quali chiede che "la Corte di
 cassazione, ritenuta la  questione  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata,   rimetta  gli  atti  alla  Corte  costituzionale  per  la
 declaratoria di  illegittimita'  dell'art.  192,  ultimo  comma,  del
 c.p.p. (nella formulazione offerta dall'art. 2 della legge 23 gennaio
 1989, n. 22), nella parte in cui non abilita il difensore di fiducia,
 ritualmente  nominato,  e  che  ha assistito l'imputato contumace nel
 procedimento, a proporre la relativa impugnazione";
    Rilevato che le suesposte conclusioni del p.g. sono sorrette dalle
 argomentazioni che qui di seguito  integralmente  e  testualmente  si
 trascrivono:
    "Nei  motivi  a  sostegno, il difensore prospetta, tra l'altro, la
 questione di legittimita' costituzionale della norma  applicata,  per
 violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Il ricorso e' fondato.
    Per  il  vero,  non  si  ignora il contrasto decisionale di questa
 Corte, che, con ordinanza della sezione prima, 3 ottobre 1989,  Torre
 (nella  quale,  peraltro,  il  problema  della  costituzionalita'  e'
 affrontato  per  incidens   ed   in   motivazione),   ha   dichiarato
 inammissibile  il ricorso perche' proposto da difensore non munito di
 specifico mandato, mentre, con  ordinanza  della  sezione  terza,  25
 settembre  1989, Trovero (investita specificatamente sul punto) ne ha
 ritenuto   la   non   manifesta   infondateza,   sotto   il   profilo
 costituzionale  degli  artt.  3  e  24  della  Costituzione  e  della
 violazione dell'art. 6, n. 3, lett. c), della Convenzione europea sui
 diritti dell'uomo.
    Ma  al  riguardo,  va sottolineato che si condivide questa seconda
 decisione per i motivi che seguono, in parte diversi, in relazione al
 caso  affrontato nella indicata ordinanza ove si trattava di imputato
 irreperibile.
    Va  premesso che il diritto di difesa, costituzionalmente previsto
 e proclamato dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione,  e'  un
 diritto  che  deve essere effettivamente garantito, nel senso che una
 persona accusata di un reato  ha  diritto  di  comparire  davanti  al
 giudice che procede e di difendersi.
    Ne  consegue  che la contumacia non e' gia' un inadempimento di un
 onere (sul punto cfr. Gianzi G.V. (contumacia - proc. pen.)  in  Enc.
 dir. Vol. X Milano, 1960, p. 472 segg., spec. p. 473), ma e' la presa
 d'atto di una condotta volontaria che non puo'  impedire  l'esercizio
 del diritto di difendersi.
   A  tal  fine,  il  legislatore  del 1989, in attesa dell'entrata in
 vigore del c.p.p. del 1988, ha proceduto  ad  una  modifica  profonda
 dell'istituto  della  contumacia  e  del  suo pendant quale e' quello
 della rimessione in termini.
    Tuttavia,  proprio  per ottenere la purgatio della contumacia, non
 pare logicamente  conseguente  (in  relazione  all'assetto  difensivo
 previsto dal codice di procedura del 1930) la 'restrizione' di cui al
 novellato art. 192, ultimo comma, del c.p.p.
    Non  va trascurato che nel caso in esame ci troviamo dinanzi ad un
 imputato che non ha mai revocato il suo difensore di fiducia  e  che,
 nel  sistema,  la  contumacia  non costituisce una sanzione; anzi, al
 contumace  sono  riconosciuti  gli   stessi   diritti   dell'imputato
 presente.
    Non  va,  altresi', obliterato che al fine di ottenere un processo
 equo, l'imputato va posto  in  condizioni  di  potere  effettivamente
 esercitare  i  suoi  diritti,  e  la  disparita'  di  trattamento tra
 imputato presente e imputato contumace va realizzata con  criteri  di
 ragionevolezza,  onde eliminare ogni sospetto di contrasto con l'art.
