Ricorso   della   provincia   autonoma   di   Trento,  in  persona
 dell'assessore, sostituto del presidente  della  giunta  provinciale,
 sig.  Walter  Micheli,  giusta  delibera  della giunta n. 5757 del 21
 maggio 1990, rappresentata e difesa - in virtu' di  procura  speciale
 per  notaio  Pier  Luigi Mott, in Trento, del 23 maggio 1990 (rep. n.
 55148)  -  dall'avv.  prof.  Sergio  Panunzio,  e  presso   di   esso
 elettivamente  domiciliata  in  Roma, piazza Borghese n. 3, contro la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente  del
 Consiglio  in  carica,  per  la  dichiarazione di incostituzionalita'
 degli artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della legge 9 aprile 1990, n. 87,  recante
 "Interventi urgenti per la zootecnia".
                               F A T T O
    1.  -  Lo  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31
 agosto 1972, n. 670), attribuisce alla provincia autonoma  ricorrente
 competenze legislative ed amministrative di tipo esclusivo in materia
 di agricoltura e patrimonio zootecnico (artt. 8, n. 21, e  16,  primo
 comma),  nonche'  competenze concorrenti in materia di commercio e di
 incremento della produzione industriale (art. 9, rispettivamente, nn.
 3  e  8).  L'ambito  di tali competenze risulta poi specificato dalle
 relative norme d'attuazione dello statuto (v. spec. d.P.R.  22  marzo
 1974, n. 279, e d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017).
    La    provincia   ricorrente   ha   ampiamente   esercitato   tali
 attribuzioni, dettando anche un'ampia ed organica disciplina relativa
 alle attivita' produttive e commerciali nel settore zootecnico, ed in
 particolare prevedendo ed attuando una serie di interventi a sostegno
 della  zootecnia  e delle attivita' economiche connesse. In proposito
 va particolarmente ricordata la legge provinciale 15  dicembre  1972,
 n.  28  e  successive  modificazioni  (v.  ora  il  t.u.  di cui alla
 deliberazione della giunta provinciale 27 marzo 1986, n. 1941,  e  le
 modificazioni  successivamente  apportate  dall'art.  10  della legge
 provinciale 12 marzo 1990, n. 8), i cui artt.  1  e  2  prevedono  la
 corresponsione  da parte della giunta provinciale di contributi annui
 costanti e di contributi in conto capitale per l'esecuzione di  opere
 di   ammodernamento   fondiario   e  per  l'acquisto,  l'ampliamento,
 l'ammodernamento, la costruzione e l'attrezzatura, in particolare, di
 impianti  per la raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione
 e la vendita al consumo di prodotti agricoli e zootecnici. Come  pure
 va  ricordata la legge provinciale 31 agosto 1981, n. 17 e successive
 modificazioni  e  integrazioni  (v.  ora  il   t.u.   di   cui   alla
 deliberazione della giunta provinciale n. 16560 del 22 dicembre 1988)
 che - nel quadro di un'ampia disciplina degli "Interventi organici in
 materia  di  agricoltura"  -,  in particolare agli artt. 32 e 32- bis
 prevede  varie  forme  di  agevolazioni  finanziarie  (concorso   nel
 pagamento  degli  interessi  sui mutui, contributi in conto capitale,
 ecc.) per l'acquisto, la costruzione, l'ampliamento, l'ammodernamento
 di strutture zootecniche, per l'esecuzione di opere per la bonifica e
 la sistemazione dei terreni destinati  alle  colture  foraggiere,  il
 potenziamento  ed  il  consolidamento  delle  attivita'  zootecniche,
 nonche' per l'acquisto di aree per la costruzione di edifici per  usi
 zootecnici, ecc.
    2.  -  Cio' premesso, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 n. 98 del 28 aprile 1990, la legge 9 aprile 1990, n.  87,  intitolata
 "Interventi  urgenti  per  la  zootecnia".  Obiettivo  della legge e'
 quello di disciplinare in modo, al tempo stesso, ampio e minuzioso un
 organico  sistema  di  misure di intervento, soprattutto finanziarie,
 dello Stato in materia di zootecnia, che chiaramente si sovrappongono
 a  quelle  gia'  stabilite  dalla  legislazione provinciale, e la cui
 asserita "urgenza", invero, non si comprende su cosa si fondi.
