IL PRETORE
    Letti gli atti del procedimento penale n. 617/8/7 del r.g. contro,
 Messner Lothar, nato a Wittershausen (Germania) il 28 dicembre  1957,
 residente in Oberdorf (Germania) Uferstrasse n. 8; imputato del reato
 di cui agli artt. 17 e 142 t.u.l.p.s. (r.d. 18 giugno 1931,  n.  773)
 perche'  essendo entrato in Italia il 27 aprile 1987, non rendeva nei
 tre giorni successivi, la prevista dichiarazione di soggiorno.
    Accertato in Volterra il 27 maggio 1987;
                             O S S E R V A
    Con  rapporto  del  4  giugno  1987  il  commissariato Polstato di
 Volterra  denunciava  al  locale   pretore   il   cittadino   tedesco
 occidentale  Messner  Lothar  per  non  essersi presentato, entro tre
 giorni   dall'ingresso   nel   territorio   dello   Stato   italiano,
 all'autorita'  di  P.S. del luogo ove si trovava per dare contezza di
 se' e rendere la prescritta dichiarazione di soggiorno.
    L'autorita'  esponente  precisava  che  il  Messner  si trovava in
 Italia sin dal 27 aprile 1987  per  espletare  la  sua  attivita'  di
 consulente  a  favore della filiale di Colle Val d'Elsa (Siena) della
 ditta "Ing. Knauf" con sede in  Germania,  dalla  quale  esso  stesso
 dipendeva.
    Il  Messner era, pertanto, imputato del reato ascritto in rubrica,
 di cui al combinato disposto dagli artt. 17 e 142 del r.d. 18  giugno
 1931,  n.  773,  e  condannato  alla pena di L. 10.000 di ammenda con
 decreto penale reso dal pretore di Volterra in data 29 marzo 1988.
    Il  citato  decreto  non  era,  peraltro, notificato all'imputato,
 avendo il medesimo fatto ritorno "medio tempore" in Germania.
    Successivamente il pretore di Volterra, con ordinanza 14 settembre
 1988 disponeva la sospensione del procedimento e la tramissione degli
 atti  alla  Corte  di  giustizia  della C.E.E., affinche' la Corte si
 pronunciasse in via pregiudiziale sulla  compatibilita'  della  norma
 penale,  di  cui all'art. 142 del t.u.l.p.s., in relazione agli artt.
 3, lettera c), e 56, primo comma, del Trattato di Roma.
    Il  giudice  comunitario  con sentenza 12 dicembre 1989 dichiarava
 che "il comportamento  di  uno  stato  membro,  il  quale  imponga  a
 cittadini di altri stati membri che esercitano il diritto alla libera
 circolazione  l'obbligo,  munito  di  sanzione  penale  in  caso   di
 inosservanza,  di effettuare una dichiarazione di soggiorno entro tre
 giorni a decorrere dall'ingresso nel territorio, non  e'  compatibile
 con   la   norma   del   diritto  comunitario  relativa  alla  libera
 circolazione delle persone".
    A seguito poi della soppressione del presidio di cancelleria della
 Sezione distaccata di Volterra gli atti pervenivano,  successivamente
 al   24  ottobre  1989,  a  questa  sezione  distaccata,  quale  sede
 accorpante.
    Tutto  cio' premesso, giova sottolineare che, essendo stato emesso
 decreto penale di condanna, il procedimento, ai sensi  dell'art.  241
 delle  disp.  att. del c.p.p., deve proseguire con l'osservanza delle
 norme procedurali del codice di rito del 1930.
    Cio'    posto,    pare   a   questo   giudice   che,   alla   luce
 dell'interpretazione   della   Corte   di   giustizia   delle   norme
 internazionali   convenzionali,  venga  a  delinearsi  un  insanabile
 contrasto tra l'art. 142 del t.u.l.p.s. ed il Trattato di Roma.
    Ne    deriva    il    dubbio,    non   manifestamente   infondato,
 d'illegittimita' costituzionale dell'art. 142 in relazione al secondo
 comma dell'art. 10 della Costituzione.
    Il  trattato di Roma istitutivo della C.E.E. e' stato infatti reso
 esecutivo in Italia con la legge 14 ottobre 1957, n. 1203.
    A questo punto lo scrivente osserva che il secondo comma dell'art.
 10 della  Costituzione,  relativo  alla  condizione  giuridica  dello
 straniero, pone una riserva di legge c.d. rinforzata.
    La  norma  costituzione infatti nello stabilire che "La condizione
 giuridica dello straniero e' regolata dalla legge in conformita'.....
 .  dei  trattati internazionali" crea un duplice obbligo, consistente
 nel provvedere con legge e nel dare alla legge un certo contenuto. La
 ratio di tale riserva e' evidente.
    Il  legislatore costituzionale ha inteso da un lato sottrarre alla
 regolamentazione della pubblica amministrazione  una  materia,  nella
 quale  in  passato la pubblica autorita' si era ispirata ad ideologie
 nazionaliste e xenofobe, e dall'altro adeguare le leggi in materia di
 stranieri ai parametri vigenti nella comunita' internazionale.
    Dalla  riserva  di legge discende quindi che eventuali norme poste
 con legge ordinaria contrarie a regole  internazionali  convenzionali
 vincolanti  l'Italia sono illegittime e possono essere caducate dalla
 Corte costituzionale.
    In  proposito  e' necessario precisare che le norme di adattamento
 al trattato di Roma, reso esecutivo con la citata  legge  14  ottobre
 1957,  n. 1203, hanno rango di legge ordinaria, ma appaiono assistite
 da una garanzia costituzionale, nel senso  che  una  legge  ordinaria
 contraria  ad  esse  urterebbe  contro  il divieto, di cui al secondo
 comma dell'art. 10 della Costituzione.
    Orbene,  nel  caso di specie l'art. 142 del t.u.l.p.s. si appalesa
 in evidente contrasto con gli artt. 3, lett. c), e  56  primo  comma,
 del  Trattato  di  Roma,  cosi'  come  interpretati  dalla  Corte  di
 giustizia della C.E.E. con la citata sentenza 12 dicembre 1989.
    Giova   sottolineare  che  il  giudice  comunitario  ha  esclusiva
 competenza   a   conoscere   di   tutte   le    questioni    relative
 all'interpretazione   del  Trattato  (art.  117,  lett.  A)  Trattato
 medesimo).
    Tale   contrasto   si   rivela,   a   parere  di  questo  giudice,
 assolutamente  insanabile  posto  che  il  testo  dell'art.  142  del
 t.u.l.p.s.  non consente interpretazione diversa da quella letterale.
    Emerge   quindi   il   dubbio,   non   manifestamente   infondato,
 d'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  142  del  t.u.l.p.s.  in
 relazione al secondo comma dell'art. 10 della Costituzione.
    La  questione  e'  indubbiamente  rilevante dovendosi, nel caso di
 specie, applicare  esclusivamente  la  norma  (art.  142)  della  cui
 legittimita' si dubita.