 3, secondo comma, della Costituzione, che  trova  puntuale  riscontro
 nell'art.  14 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo (V. sul
 punto Corte eur. Affare Dudgeor c/o Regno  Unito,  sent.  22  ottobre
 1981, in Temi rom. 1987, p. 571).
    Nella specie, la disparita' e' irragionevole, atteso anche che, ed
 esattamente  risolvendo  un  contrasto  giurisprudenziale  (e   cosi'
 ponendo  l'accento  sulla  rilevanza di difesa efficace - e tale puo'
 essere quella che si esplicita con la presenza fisica alle varie fasi
 del processo -) le sezioni unite di questa Corte hanno legittimato ad
 impugnare il difensore che abbia assistito l'imputato al dibattimento
 e   specificamente   a  causa  della  sua  sostanziale  ed  effettiva
 assistenza. (Sez. un. 30 giugno  1984,  Interdonato,  in  Cass.  Pen.
 1985,  p. 584; sez. un. 10 ottobre 1987, Oleandro, ivi, 1988 p. 585).
    Lo  'sbarramento' della necessita' dello specifico mandato appare,
 dunque, come una limitazione, peraltro inutile, stante, nel  caso  in
 esame,  la indiscussa e non revocata nomina di fiducia del difensore,
 nonche' la sua partecipazione al processo di appello, e  quindi  come
 un ostacolo non ragionevole all'esercizio del diritto di difesa.
    Ne'  si  puo'  ovviare ricorrendo alla nuova disciplina in tema di
 restituzione in termini, cosi' come previsto dall'art. 1 della  legge
 n.  22/1989, perche' la inammissibilita' per omesso specifico mandato
 non integra alcun dei casi ivi previsti e  non  e'  possibile  alcuna
 interpretazione 'evolutiva' o in bonam partem.
    La  questione e' rilevante per la soluzione del ricorso in esame e
 solo un intervento demolitorio della norma di  cui  all'attuale  art.
 192,  ultimo  comma,  del  c.p.p.  puo'  invocarsi, richiedendosi una
 declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   della   norma   in
 questione  nella parte in cui non prevede che il difensore di fiducia
 dell'imputato  contumace  e  che  abbia  assistito  quest'ultimo  nel
 procedimento,  possa, senza specifico mandato, proporre impugnazione,
 pur essendo stato ritualmente nominato.
    Altrimenti opinando, si incorre nella violazione dell'art. 6 della
 Convenzione europea sui diritti dell'uomo, per il quale,  secondo  la
 interpretazione  che  la Corte di Strasburgo esattamente ne offre, il
 giudice dello Stato contraente deve vigilare perche' all'imputato sia
 garantito  un  processo  equo,  ivi  compresa  la possibilita' di una
 difesa adeguata ed efficace (Corte eur. Affare Goddi  c/o  Repubblica
 italiana,  in  Temi  rom.  1987, p. 509 segg., spec. p. 515). La qual
 cosa, va detto per inciso e per completezza - in  considerazione  sia
 di  ragioni temporali che di ragioni sistematiche, pur nella perfetta
 corrispondenza tra la normativa del gennaio 1989, n. 22, e  il  niovo
 c.p.p.  del  1988 - non mette in discussione l'art. 571, terzo comma,
 del c.p.p. del 1988, ove pure  si  parla,  per  la  impugnazione  del
 contumace,   di   specifico   mandato.   Infatti  nel  nuovo  sistema
 processuale  la  difesa  tecnica  e'  ampiamente  assicurata,   senza
 formalita'  restrittive  (v. artt. 96, 97, 99, 102, 107, 108, 571, n.
 1, e 583), ed i termini per proporre  impugnazione  (che  assurge  ad
 unico  atto  e non e' piu' distinto in dichiarazione e i motivi) sono
 ben piu' ampi di quello previsto dal c.p.p. del 1930 (v. art. 585)";
    Considerato  che  questa  Corte  condivide pienamente le suesposte
 argomentazioni e conclusioni, con la conseguenza che e' sufficiente e
 conveniente richiamarsi alle prime ed adeguarsi alle seconde;