    Di  tale  legge  viene  in  evidenza,  innanzitutto, l'art. 1, che
 dispone al  primo  comma  la  istituzione  di  un  "Comitato  per  la
 ristrutturazione  del  settore  zootecnico" per fini di risanamento e
 ristrutturazione della produzione  e  della  commercializzazione  nel
 settore  zootecnico  e  per  il  loro  adeguamento  alle esigenze del
 mercato; ed al secondo e terzo comma dispone la costituzione,  presso
 il  Ministero  dell'agricoltura  e  foreste,  di  un  "Fondo  per  la
 ristrutturazione e il risanamento del settore zootecnico",  al  quale
 viene  attribuita  una dotazione di lire 340 miliardi, secondo quanto
 previsto dal successivo art. 8. Quest'ultimo, infatti,  autorizza  la
 complessiva  spesa  di  340  miliardi  da  iscrivere  nello  stato di
 previsione del Ministero dell'agricoltura, ed indica i mezzi per fare
 fronte alla spesa stessa.
    L'art.  2  stabilisce  che,  entro  tre  mesi dalla data della sua
 costituzione (presso il Ministero dell'agricoltura), il  comitato  di
 cui all'art. 1 deve provvedere a verificare la situazione del settore
 ed a redigere conseguentemente un programma di intervento  (su  tutto
 il  territorio  nazionale)  che  dovra'  essere  approvato dal CIPE e
 dovra' prevedere: le linee generali di ristrutturazione del  settore,
 i criteri per una piu' efficace gestione delle risorse finanziarie ad
 esso destinate,  i  criteri  per  il  rispetto  delle  compatibilita'
 ambientali  negli  interventi sostenuti finanziariamente in base alla
 stessa legge n. 87/1990.
    L'art.  3  della legge n. 87/1990 disciplina la composizione ed il
 funzionamento del comitato. Esso (come stabilisce il primo comma)  e'
 presieduto  dal  Ministro  dell'agricoltura o, per sua delega, da uno
 dei componenti ed e' composto di sette membri, dei quali quattro (fra
 cui  il  Ministro)  sono  "statali",  e  solo  tre  sono  nominati in
 rappresentanza delle regioni, ai sensi  dell'art.  4  del  d.lgs.  n.
 418/1989.  Il  comitato  (in  base  al  secondo  comma)  attua i suoi
 interventi sia direttamente, sia per il tramite  della  societa'  per
 azioni costituita ai sensi dell'art. 5. Esso si avvale (quarto comma)
 delle   strutture   amministrative   e    tecniche    del    Ministro
 dell'agricoltura:  risultando  anche  da  cio'  il  suo  carattere di
 organismo statale.
    L'art.   4  della  legge  n.  87/1990  fissa  al  primo  comma  le
 attribuzioni del comitato. Esso:
      "  a)  approva  i  progetti di ristrutturazione e sviluppo delle
 imprese    di    allevamento,    produzione,     trasformazione     e
 commercializzazione  di  prodotti  zootecnici  o di prodotti derivati
 dalla zootecnia, compresi quelli relativi a dismissione  di  impianti
 pubblici  predisposti  in conformita' al programma di cui all'art. 2,
 previo parere del gruppo di esperti di cui all'art. 3, quarto comma;
       b)  dispone,  a  favore  di  societa'  anche cooperative e loro
 consorzi, e di imprese ritenute essenziali ai fini di cui all'art. 1,
 i  finanziamenti anche in conto capitale necessari a coprire non piu'
 del  sessanta  per   cento   dei   costi   inerenti   ai   piani   di
 ristrutturazione e di sviluppo, anche finanziari, nonche' ai piani di
 acquisizione, di  fusione  e  di  concentrazione,  anche  consortili,
 approvati dal comitato;
       c) concede contributi alle societa' cooperative e loro consorzi
 di cui alla precedente lettera a), finalizzati alla  capitalizzazione
 degli  enti  medesimi  o  delle  societa'  da  essi controllate, sino
 all'entita' del capitale effettivamente sottoscritto  e  versato  dai
 soci;
       d)   concede  i  contributi  sui  mutui  di  cui  all'art.  15,
 sedicesimo comma, della legge 11 marzo 1988, n. 67".
