IL TRIBUNALE
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   sull'eccezione   di
 incostituzionalita' dell'art. 247 delle  disposizioni  attuative  del
 c.p.p.  per violazione dell'art. 3 della Costituzione e del principio
 di ragionevolezza, sollevata dalla difesa di Isoardi Vittorio;
    Sentito  il  p.m. che ha concluso per la rilevanza e non manifesta
 infondatezza della questione sollevata;
                             O S S E R V A
    1. - Sulla rilevanza della questione.
    Il presente procedimento, instaurato secondo il vecchio c.p.p., ha
 visto l'apertura del dibattimento il 18 aprile 1989; in data  odierna
 l'imputato  ha  richiesto  l'applicazione del giudiuzio abbreviato ai
 sensi dell'art. 247  delle  disp.  att.  del  c.p.p.,  sollevando  la
 predetta  questione di incostituzionalita' con riferimento al decorso
 termine di decadenza stabilito nel suddetto articolo.
    Il p.m. ha prestato il suo consenso quanto alla decidibilita' allo
 stato degli atti della causa.
    Il  tribunale  condivide  tale impostazione ritenendo che la causa
 possa essere decisa allo stato degli atti  e  pertanto  la  questione
 sollevata dalla difesa appare rilevante, posto che la sua risoluzione
 incide appunto sulla adottabilita' di tale rito.
    2. - Sulla non manifesta infondatezza.
    Nel valutare la fondatezza o meno della questione sollevata appare
 preliminare analizzare la nutura della norma di cui all'art. 247  con
 riferimento  a  quella di cui all'art. 442 del c.p.p.; in particolare
 appare  preliminare  stabilire  se  tali  istituti   abbiano   natura
 processuale  ovvero  sostanziale  giacche'  nel  primo caso infondata
 sarebbe la questione proposta alla luce del  principio  tempus  regit
 actum  che  disciplina  la  successione  delle  leggi processuali nel
 tempo.
    Indubbiamente   gli   istituti  del  giudizio  abbreviato  in  via
 ordinaria e in  via  transitoria  esplicano  efficacia  squisitamente
 processuale determinando una modifica del rito applicabile.
    Peraltro  gli  effetti  ulteriori che tale norma produce sul piano
 della  quantificazione  della  pena,  hanno   sicuramente   carattere
 sostanziale.
    E'  pertanto evidente la disparita' di trattamento sostanziale che
 la norma produce con riferimento alla due categorie di  imputati  che
 si  trovano  rispettivamente  nella  fase processuale precedente o in
 quella  successiva  all'apertura  del  dibattimento,  disparita'   di
 trattamento   collegata   a   circostanza  del  tutto  occasionale  e
 indipendente dalla volonta' dell'imputato, non essendo la  fissazione
 del processo nella disponibilita' del medesimo.
    Viene  in  rilievo,  fatte tali premesse, la disciplina dettata in
 tema di successione nel tempo di leggi penali dall'art. 2 del c.p. In
 proposito  si e' sostenuto che il principio di irretroattivita' della
 legge penale costituzionalmente statuito dall'art. 25, secondo comma,
 dovrebbe  essere necessariamente integrato da quello di cui al citato
 art. 2 sul principio di applicazione della legge piu'  favorevole  al
 reo.
    Cio'  a  parere del tribunale appare condivisibile con tanto sotto
 il profilo della attribuzione di forza costituzionale al principio di
 cui  all'art.  2  del  c.p., quanto sotto quello di riconoscimento al
 medesimo di rilevanza costituzionale, nel senso  che  una  norma  che
 intendesse  contravvenire  a  tale  principio  dovrebbe  rispondere a
 principi anch'essi di rilevanza costituzionale. Tali diversi principi
 costituzionali potrebbero individuarsi, per quello che qui interessa,
 in quelli garantiti dall'art. 97 della Costituzione, sotto il profilo
 del  buon  andamento dell'attivita' giudiziaria. E' infatti del tutto
 ovvio che a tale principio si ispirino le norme di cui agli artt. 247
 delle  disp.  trans.  e  442  del c.p.p.:l'effetto deflettivo da loro
 originato perseguirebbe proprio  lo  scopo  di  meglio  sfruttare  le
 risorse di persone e mezzi dell'apparato giudiziario.
    Questo  tribunale  ritiene  che la ratio di questi istituti sia da
 ravvisare esclusivamente in tale deflattivo;
    Il legislatore del 1939 ha inteso in realta' perseguire un intento
 deflattivo di maggiore portata da quello  che  si  ricaverebbe  dalla
 semplice    lettura    dell'art.   442.   Infatti   l'aver   previsto
 l'applicabilita' in via transitoria  anche  degli  istituti  previsti
 dall'art.  599  in sede di appello autorizza a ritenere che l'intento
 di fondo fosse quello di evitare qualunque  attivita'  dibattimentale
 anche  successiva  all'apertura  del  dibattimento  di  primo  grado,
 sfruttando a tal fine le procedure abbreviate.
    Pertanto  si appalesa irragionevole la limitazione posta dall'art.
 247 delle disp. trans. la' dove non si prevede,  per  i  dibattimenti
 gia'  aperti  alla  data  del  24  ottobre  1989,  la possibilita' di
 chiedere il rito speciale, sia  pure  eventualmente  fissando  in  un
 congruo termine.
    Con  cio'  si  sarebbe  evitata  la  differenza di trattamento fra
 dibattimenti non ancora aperti e quelli gia' iniziati, tenendo  cosi'
 conto  della  evidente  impossibilita'  dell'imputato  di  richiedere
 l'applicazione del  rito  prima  dell'entrata  in  vigore  del  nuovo
 codice.
    Una   tale  previsione  avrebbe  pienamente  rispettato  l'effetto
 deflattivo che  ha  informato  l'intero  sistema  del  nuovo  c.p.p.,
 comprese  le  norme transitorie allo stesso, evitando la prosecuzione
 di dibattimenti in ipotesi anche lunghi e complessi e avrebbe inoltre
 rispettato  pienamente  il  principio,  di  rilevanza costituzionale,
 dell'art. 2 del c.p.
    Pertanto,   conclusivamente,   questo  tribunale  ritiene  che  la
 disposizione di cui all'art. 247 delle disp. tras., nella sua mancata
 previsione,  per  i  procedimenti in fase successiva all'apertura del
 dibattimento, di un  termine  per  chiedere  il  giudizio  abbreviato
 contrasti con l'art. 3, per ingiustificata disparita' di trattamento,
 25, secondo comma, e 97 della Costituzione.
    Il giudizio deve pertanto essere sospeso con rimessione degli atti
 alla Corte costituzionale.