IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa da Beccato Germana, Bassotto Palto Gino, Broglia Fratin Celestino, Bozza Fabrizio, Baggio Luciano, Bergno Pier Carlo, Bedin Lidia, Boggio Sola Nello, Crestani Ivonne, Cosimo Isacco, Cozzo Carmelo, Colongo Maria Grazia, Carrara Daniele, Conti Carlo, Del Mastro P. Mario, De Margherita Franca, Deana Ezio, Fioravanti Carla, Franzoi Massimo, Farasin Giuseppe, Fabbri Benito, Foschini Ermanno, Ferrari Giovanni, Giusso Franco, Giolo Giuliano, Gioachin Graziella, Gucchio Vittorino, Grillo Elisa, Gherardo Gina, Grosso Franco, Gaggino Mario, Jannone Franca, Zoccoletto Anna quale erede di Leone Andro, Lovison Remiglio, Masiero Lauretta quale erede di Lunardon Franco, Logoteta Massimo, Muraro Cesarino, Masi Sergio, Maoret Carla, Maron Pot Malvina, Maggia Antonio, Mina Maria Rita, Marchioro Nelli, Mazzocco Anna, Mori Patrizia, Masiero Renzo, Mizzon Stella, Marangoni Roberto, Moschetto Graziella, Ongaro Nadir, Peruzzi Lino, Pella Viviana, Pelacchi Ercole, Padovani Massimo, Scigliano Flora erede Pannella Guerrino, Rivardo Ermanno, Rossin Giuseppe, Selva Zalmiera erede Ronco Pasquale, Rastelli Lorenzo, Ronchetta P. Giorgio, Rivardo Paola, Rivardo Pietro, Rosoni Andrea, Sperotto Antonio, Scucchiari Lidia, Sasso Ezio, Sessa Salvatore, Signorini Adriana, Sassone Anna Maria, Solda' Claudio, Sinatra Carmelo, Aglietti Onorato quale tutore dell'erede di Sola Gian Franca, Trivero Boli Giuseppe, Tiengo Edoardo, Vetri Ivano, Viero Luigi, Vassallo Anna Maria, Zago Anna Maria, Zatta Virgilio, Zammuner Luciano, Spano Domenica, con il proc. dom. avv. Nicola Angelo delega in atti, attori, contro il fallimento M.T.A. S.r.l., in persona del curatore rag. Andrea Pagnini, convenuto contumace, e contro l'I.N.P.S. - Istituto nazionale previdenza sociale, con sede in Roma, in persona del presidente legale rappresentante pro-tempore, con il proc. dom. avv. Nicola Mattiozzi, delega in atti, convenuto. Oggetto: ricorso ex artt. 100 della l.f.; impugnazione dei crediti ammessi al passivo. Causa discussa alla pubblica udienza del 15 marzo 1990. Ordinanza collegiale di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. FATTO E DIRITTO Con ricorso al tribunale di Bergamo, sezione fallimentare, depositato il 10 febbraio 1989, Beccato Germana, Bassotto Palto Gino, Broglia Fratin Celestino, Bozza Fabrizio, Baggio Luciano, Bergno Pier Carlo, Bedin Lidia, Boggio Sola Nello, Crestani Ivonne, Cosimo Isacco, Cozzo Carmelo, Colongo Maria Grazia, Carrara Daniele, Conti Carlo, Del Mastro P. Mario, De Margherita Franca, Deana Ezio, Fioravanti Carla, Franzoi Massimo, Farasin Giuseppe, Fabbri Benito, Foschini Ermanno, Ferrari Giovanni, Giusso Franco, Giolo Giuliano, Gioachin Graziella, Gucchio Vittorino, Grillo Elisa, Gherardo Gina, Grosso Franco, Gaggino Mario, Jannone Franca, Zoccoletto Anna quale erede di Leone Andro, Lovison Remiglio, Masiero Lauretta quale erede di Lunardon Franco, Logoteta Massimo, Muraro Cesarino, Masi Sergio, Maoret Carla, Maron Pot Malvina, Maggia Antonio, Mina Maria Rita, Marchioro Nelli, Mazzocco Anna, Mori Patrizia, Masiero Renzo, Mizzon Stella, Marangoni Roberto, Moschetto Graziella, Ongaro Nadir, Peruzzi Lino, Pella Viviana, Pelacchi Ercole, Padovani Massimo, Scigliano Flora erede Pannella Guerrino, Rivardo Ermanno, Rossin Giuseppe, Selva Zalmiera erede Ronco Pasquale, Rastelli Lorenzo, Ronchetta P. Giorgio, Rivardo Paola, Rivardo Pietro, Rosoni Andrea, Sperotto Antonio, Scucchiari Lidia, Sasso Ezio, Sessa Salvatore, Signorini Adriana, Sassone Anna Maria, Solda' Claudio, Sinatra Carmelo, Aglietti Onorato quale tutore dell'erede di Sola Gian Franca, Trivero Boli Giuseppe, Tiengo Edoardo, Vetri Ivano, Viero Luigi, Vassallo Anna Maria, Zago Anna Maria, Zatta Virgilio, Zammuner Luciano, Spano