    Sempre  l'art.  4,  al  terzo  comma,  stabilisce  poi che per gli
 interventi di cui al primo comma (solo per essi: quindi non anche per
 gli  interventi  attuati indirettamente per il tramite della societa'
 per azioni di cui al successivo art.  5)  il  comitato  "richiede  il
 parere  delle  regioni territorialmente interessate che debbono farlo
 pervenire entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta".
    Infine,  il  gia'  citato  art.  5  prevede la costituzione di una
 societa' per  azioni  (con  capitale  sottoscritto  per  il  51%  dal
 Ministero  dell'agricoltura)  che  -  oltre  a  svolgere a favore dei
 beneficiari  degli  interventi  previsti  dalla   legge   i   compiti
 affidatile  dal  comitato  -  ha  in  particolare i seguenti compiti,
 stabiliti dal secondo comma dell'art. 5:
      " a) accorda fidejussioni a fronte di operazioni creditizie;
       b)  effettua,  previa  autorizzazione accordata con decreto del
 Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro  dell'agricoltura  e
 delle  foreste,  operazioni di provvista mediante ricorso al mercato,
 anche estero, assistite da garanzia pubblica sul  rischio  di  cambio
 entro i limiti previsti dalla legge 27 dicembre 1989, n. 407, recante
 disposizioni per la formazione del  bilancio  annuale  e  pluriennale
 dello  Stato  (legge  finanziaria  1990),  da destinare ad operazioni
 creditizie di investimento;
       c)  concede  finanziamenti, previo parere di ammissibilita' del
 gruppo di esperti di cui al quarto comma dell'art. 3, per  interventi
 relativi alle azioni di risanamento e liquidazione di societa';
       d)  acquisisce  quote  di  partecipazione  di  societa'  i  cui
 progetti, previsti dalla presente legge, siano  stati  approvati  dal
 comitato".
    Questo,  in  sostanza,  il  contenuto  della  legge n. 87/1990. E'
 evidente come in base ad essa ogni  funzione  di  programmazione,  di
 direzione,  di  incentivo  e  di  sostegno  finanziario  di  tutte le
 attivita' di produzione e commercializzazione  afferenti  al  settore
 zootecnico,  su  tutto  il  territorio  nazionale,  viene in sostanza
 avocato a se' dallo Stato e da esso esercitata per mezzo del comitato
 e della societa' ad esso collegata.
    Poiche'  tale  disciplina  sembra  essere  applicabile  anche  nel
 territorio della provincia autonoma di Trento, essa  risulta  percio'
 lesiva  delle  sue  competenze  costituzionalmente garantite. Onde la
 provincia e' costretta ad impugnarla per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1. - Violazione delle compentenze provinciali di cui agli artt. 8,
 n. 21), 9, nn. 3) e 8), 16, nonche' degli artt. 69  e  segg.  (titolo
 sesto,  come modificato ed integrato dalla legge 30 novembre 1989, n.
 386, spec. art. 5) e 104, primo comma, dello statuto speciale T.-A.A.
 e delle relative norme d'attuazione.
    1.1.  -  Codesta  ecc.ma  Corte ha gia' ritenuto che la competenza
 provinciale esclusiva in materia di agricoltura e, in particolare, di
 patrimonio  zootecnico  -  su cui incide la disciplina della legge n.
 87/1990 (e cosi' pure le competenze connesse  di  grado  concorrente:
 artt.  9, nn. 3 ed 8 dello statuto) - deve svolgersi nel rispetto dei
 principi  e  criteri  generali  stabiliti  in  materia  dallo   Stato
 nell'esercizio  della  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento.  In
 particolare essa ha rilevato  come  tale  funzione  di  indirizzo  si
 eserciti  mediante  la  predisposizione  ed approvazione da parte del
 CIPE del piano agricolo nazionale e  di  quello  forestale,  previsti
 dall'art.  2  della  legge  8  novembre  1986, n. 752 (ed ai quali si
 riferisce anche la legge n. 87/1990: v. art. 2,  primo  comma,  lett.
 a),  e  secondo  comma).  Codesta ecc.ma Corte ha pero' avuto cura di
 affermare (ancora sentenza  n.  1145/1988)  che  proprio  perche'  si
 tratta  di competenze provinciali esclusive, l'intervento dello Stato
 in materia in tanto puo' considerarsi costituzionalmente legittimo in
 quanto si mantenga al livello, appunto, della funzione di indirizzo e
 coordinamento intesa in senso proprio e rigoroso. Vale a dire che  lo
 Stato  puo'  porre  solo  principi generali e criteri direttivi della
 successiva attivita' programmatoria e gestionale della provincia:  in
 ogni  caso  mediante  prescrizioni  che non siano "cosi' analitiche e
 dettagliate da precludere alle regioni e alle province  di  Trento  e
 Bolzano  lo  spazio  di  autonomia  necessario per potere svolgere le
 funzioni  legislative  ed  amministrative   che   sono   state   loro
 costituzionalmente affidate".
