Ricorso per la regione Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 2166 del 2 maggio 1990, rappresentata e difesa, come da mandato a margine, dall'avv. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'avv. Luigi Manzi, via Confalonieri, 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per l'annullamento della legge 9 aprile 1990, n. 87, "Interventi urgenti per la zootecnia" Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 1990), e precisamente dei seguenti articoli: art. 1, primo comma, in collegamento con gli artt. 3, 4, e 5, pure impugnati, in quanto attribuisce allo Stato l'esercizio delle funzioni di sostegno economico in relazione al risanamento, ristrutturazione e adeguamento della produzione e della commercializzazione nel settore zootecnico; art. 1, secondo comma, e il connesso art. 8, in relazione allo stanziamento di fondi allo Stato per i predetti interventi; art. 3, secondo comma, in relazione alla previsione secondo la quale il comitato per la ristrutturazione del settore zootecnico "attua i suoi interventi sia direttamente che per il tramite della societa' di cui all'art. 5"; art. 4, primo e terzo comma, in quanto affida al comitato anziche' alle regioni l'amministrazione degli interventi e riduce il ruolo di queste a mera consultazione; art. 5, primo e secondo comma, con il connesso art. 6, in quanto prevedono l'affidamento e lo svolgimento da parte di una societa' di diritto privato, controllata dal Ministero dell'agricoltura, delle funzioni amministrative che la Costituzione affida alle regioni; per violazione degli artt. 117, primo comma, 118, primo comma, nonche' 119, primo e secondo comma, della Costituzione; F A T T O La competenza legislativa ed amministrativa per gli interventi di promozione nel settore zootecnico e' sempre stata pacificamente compresa tra le attribuzioni regionali. Corrispondentemente, interventi statali sono stati ammessi solo in quanto tali interventi risultassero necessari per salvaguardare gli interessi nazionali, sulla base di speciali previsioni legislative legittimanti. Cosi', per restare agli sviluppi dell'ultimo quindicennio, l'art. 67 del d.P.R. n. 616/1977 ammetteva gli interventi statali nel settore zootecnico "relativi agli impianti di interesse nazionale", fissando le modalita' procedurali per l'esercizio delle relative funzioni. Da ultimo, la materia ha trovato una razionale sistemazione complessiva con la legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge pluriennale per l'attuazione di interventi programmati in agricoltura), la quale, a fianco degli interventi di piena competenza regionale - pure soggetti anch'essi a potere di programmazione e di indirizzo prevede all'art. 4 una speciale disciplina per "azioni a carattere orizzontale". Tali azioni orizzontali sono nel loro insieme "promosse dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste", mentre la loro attuazione e' a volte di competenza del solo Ministero (art. 4, terzo comma), a volte aperta a meccanismi di cooperazione tra Stato e regioni interessate (art. 4, secondo comma). Dunque, la competenza ministeriale e' da ritenersi limitata in relazione a specifici titoli legittimanti, quali quello relativo agli interventi per gli impianti di interesse nazionale, o quello relativo alle azioni orizzontali (esse pure, evidentemente, corrispondenti ad un interesse nazionale). La legge n. 87/1990, qui impugnata, sconvolge radicalmente tale ordine di competenze, attuativo delle prescrizioni costituzionali, approntando e finanziando un intervento statale che riguarda l'intera materia regionale, e non aspetti di essa individuati in relazione ai possibili titoli di legittimazione dell'intervento statale, addirittura riassegnando allo Stato finanziamenti gia' assegnati alle regioni dalla legge n. 752/1986. Va rilevato che le legge in questione e' stata approvata nonostante il parere contrario della commissione parlamentare del Senato dal 21 febbraio 1990, prot. n. 576 (doc. 1), espressamente motivato dal fatto che "in base all'impostazione recepita nel testo 'della legge', il riassetto del settore e' esclusivamente affidato all'amministrazione centrale dello Stato, disattendendo quanto disposto dall'art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, oltre che utilizzando risorse gia' destinate alle Regioni stesse ai sensi della legge 8 novembre 1986, n. 752". L'impugnata legge risulta percio' lesiva dell'autonomia regionale, cosi' come assicurata dagli artt. 117, primo comma, 118, primo comma, nonche' 119, primo e secondo comma, della Costituzione, sotto i profili e per le ragioni specificamente di seguito illustrati. D I R I T T O 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, primo