Domenica, proponevano impugnazione ex art. 100 del c.p.c. contro un credito ammesso tardivamente nel passivo del fallimento della M.T.A. S.r.l., dichiarato con sentenza del tribunale di Bergamo del 22 ottobre 1987. Gli opponenti avevano chiesto la ammissione al passivo fallimentare dei crediti ad essi spettanti in dipendenza del rapporto di lavoro intercorso con la M.T.A., che, prima di essere dichiarata fallita, era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo; il credito, per complessive L. 402.782.000, era stato ammesso, e lo stato passivo, depositato il primo agosto 1988, era stato dichiarato esecutivo; contro lo stesso non erano state proposte opposizioni. Con due ricorsi del 24 settembre 1988, l'I.N.P.S. aveva chiesto, a norma dell'art. 101 della l.f., l'ammissione tardiva in prededuzione dei crediti maturati dall'ente per contributi e sanzioni, relativi al periodo in cui era continuata l'attivita' aziendale durante la procedura di concordato preventivo, poi sfociata nel fallimento; all'udienza fissata, non opponendosi il curatore del fallimento, rag. Andrea Pagnini, il giudice delegato, con decreto ex art. 101 della l.f., ammetteva in prededuzione il credito dell'I.N.P.S., ammontante a L. 904.697.000. Contro tale provvedimento proponevano impugnazione i ricorrenti, significando di aver avuto notizia dal curatore del fallimento del credito ammesso tardivamente soltanto il 27 gennaio 1989; nel merito, gli opponenti sostenevano che il credito dell'I.N.P.S. non era prededucibile, in quanto, secondo la costante giurisprudenza della suprema Corte, i crediti sorti durante il concordato preventivo, anche se a seguito di prosecuzione dell'attivita' aziendale, non hanno il carattere di debiti verso la massa nella successiva procedura fallimentare. I ricorrenti chiedevano che il tribunale dichiarasse l'illegittimita' del decreto che aveva ammesso in prededuzione i crediti I.N.P.S., accertando che gli stessi dovevano essere ascritti al rango di privilegiati. Fissata l'udienza di comparizione delle parti, il fallimento non si costituiva in giudizio, cosi' che deve essere dichiarato contumace; si costituiva l'I.N.P.S. che eccepiva: a) la tardivita' del ricorso, proposto oltre i quindici giorni dal deposito in cancelleria di variazione dello stato passivo; b) la inabbilissibilita' della impugnazione ex art. 100 della l.f. per il caso di crediti ammessi tardivamente, essendo prevista nel procedimento di insinuazione tardiva la possibilita' dell'intervento dei creditori che vi hanno interesse; c) la carenza di interesse degli opponenti a negare una prededucibilita' da cui sarebbe assistito il loro stesso credito, di cui era stata tuttavia richiesta la sola ammissione in via privilegiata; d) la infondatezza in merito della opposizione, in quanto il credito I.N.P.S. era maturato quasi per intero nel periodo di tempo dalla ammissione della societa' alla procedura alla omologazione del concordato, quando la procedura stessa aveva svolto una funzione conservativa. Dopo alcune udienze, le parti precisavano le conclusioni, e la causa veniva rimessa al collegio per la decisione all'odierna udienza di discussione. Osserva anzitutto il collegio che la domanda proposta dai ricorrenti si qualifica come impugnazione di credito ammesso al passivo fallimentare (art. 100 della l.f.), per la particolare ipotesi di un credito ammesso a seguito di dichiarazione tardiva (art. 101 della l.f.). Va premesso, in generale, che vi e' un interesse degli attuali ricorrenti alla impugnazione del credito, impugnazione ammissibile anche sotto il limitato profilo della contestazione del privilegio pozione ammesso (Cass. 6 marzo 1979, n. 1392); va anche rilevato che gli opponenti non hanno chiesto la ammissione in prededuzione del loro credito, ma