    Tale  essendo  il  livello  al quale si debbono necessariamente ed
 esclusivamente mantenere gli interventi dello Stato in  materia,  per
 non  ledere  l'autonomia  costituzionale della provincia, e' di tutta
 evidenza - allora - la incostituzionalita' della disciplina impugnata
 della   legge  n.  87/1990.  Questa,  infatti,  prevede  un  tipo  di
 intervento dello Stato nella materia della zootecnia che non e'  piu'
 quello programmatorio e di indirizzo previsto dalla legge n. 752/1986
 e consentito dal sistema costituzionale, ma consiste  invece  in  una
 cura  diretta  da parte dello Stato della generalita' degli interessi
 afferenti al settore della zootecnia  e  delle  attivita'  economiche
 connesse   (interessi   che   non   si   possono   certo  considerare
 "infrazionabili e non localizzabili"), mediante non solo  l'attivita'
 programmatoria  di  settore,  ma  soprattutto  mediante provvedimenti
 puntuali di approvazione di progetti, di concessione di  incentivi  e
 finanziamenti,  e  mediante  tutte  le altre attivita' del comitato e
 della societa' previste dalla legge.
    Lo  Stato,  cioe',  non  indirizza  e  coordina le attivita' della
 provincia autonoma ricorrente, ma si sostituisce  ad  essa  svolgendo
 attivita' che sono invece riservate alla provincia. Da cui la lesione
 delle competenze provinciali.
    1.2.  -  La  denunciata  lesione  delle  competenze provinciali si
 sarebbe forse potuta ritenere evitata qualora nella legge n.  87/1990
 fosse  stata inserita una qualche disposizione che facesse "salve" le
 attribuzioni spettanti in materia alle regioni a statuto speciale  ed
 alle  province  di Trento e Bolzano. Ma una siffatta disposizione non
 c'e', mentre invece  il  complessivo  tenore  della  legge  induce  a
 ritenere  che  essa  debba  ritenersi applicabile anche alle province
 autonome di Trento e Bolzano.
    In  questo  senso  induce a ritenere anche la norma (art. 3, primo
 comma) secondo cui nel comitato per la ristrutturazione  del  settore
 zootecnico  vi  sono  tre  membri  "in  rappresentanza  delle regioni
 secondo quanto previsto dall'art. 4 del d.lgs. 16 dicembre  1989,  n.
 418".  Infatti, al di la' della poco felice formulazione legislativa,
 trattandosi  di  una  designazione  di  competenza  della  conferenza
 permanente  dei  presidenti  delle  regioni e delle province autonome
 (art. 4 del d.-l. n. 418/1989) i  tre  membri  del  comitato  di  cui
 all'art.  3, primo comma, della legge n. 87/1990 dovrebbero ritenersi
 rappresentanti di tutte le regioni e province autonome, ivi  compresa
 la   provincia  ricorrente.  Ove  cosi'  non  fosse,  del  resto,  la
 disciplina in questione  risulterebbe  incostituzionale  anche  sotto
 questo profilo.
    1.3.  -  Si  e'  detto  come  la  disciplina  impugnata,  anziche'
 limitarsi ad indirizzare e coordinare con prescrizioni  di  carattere
 generale   l'esercizio  delle  competenze  provinciali,  in  sostanza
 attribuisce al comitato (che e' un organo statale) compiti di governo
 e  di amministrazione del settore che sono invece di competenza della
 provincia ricorrente.
    Non  si potrebbe quindi neppure dire che la legge, nel presupposto
 che sussistano in questa materia attribuzioni non solo provinciali (e
 regionali),  ma  anche  statali,  che si condizionano reciprocamente,
 abbia percio' stabilito delle forme di collaborazione fra lo Stato  e
 la  provincia ricorrente, nell'esercizio delle rispettive competenze.
