IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
     All'udienza  del  17  aprile  1990  nel proc. 341/90 r.g. gip nei
 confronti di Fraschetti Alberto imputato come in atti;
    Premesso che all'udienza del 5 aprile 1990 l'imputato reiterava la
 richiesta  di  giudizio  abbreviato  gia'  presentata   irritualmente
 dall'esercente la potesta';
    Rilevato  che  alla  stessa  udienza  il  p.m.  negava  il proprio
 consenso;
    Rilevato altresi' che il difensore dell'imputato chiedeva a questo
 giudice  di  sollevare  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  438, primo comma, del c.p.p. nella parte in cui prevede la
 insindacabilita' del mancato consenso del p.m. per  violazione  degli
 artt.  3, 24 e 101 della costituzione e che il p.m. si associava alla
 richiesta, rilevando ulteriore profilo in relazione all'art. 3;
    Considerato  che  la  questione  appare  rilevante,  visto  che il
 procedimento nei confronti di Fraschetti potrebbe essere definito,  a
 giudizio  del  collegio,  allo  stato  degli  atti,  alla  luce delle
 ammissioni  dell'imputato,  delle  indagini  svolte   e   concernenti
 l'audizione delle parti lese nonche' della perizia effettuata in sede
 di incidente probatorio;
    Considerato  altresi'  che la normativa del giudizio abbreviato e'
 applicabile  nei  confronti  degli  impiegati  minorenni   in   forza
 dell'art. 25 del d.P.R. n. 448/1988, che esclude l'applicabilita' dei
 titoli secondo e quarto del libro sesto e non anche del titolo primo;
                           OSSERVA IN DIRITTO
    E'  noto  che nella disciplina del giudizio abbreviato il consenso
 del p.m. e' previsto come elemento indispenzabile ed insindacabile da
 parte del giudice;
    Il  mancato  consenso,  anche  immotivato, impedisce al giudice la
 valutazione di cui all'art. 440, primo comma, del  c.p.p.  in  ordine
 alla  definibilita'  allo  stato degli atti e di conseguenza comporta
 l'inapplicabilita' della diminuzione di pena  di  cui  all'art.  442,
 secondo comma, del c.p.p.;
    Tale   previsione   appare   in   contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione comportando una disparita' di trattamento tra l'imputato
 che  richiede  il  giudizio  abbreviato  e  l'imputato  che  richiede
 l'applicazione della pena ex art. 444 e segg. del c.p.p.,  in  quanto
 nell'ambito  di  tale procedimento a norma dell'art. 448, primo comma
 del c.p.p. il giudice al momento della decisione  puo'  sindacare  il
 mancato  consenso del p.m. e quindi superare tale ostacolo se ritiene
 la pena richiesta dall'imputato congrua;
    E che trattasi di situazioni sostanzialmente analoghe emesse dalla
 disciplina dalla pronuncia di  codesta  corte  con  riferimento  alle
 norme   transitorie  che  regolano  l'applicazione  dell'istituto  ai
 procedimenti incorso;
    Si sottolinea come tale contrasto sia ancora piu' evidente per gli
 imputati minorenni che non possono accedere al procedimento  ex  art.
 444  e  segg.  del  c.p.p. che sotto il profilo in esame appare senza
 dubbio piu' favorevole;
    Altro  profilo  di  illegittimita' appare al collegio evidenziarsi
 con l'art. 24 della costituzione, in relazione anche  all'art.  3  in
 quanto  la  norma in esame da un lato viola palesemente la proclamata
 parita' processuale tra accusa  e  difesa  attribuendo  al  p.m.  una
 posizione di preminenza rispetto al difensore nella scelta del rito e
 dall'altro impedisce a quest'ultimo di contrastare in qualsiasi  modo
 il mancato consenso del p.m.;
    Il  difensore,  il  cui  assistito  abbia  richiesto  il  giudizio
 abbreviato, nulla puo' dire o fare in  caso  di  dissenso  con  grave
 nocumento  per  l'esercizio  del diritto di difesa che viene cosi' ad
 essere pesantemente limitato senza una giustificazione  plausibile  e
 costituzionalmente ammissibile;
    Parimenti  palese  appare la violazione degli artt. 25 e 101 della
 Costituzione in quanto il giudice risulta vincolato dall'attivita' di
 una  parte  processuale che con il suo dissenso determina non solo la
 scelta del rito ma anche, in qualche modo, l'entita' della  pena  non
 potendo  il  giudice  -  nel  caso  che ritenesse ovviamente di poter
 decidere allo stato degli atti - applicare la riduzione  di  pena  di
 cui all'art. 442, secondo comma, del c.p.p.;
    E  tale  effetto  appare  contrastante  anche con gli artt. 3 e 27
 della Costituzione;
    Infatti  da  un  lato  il principio di legalita' e il principio di
 colpevolezza appaino lesi dal vincolare  la  riduzione  di  un  terzo
 della pena ad una mera scelta processuale dell'accusa e dal sottrarre
 all'imputato  la  certezza  delle  conseguenze   delle   sue   scelte
 comportamentali   e,   dall'altro,   risulta  violato  il  canone  di
 adeguatezza  e  proporzione  determinandosi  l'irrogazione  di   pene
 sproporzionate   tra  chi,  nella  medesima  situazione  processuale,
 fruisca di un consenso immotivato del p.m. e chi trovi  ostacolo  nel
 dissenso altrettanto immotivato ed insindacabile dello stesso p.m.;