si sono limitati a contestare la prededucibilita' del credito dell'I.N.P.S. Ora, la norma che regola la impugnazione di credito ammesso (art. 100 della l.f.), fa riferimento alla ipotesi normale del credito ammesso tempestivamente, tanto che il termine di impugnazione (di quindici giorni) decorre dal deposito in cancelleria dello stato passivo, in realta', a seguito dell'intervento della Corte costituzionale (sentenza n. 102 del 22 aprile 1986), dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento che il curatore deve inviare ai creditori per dare avviso dell'avvenuto deposito in cancelleria dello stato passivo. Ma la giurisprudenza della suprema Corte ha ritenuto esperibile l'impugnazione di cui all'art. 100 della l.f. anche per l'ipotesi di decreto di ammissione tardiva del credito (Cass. 21 maggio 1983, n. 3523; Cass. 15 luglio 1988, n. 4672). Si pone, pertanto, per tale ipotesi la questione della decorrenza del termine ad impugnare, che non puo' non essere quello di quindici giorni regolato dall'art. 98 della l.f. richiamato dall'art. 100. La suprema Corte, con la decisione richiamata n. 4672/1988, ha ritenuto che il termine decorra dal deposito in cancelleria della variazione dello stato passivo, eseguito dal decreto di ammissione di cui all'art. 101, terzo comma, del c.p.c. (del resto, l'ipotesi esaminata riguardava un caso di impugnazione proposta nei quindici giorni dal deposito in cancelleria del decreto di aggiornamento dello stato passivo). Ma tale interpretazione, nella sua formulazione generale, appare in contrasto con i principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 102 del 22 aprile 1986, e con altre decisioni (come la n. 120/1986), tendenti ad affermare il criterio generale secondo cui, in materia fallimentare, la decorrenza dei termini di impugnazione decorre dalla possibilita' di effettiva conoscenza del provvedimento. Il tribunale, richiamando il contrasto con il diritto costituzionale di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione, gia' riconosciuto e posto dalla Corte costituzionale a base della decisione n. 102/1986, ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 100, primo comma, della l.f., con riferimento all'art. 101, terzo comma, della l.f., nella parte in cui prevede che il termine di impugnazione dei crediti ammessi, tardivamente decorra dal deposito in cancelleria della variazione dello stato passivo, anziche' dalla ricezione della raccomandata con la quale il curatore deve dare avviso ai creditori della variazione stessa. La questione, rilevabile d'ufficio a norma dell'art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e' nel caso rilevante, attesa la proposizione del ricorso di impugnazione (in data 10 febbraio 1989) oltre la scadenza del termine di quindici giorni dal deposito in cancelleria dell'aggiornamento dello stato passivo (in data 3 novembre 1988), e la eccezione di inammissibilita' per decadenza della impugnazione, che rende irrilevante, al contrario, la questione della data della eventuale conoscenza di fatto della variazione dello stato passivo. Infatti, il sistema normativo non consentirebbe una impugnazione con decorrenza del termine perentorio dalla conoscenza di fatto dello stato passivo e delle sue variazioni, e l'interprete non potrebbe attribuire a tale conoscenza di fatto una efficacia giuridica rilevante ai fini della impugnazione. Poiche' l'interpretazione delle norme applicabili nel caso porterebbe ad un contrasto con i principi costituzionali, ed in particolare, con la norma di cui all'art. 24 della Costituzione, situazione gia' posta in luce dalla decisione della Corte costituzionale n. 102/1986, il tribunale non puo' non sollevare la relativa questione di legittimita' costituzionale, con le conseguenze di legge.