 Lo Stato in realta' non collabora: lo  Stato  si  sostituisce.  Ed  a
 fronte  di  cio'  le  possibilita'  di intervento e di partecipazione
 riconosciute dalla legge alla provincia ricorrente sono  cosi'  tenui
 da  non  poter  in  alcun  modo  compensare  la  incisione  della sua
 autonomia conseguente al fatto che lo Stato, in base alla  disciplina
 impugnata,   svolge   attivita'   rientranti  a  pieno  titolo  nella
 competenza esclusiva ad essa assegnata dalle norme costituzionali.
    In  cosa  consiste,  infatti,  la  partecipazione  della provincia
 ricorrente al sistema di interventi statali previsti dalla  legge?  A
 ben  poca  cosa.  In primo luogo, infatti, la provincia come tale non
 partecipa alla composizione del comitato per la ristrutturazione  del
 settore  zootecnico.  Si  e'  visto,  infatti,  che  la legge prevede
 l'inserimento nel suddetto comitato non gia' di un rappresentante per
 ogni   singola   regione   e  provincia  autonoma,  ma  di  soli  tre
 rappresentanti per tutte le regioni (e province autonome). Non  solo,
 dunque, i rappresentanti delle regioni sono in minoranza nel comitato
 rispetto ai  componenti  "statali";  ma  soprattutto  non  vi  e'  un
 rappresentante  della  provincia  ricorrente in quanto tale, che pure
 vanta una competenza esclusiva in materia, ma solo dei rappresentanti
 del complesso delle regioni e province autonome (che potrebbero anche
 avere interessi fra loro divergenti in relazione a  provvedimenti  di
 competenza del comitato).
    A   questo  proposito  occorre  sottolineare  come  la  disciplina
 impugnata costituisca un grave regresso, per  cio'  che  riguarda  la
 realizzazione  del principio collaborativo nei rapporti fra lo Stato,
 le regioni e le province autonome, rispetto  alla  stessa  disciplina
 della legge n. 752/1986.
    Quest'ultima, infatti (art. 2, secondo comma, ma v. ora anche art.
 2, primo comma, lett. e), del  d.lgs.  n.  418/1989)  stabilisce  che
 nella  procedura  l'approvazione  del  piano agricolo nazionale (e di
 quello forestale) deve intervenire un organo a composizione mista  in
 cui  sono  rappresentate  tutte  le  regioni  e  le province autonome
 (dapprima la commissione interregionale ex art.  13  della  legge  n.
 281/1970,  ora  la  conferenza  permanente  ex  art.  1 del d.lgs. n.
 418/1989).  Viceversa  la  disciplina  impugnata,  che  pure  prevede
 interventi  statali  assai  piu'  specifici  ed  incisivi  (o  meglio
 "invasivi") delle competenze regionali e provinciali  di  quanto  non
 siano  gli  atti  di programmazione e di indirizzo disciplinati dalla
 legge n. 752/1986, non consente alla provincia ricorrente  di  essere
 rappresentata individualmente nel comitato.
    L'altra  forma  di "partecipazione" prevista dalla legge impugnata
 e' poi il parere prescritto, come gia' si e' detto, dall'ultimo comma
 dell'art.   4   (ovviamente   presupponendo   che,  in  base  ad  una
 interpretazione logico-sistematica, il riferimento ivi contenuto alle
 sole  "regioni"  debba anch'esso leggersi come comprensivo pure delle
 province di Trento e Bolzano).
    La  previsione  da parte della legge impugnata del suddetto parere
 (obbligatorio, ma non vincolante) non  vale  tuttavia  a  superare  i
 dedotti vizi di incostituzionalita'.
    Cio',  in  primo  luogo,  perche'  -  come  gia'  si  e'  detto in
 precedenza  -  il  parere  obbligatorio  della   provincia   autonoma
 ricorrente  non  e' richiesto per tutti gli interventi previsti dalla
 disciplina  legislativa  impugnata  ed  incidenti  sulle   competenze
 provinciali.  Esso,  infatti,  e'  richiesto  solo per gli interventi
 attuati direttamente dal comitato ai sensi del primo comma  dell'art.
 4;  ma  non  e'  invece  richiesto per gli interventi che il comitato
 attua indirettamente per il tramite della societa' per azioni di  cui
 all'art.  5.  Dunque,  per  tutti  gli  interventi di cui all'art. 5,
 secondo comma,  della  legge  impugnata,  ancorche'  incidenti  (come
 quelli  dell'art.  4,  primo  comma) sulle competenze provinciali, il
 parere non e' richiesto.
