IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso proposto dalla
 signora Rosalia Ferraro, rappresentata e  difesa  dalla  dott.  proc.
 Maria Angela Lazzarelli e presso di essa elettivamente domiciliata in
 Parma, via G. C. Ferrarini, 5, contro il provveditore agli  studi  di
 Parma, costituitosi in giudizio a mezzo dell'avvocatura dello Stato e
 presso di essa legalmente domiciliato in Bologna,  via  Marsala,  19,
 per  l'annullamento del decreto di collocamento a riposo d'ufficio di
 cui non si conoscono gli estremi e di ogni  altro  atto  presupposto,
 connesso e conseguenziale;
     Visto il ricorso ed i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'avvocatura dello
 Stato per il provveditore intimato;
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
     Visti gli atti tutti della causa;
     Udita  la  relazione  del  presidente  ed  udito,  altresi', alla
 pubblica udienza del 26 febbraio 1988 il difensore della  ricorrente,
 non comparso il rappresentante dell'avvocatura dello Stato;
     Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  decreto  del  provveditore agli studi di Parma n. 5071 del 13
 ottobre    1987    la    signora    Rosalia    Ferraro,    ausiliaria
 dell'amministrazione  della pubblica istruzione in servizio presso il
 liceo classico "Romagnosi" di Parma, ad istanza, veniva trattenuta in
 servizio  fino  al  compimento del settantesimo anno di eta' ai sensi
 del terzo comma dell'art. 15 della legge 30 luglio 1973, n. 477.
     A  seguito  di riesame della situazione di servizio della signora
 Ferraro  il  predetto  decreto  veniva  annullato  perche'  essa  non
 risultava  essere  stata  in  servizio  alla data del 1º ottobre 1974
 indicata e richiamata  dal  citato  art.  15  per  poter  fruire  dei
 benefici  recati dalla legge. E con successivo decreto n. 5520 del 16
 marzo 1988 veniva disposto  il  di  lei  collocamento  a  riposo  per
 raggiunti limiti di eta' con effetto dal 1º settembre 1988.
     Di  tale  ultimo  provvedimento  l'interessata  afferma di essere
 stata informata il 17 marzo 1988.
     In   data   22   luglio  1988  riceveva  copia  del  progetto  di
 liquidazione.
    Essa  il  9  agosto  1988  diffidava il provveditore agli studi di
 Parma a disporre, previo annullamento del decreto di  collocamento  a
 riposo   d'ufficio,   il   suo  trattenimento  in  servizio  fino  al
 settantesimo anno di eta'.
    Alla   risposta   negativa  ha  quindi  impugnato  il  decreto  di
 collocamento a riposo d'ufficio adducendo come primo ed  unico  mezzo
 di  gravame  la violazione dell'art. 15, secondo e terzo comma, della
 legge 30 luglio 1973, n. 477.
    La  ricorrente  ritiene  di trovarsi nelle condizioni previste dal
 terzo comma dell'art. 15 ai fini della  maturazione  del  trattamento
 pensionistico  minimo essendo stata in servizio alle dipendenze dello
 Stato il 14 luglio 1974.
    Il  provveditorato  agli studi dando alla norma un'interpretazione
 restrittiva ha ritenuto che il beneficio spetta soltanto al personale
 titolare  di un rapporto di ruolo o di incarico a tempo indeterminato
 in corso alla data del 1º gennaio 1974 con palese discriminazione per
 i  supplenti  temporanei  che erano stati in servizio prima di quella
 data.
    Con tale interpretazione la ricorrente si vede privata del diritto
 di cui al secondo comma della Costituzione  di  avere  nella  propria
 vecchiaia   adeguati   mezzi  alle  proprie  esigenze  di  vita;  una
 interpretazione che non consente  a  tutto  il  personale  che  abbia
 conseguito  il  numero  di  anni  richiesto per ottenere il minimo di
 pensione di rimanere in servizio indipendentemente dalla  circostanza
 di essersi trovato in servizio alla data del 1º ottobre 1974.
    Cio'   va  contro  i  principi  affermati,  sia  pure  in  diversa
 situazione dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 238/1988.
    Essa  ha  quindi  chiesto  l'annullamento degli atti impugnati con
 ogni conseguenziale effetto di legge  e  con  vittoria  di  spese  di
 giudizio e di onorari.
    In subordine chiede che venga promosso, previa declaratoria di non
 manifesta   infondatezza   della    questione    di    illegittimita'
 costituzionale  del terzo comma dell'art. 15 della legge n. 477/1973,
 il giudizio dinnanzi alla Corte costituzionale.
