IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale contro Poloni Francesco imputato del reato p. e p. art. 589 del c.p. Premesso che all'odierna udienza e' intervenuto il dott. Donato Mastrodonato, comandante dei vigili urbani di Caravaggio (Bergamo), ufficiale di polizia giudiziaria, il quale, in forza di delega nominativa scritta ricevuta dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Bergamo in data 19 marzo 1990, era stato chiamato a svolgere, in udienza, funzioni corrispondenti a quelle del magistrato del pubblico ministero dinnanzi a questo ufficio. O S S E R V A Il suddetto intervento di un p.m. non professionale, su delega del procuratore della Repubblica c/o la pretura circondariale, a sommesso avviso del giudicante solleva dubbi di illegittimita' costituzionale che impongono d'ufficio la sospensione del presente procedimento. La rilevanza della questione appare di tutta evidenza, giacche' involge la stessa regolare costituzione delle parti in limine litis e, conseguentemente, si palesa suscettibile di dar luogo alla nullita' derivante dalla mancata partecipazione al procedimento del legittimo pubblico ministero, giusta l'art. 178, lettera b), del c.p.p. Come e' noto, l'odierno art. 72 dell'ordinamento giudiziario, approvato con r.d. 30 gennaio 1941 e modificato per effetto dell'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, prevede che le funzioni requirenti per le udienze dibattimentali, oltre che ad un uditore giudiziario o ad un viceprocuratore onorario, possano essere delegate anche ad un ufficiale di polizia giudiziaria nominativamente designato dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale. Tale facolta' di delega va doverosamente inquadrata nel contesto di un processo penale come l'odierno, in cui il dibattimento costituisce il momento centrale e piu' delicato, perche' luogo privilegiato della contrapposizione dialettica fra le parti e della formazione della prova, e quindi anche del convincimento del giudice. Da cio' la necessita' minimale ed imprescindibile che il pubblico ministero sia dotato di un'adeguata preparazione tecnico- giuridica, anche perche' il confronto si radica con uno o piu' difensori dotati di laurea in giurisprudenza e del titolo di procuratore legale. Senonche', la norma della cui legittimita' costituzionale si discute consente che il p.m. delegato possa essere scelto fra ufficiali di p.g. non dotati di laurea e neppure, a volte, di diploma di scuola media superiore, atteso che sia l'art. 57 del c.p.p. sia le leggi ed i regolamenti particolari attribuiscono tale qualita' ad un numero pressoche' indeterminato di individui. E' dunque evidente che l'attuale formulazione dell'art. 72 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, nella parte in cui consente la delega ad ufficiali di polizia giudiziaria, finisce per violare il disposto di cui all'art. 24 della Costituzione, secondo cui la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Infatti, atteso che il p.m. costituisce la parte pubblica per antonomasia del rapporto processuale, quella cui e' demandata l'esclusiva tutela degli interessi dello Stato, il potere di delega a persona astrattamente non in possesso deglio adeguati requisiti tecnico-giuridici conduce inevitabilmente ad uno svilimento del diritto di difesa dello Stato-comunita', che deve essere evidentemente tutelato quanto quello dell'imputato. Ma, a sommesso avviso del giudice, il gia' citato art. 72 viola anche il piu' generale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Carta fondamentale, giacche' l'assoluta discrezionalita' della scelta lasciata all'organo delegante determina una discriminazione irrazionale fra i processi (e quindi fra i cittadini che siano imputati e quelli che siano parti lese e parti civili) in cui la pubblica accusa sia retta da un p.m. di carriera e quelli in cui tale funzione sia demandata ad un ufficiale di polizia giudiziaria. Si pone inoltre un ulteriore delicato problema circa la compatibilita' della delega de qua con il sistema di garanzie poste dalla Costituzione a presidio della funzione del pubblico ministero. Tale questione riguarda la natura giuridica del delegato ufficiale di p.g. Invero, ove quest'ultimo fosse considerato un magistrato a tutti gli effetti, sia pure limitatamente all'operativita' della delega, risulterebbe vulnerato il disposto dell'art. 107 della Costituzione, laddove prescrive che i magistrati non possano essere dispensati o sospesi dal servizio ne' destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario e con il loro consenso. E' infatti evidente che nessuna garanzia in questo senso e' stata prevista dal legislatore ordinario nei confronti delle amministrazioni di appartenenza dei suddetti ufficiali di p.g. Per converso, qualora l'ufficiale di p.g. non fosse reputato un magistrato, vberrebbe violato l'art. 106 della Costituzione, che vincola le nomine dei magistrati al previo espletamento di un concorso e che consente un'eccezione solo nell'ipotesi di funzioni attribuite a giudici singoli. E' in proposito intuitivo che p.m., svolgendo funzioni requirenti, non puo' essere assimilato a chi svolge funzioni giudicanti. La presente causa va pertanto sospesa e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale per il relativo giudizio. La cancelleria procedera' alle prescritte comunicazioni.