comma, e dell'art. 4, primo e terzo comma, della legge n. 87/1990, per illegittima assegnazione alla competenza di organi statali di compiti costituzionalmente spettanti alle regioni. L'art. 1, primo comma, e l'art. 4 della legge affidano alla competenza statale gli interventi "per il risanamento e la ristrutturazione della promozione e della commercializzazione nel settore zootecnico e per il loro adeguamento... alle esigenze del mercato" (art. 1, primo comma), e specificamente prevedono che sia un organo statale (il comitato istituito dallo stesso art. 1, primo comma), ad "approvare i progetti di ristrutturazione e sviluppo delle imprese di allevamento" (art. 4, primo comma, lett. a), a disporre i relativi finanziamenti (lett. b), a concedere contributi alle cooperative ed ai loro consorzi (lett. c). Come detto in narrativa, si tratta di compiti che costituiscono parte integrante della materia "zootecnia", e piu' in generale della materia agricoltura, assegnata alle regioni dall'art. 117, primo comma della Costituzione. In particolare, il primo comma dell'art. 66 del d.P.R. n. 616/1977 stabilisce che le funzioni amministrative nella materia agricoltura e foreste comprendono, tra l'altro, "le attivita' zootecniche e l'allevamento di qualsiasi specie con le relative produzioni, i soggetti singoli o associati che vi operano, i mezzi e gli strumenti che vi sono destinati" e la "raccolta, conservazione, trasformazione ed il commercio dei prodotti zootecnici"; ed il secondo comma precisa che le funzioni trasferite comprendono anche, tra l'altro, il miglioramento ed incremento zootecnico" nonche' in generale "ogni altro intervento sulle strutture agricole anche in attuazione di direttive e regolamenti comunitari, ivi compresa l'erogazione di incentivi e contributi" (lettere d ed e). Ancora, secondo l'art. 67 del d.P.R. n. 616/1977, spettano alle regioni le funzioni concernenti "la costruzione e la gestione di impianti per la raccolta, la conservazione, la lavorazione, la trasformazione e la vendita di prodotti agricoli e zootecnici, nonche' per l'allevamento del bestiame (primo comma), riservando allo Stato soltanto gli interventi relativi agli "impianti di interesse nazionale", in attuazione di "indirizzi fissati in sede di programmazione nazionale, sentita la commissione interregionale" (terzo comma). La titolarita' regionale delle funzioni e' ulteriormente confermata dalla legge pluriennale per l'attuazione di interventi programmati in agricoltura, 8 novembre 1986, n. 752, fondamentale per il settore: la quale, dopo aver disciplinato (art. 2) le procedure di formazione del Piano agricolo nazionale - articolato nel programma quadro, nei piani specifici di intervento e nelle direttive di coordinamento - all'art. 3 provvede al finanziamento degli interventi regionali (in modo globale, finalmente superando la precedente frammentazione per singoli tipi), riservando poi alla "promozione" statale (e in parte al diretto esercizio), le azioni c.d. orizzontali (art. 4), cioe' quelle azioni che richiedono in tutto o in parte un livello nazionale unitario di gestione o coordinamento. Le azioni orizzontali dispongono di un proprio finanziamento, che viee destinato alle singole azioni dal CIPE, su proposta del Ministro dell'agricoltura. Si puo' dunque dire che con il d.P.R. n. 616/1977, e con la legge n. 752/1986 la materia riceve un assetto razionale e coerente con il riparto costituzionale di attribuzioni fra regioni e Stato prescritto dagli artt. 117 e 118 della Costituzione. La legge n. 87/1990, qui impugnata, sopravviene a sconvolgere arbitrariamente, irrazionalmente ed incostituzionalmente tale assetto di competenze, riportando allo Stato funzioni e finanziamenti gia' assegnati alle regioni. Va rilevato che nelle disposizioni della legge n. 87/1990 e' totalmente assente ogni riferimento a oggetti, che per le loro caratteristiche superino la dimensione regionale dell'interesse e richiedano interventi di ambito statale. In altre parole, siamo di fronte non a disposizioni che individuino particolari funzioni che per speciali ragioni debbano appartenere al livello statale secondo un razionale criterio di individuazione delle competenze (quale quello fondato sulla distinzione tra gli interventi verticali e gli interventi orizzontali stabilito dalla legge n. 752/1986) ma a disposizioni che mostrano di ignorare completamente la competenza regionale, e nemmeno si pongono il problema della armonizzazione con essa di eventuali interventi statali, in ipotesi resi necessari dall'interesse nazionale: le nuove disposizioni invece rozzamente dispongono come se le regioni non esercitassero da quasi due decenni