    Per  contrastare  l'iniziativa giurisdizionale si e' costituita in
 giudizio l'avvocatura dello Stato la quale con successiva memoria  ha
 ribadito  che  la  normativa legislativa invocata dalla ricorrente la
 concessione del previsto beneficio alla condizione di essere stata in
 servizio alla data del 1º ottobre 1974.
    Essa non aveva quel requisito pur avendo svolto supplenze in epoca
 precedente (da ultimo fino al 14 luglio 1974) e successivamente.
    Cio'  comporta l'inapplicabilita' al suo caso del beneficio di cui
 all'art. 15 come una copiosa giurisprudenza ha affermato.
    Quanto  alla eccezione di illegittimita' costituzionale a parte la
 sua genericita' che la renda inammissibile e manifestamente infondata
 rientrando   l'individuazione   dell'eta'  massima  del  rapporto  di
 servizio gli eventuali abbassamenti in determinate  situazioni  nelle
 scelte discrezionali del legislatore.
    Conclude  l'avvocatura  erariale  per  la  reiezione  del  ricorso
 siccome infondato.
    La  ricorrente, dopo aver chiesto la sospensione dei provvedimenti
 impugnati, con memoria depositata il 2 febbraio 1990 ha  ribadito  le
 proprie  tesi  e  le  conseguenti  conclusioni,  precisando meglio la
 questione di  incostituzionalita'  sollevata  anche  con  riferimento
 all'art.  3,  all'art. 35, primo comma, e all'art. 38, secondo comma,
 della Costituzione.
    Alla  pubblica  udienza  del  26  febbraio 1990 il difensore della
 ricorrente, non  comparso  il  rappresentante  dell'avvocatura  dello
 Stato, ha ribadito le proprie tesi e conclusioni.
                              D I R I T T O
     La  difesa  erariale,  nella seconda parte del suo intervento, ha
 richiamato pronunce della  giurisprudenza  amministrativa  che  hanno
 affermato  l'inapplicabilita'  del  beneficio  del  trattenimento  in
 servizio fino al settantesimo anno di eta' al personale non di ruolo.
    Con  la  tesi  il  collegio  in  linea  generale concorda; ma deve
 osservare che quei richiami giurisprudenziali non sembrano rilevanti,
 addirittura pertinenti per la fattispecie in esame.
    Dal  decreto  provveditorile n. 014480 del 5 giugno 1984, allegato
 al ricorso, si evince che la signora Rosalia Ferraro, con  decorrenza
 giuridica 20 settembre 1977, e' stata nominata, ai sensi dell'art. 18
 della legge n. 473/1978; bidella nel ruolo della carriera ausiliaria.
    Essa,  quindi, quando, come da decreto provveditoriale n. 5071 del
 13 ottobre 1987, ha chiesto la procrastinazione  del  collocamento  a
 riposo  per  gli  effetti del terzo comma dell'art. 15 della legge n.
 477/1973, era dipendente di ruolo  e  poteva,  quindi,  fruire  della
 previsione  dell'art.  14  precedente  che  rendeva  riconoscibili  o
 riscattabili per il personale non insegnante  di  qualsiasi  tipo  di
 scuola  pubblica,  agli  effetti  della  carriera, della quiescenza e
 della  previdenza,  tutti  i  servizi  non  di  ruolo  in  precedenza
 prestati.
    Tuttavia  la  norma  del  terzo  comma dell'art. 15 della legge n.
 477/1983 ha posto tassativamente, per il godimento del beneficio  del
 trattenimento  in  servizio  oltre  il  normale  limite  di  eta', la
 condizione che il richiedente fosse in servizio al 1º ottobre 1974.
    In  tale  condizione  non  si trovava la signora Ferraro che aveva
 svolto nella scuola pubblica incarichi di  supplenza  dal  7  gennaio
 1974  al  26  gennaio  1974 e dal 19 febbraio 1974 al 14 luglio 1974,
 quindi dal 28 febbraio 1975 al 30 settembre 1975 e  dal  19  dicembre
 1975 al 19 settembre 1977.
    L'interpretazione  che  della  norma  dell'art.  15 della legge n.
 477/1973 e' stata data sia dal provveditorato agli  studi  di  Parma,
 sia dalla Corte dei conti, non puo' definirsi restrittiva dal momento
 che la successione in  capo  al  lavoratore  supplente  di  incarichi
 intervallati  da  interruzioni  non da' luogo ad un unico rapporto di
 lavoro  assimilabile  al  servizio  continuativo  non  di  ruolo   ma
 costituisce pluralita' di servizi isolati l'uno dall'altro.
    Il  collegio  non  ritiene,  dunque  possibile una interpretazione
 della norma piu' favorevole che  consenta  alla  signora  Ferraro  di
 ottenere il beneficio cui essa aspira.