    Ma  in  secondo  luogo,  e soprattutto, la previsione di un parere
 obbligatorio  non  costituisce  certo  -  secondo  l'insegnamento  di
 codesta  ecc.ma  Corte  (sentenza  n.  517/1987)  -  una procedura di
 coordinamento paritario tale da potere  rappresentare  un  "legittimo
 surrogato"   dell'esercizio  di  quelle  competenze  esclusive  della
 provincia ricorrente  che  viene  cosi'  pesantemente  compresso  dal
 sistema di interventi statali previsti dalla legge.
    In   casi  come  questo,  in  cui  massima  e'  l'incidenza  nelle
 competenze provinciali da parte degli interventi dello Stato, se pure
 questi  ultimi potessero trovare giustificazione nell'intreccio e nel
 reciproco condizionamento delle attribuzioni statali  e  provinciali,
 occorrerebbe pero' che siano allora previste dalla legge - secondo il
 costante  insegnamento  di  codesta  ecc.ma  Corte  -  procedure   di
 collaborazione  che  implichino  un coordinamento realmente paritario
 tra gli enti, quale puo' essere garantito solo  dalla  previsione  di
 una  formale  "intesa"  (sentenza  n.  337/1989).  Il che la legge n.
 87/1990 non prevede minimamente.
    Pertanto,  come  gia'  si  era detto, il parere previsto dal terzo
 comma dell'art. 4 della  legge  n.  87/1990  non  e'  in  alcun  modo
 sufficiente  a superare le censure di incostituzionalita' dedotte nei
 confronti di tale legge.
    1.4.  -  Vale  ancora  la  pena  di  osservare  (anche  al fine di
 prevenire  eventuali  obiezioni   avversarie)   che   la   disciplina
 impugnata, considerata per il suo oggetto e per i suoi contenuti, non
 consente in alcun modo di affermare neppure che essa potrebbe trovare
 la   sua   diretta   ed   immediata  giustificazione  nell'"interesse
 nazionale", e nelle esigenze unitarie.
    Codesta  ecc.ma  Corte  (spec. sentenza n. 217/1988) ha gia' avuto
 occasione di rilevare  che  la  costituzionalita'  di  un  intervento
 diretto   dello  Stato  in  materia  di  competenza  esclusiva  della
 provincia  ricorrente  (sia  esso  "aggiuntivo"  rispetto  a   quelli
 provinciali, ma a maggior ragione se "sostitutivo" come sembra essere
 nel caso in questione), ove pretenda di essere fondato (al  di  fuori
 della   funzione   di   indirizzo   e   coordinamento)   direttamente
 sull'interesse nazionale,  deve  in  tal  caso  essere  valutato  con
 particolare  rigore,  e  puo'  superare favorevolmente il giudizio di
 costituzionalita' solo in presenza di  ben  precisi  presupposti  (di
 stretta interpretazione). Occorre cioe' verificare:
      "  a) che sia effettivamente sussistente un interesse nazionale,
 il  quale  appaia  ragionevolmente  correlato  a  esigenze  unitarie,
 insuscettibili di qualsiasi frazionamento;
       b)  che  lo specifico interesse invocato sia cosi' imperativo o
 stringente  (oppure  cosi'  urgente)  da  giustificare   l'intervento
 statale anche in un'area in via di principio sottratta allo stesso;
       c)  che  la disciplina posta in essere dallo Stato, considerata
 nei suoi concreti svolgimenti e nelle sue particolari modalita',  sia
 non   solo   contenuta   nei  precisi  limiti  delle  reali  esigenze
 sottostanti all'interesse invocato,  ma  appaia  anche  essenziale  o
 necessaria per l'attuazione del medesimo interesse".
    Gli  interessi  nazionali,  in  tal  senso fatti sin qui valere da
 codesta ecc.ma Corte sono sempre  stati,  invero,  quelli  sottesi  a
 fondamentali  diritti  e  valori  costituzionali  (come  la salute, o
 l'abitazione). Ma non sembra proprio che - nel caso oggi in questione
 -  le  attivita'  produttive  e  commerciali  nel  settore zootecnico
 possano sottendere interessi dello stesso rango e dotati degli stessi
 caratteri di essenzialita' e di infrazionabilita'.