le loro attribuzioni in materia. Ne' si puo' dire che le previsioni statali corrispondano ad un intervento straordinario, previsto in ragione di speciali contingenze, risolte le quali si ritorna all'ordinaria ripartizione delle competenze. Tutto il sistema della legge mostra invece il contrario: che il meccanismo amministrativo ed operativo, cosi' costituito e' un meccanismo stabile, destinato ad operare in via duratura o addirittura permanente: sicche' l'intitolazione data alla legge di "interventi urgenti" si rivela del tutto priva di significato. Si consideri che il Fondo istituito dall'art. 1, primo comma, ha durata quinquennale - che gia' non e' certo il tempo di un intervento straordinario ed urgente - e che altrettanto dura in carica il comitato preposto all'amministrazione degli interventi. Inoltre, la legge (art. 5) prevede che sia costituita una apposita societa' per azioni a partecipazione pubblica, con capitale sottoscritto dal Ministero dell'agricoltura, da istituti di credito, da enti pubblici, da societa' private di imprenditori agricoli. Ed e' evidente che tale societa' e' destinata ad operare in via stabile, e non a scomparire. In sostanza, l'intero disegno organizzativo risulta finalizzato ad un permanente accentramento delle funzioni del settore, con la creazione di un intero apparato amministrativo che si sovrappone a quelli propri delle regioni, e comunque in palese violazione delle attribuzioni regionali. D'altronde, la patente illegittimita' delle disposizioni della nuova legge era stata segnalata negli stessi lavori parlamentari del parere contrario della commissione parlamentare per le questioni regionali, citato in narrativa, nel quale era stata esattamente rilevata l'indebita appropriazione statale di funzioni regionali. Va da se' poi che illegittimo risulta, in questo contesto, il ruolo meramente consultivo affidato alle regioni dal terzo comma dell'art. 4 della legge n. 87/1990, in relazione ad interventi che, alla stregua di quanto osservato, pienamente rientrano nelle attribuzioni regionali. Quanto sopra affermato risulta ampiamente suffragato dalla considerazione della giurisprudenza di codesta Corte costituzionale nella materia particolarmente significativa risulta per la specie in esame la sentenza 27 ottobre 1988, n. 994, la quale sancisce (punto 3 in diritto) che la ripartizione di competenze fra regioni e Stato si identifica con la distinzione tra "gli interventi in materia di agricoltura (riservati alle regioni)" e gli interventi "d'interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo (riservati allo Stato)": precisando che tali interventi di interesse nazionale si caratterizzano "sotto il profilo oggettivo, per avere una diretta influenza o incidenza sui termini costitutivi del mercato stesso, quali la domanda e l'offerta, i costi di produzione, e cosi' via... e, sotto il profilo funzionale, per la stretta correlazione che li lega alla programmazione nazionale e, in genere, agli interessi unitari che sorreggono quest'ultima". Ancora si rileva che, a garanzia della "competenza tendenzialmente generale delle regioni in materia di produzione agricola e zootecnica" l'individuazione degli interventi di interesse nazionale e' "proceduralizzato", con la partecipazione di organi rappresentantivi delle stesse regioni. Ma e' evidente che nulla di cio' si ritrova nella legge qui impugnata: non solo nulla della tecnica di individuazione degli interventi di interesse nazionale, ma addirittura nulla che indichi che solo tali interventi di interesse nazionale, individuabili secondo contrassegni obbiettivi, sono riservati allo Stato. Sicche' le impugnate disposizioni si riducono ad una brutale invasione della competenza regionale. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, primo e secondo comma, con il connesso art. 6, in quanto prevedono l'affidamento e lo svolgimento da parte di una societa' di diritto privato, controllata dal Ministero dell'agricoltura, delle funzioni amministrative che la Costituzione affida alle regioni. Considerazioni analoghe a quelle ora svolte valgono in relazione alle disposizioni dell'art. 5 della legge n. 87/1990, le quali, dopo aver previsto la costituzione di una societa' a prevalente partecipazione del Ministero dell'agricoltura, dispone (secondo comma) che tale societa' "svolge a favore dei beneficiari degli interventi previsti dalla presente legge i compiti affidatile dal comitato di cui all'art. 1", e che in particolare essa "accorda fidejussioni a fronte di operazioni creditizie", effettua "operazioni di provvista mediante ricorso al mercato", "concede finanziamenti", "acquisisce quote di partecipazione di societa' i cui progetti, previsti