IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la seguente sentenza nella causa penale n. 469/88
 r.g. contro Ciattini Giovanni,  nato  a  Empoli  l'11  gennaio  1959,
 residente  in  Firenze,  via  del  Lasca,  25; libero, presente, piu'
 altri, imputati:
     a)...(Omissis)...;
     b)...(Omissis)...;
 Ciattini Giovanni:
      c)   del   delitto  di  concorso  in  diffamazione  aggravata  e
 continuata commessa a mezzo stampa (artt. 110,  81  cpv  595,  primo,
 secondo  e terzo comma, 61, n. 9, del c.p., 13 della legge 8 febbraio
 1948, n. 47) perche' in concorso con altra persona (nella qualita' di
 giornalista  autore  di  articoli  di  stampa, il Ciattini), con piu'
 azioni  esecutive  di  un  medesimo  disegno  criminoso  in  Firenze,
 comunicando  con  piu'  persone  e  cioe'  con il mezzo della stampa,
 offendeva  la  reputazione  di  Kolawole  Meschi,  detto  Lele,   nel
 frattempo deceduto, con l'attribuzione di un fatto determinato.
    Piu'  in  particolare:  in articoli di stampa apparsi sul giornale
 quotidiano "Il Corriere di Firenze - La  Citta'"  in  data  18  e  19
 dicembre   1986,   a   firma   di   Ciattini   Giovanni,  dal  titolo
 "Un'ispiegabile infezione" e "Lele: manca  il  test  decisivo",  dopo
 aver dato validi elementi per identifcare Kolawole Meschi, riportando
 l'intervista di cui  sub  a)  n.  2,  che  il  Cocchi  sapeva  essere
 destinata  alla  pubblicazione  a mezzo stampa, si avanzava l'ipotesi
 che il bambino fosse affetto da AIDS, circostanza poi  risultata  non
 vera,  divulgando  cosi'  una notizia offensiva della reputazione del
 minore e destinata a rimanere segreta.
    Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto, ...(Omissis)...;
     d)...(Omissis)...;
                               F A T T O
  ...(Omissis).
    Indi  concludevano  i  difensori  degli altri imputati: Quello del
 Ciattini,   poiche'    anche    costui    avanzava    richiesta    di
 "patteggiamento",  nel  concludere  eccepiva  la  stessa eccezione di
 incostituzionalita' sollevata dalla difesa del Catola.
                             D I R I T T O
    Va  preliminarmente affrontata la questione sollevata dalla difesa
 del Ciattini con riferimento alla richiesta da quest'ultimo  avanzata
 di  applicazione della pena su richiesta. Ed in proposito il collegio
 non puo' che ribadire quanto statuito con la  odierna  ordinanza  con
 cui,  su  eccezione  sollevata  dalla difesa dell'imputato Catola, ha
 dichirato non manifestamente infondata la questione di illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  248  del d.-l. n. 271/1989 con riferimento
 all'art. 3 della Costituzione. In realta', a  norma  del  detto  art.
 248,  per  i  procedimenti  penali  instauratisi  con vecchio rito la
 richiesta di patteggiamento puo' essere accolta ove  avanzata  "prima
 che  siano  compiute  le  formalita'  di apertura del dibattimento di
 primo grado, con cio' automaticamente escludendo  dalla  possibilita'
 di  fruire  del  piu'  favorevole trattamento per l'imputato previsto
 dall'art. 444 ultimo  comma  del  c.p.p.,  tutti  quegli  imputati  i
 processi  a  cui carico abbiano superato quella fase processuale, pur
 non essendo stata definita la loro posizione, cosi'  come  gli  altri
 imputati  che  di  quel  trattamento  possono  fruire  per  non  aver
 oltrepassato i loro  processi  quella  fatidica  fase,  con  sentenza
 passata in cosa giudicata.
    Or  pare al collegio che una tale discriminazione tra imputati che
 sostanzialmente travansi nella medesima posizione processuale,  cioe'
 di  imputati in attesa di giudizio, sia stata irrazionalmente operata
 dal  legislatore,  in  maniera  tale  che  non  puo'  escludersi   la
 violazione dell'art. 3 della Costituzione. Ne' va dimenticato che nel
 caso di specie si tratta di una  norma  processuale  relativa  ad  un
 istituto  processuale  che  ha  dei  notevoli  effetti  di  carattere
 sostanziale relativamente alla pena da applicarsi all'imputato.
    Non  sfugge  al  collegio che nel succedersi di norme nel tempo il
 legislatore e' tenuto, appunto con norme transitorie, di attuazione e
 di coordinamento, a disciplinare l'ambito di operativita' delle nuove
 norme  processuali  con  riferimento  ai  processi  instauratisi  con
 vecchio  rito,  e non e' certo questo che si censura, quanto il fatto
 che  nel  compiere  tale  opera  non  pare  che  sia  consentito   al
 legislatore  di operare, come si diceva, discriminazioni tra soggetti
 nella medesima posizione, differenziati  solo  dallo  spirare  di  un
 termine che quella posizione sostanzialmente non muta.
    Quanto  agli  effetti  sostanziali  di  cui  dianzi si parlava, e'
 appena il caso di rilevare come la applicazione  del  detto  istituto
 non  solo comporti sensibili riduzioni della irroganda pena, ma anche
 escluda la applicazione di pene accessorie e misure di sicurezza.
    Ne'  puo'  dirsi che il criterio adottato dal legislatore risponda
 all'esigenza di politica criminale su cui il detto istituto si fonda,
 cioe'  quella di evitare le lungaggini del dibattimento, essendo noto
 come le norme che disciplinano l'istituto in questione  prevedano  la
 applicazione  della  pena  su  richiesta  anche  dopo la chiusura del
 dibattimento.
    E'  inutile,  infine, sottolineare la rilevanza della eccezione ai
 fini della  definizione  della  posizione  degli  imputati  Catola  e
 Ciattini che hanno fatto esplicita richiesta di "patteggiamento".
    Di conseguenza va dichiarata non manifestamente infondata anche la
 questione di legittimita' costituzionale sollevata nell'interesse  di
 Ciattini  Giovanni;  la  posizione di tale imputato va stralciata dal
 presente procedimento e gli atti  a  lui  relativi,  unitamente  alla
 presente  sentenza,  vanno  trasmessi  alla Corte Costituzionale, con
 sospensione del giudizio a carico dell'imputato sino  alla  decisione
 di quel giudice di costituzionalita'.
  ...(Omissis)...