IL PRETORE Letti gli atti; Pronunciata la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, r.g.l. n. 1720/89, promosso da Bosco Franco, rappresentato e difeso dall'avv.to Antonio Cicculli, ricorrente, contro la S.I.P. - Societa' italiana per l'esercizio delle telecomunicazioni S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv.to Giorgio Frus, convenuta, e contro l'I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, rappresentato e difeso dagli avvocati Emilio Abate e Michele Petrucciano, terzo chiamato in causa. 1. - Con proprio ricorso il signor Bosco Franco ha convenuto in giudizio la soc. S.I.P., proprio datore di lavoro, per ottenerne la condanna al pagamento dell'indennita' di malattia, ex art. 2110 del c.c., relativa al periodo 20 maggio -2 giugno 1984, nel quale egli si assento' dal lavoro per fruire di cure termali, in forza dell'art. 13, terzo comma, del d.-l. n. 463/1983 conv. nella legge n. 638/1983. Nel costituirsi in giudizio la parte datoriale ha chiesto di essere assolta dalla domanda, osservando tra l'altro: a) che i propri dipendenti possono godere delle ferie, compatibilmente con le esigenze aziendali, in qualunque periodo dell'anno e, pertanto, che possono sempre utilizzare congedi straordinari per le cure termali; b) che nella specie fa difetto il requisito legale ex art. 13 legge n. 638/1983 della indifferibilita' delle cure, cosi' da giustificare fuori dei periodi di ferie, come del resto attestato dalla certificazione 18 maggio 1984 in atti, proveniente dal servizio sanitario nazionale; talche' non puo' essere invocata la tutela ex art. 2110 del c.c. A seguito di chiamata in causa si costituitava pure l'I.N.P.S. ed eccepiva preliminarmente l'inammissibilita' della domanda ex art. 443 del c.p.c., per non essere mai stata presentata dall'attore alcuna istanza in via amministrativa. Quanto al merito, chiedeva il rigetto del ricorso, attesa la differibilita', nella specie, delle cure oggetto di causa. 2. - Cio' posto, il pretore osserva quanto segue all'esito dell'istruttoria e della discussione della causa. L'eccezione di inammissibilita' della domanda ex art. 443 del c.p.c., proposta in via preliminare dall'I.N.P.S., appare infondata. Oggetto di causa e' infatti l'indennita' di malattia, la quale, ai sensi dell'art. 1 del d.-l. 30 dicembre 1979, n. 663, conv. nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, e' di competenza del datore di lavoro, salvo conguaglio nei confronti dell'I.N.P.S. Non sussiste quindi un rapporto diretto tra assicurato e Istituto previdenziale; talche' non e' ipotizzabile ex art. 7 della legge 11 agosto 1973, n. 533, alcuna previa domanda in via amministrativa. Ne' in senso contrario puo' essere invocato l'art. 46 della legge 9 marzo 1989, n. 88, che ha attribuito al comitato provinciale dell'I.N.P.S. le decisioni in via definitiva sui provvedimenti dell'Istituto concernenti le prestazioni economiche di malattia. La norma va infatti riferita ai casi in cui il lavoratore sia direttamente tenuto a presentare domanda all'I.N.P.S. ai sensi del sesto comma dell'art. 1 del d.-l. n. 663/1979 ovvero insorga controversia tra datore e istituto, in sede di conguaglio tra contributi e indennita' di malattia. 3. - La domanda appare viceversa inaccoglibile, nel merito, tenuto conto del combinato disposto dell'art. 13 della legge n. 638/1983 e dell'art. 2110 del c.c., nell'interpretazione fornitane dalla suprema Corte con la sentenza ss.uu. n. 5634 del 17 ottobre 1988. Nella specie le cure idrotermali risultano infatti certamente differibili, come emerge dalla deposizione dei sanitari ascoltati in istruttoria, pur rispondendo esse ad effettive esigenze terapeutiche in relazione alla patologia cronica da cui l'attore e' affetto (bronchite asmatica cronica) e pur operando o contribuendo ad operare una sicura regressione di tale malattia (cfr. deposizione dott. Berra, p. 9). L'autorevole interpretazione del supremo collegio ora richiamata puo' attualmente considerarsi "diritto vivente", giacche' ampiamente seguita dalla giurisprudenza, come attestano (tra le numerosissime) le seguenti pronunce: a) tribunale Torino, 25 febbraio 1988 (in Giur. piem., 1989, 120), ove si legge che "ai fini della retribuibilita' del relativo periodo" e' necessario che le cure idrotermali presentino ex art. 13 del d.-l. n. 463/1983 "i prescritti caratteri di urgenza, effettiva esigenza, indifferibilita' fino al periodo feriale"; b) pretore Torino, 12 dicembre 1988 (ivi, 126), ove si sottolinea la "necessita' che vi sia una reale esigenza da parte del lavoratore di effettuare le cure in periodo extraferiale" e financo che la "motivata prescrizione" del medico u.s.l. dia conto del fatto che tali cure "debbono essere eseguite con conveniente tempestivita' nel periodo extraferiale"; c) pretore La Spezia, 24 aprile 1989 (in Informaz. previd., 1989, 1289), ove si legge che "la tutela predisposta dall'art. 2110 del c.c. opera quando sia riscontrata l'esistenza, nel soggetto, di uno stato patologico che rende la prestazione temporalmente inesigibile per l'accertata necessita', non dilazionabile sino alle ferie annuali od ai congedi ordinari, di sottoposizione agli specifici trattamenti idrotermali, a fini terapeutici o riabilitativi"; d) pretore Bologna, 27 giugno 1989 (in Dir. e prat. lav., 1989, 3077), ove si sottolinea l'"esigenza - giustificativa dell'assenza per cure idrotermali - dell'esistenza nel soggetto di uno stato patologico tale da non rendere dilazionabile le cure stesse sino ai congedi ordinari"; e) pretore Milano, 3 luglio 1989 (ivi 1989, 2836), secondo cui, ove risulti accertato in causa che "le cure non sono indifferibili (come sarebbe necessario)", ne consegue che al prestatore "non spetti la richiesta retribuzione". Orbene, l'art. 13, terzo comma, del d.-l. n. 473/1983, conv. nella legge n. 638/1983, come sopra inteso, pare porsi in contrasto con gli artt. 3, 32, 36, 38 e 102 della Costituzione. Non assicura infatti, nel caso di specie, caratterizzato dalla presenza di patologia in atto, dalla rispondenza delle cure termali ad effettive esigenze terapeutiche, infine dall'idoneita' di tali cure a provocare una regressione della malattia, la tutela prevista dall'art. 2110 del c.p.c. Si rende pertanto necessaria una nuova rimessione degli atti al giudice delle leggi. 4. - Al fine di illustrare la questione occorre prendere le mosse dalla sentenza n. 559/1987 della Corte costituzionale che individua con chiarezza e precisione alcuni punti fermi, dai quali non ci si puo' discostare, senza con cio' determinare la violazione dei precetti costituzionali. Essi possono essere cosi' sintetizzati: a) equiparazione tra stati patologici acuti e affezioni croniche e sussunzione di ambedue le patologie nel concetto di "malattia" di cui all'art. 2110 del c.c.; b) affermazione che la tutela della salute, al cui presidio e' posto l'art. 32 della Costituzione, non puo' essere limitata alle affezioni acute; c) riconferma del principio che il lavoratore ha diritto al trattamento economico di malattia non solo in caso di incapacita' lavorativa direttamente ed immediatamente determinata da stati patologici acuti, ma anche in vari altri casi (come nei periodi di sottoposizione ad accertamenti clinici connessi all'insorgenza di gravi malattie o in quelli di degenza ospedaliera per accertamenti prodromici ad operazioni chirurgiche), nei quali non e' ravvisabile un attuale impedimento al lavoro a causa diretta di malattia e pur tuttavia la prestazione stessa deve ritenersi temporaneamente inesigibile; d) enunciazione del criterio interpretativo dell'art. 13, terzo comma, che deve essere inteso "nel senso che le cure idrotermali ivi disciplinate sono quelle per le quali risulti accertata la reale esigenza - per il conseguimento dei divisati scopi terapeutici o riabilitativi - che esse siano effettuate in periodo extra-feriale". In tal modo la Corte ha, da un lato, ridefinito l'evento protetto dall'art. 2110 del c.c., alla luce dei principi contenuti negli artt. 3, 32, 36 e 389 della Costituzione; dall'altro, ha riconosciuto nella fattispecie disciplinata nell'art. 13 della legge n. 638/1983 "un'ipotesi che rientra a pieno titolo nell'ambito della tutela della salute garantita dall'ordinamento", tale da comportare "le conseguenze generalmente collegate all'assenza per malattia: diritto al mantenimento del posto di lavoro e diritto ad un adeguato trattamento economico durante il periodo di cura" (cosi' G. De Simone, la Corte costituzionale e le cure termali in "Lavoro e diritto", n. 1/1989, p. 165). E' ovvio, in tale prospettiva, che non ricorrendo l'ipotesi di legge ("effettive esigenze terapeutiche o riabilitative"), le cure idrotermali potrebbero essere effettuate solo durante le ferie annuali, come del resto si ricava da una lettura a contrario della norma. A cio' (e non ad altro) ha voluto alludere il giudice delle leggi, con il riferimento, nel passo di cui sopra, al periodo feriale. 5. - Pare al pretore che, nell'enunciare il principio di diritto di cui alla citata sentenza n. 5634/1988, le sezioni unite si siano discostate ampiamente dall'insegnamento della Corte costituzionale di cui si e' dato conto sopra. Hanno infatti affermato (cfr. punto 5 della motivazione riportata in Foro it., 1088, I, col. 3265) che l'indennita' di malattia spetta solo ove sussista "l'accertata necessita', non dilazionabile sino alle ferie annuali o ai congedi ordinari, di sottoposizione del dipendente a specifici trattamenti idrotermali...", i quali debbono quindi essere eseguiti "con conveniente tempestivita' nel periodo extraferiale". In tal modo le s.u. hanno operato un autentico re'pe'chage di requisiti che parevano definitivamente superati, quali la "necessita' non dilazionabile" e l'"indifferibilita'" delle cure, ricavabili dall'art. 4 della legge 7 agosto 1982, n. 526, ma non dai successivi testi di legge e ripudiati dalla Corte costituzionale al par. 10 della sentenza n. 559/1987, laddove parla di "requisiti impropri e troppo restrittivi". Non solo, ma hanno anche fornito una lettura del cit. art. 13, terzo comma, contrastante, oltre che con la pronuncia del giudice delle leggi, con vari principi costituzionali, come emerge da quanto segue. 6. - Un primo profilo di incostituzionalita' riguarda la stessa proponibilita', in sede medico-legale e con riferimento alle cure idrotermali, della distinzione tra "cure differibili" e cure "non differibili" o, che e' lo stesso, tra cure da attuare con "opportuna tempestivita'" e quelle per le quali non e' dato ravvisare tale requisito. Invero le cure termali sono, per loro natura, sempre differibili, come attestato dai sanitari ascoltati in istruttoria. Dalla loro effettuazione non deriva infatti un beneficio immediato ne' un danno immediato dalla loro procrastinazione; concorrendo esse, in buona sostanza, a condurre il soggeto, migliorando la sua patologia o contribuendo a non peggiorarla, ritardandone il decorso, a migliori condizioni di vita e di cenestesi, assolvendo normalmente anche ad una funzione preventiva. Talche' la situazione emergente dagli atti di causa, con riferimento al ricorrente, alla patologia da cui e' affetto e al rapporto tra malattia e terapia sotto il profilo temporale, rappresenta un che di tipico e costante in materia di cure idrotermali. Ma se cosi' stanno le cose, e' indiscutibile l'irragionevolezza della disposizione in oggetto. Essa infatti si basa su un presupposto concretamente irrealizzabile e diventa di fatto inapplicabile dal giudice. In tal modo e' impedita, in violazione dell'art. 102, primo comma, della Costituzione, l'esplicazione stessa della funzione giurisdizionale, in quanto il giudice e' chiamato ad applicare una norma impossibile. Tale irragionevolezza determina altresi' la violazione dell'art. 3 della Costituzione. L'art. 13, terzo comma, cit. e' stato predisposto al fine di fornire una piu' penetrante tutela al diritto costituzionale alla salute. in realta' e tenendo conto della lettura fornita dalla s.u., la norma sortisce un effetto contrario a quello avuto di mira. Chi ha usufruito di un ciclo di cure termali potra' bensi' dimostrare che esse sono da connettere ad effettive esigenze terapeutiche o riabilitative, ed e' questa in effetti la prova fornita dall'attore in questa causa. Non potra' invece comprovare che non erano differibili fino al periodo di fruizione delle ferie e cioe' che dovevano essere effettuate con conveniente tempestivita', rispetto al periodo di congedo feriale (periodo, nella specie, stante la struttura della convenuta, neppure individuabile). La qual cosa e' del resto attestata dall'esito dei giudizi di merito intesi ad ottenere dal datore o dall'I.N.P.S. l'indennita' di malattia correlata al periodo di sottoposizione al ciclo di cure idrotermali, in cui il giudice ha fatto tesoro dell'insegnamento delle S.U.. Essi terminano infatti, immancabilmente, con una pronuncia di rigetto, la quale fa seguito, nell'iter logico della motivazione, al mancato assolvimento dell'onere della prova in ordine ai requisiti di cui sopra (cfr., in proposito, le sentenze sopra citate). 7. - Appaiono inoltre violati gli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione. Soggetti in situazioni omogenee (malati cronici o recidivanti) vengono infatti trattati in modo disuguale, sia tra loro che in relazione ai malati acuti; talche' risulta contemporaneamente vulnerato il diritto costituzionalmente tutelato di chi soffre di tali affezioni a curarle convenientemente e del lavoratore ad avere adeguata copertura retributiva. Invero, la malattia cronica o recidivante puo' comportare per il malato l'esigenza di curarsi (anche) tramite cure termali, allo stesso modo che la malattia acuta puo' comportare la necessita' di terapia farmacologica. Conseguentemente il costringere a rinviare le cure termali ad un'epoca futura, di fatto significa, ad avviso del pretore, impedire al malato di curarsi; in modo del resto non dissimile dall'impedire, in ipotesi, a chi ne abbisogni, di assumere dei farmaci. In altre parole, se malattia cronica e' malattia a tutti gli effetti e se e' accertato - e debitamente documentato - che il trattamento termale e' (come nella specie) utile ed opportuno per la cura di tale affezione, non si vede la ragione per differenziarlo dalle terapie proprie delle malattie acute; essendo irrilevante che non abbia efficacia esclusiva o definitiva, ma solo coadiuvante e complementare. Ne' appare plausibile il differenziare malati cronici tra loro, sotto il profilo della differibilita' o meno delle cure, senza con cio' ledere anche il diritto alla salute di costoro. A parere del pretore qualunque differenziazione (e quindi anche ammettendo per un momento che sia proponibile in sede medico-legale quella impostata sul dualismo differibilita'-indifferibilita') si porrebbe in contrasto con i precetti costituzionali, non apparendo aderente alle linee gia' indicate da Corte costituzionale nella sentenza n. 559/1987. Invero, una volta accertata la reale esigenza dell'effettuazione delle cure, in termini di congruita' terapeutica del trattamento termale rispetto alla malattia e di presumibile beneficio alla salute del malato, sia pure non immediato, ma distribuito nel tempo secondo la caratteristica tipica di tale trattamento, ogni altra differenziazione appare ultronea poiche' discrimina situazioni tra loro uguali, vulnerando altresi' il diritto alla salute costituzionalmente tutelato. 8. - La norma in oggetto, come interpretata dalla ss.uu. non si sottrae inoltre, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, alle censure gia' mosse nelle ordinanze di remissione che diedero luogo alla pronuncia n. 559/1987 della Corte costituzionale, poiche' configura una lesione del diritto ad una retribuzione sufficiente e dignitosa o, alternativamente, alle ferie. Pone infatti il lavoratore nella condizione di rinunciare, per curarsi o all'una o alle altre, facendone cosi' venir meno, con le ferie, la funzione di ristoro psico-fisico delle energie consumate dal lavoro. 9. - A cio' aggiungasi che dopo la sentenza n. 616 del 30 dicembre 1987 della Corte costituzionale, che ha sancito l'illegittimita' dell'art. 2109 del c.c., nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante il periodo di ferie ne sospenda il decorso, dovrebbe reputarsi inammissibile ogni possibile profilo di differibilita' delle terapie idrotermali. Se queste rispondono infatti ad effettive esigenze di cura e riabilitazione, allora e' indubbio che in forza del disposto di legge di cui sopra non potrebbero ritenersi coincidenti con le ferie annuali, comportando anzi de jure il loro differimento temporale. In difetto di cio' risulterebbe infatti violato l'art. 36, ultimo comma, della Costituzione.