dalla presente legge, siano stati approvati dal comitato". Ora, e' agevole osservare che i compiti che possono essere affidati a tale societa' sono essi stessi compiti propri delle regioni o del livello regionale. La loro assegnazione ad una finanziaria di ambito operativo nazionale e' solo la conseguenza necessaria dell'assetto centralizzato delle funzioni realizzato dalla legge n. 87/1990: di modo che essa deve necessariamente venir meno una volta che si riconosca l'illegittimita' costituzionale di tale assetto centralizzato. In altre parole, la societa' a partecipazione pubblica e' uno strumento meramente collaterale all'esercizio delle funzioni. Riportate le funzioni alle regioni, gli stessi compiti possono essere svolti, al livello regionale, da una societa' finanziaria regionale. E va da se' che, se illegittima e' l'attribuzione delle funzioni regionali ad organi dell'amministrazione statale, altrettanto illegittima e' la costituzione di strutture statali serventi, anche di carattere privatistico, con compiti paralleli o collaterali rispetto alle funzioni stesse, in ogni caso concorrenziali con quelli della regione. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, in relazione alla previsione secondo la quale il comitato per la ristrutturazione del settore zootecnico "attua i suoi interventi sia direttamente che per il tramite della societa' di cui all'art. 5". Le stesse ragioni ora illustrate conducono inevitabilmente alla constatazione della illegittimita' costituzionale dello stesso art. 3, secondo comma, nella parte ora ricordata in epigrafe. Gli interventi de quo, infatti, altro non sono che le funzioni spettanti costituzionalmente alle Regioni, secondo quanto si e' sopra illustrato. Illegittima risulta pertanto sia l'attribuzione della titolarita' al comitato istituito dall'art. 1, sia il potere del comitato di "attuare" gli interventi direttamente o per il tramite della societa' operativa. Deve esser chiaro che la ricorrente regione non contesta affatto l'istituzione e l'esistenza del comitato in quanto tale. La nuova legge, infatti, ha tra l'altro ridisegnato gli atti e le competenze relative alla programmazione per il settore zootecnico, assegnandole appunto alla competenza del comitato per la ristrutturazione del settore zootecnico, laddove la legge n. 752/1986 prevedeva la competenza del CIPE. Nel nuovo sistema di programmazione (che la regione ricorrente pure non contesta) il comitato ha un ruolo ed una ragion d'essere evidente. Cio' che risulta illegittimo e' invece l'attribuzione al comitato stesso della titolarita' di compiti di amministrazione attiva, propri delle regioni. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, secondo comma, e del connesso art. 8, primo comma, lett. a), in relazione allo stanziamento di fondi allo Stato per i predetti interventi. Egualmente infine, risultano illegittimi l'art. 1, secondo comma, e il connesso art. 8, primo comma, lett. a) in relazione allo stanziamento di fondi allo Stato, per i predetti interventi. L'illegittimita' discende ancora, evidentemente, dal carattere regionale delle funzioni previste dalla nuova legge: carattere reso evidente anche dalla circostanza che il relativo finanziamento e' in parte rilevantissima - 140 miliardi sul solo art. 3 della legge n. 752/1986 - ottenuto mediante il ritrasferimento al Ministero dell'agricoltura di fondi gia' assegnati alle regioni dalla predetta legge. Ora, e' da escludere che il disegno costituzionale delle autonomie regionali possa essere inteso nel senso che permanga allo Stato un potere di spesa nelle materie regionali, non collegato all'esercizio di compiti statali non trasferiti. Il principio unitario - ovvio limite alle autonomie anche costituzionali - comporta certo il permanere allo Stato di determinate funzioni, nelle stesse "materie" regionali, ogni qualvolta tale permanere sia la condizione essenziale per la salvaguardia di specifici ed individuati interessi nazionali: ma non comporta certo che lo Stato possa, per le funzioni propriamente regionali, evitare il trasferimento dei fondi necessari e mantenere o peggio istituire ex novo un sistema di amministrazione parallelo, dotato di un proprio sistema di finanziamento. In particolare, l'art. 119 della Costituzione richiede che siano destinate alle regioni le risorse relative alle loro funzioni. Anche sotto questo profilo - d'altronde anch'esso espressamente richiamato nel ricordato parere della commissione parlamentare per le questioni regionali - le disposizioni impugnate si rivelano totalmente illegittime per contrasto con gli artt. 117, primo comma, 118, primo comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione.