IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE
    A scioglimento della riserva;
                             O S S E R V A
    Con  ricorso  del  6  febbraio 1990 Caterina Emmanuele esponeva di
 essere stata il 29 novembre 1989 ricoverata presso la  casa  di  cura
 "Russo" della "Mater Dei" di G. Nesi e C. - S.a.s., in Catania, viale
 M. Rapisardi  n.  1,  ove  il  20  dicembre  1989  era  sottoposta  a
 intervento  chirurgico  di  artroprotesi  eseguito dal prof. Antonino
 Mollica.
    Successivamente    all'intervento    era   iniziata   terapia   di
 riabilitazione fisica, ma, il  4  gennaio  1990,  "si  verificava  la
 lussazione della protesi". Subiva un nuovo intervento, l'applicazione
 di un busto di gesso e, dopo quindici giorni, di un busto ortopetico.
 Segnalava, pero', di non essere in grado di muoversi e di "versare in
 grave  stato  fisico  e  psichico  causato  dal   doppio   intervento
 operatorio,   dalla  forzata  immobilita'  e  dal  prolungarsi  della
 degenza", di cui non si scorgeva il termine.
    Esponeva,  ancora, che la lussazione della protesi al quindicesimo
 giorno dall'intervento era stata causata da "un  macroscopico  errore
 del  personale  paramedico e/o infermieristico che l'avrebbe spostato
 con negligenza e imprecisione, cosi' provocando la lussazione".
    Chiedeva  che  fosse disposto accertamento tecnico preventivo, con
 la nomina di un medico specialista, per  descrivere  il  suo  attuale
 stato,  avendo  intenzione,  una  volta  acquisiti  gli  accertamenti
 peritali, di provvedere ad altre cure.  Prospettava  una  domanda  di
 risarcimento  del  danno nei confronti del prof. Mollica e della casa
 di cura "Russo" - "Mater Dei" di G. Nesi e C. - S.a.s.
    Il  prof.  Mollica,  comparendo,  eccepiva  l'inammissibilita' del
 chiesto accertamento  "per  fatti  che  la  ricorrente  intende  fare
 verificare  direttamente  sulla sua persona", richiamando la sentenza
 della Corte costituzionale n. 18/1986.
    Il nodo e' qui.
    Dal complesso delle disposizioni sub sezione terza del capo quarto
 (dei procedimenti cautelari) del codice di rito civile si ricava  che
 i   provvedimenti   di   istruzione   preventiva  hanno  per  oggetto
 l'assunzione  dei  testimoni  -  art.  692  del   c.p.c.   -   o   la
 verificazione,  prima  del  giudizio,  dello  stato  di luoghi, della
 qualita' o condizione  di  cose  (accertamento  tecnico  o  ispezione
 giudiziale art. 699, primo comma, del c.p.c.) non anche dello stato o
 condizione o qualita' della persona umana.
    Come  richiamato  dal  resistente  prof.  Mollica,  la  questione,
 sollevata dal pretore di Bari con le ordinanze del  1ยบ  ottobre  1977
 (in  Gazzetta  Ufficiale  nn.  74  e  81  del  1978),  fu  dichiarata
 inammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza n.  18/1986.
    Gli  argomenti  portanti  possono, cosi', individuarsi: la persona
 umana non puo' formare oggetto di procedimenti cautelari ne' il corpo
 umano...  puo'  essere  considerato avulso dalla persona laddove tale
 inseparabilita' non sussiste per i beni economici; non sarebbe  stato
 dal  giudice  a quo individuato il bene della vita che l'accertamento
 preventivo mirerebbe a preservare dalle ingiurie del tempo.
    Forse in quell'occasione gioco' un suo, non indifferente, ruolo la
 specie da cui scaturi' l'incidente di costituzionalita', come  si  e'
 rilevato  in  dottrina  (e'  detto testualmente:... "se e' vero che i
 dipendenti della cui eccessiva morbilita' si discuteva nei giudizi  a
 quibus  non  avevano  tratto  vantaggio dagli accertamenti effettuati
 dall'I.N.A.M. ai sensi dell'art. 5 dello statuto dei lavoratori,  non
 e'  in  effetti  comprensibile quale rilievo pratico avrebbe avuto la
 possibilita' di ottenere un accertamento giudiziale preventivo  dello
 stato   di   salute   dei   dipendenti   medesimi   da   fare  valere
 successivamente in sede di contestazione delle risultanze sanitorie".
    Ma,  non  paiono  definitive,  per  verita',  le argomentazioni "a
 intreccio" sopra richiamate.
    Non  e',  invero,  contestabile  che  una norma di legge non possa
 provvedere  l'assoggettamento  della  persona   umana   a   ispezione
 giudiziale   preventiva:   v'e'   l'art.  13,  secondo  comma,  della
 Costituzione (col rispetto della riserva di legge  e  giurisdizione).
 La  stessa Corte costituzionale (sentenza n. 67/1967) ha ritenuto che
 le misure previste all'art. 13 della Costituzione si applichino anche
 a  finalita'  diverse  dalla  giustizia  penale,  e  -  quindi - puo'
 ritenersi ammissibile il ricorso  ad  un'ispezione  corporale  se  si
 tratta di tutelare diritti patrimoniali.
    Nel  caso:  l'urgenza  di  verificare  lo stato e condizione della
 Emmanuele in relazione al duplice intervento subito e alla lussazione
 della  protesi  tra  i  due interventi si coglie dall'esposizione dei
 fatti. La ricorrente ha ben  il  diritto  di  far  "fissare"  le  sue
 condizioni  attuali  e  sottoporsi ad altre cure; ma, la "fissazione"
 della condizione attuale incide sulla sorte e sulla prova dell'azione
 per  il  risarcimento  del danno che la stessa intende proporre. Tale
 azione diverrebbe difficile provare nel giudizio  di  merito  se  gli
 accertamenti chiesti sulla persona non vengono eseguiti con l'urgenza
 che il procedimento di istruzione preventiva consente.
    V'e'  violazione  dell'art.  24,  primo  e  secondo  comma,  della
 Costituzione e si impone un ulteriore tentativo, per la  peculiarita'
 della   specie,  di  fare  saggiare  dal  giudice  costituzionale  la
 costituzionalita' dell'art. 696, primo comma, del c.p.c. in relazione
 -  appunto  -  all'art.  24  della Costituzione, la' ove non consente
 accertamenti tecnici o ispezioni sulla persona umana.