    Tano  meno  poi  sussistono,  nel  caso  di  specie, gli ulteriori
 requisiti e presupposti indicati da  codesta  ecc.ma  Corte.  Neppure
 quello  della  "urgenza"  dell'intervento  dello  Stato  in  materia.
 Infatti,  al  di  la'  della  intitolazione  della  legge   (che   fa
 apoditticamente  riferimento  ad interventi "urgenti") in realta' non
 sussiste nessuna situazione di omesso esercizio di  poteri  da  parte
 della  provincia (o di inadempienza rispetto a prescrizioni statali o
 ad obblighi internazionali o comunitari) che possano in qualche  modo
 giustificare  un intervento "sostitutivo" dello Stato. Al contrario -
 come si e' detto all'inizio - si tratta  di  un  settore  in  cui  la
 provincia  ricorrente  e'  gia'  intervenuta piu' volte, sia dettando
 un'organica disciplina legislativa, sia dandole  attuazione  con  una
 costante attivita' amministrativa.
    1.5.  -  Infine,  la disciplina impugnata risulta incostituzionale
 anche sotto un ulteriore e connesso profilo: per il fatto, cioe', che
 i finanziamenti previsti dalla legge per gli interventi in un settore
 di competenza esclusiva della provincia ricorrente,  anziche'  essere
 ad  essa  assegnati  pro  quota  per essere utilizzati dalla medesima
 nell'ambito del settore, sono erogati agli  interessati  direttamente
 dal comitato (attraverso la costituenda societa').
    In tal modo ne risulta lesa l'autonomia, oltreche' programmatoria,
 anche finanziaria della  provincia  ricorrente,  con  violazione  dei
 relativi principi statutari (artt. 69 e segg.).
    Cosi'  disponendo,  la disciplina impugnata risulta in particolare
 modo incompatibile con il  principio  stabilito  (solo  quattro  mesi
 prima  dalla legge 30 novembre 1989, n. 386, recante le "Norme per il
 coordinamento della finanza della regione T.-A.A.  e  delle  province
 autonome di Trento e Bolzano con la riforma tributaria". Com'e' noto,
 si tratta di una legge adottata secondo la speciale procedura di  cui
 all'art. 104, primo comma, dello statuto T.-A.A. (... legge ordinaria
 dello Stato su concorde  richiesta  del  Governo  e,  per  quanto  di
 rispettiva competenza della regione o delle due province), al fine di
 modificare  ed  integrare  la  disciplina  dello   statuto   relativa
 all'autonomia  finanziaria  della  regione  T.-A.A.  e delle province
 autonome.
    Un principio essenziale di tale nuova disciplina e' appunto quello
 stabilito dall'art. 5, primo comma, della legge n. 386/1989,  secondo
 cui  "Le  province  autonome  partecipano  alla ripartizione di fondi
 speciali istituiti per garantire livelli  minimi  di  prestazioni  in
 modo  uniforme  su tutto il territorio nazionale, secondo i criteri e
 le modalita' per gli stessi previsti".  In  base  a  tale  principio,
 dunque,  alla  provincia  doveva  in  ogni caso essere attribuita una
 quota del fondo istituito dall'art. 1,  secondo  comma,  della  legge
 impugnata  (sia  pure  secondo i criteri e le modalita' che la stessa
 legge n. 87/1990 avrebbe dovuto stabilire).
    Viceversa  la  legge  n. 87/1990 non ha previsto tale attribuzione
 alla provincia, ma in tal modo si e' posta in  contrasto  con  quanto
 stabilito  dall'art.  5,  primo comma, della legge n. 386/1989, ed ha
 quindi violato l'art. 104 dello statuto  T.-A.A.  Infatti,  anche  se
 l'art.  5  non  e'  stato  formalmente  inserito  nello statuto, esso
 costituisce  una  essenziale   integrazione   ed   attuazione   della
 disciplina statutaria che e' contenuta in una legge la quale, essendo
 stata approvata secondo una procedura  "rinforzata"  (quella  appunto
 stabilita dall'art. 104, primo comma, dello statuto), non puo' essere
 validamente abrogata o  derogata  se  non  da  una  successiva  legge
 approvata  con  quella stessa procedura ("su concorde richiesta...").
 Ma tale non e' la legge n. 87/1990.