    Ritiene   invece  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
 questione di incostituzionalita', per contrasto con  l'art.  3  della
 Costituzione, dell'art. 15, terzo comma della legge n. 477/1973 nella
 parte in cui limita tassativamente al personale  in  servizio  al  1º
 ottobre  1974  il  beneficio  del  trattenimento  in  servizio per il
 raggiungimento della pensione minima.
    La  questione  e' rilevante ai fini della definizione del presente
 giudizio perche' una  eventuale  decisione  favorevole  consentirebbe
 alla ricorrente di conseguire il beneficio.
    E'  altresi' non manifestamente infondata considerando che la data
 del  1º  ottobre  1974,  che  la   norma   pone   come   termine   di
 discriminazione,non  trova  giustificazione  in  sostanziali esigenze
 dell'ordinamento scolastico o dello stato giuridico degli  insegnanti
 e del personale non docente della scuola.
    Si  tratta  soltanto  di data inserita nella normativa transitoria
 relativa al  passaggio  ad  un  diverso  e  piu'  favorevole  sistema
 retributivo per tutto il personale della scuola.
    E'  una  data  che  si  e'  proposta  di  salvaguardare situazioni
 personali riconosciute meritevoli di protezione  ma  che  ha  finito,
 nella  concreta  attuazione  della  riforma,  per sacrificare, meglio
 ignorare, altre situazioni non meno meritevoli.
    Si  puo' osservare che una norma del genere non puo' non contenere
 un termine iniziale per il riconoscimento del beneficio; che  -  come
 ha fatto rilevare l'avvocatura erariale - il termine posto attiene al
 merito delle scelte discrezionali di natura politica del legislatore.
    Non  vi  e' dubbio pero' che il termine potesse essere fissato non
 in assoluto ma ancorandolo alle  situazioni  concrete  con  una  piu'
 accentuata  considerazione  di tutte le posizioni personali, anche di
 quelle meno fortunate.
    E'  del  tutto  inutile  che  il  legislatore  ordinario consideri
 riconoscibili agli effetti della  quiescenza  e  della  previdenza  i
 servizi  di supplenza prestati nella Scuola in epoche anteriori al 1º
 ottobre 1974 quando poi non consenta al lavoratore che li  ha  svolti
 di  raggiungere,  pur col riconoscimento di quei servizi, la pensione
 minima attraverso il prolungamento del rapporto  di  impiego  per  il
 tempo strettamente necessario per conseguire quel risultato.
    La  ricorrente  ha invocato i principi che emergono dalla sentenza
 della Corte costituzionale 9 luglio 1986, n. 207, che  ha  affermato,
 in  altro  settore  dell'impiego  pubblico,  la  non tassativita' del
 limite di eta' al sessantacinquesimo anno, quindi la possibilita'  di
 procrastinare quel limite al settantesimo anno.
    Non  vi  era  bisogno  di quel richiamo dal momento che proprio la
 legge n. 477/1973, gia' specificamente per il personale della scuola,
 si e' ispirata a quel medesimo principio.
    Ma  esso  non  puo'  trovare applicazione con criteri formalistici
 ignorando le reali esigenze delle singole posizioni di lavoro.
    Ne'  si puo' affermare che il principio di uguaglianza non puo' in
 questo frangente essere invocato perche' la situazione del lavoratore
 di  ruolo  come tale o che e' stato avventizio in un rapporto a tempo
 indeterminato e' diversa dalla situazione del lavoratore di ruolo  al
 quale sono stati riconosciuti pregressi incarichi di supplenza.
    La  situazione  e'  la  medesima  se  si  vuole considerare che la
 normativa transitoria di cui alla legge  n.  477/1973  si  ispira  al
 principio  costituzionale  di  prevedere  ed assicurare al lavoratore
 invalido o anziano mezzi adeguati alle sue esigenze di vita (art. 38,
 secondo comma, della Costituzione).
    Non  si  tratta  di riconoscere utili per la quiescenza periodi in
 cui il lavoratore non abbia prestato servizio.
    La  ricorrente  non  chiede  tanto.  Si tratta di procrastinare il
 collocamento a riposo di quel periodo che e' utile e  sufficiente  al
 lavoratore  che  abbia  iniziato a svolgere servizi nell'ambito della
 scuola pubblica anteriormente al 1º ottobre 1984  per  conseguire  il
 trattamento minimo di pensione.
    E'  una  esigenza  di  giustizia  che  ci si puo' attendere da una
 normativa che procrastina il collocamento a riposo del lavoratore che
 non  abbia  un'anzianita'  di  servizio  sufficiente  a conseguire il
 massimo della pensione.
    Certo,   due   situazioni  formalmente  diverse  ma  tra  di  loro
 profondamento contradditorie che rivelano ingiustizia per la prima.